Tale azione è consentita entro il quinquennio dalla richiesta di cancellazione quando quest'ultima è avvenuta dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 175/14.
Una srl propone ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello di rigettare il reclamo contro la sentenza di fallimento della ricorrente.
In sede di legittimità, critica il provvedimento impugnato nella parte in cui la Corte di merito ha affermato la legittimazione dell'Agenzia a presentare l'istanza di fallimento,...
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la corte d’appello di Roma ha rigettato il reclamo contro la sentenza di fallimento della s.r.l. (omissis).
A sostegno della decisione, ha anzitutto ritenuto infondata l’eccezione di nullità della procura conferita a un avvocato del libero foro dall’Agenzia delle entrate-Riscossione, ritenendo che l’art. 1 del
d.l. n. 193/16, come convertito, comporti la natura alternativa e concorrente delle diverse tipologie di patrocinio, ossia del patrocinio dell’avvocatura di Stato e di quello dei difensori del libero foro.
Ha poi convenuto col tribunale circa l’impossibilità di accordare un rinvio alla società, estinta, ma fallibile ex art. 10 l.fall., al fine di consentirle di presentare la dichiarazione di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione a norma dell’art. 3 del d.l.
n. 119/18, come convertito, in considerazione dei tempi ristretti previsti dall’art. 10 l. fall., incompatibili con la facoltà di rateazione dei pagamenti prevista da quella disciplina di definizione agevolata.
Ha, infine, affermato la legittimazione dell’agente per la riscossione a proporre l’istanza di fallimento in esito all’entrata in vigore dell’art. 3 del suddetto d.l. n. 119/18, poiché nessuna dichiarazione di adesione alla rottamazione era stata presentata.
Contro questa sentenza propone ricorso la s.r.l. (omissis) in liquidazione per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione replica con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Il primo motivo di ricorso, col quale la società lamenta la violazione degli artt. 1, comma 8, del d.l. n. 193/16, conv. con l. n. 225/16, 4 e 17 del d.lgs. n. 50/16, 1, comma 5, del d.l. n. 193/16, art. 43 del r.d. n. 1611/33 e 113 e 115 c.p.c., sostenendo la nullità della procura rilasciata dall’Agenzia delle entrate-Riscossione a un avvocato del libero foro, è infondato.
Le sezioni unite di questa Corte hanno difatti chiarito che, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l'Agenzia delle entrate- Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale e al giudice di pace, si avvale: (a) dell'avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati a essa dalla convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell'art. 43, comma 4, del r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all'organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; (b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall'art. 43, comma 4, del citato r.d. - nel rispetto degli artt. 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri stabiliti dagli atti di carattere generale adottati ai sensi dell'art. 1, comma 5, del d.l. n. 193 del 2016, conv. con l. n. 225 del 2016- in tutti gli altri casi e in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all'avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio.
Quando la scelta tra il patrocinio dell'avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla convenzione tra l'Agenzia e l'avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell'Agenzia a mezzo dell'una o dell'altro
«postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo», nemmeno nel giudizio di legittimità (Cass., sez. un., n. 30008/19).
1.1.- In tal modo ogni possibile questione al riguardo è stata definita, praticamente legittimando le iniziative processuali dell'Agenzia delle entrate-Riscossione nell'uno o nell'altro senso (Cass. n. 16314/21 e n. 31656/21).
Il motivo è rigettato.
2.- Col secondo, col terzo, e col quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perché connessi, la società lamenta:
a.- la violazione dell’art. 3, comma 10, del d.l. n. 119/18, là dove la corte d’appello ha affermato la legittimazione dell’Agenzia a presentare l’istanza di fallimento, sebbene il suddetto art. 3 consentisse di richiedere la rottamazione dei ruoli fino al 30 aprile 2019 (secondo motivo);
b.- la violazione dell’art. 10 l. fall. e dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175/14, là dove la corte d’appello ha ritenuto legittimo il rigetto dell’istanza di rinvio dell’istanza di comparizione presentata al tribunale, facendo leva sulla carenza di rappresentanza legale del liquidatore di una società ormai estinta (terzo motivo);
c.- la violazione dell’art. 10 l. fall. e dell’art. 3 del d.l. n. 119/18, là dove la corte d’appello ha giustificato la legittimità del diniego del rinvio puntando sui tempi ristretti imposti dall’art. 10 l. fall. (quarto motivo).
La censura complessivamente proposta presenta profili d’inammissibilità e d’infondatezza.
2.1.- Anzitutto, l’esclusione della legittimazione del liquidatore a presentare valida dichiarazione di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione è confinata a un mero obiter, relativo, peraltro, all’art. 10 l. fall. (così si legge in sentenza: «…a voler prescindere dalla considerazione che la fictio iuris della legittimazione attiva della società cancellata è valida con esclusivo riferimento al reclamo avverso la dichiarazione di fallimento…»).
3.- L’esclusione è in realtà erronea, poiché la società è stata cancellata dal registro dell’imprese nel 2018, ossia successivamente all’entrata in vigore dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175/14, il quale ha disposto, nei confronti dell'amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione ivi indicati, con riguardo a tributi o contributi, il differimento quinquennale, dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, degli effetti dell'estinzione della società derivanti dall'art. 2495, comma 2, c.c. (Cass. n. 17499/19; n. 38130/22; n. 7578/23; n. 9177/23). Si tratta di una disposizione di natura sostanziale (come evidenziato anche da Corte cost. n. 142/20), la quale comporta che il liquidatore conserva tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale (come chiarito da Cass. n. 36892/22): e tra questi poteri non può che rientrare anche quello di aderire alla definizione agevolata.
4.- L’erroneità è comunque ininfluente, in quanto nel giudizio di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento assumono rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della decisione, e non quelli sopravvenuti: la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l'acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l'apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta (tra varie, Cass. n. 16180/17; n. 19682/17; n. 5573/23, punto 3.5).
La corte d’appello ha dunque acclarato, e l’accertamento non è stato contestato, che sussistevano tutti i presupposti per il fallimento, a fronte dei quali ha rimarcato che la società non aveva fornito alcuna indicazione circa le fonti di reperimento della liquidità necessaria a far fronte al pagamento occorrente per procedere alla rottamazione dei carichi.
4.1.- Contrariamente a quanto obiettato in ricorso, la dimostrazione dell’esistenza di tali fonti di liquidità era necessaria; e lo era, al fine escludere la sussistenza della situazione d’insolvenza, ossia dell’impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa, comprese quelle tributarie indicate nei carichi affidati all’agente per la riscossione dei quali si discute (tra varie, Cass. n. 5856/22 e, giustappunto con riguardo a debiti tributari e al tentativo di ottenerne la definizione agevolata, Cass. n. 1051/21, punto 11), nonché dell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.
5.- Né sussiste alcun diritto del debitore, nel corso del procedimento per la dichiarazione di fallimento, di ottenere il differimento della trattazione per poter procedere alla definizione della propria posizione debitoria. Il relativo diniego da parte del giudice neanche configura una violazione del diritto di difesa, al cospetto della necessità di bilanciamento, spettante al giudice, delle esigenze del debitore con quelle di tutela degli interessi pubblicistici al soddisfacimento dei quali la procedura fallimentare è volta (coerenti, Cass. n. 23111/2014; n. 16950/2016).
E questo bilanciamento è particolarmente stringente nel caso in esame, in considerazione del ristretto margine temporale entro il quale si poteva procedere alla dichiarazione di fallimento, a fronte della cancellazione della società dal registro delle imprese.
5.1.- Si rivela allora corretta la statuizione della corte d’appello, che ha escluso che si fosse dovuto disporre rinvio per consentire alla società di presentare la richiesta di definizione dei carichi (cfr., in termini, Cass. n. 9029/20).
6.- Infine, infondata è la censura concernente il difetto di legittimazione dell’agente per la riscossione a proporre istanza di fallimento, al cospetto perdipiù della sola manifestazione di volontà di adesione alla rottamazione.
L’art. 3, comma 10, del d.l. 119/18 si riferisce difatti all’incidenza della presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente per la riscossione (e non già della mera intenzione di presentarla) sulle sole attività di esecuzione o recupero coattivo del credito, al novero delle quali è estraneo il procedimento per la dichiarazione di fallimento (si veda, al riguardo, sulla distinzione, Cass., sez. un., n. 33408/21).
6.1.- D’altronde, null’altro avrebbe dovuto fare il giudice di merito che prendere atto della persistenza dell’iniziativa dell’agente per la riscossione e dell’impossibilità giuridica di affermare la sopravvenuta estinzione del debito tributario oggetto dei carichi affidatigli (in termini, Cass. n. 20616/21, punto 6).
La censura complessivamente proposta è respinta.
7.- Il ricorso è rigettato, con l’affermazione del seguente principio di diritto:
“In tema di procedimento prefallimentare, posto che l’ex liquidatore di società cancellata dal registro delle imprese dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 175/14 è legittimato, entro il quinquennio dalla richiesta di cancellazione, a presentare domanda per accedere alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente per la riscossione, non è configurabile alcun diritto del debitore a ottenere un rinvio della trattazione del procedimento per provvedervi, di modo che il tribunale legittimamente ne dichiara il fallimento, qualora ne sussistano i presupposti, su istanza dell’agente della riscossione rimasto insoddisfatto alla data della decisione”.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese, che liquida in euro 5000,00 per compensi, oltre a euro 200,00 per esborsi, al 15% a titolo di spese forfetarie, iva e cpa.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.