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29 giugno 2023
Valida la notifica del licenziamento disciplinare anche se il destinatario sostiene di non aver mai rinvenuto l’avviso di giacenza

La presunzione di conoscenza degli atti recettizi in forma scritta pervenuti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto presso il luogo indicato dalla norma, salvo prova contraria.

di La Redazione

La Corte d'Appello di Firenze confermava la sentenza con la quale il Tribunale aveva respinto le domande del lavoratore volte all'annullamento del licenziamento disciplinare a lui intimato, alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento dei danni. In particolare, la Corte aveva ritenuto maturata la decadenza dal potere di impugnazione entro 60 giorni ai sensi dell'art. 6, L. n. 604/1966 ritenendo valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata spedita al domicilio del lavoratore, mentre aveva ritenuto al contrario non idonea la comunicazione di quest'ultimo volta a rendere nota la sua volontà di impugnare il licenziamento.
Il lavoratore impugna la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione, lamentando tra le altre cose il fatto che egli non aveva trovato nella cassetta della posta l'avviso di giacenza e dunque non poteva ritenersi presuntivamente conosciuta la comunicazione del licenziamento, il quale di conseguenza doveva dirsi inefficace.

Con la sentenza n. 15397 del 31 maggio 2023, la Corte di Cassazione dichiara non fondato il motivo di ricorso, richiamando innanzitutto l'art. 1335 c.c., secondo cui gli atti unilaterali rivolti a un certo destinatario (come il licenziamento) si reputano conosciuti quando giungono all'indirizzo del destinatario, salvo quest'ultimo non provi di essere stato senza sua colpa nell'impossibilità di averne notizia. Ciò si sostanzia in una presunzione legale di conoscenza basata sulla prova del ritrovamento della comunicazione presso l'indirizzo del destinatario. Per superare tale presunzione è necessaria dunque una prova contraria dell'impossibilità di averne notizia e quindi occorre procedere a un accertamento di fatto basato su risultanze probatorie coerenti.
Ciò posto, nel caso in esame la Corte territoriale aveva ritenuto la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento idonea a provare il perfezionamento della notifica, accompagnata dalle schede informative ove si desumeva la mancata consegna della raccomandata, il deposito della stessa presso l'ufficio postale e la restituzione al mittente all'esito della compiuta giacenza. Tali elementi, secondo la Corte, fondavano la presunzione di legale di conoscenza di cui sopra, considerando che i dati informativi erano stati estratti da Poste italiane.
A fronte di ciò, non era stata fornita la prova dell'impossibilità di averne notizia da parte del destinatario della comunicazione.
Del resto, la decisione impugnata appare coerente anche con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui 

giurisprudenza

«il mittente deve produrre l'avviso di ricevimento, nel caso in cui lo stesso sia disponibile (…): laddove la mancata produzione dell'avviso di ricevimento da parte del mittente non sia adeguatamente giustificata e/o non sussistano altri elementi di prova che dimostrino l'avvenuta consegna della raccomandata, il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. solo in virtù della prova dell'invio della raccomandata, ma dovrà verificare l'esito dell'invio in primo luogo sulla base delle risultanze dell'avviso di ricevimento e, comunque, valutando ogni altro mezzo di prova utile e la sua decisione non sarà sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di un accertamento di fatto ad esso riservato».

Segue il rigetto del ricorso.

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