Per il Consiglio di Stato, esso si identifica con l'inizio dei lavori laddove si contesti l'an della edificazione, mentre coincide con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi laddove si contesti il quomodo.
Il proprietario di un edificio scolastico e di un vasto giardino nel territorio del comune di Caserta presentava istanza di rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di una tensostruttura da utilizzare quale struttura della scuola.
Il comune di Caserta, preso atto che l'intervento proposto non ricadeva in zona sottoposta a vincolo ambientale, esprimeva parere positivo alla sua realizzazione e rilasciava il permesso di costruire al proprietario comunicando l'inizio dei lavori. La costruzione e l'attivazione della struttura, utilizzata per attività sportive e ludico ricreative non limitate alla platea scolastica, ma estese anche a terzi (come celebrazioni religiose, feste, partite di basket…) spingevano il vicino Condominio ed i proprietari degli immobili confinanti a chiedere copia della pratica edilizia dell'impianto, ricevendo in data 7 gennaio 2015 i relativi atti e documenti.
Successivamente gli stessi proponevano ricorso di primo grado avverso il permesso di costruire. Quest'ultimo era stato dichiarato irricevibile dal TAR Campania.
I ricorrenti proponevano dunque appello contestando l'eccezione di tardività del ricorso introduttivo osservando che essa «presupponeva l'accertamento della piena conoscenza da parte loro dell'atto e della sua lesività, da escludersi nella fattispecie de qua, nella quale “in mancanza di notificazione o di comunicazioni di sorta” e in assenza di alcune fasi procedimentali prodromiche alla variante e al rilascio del titolo, essi avevano potuto apprendere dell'esistenza e della lesività dei provvedimenti emessi dal comune di Caserta solo attraverso il “faticoso esperimento del diritto di accesso”».
L'eccezione di tardività, come correttamente ritenuto dal TAR nella sentenza appellata, è fondata e meritevole di accoglimento.
Sulla questione, il Consiglio di Stato ribadisce che «l'inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l'an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull'area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l'esatta dimensione, consistenza, finalità, dell'erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l'eccezione di tardività, di provare (…) anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente».
Quanto al concetto di “piena conoscenza” dell'atto, il Consiglio ha ricordato che essa, declinata nell'
Pertanto, «la richiesta di accesso non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall'altro lato, deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali».
Per questi motivi, il Consiglio rigetta l'appello con sentenza n. 3654 dell'11 aprile 2023.
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza (ud. 16 febbraio 2023) 11 aprile 2023, n. 3654
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. L’oggetto del giudizio è costituitoa) dalla deliberazione della Giunta municipale di Caserta n. 96 del 26 giugno 2013 recante l’approvazione di una variante al piano di recupero della città, prodromica al rilascio in favore dell’Istituto salesiano “S. Cuore di Maria” in Caserta del permesso di costruire n. 178 del 6 dicembre 2013;
b) dal permesso di costruire n 178 del 6 dicembre 2013 rilasciato dal comune di Caserta in favore dell’Istituto salesiano per la realizzazione di una tensostruttura di m 40 x 27 nel giardino privato dell’istituto stesso;
c) dal “silenzio assenso” del comune ovvero dalla S.c.i.a. in data 3 aprile 2015 presentata dall’Istituto in variante riduttiva rispetto alle opere in precedenza autorizzate;
d) dalla dichiarazione di agibilità della struttura del 30 aprile 2015;
e) dal silenzio inadempimento serbato dal comune in relazione alla nota del Comando dei Vigili del fuoco del 5 giugno 2015.
2. I fatti salienti della vicenda all’origine della controversia possono essere così sintetizzati:
I – In data 6 luglio 2012 l’Istituto salesiano “Sacro cuore di Maria”, proprietario di un edificio scolastico e di un vasto giardino nel territorio del comune di Caserta, presentava istanza di rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di una tensostruttura di m. 40x27 da utilizzare quale palestra della scuola ed impianto polivalente;
II – il 12 ottobre 2012 la Giunta municipale di Caserta approvava il piano di recupero delle zone omogenee A2 e A3 del PRG nelle quali erano ricomprese anche le aree di proprietà dell’Istituto salesiano;
III – con la successiva deliberazione n. 96 del 26 giugno 2013 la Giunta stessa apportava alcune modifiche al piano di recupero che rendevano possibile la costruzione della struttura sportiva progettata dall’istituto nel giardino di pertinenza della scuola;
IV – il 7 agosto 2013 il comune di Caserta, preso atto che l’intervento proposto non ricadeva in zona sottoposta a vincolo ambientale, esprimeva parere positivo alla sua realizzazione, chiedendo il pagamento degli oneri concessori, la cui previsione veniva, però, successivamente stralciata per il carattere di interesse generale della struttura il cui uso anche a favore della collettività sarebbe stato oggetto di una convenzione;
V – in data 6 dicembre 2013 il comune di Caserta rilasciava il permesso di costruire n. 178 all’Istituto che, il successivo 13 gennaio 2014, comunicava l’inizio dei lavori;
VI – il 6 agosto 2014 il Comando provinciale dei Vigili del fuoco esprimeva parere favorevole all’apertura della struttura, imponendo, però, alcune prescrizioni per l’avvio dell’attività dell’impianto sportivo;
VII – la costruzione e l’attivazione della struttura, utilizzata per attività sportive e ludico ricreative non limitate alla platea scolastica, ma estese anche a terzi (come celebrazioni religiose, feste, partite di basket…) spingevano il vicino condominio di corso (omissis) ed i proprietari degli immobili confinanti a chiedere al comune di Caserta copia della pratica edilizia dell’impianto, ricevendo in data 7 gennaio 2015 i relativi atti e documenti;
VIII – il 13 marzo 2015 l’Istituto avanzava richiesta di certificato di agibilità;
IX – il 3 aprile 2015 l’Istituto stesso, non avendo realizzato alcune delle opere progettate, presentava una S.c.i.a. in riduzione del permesso di costruire;
X – il 30 aprile 2015 il comune dichiarava agibile la struttura;
XI – in data 5 giugno 2015 il Comando provinciale dei Vigili del fuoco, a seguito di segnalazione dello svolgimento di intensa attività sportiva all’interno dell’impianto, comunicava la necessità di previa presentazione di apposita S.c.i.a. per l’apertura della palestra e di dichiarazione di agibilità nel caso di organizzazione di manifestazioni di pubblico spettacolo.
2.1. Il condominio e consorti hanno, dunque, proposto il ricorso di primo grado notificato nelle date del 5 e 6 marzo 2015, esponendo le loro censure in 7 autonomi motivi (estesi da pagina 13 a pagina 45 del ricorso), formulati inizialmente contro la suddetta delibera n. 96 del giugno 2013 della Giunta municipale e il permesso di costruire n. 178 rilasciato dal comune nel dicembre 2013.
3. A seguito di nuovo accesso agli atti, gli originari ricorrenti, odierni appellanti - dichiarando di agire “in ogni caso per l’accertamento dell’illegittimità del comportamento inerziale posto in essere dal comune di Caserta nella gestione della pratica edilizia di cui è causa”- hanno proposto ricorso per aggiunzione, basato su 8 autonomi motivi (estesi da pagina 11 a pagina 43) rivolti avverso:
a) “il silenzio-assenso serbato dal comune di Caserta sulla S.c.i.a in variante riduttiva presentata dall’Istituto salesiano il 3 aprile 2015”;
b) la dichiarazione di agibilità della struttura del 30 aprile 2015 prot. n. 34912;
c) “il silenzio-inadempimento del comune” in relazione alla nota del Comando dei Vigili del fuoco del 5 giugno 2015,.
4. La sentenza in questa sede appellata – T.a.r. per la Campania, sez. VIII, n. 3097 del 8 giugno 2017:
a) ha dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado e i motivi aggiunti proposti avverso la deliberazione giuntale ed il permesso di costruire;
b) ha riqualificato la restante parte del ricorso per aggiunzione come impugnativa autonoma (capo non impugnato);
c) ha escluso l’ammissibilità dell’impugnativa diretta della S.c.i.a., la formazione del silenzio assenso e l’esperibilità di una azione di accertamento generica in relazione agli inadempimenti addebitabili al comune;
d) ha respinto l’impugnativa del certificato di agibilità;
e) ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.
5. Gli originari ricorrenti hanno proposto appello sviluppando quattro autonomi mezzi di gravame (estesi da pagina 11 a pagina 38 del ricorso), di seguito sintetizzati:
I. sulla tardività del ricorso introduttivo, violazione degli artt. 29 e 41 c.p.a.;
II. sulla erronea applicazione del principio di non contestazione;
III. sulla irricevibilità ed infondatezza dei motivi aggiunti;
IV. sulla condanna alle spese.
6. Si sono costituiti in giudizio il comune di Caserta (il 12 febbraio 2018), l’Istituto salesiano “S. Cuore di Maria” (il 16 gennaio 2018) ed il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (con la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, in data 15 gennaio 2018), chiedendo il rigetto dell’appello, in quanto infondato, e depositando memorie e documenti sui fatti di causa.
7. In data 16 settembre 2022 gli appellanti hanno dichiarato la permanenza del loro interesse alla decisione, producendo ulteriore documentazione.
8. Con memorie depositate il 13 gennaio 2023 l’Istituto salesiano e gli appellanti hanno ribadito le loro conclusioni in vista della data fissata per la discussione del merito. Gli appellanti hanno altresì depositato memoria di replica il 25 gennaio 2023, mentre, in data 13 febbraio 2023, l’Istituto salesiano ha chiesto il passaggio in decisione, rimettendosi ai propri scritti.
9. All’udienza pubblica del 16 febbraio 2023 la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.
10. In via preliminare il collegio rileva che, in appello, è stato devoluto l’intero thema decidendum trattato in primo grado, pertanto, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, saranno esaminati direttamente i motivi originari posti a sostegno del ricorso di primo grado e del ricorso per aggiunzione, i quali perimetrano obbligatoriamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. (sul principio e la sua applicazione pratica, fra le tante, cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020, n. 1130 del 2016, sez. V, n. 5868 del 2015; sez. V, n. 5347 del 2015).
11. Sempre in via preliminare, stante l’infondatezza del gravame nel merito, può prescindersi dall’esame delle eccezioni e delle questioni preliminari formulate dalle parti in relazione all’inammissibilità dell’appello o al difetto di legittimazione passiva del Ministero.
12. Quanto al ricorso di primo grado, ancora per motivi logici, deve essere esaminata con priorità l’eccezione di irricevibilità di tale atto e dei motivi aggiunti, nella parte relativa all’impugnazione dei medesimi provvedimenti, costituiti dalla delibera della Giunta municipale del 26 giugno 2013 e dal permesso di costruire rilasciato dal comune di Caserta il 6 dicembre 2013.
12.1 Sul punto sia l’Istituto salesiano che il comune di Caserta hanno sottolineato che i lavori hanno avuto inizio il 13 gennaio 2014 e che la struttura è stata ultimata nel settembre dello stesso anno e inaugurata nell’ottobre 2014 e che dalla documentazione in atti (e, in particolare, dalla corrispondenza telematica di uno dei ricorrenti, difensore anche del condominio, da articoli di giornale sull’argomento, dai verbali dell’assemblea condominiale e dagli atti dell’azione civile proposta dal condominio stesso dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere), risultava “evidente che le controparti (avessero)… avuto piena conoscenza delle opere realizzate dall’Istituto salesiano già dai primi mesi del 2014”, essendo stata l’opera, come detto, ultimata nel settembre 2014 ed inaugurata a fine ottobre 2014, “con la conseguenza che a quella data, al massimo, può farsi riferimento ai fini della decorrenza del termine decadenziale di proposizione del ricorso amministrativo”. Escludendo che il termine di proposizione del ricorso potesse farsi decorrere dal 7 gennaio 2015, (data del primo accesso dei ricorrenti alla pratica edilizia), il comune e l’Istituto hanno affermato che tale differimento del termine avrebbe potuto aver luogo solo ove ci si fosse trovati “in presenza di un accesso esercitato tempestivamente e in maniera diligente” e non nel caso in questione, nel quale, i ricorrenti, essendo al corrente dell’esistenza di un manufatto lesivo dei loro interessi sin dai primi mesi del 2014, avevano avuto fin da tale momento l’onere di attivarsi per verificare la compatibilità dell’opera con la vigente normativa urbanistica ed edilizia, cosicché la mancata tempestiva piena conoscenza degli atti era imputabile alla loro “colpevole” inerzia. La delibera della Giunta municipale di variante al piano di recupero era, poi, stata regolarmente pubblicata all’albo pretorio dal 27 giugno 2013 per 15 giorni consecutivi, facendo decorrere dal compimento della pubblicazione il termine di impugnazione.
12.2. Gli appellanti hanno contestato la fondatezza di tale eccezione, osservando che essa presupponeva l’accertamento della piena conoscenza da parte loro dell’atto e della sua lesività, da escludersi nella fattispecie de qua, nella quale “in mancanza di notificazione o di comunicazioni di sorta” e in assenza di alcune fasi procedimentali prodromiche alla variante e al rilascio del titolo, essi avevano potuto apprendere dell’esistenza e della lesività dei provvedimenti emessi dal comune di Caserta solo attraverso il “faticoso esperimento del diritto di accesso”. A ritardare l’impugnazione avevano, poi, concorso anche il fatto che realizzazione del “Paladonbosco” fosse avvenuta “nel giro di poche settimane, nell’autunno 2014 … (quando) le aree stesse non erano neppure visibili, in quanto oscurate da un’alta grata metallica intessita a finto pino, poi crollata tra il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015, a ridosso del completamento” dei lavori e la circostanza per cui la lesività delle opere era derivata “sia dall’uso improprio posto in essere da lì a qualche settimana (con nuove e maggiori immissioni acustiche derivanti dalle poliedriche attività all’interno e all’esterno del manufatto), ma anche per effetto della stabilità di una struttura in origine <<spesa>> quale palestra”.
12.3. L’eccezione di tardività, come correttamente ritenuto dal T.a.r. nella sentenza appellata, è fondata e meritevole di accoglimento.
12.4. Come rilevato da costante giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 marzo 2016, n. 2782; 21 marzo 2016 n. 1135; 15 novembre 2016, n. 4701), l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare (essendone onerato da ultimo Cons. Stato, sez. II, 2 febbraio 2022, n. 721) anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 191; sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3763; 28 ottobre 2015, n. 4910 e n. 4909; 22 dicembre 2014 n. 6337; sez. IV, 10 giugno 2014, n. 2959; sez. V, 16 aprile 2013, n. 2107; sez. V n. 3777 del 27 giugno 2012; sez. VI, 18 aprile 2012, n. 2209; sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5170, che si conformano sostanzialmente all’insegnamento dell’Adunanza plenaria n. 15 del 2011, sviluppandone i logici corollari).
Quanto al concetto stesso di "piena conoscenza" (ed alla sua idoneità a costituire il dies a quo di decorrenza del termine per l'impugnazione dell’atto), occorre ricordare che la giurisprudenza della sezione ha già avuto modo di osservare (tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3763; 6 ottobre 2015 n. 6242; 28 maggio 2012 n. 3159) che la “piena conoscenza” del provvedimento impugnabile non deve essere intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento stesso, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale.
12.5 Applicando questi principi con riferimento al caso di specie, va evidenziato, in primo luogo, che la delibera della Giunta municipale di variante al piano di recupero che ha reso possibile l’edificazione della struttura nel giardino dell’Istituto salesiano risulta essere stata ritualmente pubblicata sull’albo pretorio dal 27 giugno 2013 per 15 giorni consecutivi, come attestato in calce all’atto stesso. Tale forma di pubblicità degli atti della Giunta è prescritta dall’art. 124 del d.lgs. n. 267 del 2000, cosicché per i suddetti provvedimenti la pubblicazione all’albo pretorio costituisce il mezzo di conoscenza legale da cui decorrono i termini per l’impugnativa. Al riguardo può, infatti, osservarsi che <<in tutti i casi in cui non sia necessaria la notificazione individuale del provvedimento e sia al contempo prescritta da una norma di legge o di regolamento la pubblicazione dell'atto in un apposito albo, il termine per proporre l'impugnazione decorre dal giorno in cui sia scaduto il periodo della pubblicazione; pertanto, il normale termine decadenziale per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria, decorre per i soggetti non espressamente nominati, dalla pubblicazione medesima, non essendo indispensabile la notificazione individuale o la piena conoscenza>> (cfr. Cons. Stato sez. V, 15 marzo 2006, n.1370).
12.6 Quanto al permesso di costruire rilasciato in data 6 dicembre 2013, gli originari ricorrenti hanno dedotto che tale provvedimento sarebbe stato loro noto nella sua esistenza e nella sua concreta lesività solo a seguito dell’acquisizione di copia degli atti della pratica edilizia (avvenuta il 7 gennaio 2015).
12.7. Tale tesi, alla luce di tutta la documentazione di causa, non può, però, essere condivisa, dovendo la conoscenza da parte del condominio e dei proprietari degli immobili adiacenti dell’atto e della sua essenziale portata lesiva collocarsi necessariamente in un periodo precedente alla suddetta data in forza di una serie di elementi gravi precisi e concordanti quali:
a) l’avvenuto inizio dei lavori di costruzione della struttura alla data del 13 gennaio 2014, come da relativa denuncia (rilevante in quanto i ricorrenti hanno articolato censure soprattutto volte a contestare ab imis l’edificazione dell’impianto sportivo);
b) la fine lavori, datata 21 ottobre 2014;
c) l’inizio dell’utilizzazione della struttura a partire dalla fine di ottobre 2014;
d) il contenuto inequivoco della corrispondenza telematica intercorsa tra uno degli appellanti, tra l’altro anche difensore del condominio, e l’Istituto salesiano dal febbraio 2014 al maggio 2014 che facendo riferimento alle rilevanti dimensioni dell’impianto costruito e alla ricerca di possibili accorgimenti per mitigarne l’impatto visivo dalle altre proprietà conferma la piena visibilità dell’opera per i vicini confinanti;
e) l’indubbia vicinitas tra il condominio e le proprietà degli appellanti, “in stretta adiacenza” (come indicato a pag. 5 del ricorso) al giardino dell’Istituto salesiano in cui sorge la tensostruttura.
12.8. I suddetti indici confermano il fatto che la parte ricorrente in primo grado avesse avuto piena conoscenza del titolo edilizio ben prima della richiesta al Comune di prendere visione della pratica edilizia (datata 13 novembre 2014 e accolta il 7 gennaio 2015), avanzata con “colpevole” ritardo a mesi di distanza dal completamento dell’opera e dall’inizio della sua utilizzazione.
12.9. In base al tenore stesso del ricorso, alle effettive dimensioni della struttura ed al contenuto della citata corrispondenza tra le parti (che dimostrano il protrarsi per diversi mesi dei lavori e la possibilità per i vicini di rendersi conto della portata della nuova costruzione già nel corso dell’edificazione), tale ricostruzione dei fatti non risulta in alcun modo inficiata dagli argomenti addotti dai ricorrenti in replica all’eccezione di irricevibilità del gravame circa il preteso occultamento delle opere con una rete che sarebbe caduta solo tra il 31 dicembre 2014 ed il 1° gennaio 2015 e circa la repentina realizzazione dell’impianto che sarebbe stata compresa nella sua lesività solo al momento dell’esame del titolo edilizio.
12.10. D’altra parte, la "piena conoscenza" dell'atto, individuata dall'art. 41, comma 2, c.p.a., quale momento da cui decorre il termine per impugnare, richiede non la conoscenza piena e integrale dell'atto stesso, ma la mera percezione della sua esistenza e degli aspetti che ne comportano la lesività, in modo da rendere riconoscibile per il ricorrente l'attualità dell'interesse ad agire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3075 del 2018). La richiesta di accesso, poi, dal canto suo, non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall'altro lato, deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2020 n. 962; 25 maggio 2018 n. 3075; sez. II, 26 giugno 2019 n. 4390).
13. Per queste ragioni, il ricorso di primo grado (notificato il 5-6 marzo 2015) deve ritenersi irricevibile, poiché i ricorrenti avrebbero dovuto proporre l’impugnazione entro il termine decadenziale di sessanta giorni decorrenti quantomeno dal mese di settembre 2014 per il permesso di costruire e dal 13 luglio 2013 per la delibera della Giunta municipale.
14. Le medesime conclusioni di irricevibilità valgono in rapporto ai motivi aggiunti nella parte relativa all’impugnazione dei medesimi atti.
15. I restanti motivi aggiunti devono essere dichiarati in parte inammissibili e in parte infondati.
15.1. Sono in primo luogo inammissibili le censure nella parte in cui:
a) sono finalizzate ad impugnare direttamente la S.c.i.a. - in variante riduttiva, presentata dall’Istituto salesiano in relazione alle minori opere realizzate rispetto all’originario progetto autorizzato con il permesso di costruire n. 178 del 2013 - poiché, ai sensi dell'art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241/1990, come del resto evidenziato anche dal T.a.r. nella sentenza appellata, la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, con conseguente inammissibilità del relativo gravame (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2022 n. 2697; sez. I, parere 22 gennaio 2020, n. 480; Corte cost. n. 153 del 2020);
b) introducono un’azione di condanna della p.a. al di fuori dei limiti ammessi dal c.p.a.(cfr. Cons. Stato, sez. IV n. 7373 del 2021, n. 594 del 2021, n. 1141 del 2018, n. 444 del 2017, n. 293 del 2017).
15.2. I motivi aggiunti risultano, inoltre, infondati con riferimento alle censure rivolte al certificato di agibilità, formulate in via del tutto generica e sulla base della mera circostanza della mancata realizzazione dei locali spogliatoio e docce originariamente ricompresi nel progetto, che avrebbe reso la struttura non idonea ad essere utilizzata come impianto sportivo. A prescindere dalla distinzione tra i profili di sicurezza degli edifici (oggetto specifico della verifica di agibilità) e quelli di conformità urbanistica, al riguardo può osservarsi, da un lato, che la modifica in questione appare sorretta dalla S.c.i.a. ormai consolidatasi e, dall’altro, che la medesima funzione dei manufatti eliminati dal progetto risulta essere svolta da altri locali spogliatoio e docce già a servizio della struttura.
15.3. Con l’ottavo motivo del ricorso per aggiunzione i ricorrenti hanno inteso “censurare l’illegittimità dell’operato complessivo del comune di Caserta” che avrebbe continuato “a tollerare le gravi violazioni di legge e regolamento poste in essere quotidianamente dall’Istituto, così ponendo a repentaglio la sicurezza dell’impianto, dei suoi utenti e delle stesse abitazioni vicine”.
15.3.1. Anche tale doglianza non può trovare accoglimento rappresentando una censura del tutto generica finalizzata a contestare la legittimità dell’azione amministrativa in quanto tale e ad affermare l’esistenza di situazioni di irregolarità non meglio specificate perché dedotte al di fuori dell’indicazione di puntuali provvedimenti adottati o di precise disposizioni obbligatorie per gli uffici rimaste inadempiute.
16. Deve essere, infine, esaminato l’ultimo motivo di appello con il quale gli appellanti si dolgono di essere stati condannati, da parte del T.a.r., alla rifusione delle spese anche nei confronti del Ministero dei beni e delle attività culturali nonostante tale amministrazione, nel corso del giudizio, avesse mostrato di condividere in qualche misura la loro posizione di denuncia delle irregolarità edilizie poste in essere dall’Istituto salesiano.
16.1 Il motivo è palesemente infondato e deve essere respinto, essendosi il Ministero costituito nel giudizio di primo grado “per resistere al ricorso”, eccependo, poi, il proprio difetto di legittimazione passiva e non chiedendo mai nelle proprie conclusioni l’accoglimento del gravame.
17. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
18. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, comma 1, c.p.a., ricorrendone i presupposti applicativi, in considerazione della manifesta infondatezza del gravame, secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. [cfr. ex plurimis sez. IV, n. 148 del 2022, n. 5008 del 2018; sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. ex plurimis sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016)].
19. Stante l’assenza di attività defensionale svolta dal Ministero intimato le spese del relativo rapporto processuale possono essere compensate.
20. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. rileva, infine, anche agli eventuali effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 148 del 2022).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull'appello (n.r.g. 9308/2017), come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna gli appellanti, in solido fra loro, alla rifusione in favore dell’Istituto salesiano “S. Cuore di Maria” e del comune di Caserta delle spese di lite, liquidate in euro 6.000,00 per ciascuno, oltre accessori di legge (IVA e CPA e spese generali), con distrazione in favore dei rispettivi difensori, avvocati Luigi Adinolfi e Riccardo Giannelli e avvocato Lidia Gallo, dichiaratisi antistatari.
Compensa le spese nei confronti del Ministero dei beni e delle attività culturali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa