Nel caso in esame, il Magistrato di sorveglianza aveva autorizzato, per esigenze di ordine e sicurezza, l'ascolto delle telefonate tra un detenuto, condannato anche per reati compresi tra quelli di cui all'art. 4-bis ord. pen., ed i suoi familiari.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha respinto il reclamo, proposto nell'interesse di G. I., avente ad oggetto il provvedimento del Magistrato di sorveglianza in sede, con il quale era stato autorizzato l'ascolto delle telefonate tra il predetto e i familiari, con decorrenza dal 1° luglio 2021, nonché quello con il quale detto regime di ascolto era stato prorogato, dal 14 agosto 2021 al 17 marzo 2022.
Tanto, in considerazione di fatti, segnalati all'Amministrazione penitenziaria, in forma confidenziale, relativi all'utilizzo improprio, da parte di detenuti in regime di alta sicurezza, della corrispondenza telefonica alle utenze autorizzate, nel corso della quale si sarebbero tenute conversazioni telefoniche con persone terze o non legittimate.
Sicché è stato ritenuto giustificato da primarie esigenze di ordine e sicurezza, l'adottato provvedimento pur comportando compressione del diritto alla riservatezza del detenuto, quanto alla corrispondenza telefonica, per essere comunque, I. detenuto in espiazione della pena irrogata anche per reati compresi tra quelli di cui all'art. 4-bis Ord. pen..
Inoltre, si è respinta la prospettazione difensiva relativa alla dedotta omessa notifica relativa al procedimento avente ad oggetto la disposta proroga del regime di ascolto, valorizzando il dato dell'avvenuta comunicazione della decisione dell'Autorità giudiziaria e segnalando che la deduzione riguardava soltanto l'omessa notifica del provvedimento di proroga del regime di ascolto, non in grado di inficiare la legittimità dell'intero procedimento.
2. Ricorre, avverso la descritta ordinanza il condannato, per il tramite del difensore, avv. B. A., che denuncia con un unico motivo, violazione ed erronea applicazione dell'art. 18-ter Ord. pen. e vizio di motivazione.
2.1. Si evidenzia che, a fronte di espressa attività istruttoria, svolta dal Tribunale e diretta a verificare se la fonte anonima da cui proveniva la segnalazione, avesse fornito precise indicazioni sull'identità dei detenuti ai quali si riferiva il comportamento indebito denunciato in forma confidenziale, il Tribunale medesimo non avrebbe acquisito specifici elementi.
Infatti, la Casa circondariale di Sulmona, con la nota trasmessa, nulla avrebbe chiarito sul punto se non che, in base alla segnalazione ricevuta, si era proceduto all'ascolto delle conversazioni di alcuni detenuti in regime di Alta sicurezza, senza la specifica acquisizione di ulteriori approfondimenti se non quello relativo ad una sola telefonata, con persona non autorizzata, che aveva legittimato la richiesta di proroga del regime di ascolto.
Si rimarca, in sostanza, che il provvedimento impugnato che ha respinto il reclamo quanto al disposto ascolto delle conversazioni registrate, non avrebbe considerato che, dall'istruttoria svolta, non era emersa alcuna specifica e circostanziata esigenza di ordine e sicurezza pubblica, tale da legittimare l'iniziativa adottata proprio a carico di I., mentre la scelta di controllare le registrazioni del detenuto sarebbe dovuta a decisione puramente casuale.
2.2. Inoltre la difesa aveva documentato che l'unica telefonata di rilievo era quella intercorsa, in data 27 febbraio 2021, con Virgilio Papotto, sull'utenza familiare del detenuto, conversazione diretta a fare le condoglianze all'interlocutore con il quale, peraltro, I. nel passato, aveva svolto colloqui visivi, per anni.
2.3. Sul punto, poi, si eccepisce l'omessa notifica integrale del contenuto del provvedimento notificato in data 2 aprile 2022, posto che la mera comunicazione dell'autorizzata proroga del regime di ascolto non avrebbe posto l'interessato nelle condizioni di conoscere le ragioni che avevano determinato la richiesta e il successivo provvedimento di autorizzazione da parte del Magistrato di sorveglianza.
3.11 Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, P. M., ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1.11 ricorso è infondato.
1.1. Va rimarcato che questa Corte a Sezioni Unite ha ritenuto legittima la disciplina differenziata dei colloqui visivi e telefonici introdotta dal d.P.R. n. 230 del 2000, nei confronti di detenuti per reati previsti dall'art. 4-bis, comma 1, primo periodo, Ord. pen. non considerando leso il diritto all'uguaglianza di trattamento di detenuti in condizioni soggettivamente identiche (Sez. U, n. 25079 del 2003, Rv. 224603), poiché la pericolosità sociale derivante dalla condanna per taluni reati previsti dall'indicata norma, giustifica secondo questa Corte nella sua più autorevole composizione, alcune limitazioni nei rapporti fra il detenuto e l'esterno per esigenze di tutela della collettività.
1.2. Ciò posto, si osserva che, nel caso di specie, l'istruttoria svolta di cui rendono conto i provvedimenti di merito, ha evidenziato la segnalata esistenza di ragioni di ordine e sicurezza che, secondo il corretto ragionamento svolto nel provvedimento impugnato, ha giustificato l'ascolto delle conversazioni telefoniche registrate, nel periodo di tempo necessario all'accertamento da espletare e, a seguito di segnalata violazione, anche in periodo successivo, come da proroga.
1.3. Tanto in conformità al disposto dell'art. 39, comma 7, d.P.R. n. 230 del 2000.
Questo, invero, stabilisce che "l'autorità giudiziaria competente a disporre il controllo sulla corrispondenza epistolare ... può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo di idonee apparecchiature", e prosegue però specificando che "è sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell'art. 4-bis della legge ".
Poiché il detenuto ex art. 4-bis Ord. pen., nel momento stesso in cui richiede l'autorizzazione al colloquio telefonico, rinuncia espressamente alla sua riservatezza, essendone obbligatoriamente prevista dalla legge la registrazione, per l'utilizzo del contenuto della conversazione non occorre l'attivazione della procedura di cui agli artt. 266 e ss. cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 5317-18 del 26/06/2017, non massimata; Sez. F, n. 38560 del 26/08/2014, Cacciala, Rv. 261471).
1.4. Nel caso in esame, dunque, il provvedimento adottato dal Magistrato di sorveglianza, di cui si lamenta il difetto di presupposti, su richiesta del direttore dell'istituto, ha ad abundantiam autorizzato, attraverso l'ascolto della registrazione, il mero accesso al suo contenuto già documentato nel relativo supporto.
Tale provvedimento, così come quello successivo di proroga del regime di ascolto, risultano adottati per evidenziate esigenze di ordine pubblico, per il tempo strettamente necessario, con operazione, peraltro, diretta a verificare la sussistenza di un illecito di rilievo disciplinare, in quanto tese a verificare l'esistenza di conversazioni telefoniche con persona diversa da quelle autorizzate, ai sensi dell'art. 39, comma 2, Ord. pen.
1.5. Quanto all'eccepita mancata notifica integrale della disposta proroga, si osserva che l'art. 39 d.P.R. n. 230 del 2000 richiama l'art. 18-ter Ord. pen., quanto all'intervento dell'Autorità giudiziaria in tema di controllo sulla corrispondenza e detta norma (cfr. art. 18-ter comma 5 Ord. pen.) fa rifermento all'immediata informazione del detenuto del provvedimento che dispone il trattenimento della corrispondenza.
Sul punto si osserva che è stato affermato da questa Corte di legittimità (Sez. 1, n. 20269 del 16/06/2020, Guarino, Rv. 279638) che, al fine di assicurare le esigenze di conoscibilità delle ragioni del provvedimento di trattenimento della corrispondenza, previsto dall'art. 18-ter, comma quinto, Ord. pen., deve essere garantita la possibilità di prendere visione del provvedimento stesso, tramite la sua integrale notifica al detenuto, ovvero consentendogli di ottenerne il rilascio di copia, una volta informato della sua adozione.
Dalla stessa deduzione difensiva risulta l'intervenuta notifica dell'informazione relativa all'adozione del provvedimento che, dunque, quanto al contenuto integrale era senz'altro conoscibile, attraverso il rilascio di copia degli atti. Del resto, osserva il Collegio che alcuna censura svolge il ricorrente con riferimento alla notifica integrale del provvedimento che ha disposto l'ascolto della corrispondenza telefonica, rispetto al quale, peraltro, l'I. ha svolto le difese, sia in sede di reclamo, sia con il presente ricorso per cassazione
3. Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.