Quando il ricorso viene deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., si applicano, come previsto dal terzo comma, ultima parte, della disposizione, il terzo e il quarto comma dell'art. 96 c.p.c..
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato al Tribunale di Termini Imerese, F.G.C. e F.V. evocavano in giudizio B.E. chiedendo di essere reintegrati nel possesso di un fondo. Nella resistenza del convenuto il Tribunale dapprima denegava l'interdetta e poi rigettava la domanda, con sentenza n. 755/2019.
Interponevano appello avverso detta decisione gli originari ricorrenti e la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza impugnata, n. 502/2022, accoglieva il gravame, riformando la decisione di prima istanza ed ordinando l'invocata reintegrazione nel possesso del bene oggetto di causa.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.E. affidandosi ad un unico motivo. Resistono con controricorso F.G.C. e F.V.
A seguito aella proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell'adunanza in camera di consiglio, fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c. cod. proc. civ., ambo le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Il ricorso si articola nei seguenti motivi:
1) nullità della sentenza ex art. 360 comma 4 c.p.c. in quanto corredata da motivazione apparente, in violazione dell'art. 36 co. 2 n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992, dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 111 della Costituzione.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell'art. 380-bis è del seguente tenore:
"INAMMISSIBIUTA: o comunque MANIFESTA INFONDATEZZA, e/e/
ricorso avverso statuizione di accoglimento della domanda di reintegrazione nel possesso di un immobile.
Unico motivo: inammissibile, o comunque manifestamente infondato,
perché contesta l'apparenza della motivazione fornita dalla Corte di Appello, la quale ha rilevato che tutti i testimoni escussi avevano confermato che il bene era stato consegnato dalla parte originaria ricorrente a quella resistenza, e che -dunque- quest'ultimo ne era mero detentore; la domanda di reintegrazione proposta dai F ,
dunque, non poteva essere rigettata sul presupposto della presunzione di possesso in capo al s , poiché la sua relazione con la res aveva avuto origine da un atto volontario dei F e dunque integrava
detenzione, e non possesso. A tale decisiva considerazione, la Corte territoriale aggiunge che la dimostrazione de/l'originario possesso della res in capo ai F era stata fornita mediante la prova orale (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). La decisione, dunque, è sorretta da motivazione certamente idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale, e pertanto non si ravvisa il vizio di omissione denunciato dalla parte ricorrente".
Il C0llegio condivide il contenuto della proposta ex art. 380-bis c.p.c.
La memoria della parte ricorrente non offre argomenti ulteriori rispetto a quelli contenuti nel ricorso.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis c.p.c.- il terzo e il quarto comma dell'art. 96 c.p.c., con conseguente condanna clella parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema dj Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4,000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.