Il reato di cui all'art. 640 c.p. si configura, infatti, non solo quando l'agente di vendita procura un profitto ingiusto per sé, ma anche quando lo procura ad altri.
Il Giudice di secondo grado confermava la condanna dell'imputato per il reato di truffa contrattuale. Nello specifico, l'addebito contestato consisteva nel fatto che l'imputato, nelle vesti di agente di vendita di una concessionaria di auto, aveva trattato la compravendita di un veicolo senza poi consegnarlo, inducendo il cliente a pagare 11mila euro per...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La Corte di appello di Salerno confermava la condanna di R. R. per il reato di truffa contrattuale; si contestava allo stesso, agente di vendita della "L. s.r.l.", di avere trattato la compravendita di un'autovettura senza consegnarla, inducendo l'acquirente a pagare undicimila euro, senza consegnare il mezzo.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di truffa: mancherebbero gli artifici e i raggiri dato che il bene compravenduto non sarebbe stato consegnato all'acquirente per cause indipendenti dalla volontà di R. (ma riconducibili invece alla società L. s.r.l.); la condotta contestata integrerebbe, pertanto, un semplice "inadempimento contrattuale". Inoltre, non sarebbero state considerate le prove indicative della risoluzione del contratto.
2.1.1. Il motivo non è consentito in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove, esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità (tra le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965).
Contrariamente a quanto dedotto, con motivazione esente da vizi logici, la Corte di appello rilevava, conformemente a quanto valutato dal primo giudice, che il comportamento del ricorrente era fraudolento, considerato che le prove raccolte indicavano che R. aveva indotto l'acquirente a consegnare undicimila euro, rappresentando che la vettura oggetto della compravendita era disponibile; tuttavia R. rinviava continuamente la consegna e, di fronte alla richiesta di restituzione delle somma versate, effettuava un bonifico di soli centodieci euro; si trattava di un comportamento che, secondo la logica valutazione della Corte di appello, esulava dal·semplice inadempimento e si configurava come fraudolento, in quanto era emerso che l'acquirente era stato indotto a versare una somma considerevole, nonostante l'auto compravenduta non fosse mai stata nella disponibilità del ricorrente-venditore.
La motivazione non si presta ad alcuna censura
2.2. violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di truffa: le somme versate dalla persona offesa sarebbero state incassate dalla società "L. s.r.l." e non dal ricorrente, che non avrebbe lucrato alcun profitto.
2.2.1. La doglianza è manifestamente infondata in quanto la truffa si configura non solo se l'agente procura un profitto ingiusto "a sé", ma anche "ad altri".
2.3. Violazione di legge (art. 640 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla mancanza di elemento soggettivo: la compravendita sarebbe stata avviata regolarmente senza alcun dolo, mentre il successivo inadempimento sarebbe stato dovuto alla situazione di difficoltà economica intervenuta nella fase esecutiva dell'accordo.
2.3.1. La doglianza non supera la soglia di ammissibilità in quanto è stata dedotta per la prima volta con il ricorso per Cassazione. Il collegio ribadisce che la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. - secondo cui non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d'appello – trova la sua ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (tra le altre: Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Bonaffini Rv. 256631).
2.4. Si deduceva, infine, che il reato avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per decorso del termine di prescrizione
2.4.1. Il termine di prescrizione risulta spirato il 24 dicembre 2022, successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (tenuto conto delle sospensioni, che ammontano ad un anno mesi 8 giorni 26); l'inammissibilità del ricorso, cui consegue la mancata apertura del rapporto processuale nel giudizio di cassazione, osta alla dichiarazione di prescrizione.
2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.