L'autenticazione consiste nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Macerata in composizione monocratica, in funzione di giudice di appello, confermava la sentenza del Giudice di pace di Macerata, emessa in data 18/10/2021, con cui G. C. era stata condannata a pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, per il reato di cui all'art. 595 cod. pen., in (omissis) il 17/07/2018.
2. In data 21/11/2022 G. C. ricorre, a mezzo del difensore di fiducia avv.to O. D., deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1 violazione di legge, inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, inutilizzabilità inammissibilità, decadenza, in riferimento agli artt. 120 cod. pen., 337, 529, comma 2, cod. proc. pen., ai sensi dell'art. 606, lett. b) e c) cod. proc. pen., per mancanza della condizione di procedibilità per difetto di querela, avendo la persona offesa spedito la querela c1 mezzo pec, priva dell'autenticazione della firma, risultando del tutto erronea la motivazione della sentenza impugnata alla luce del dettato normativo e della giurisprudenza di legittimità, nonché alla luce dell'art. 3 d..p.r. 68 del 11/02/2005. in tema di regolamento per l'utilizzo della posta elettronica certificata, e della legge 16 gennaio 2003, n. 3, che disciplinano le reç1ole di invio e ricezione del messaggio di pota elettronica certificata, senza alcun riferimento al contenuto del messaggio stesso, con la conseguenza che la querela può essere anche presentata con l'impiego della pec intesa come mezzo impiegato, senza che ciò incida in alcun modo sulle formalità per la redazione della querela; peraltro, anche a seguito dell'introduzione del processo penale telematico, il deposito della querela può avvenire solo attraverso la necessaria firma digitale del difensore abilitato e munito di procura speciale che, in questo modo, autentica la firma del querelante;
2.2 violazione di legge, in riferimento agli artt. 51 e 595 cod. pen., 533 cod. proc. pen., ai sensi dell'art. 606, lett. b) cod. proc. pen., con riguardo alla insussistenza del reato, posto che la C. si era limitata a replicare alla precedente comunicazione del G., impropria quanto al contenuto e quanto ai termini utilizzati, destinandola alla medesima platea a cui era diretta la comunicazione del predetto; in ogni caso, la C. si era limitata ad esercitare il proprio legittimo diritto di critica e di replica al provvedimento adottato nei suoi confronti in ambito lavorativo, senza alcun attacco pe1·sonale e con toni assolutamente contenuti;
2.3 violazione di legge, in riferimento agli artt. 595, 599 cod. pen., 533 cod. riconoscimento della provocazione, alla luce dello svolgimento dei fatti riportato in ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso di G. C. è fondato.
Come si evince dalla sentenza impugnata, la ricorrente, funzionario amministrativo dell'Università di Macerata, responsabile clell'Ufficio didattica, orientamento e servizi agli studenti, a seguito della redazione di uno schema di regolamento, funzionale a disciplinare le attività autogestite dagli studenti, aveva ricevuto una comunicazione via mail dal dott. M. G., Direttore generale dell'Ateneo, con cui veniva invitata a non esprimere valutazioni non di sua competenza ed a seguire le vie gerarchiche per le comunicazioni amministrative; tale mail era indirizzata anche alla segreteria del Rettore e ad altri destinatari interni all'Ateneo.
In risposta a tale mail, la C. aveva inviato al G., ed agli altri destinatari, una mail di risposta in cui ripercorrendo il proprio operato ed altresì alcune pregresse vicende amministrative - iinseriva la frase incriminata, secondo quanto risulta dal capo di imputazione, ritenuta a contenuto diffamatorio: " e pertanto risulta incomprensibile il contenuto ed il tono della Sua comunicazione, del tutto in linea, spiace dire, con la condotta e le azioni perpetrate a mio danno dalla Sua persona nell'ultimo periodo."
Quanto al primo motivo di ricorso, va osservato che - all'esito della consultazione degli atti processuali, cui il Collegio può accedere, trattandosi di questione processuale relativa alla condizione di procedibilità del reato - la querela risulta spedita a mezzo pec istituzionale - (omissis) in data 24/04/2019 con allegata carta di identità del querelante, la cui firma, tuttavia, non è autenticata.
ne discende che, senza alcun dubbio, la querela non risulta soddisfare i requisiti richiesti, posto che l'art. 337, comma 1, cod. proc. pen., richiede che quando la querela sia recapitata da un incaricato o spedita per posta, la sottoscrizione del querelante sia autenticata, il che implica il rispetto delle forrne previste dall'art. 2703 cod. civ., secondo cui l'autenticazione consiste nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale - notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato - che la sottoscrizione sia stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive.
a norma del d.p.r. 513/1997 - "regolamento per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici" - anche la firma digitale può essere autenticata da un notaio o altro pubblico ufficiale competente, con effetto pari al riconoscimento ai sensi dell'art. 2702 cod. civ. in tema di scrittura privata; tale possibilità è stata poi ribadita dal d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 - "codice dell'amministrazione digitale" -, che ha stabilito come il pubblico ufficiale attesti che l'apposizione della firma digitale delle parti sia avvenuta in sua presenza e conclude l'autenticazione apponendo anche la sua firma digitale, sempre in riferimento all'efficacia della scrittura privata, ai sensi del predetto art. 2702 cod. civ. (sulla necessità di sottoscrizione autenticata in calce alla querela: sez. u, n. 26268 del 28/03/2013, cavalli, rv. 255583; sez. 6, n. 13813 del 26/03/2015, p.g. in proc. recce, rv. 262966; sez. 5, n. 39049 del 09/10/2007, p.m. in proc. delmonte rv. 238192).
nel caso in esame, quindi, certamente non può essere confusa la modalità di trasmissione della querela con la formalità della stessa in riferimento all'autenticazione della sottoscrizione.
la posta elettronica certificata, senza alcun dubbio, costituisce un veicolo di trasmissione, alla stregua della mail e, prima ancora, del fax, che ha affiancato la modalità di spedizione a mezzo posta;. essa è stata di recente utilizzata diffusamente per la trasmissione degli atti :iiudiziari, in occasione della disciplina emergenziale da covid-19, per assumere, poi, il crisma di "ordinaria" modalità di veicolazione degli atti stessi, nei casi e con la modalità disciplinate dalle legge.
tale impiego, quindi, non può essere in alcun modo confuso con il piano, del tutto diverso, relativo alle formalità dell'atto da trasmettere; in tal senso, ad esempio, sez. 1, n. 32123 del 16/10/2020, aspillaga perez ronald guillermo, rv. 279894, ha affermato, in un caso in cui la nomina del difensore era contenuta su una copia trasmessa tramite posta elettronica certificata da imputato detenuto all'estero, ed il difensore aveva successivamente autenticato la relativa sottoscrizione, che tale sottoscrizione poteva essere anche autenticata dal difensore, benché non effettuata in sua presenza e apposta su di una copia inviatagli, anziché sull'originale dell'atto, in quanto con la consegna o la spedizione dell'atto all'autorità giudiziaria procedente il difensore si assume la piena responsabilità della provenienza della dichiarazione e della relativa sottoscrizione.
per quanto, nel caso, in esame, si ve1:ta in tema di querela e non di sottoscrizione di mandato difensivo, il principio che emerge palese da tale pronuncia - applicabile anche al caso in esame - riguarda la posta elettronica certificata come semplice mezzo di spedizione dell'atto, che, come tale, non può in alcun modo incidere sulle modalità di autenticazione richieste dalla normativa per la validità dell'atto stesso.
pur a fronte di una querela non validamente proposta, tuttavia, nel caso in esame, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste, ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., risultando evidente l'insussistenza del reato di diffamazione.
la motivazione della sentenza impugnata non solo si limita ad una elencazione delle pronunce di questa corte - di cui peraltro omette di fare corretta applicazione - ma risulta, in realtà, priva di qualsiasi seria analisi della vicenda in esame. in ogni caso, attraverso un percorso motivazione che denota un disagio concettuale in riferimento alle categorie 9iuridiche di riferimento, la sentenza impugnata giunge ad un azzeramento non solo del diritto di critica, ma anche del diritto al dissenso in ambito professionale e lavorativo.
in coerenza con il principio secondo cui, in materia di diffamazione, la corte di cassazione può conoscere e valutare l'offensività delle frasi che si assumono lesive della altrui reputazione, in quanto è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie (sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. 22/01/:2020, fabi miriam, rv. 278145; sez. 5, n. 832 del 21/06/2005, dep. 12/01/2006, travaglio, rv. 233749), non può non rilevarsi come, in maniera percettivamente chiara ed evidente, la frase ascritta alla c. si inserisca in una fisiologica interlocuzione in ambito lavorativo, derivante da una diversa, lecita e fisiologica interpretazione dei compiti svolti dalla funzionaria.
così come la persona offesa ha legittimamente ritenuto di dolersi per il ruolo - a suo giudizio improprio - che la c. aveva svolto, manifestando tale opinione in ambito lavorativo, in coerenza con il suo ruolo, altrettanto legittimamente, e nel contesto della medesima interlocuzione,. la c. poteva dolersi - peraltro in maniera estremamente contenuta e per nulla aggressiva, né irrispettosa o inutilmente virulenta o acrimoniosa - del comportamento del g..
né si comprende in che senso possa ritenersi diffamatorio l'aver evocato, in quel contesto, le precedenti condotte della persona offesa, ritenute dalla c. non giustificate, posto che con l'affermazione in oggetto la ricorrente si è limitata ad esercitare il proprio diritto di critica, peraltro senza fare neanche ricorso ad espressioni aspre, che, in ogni caso, sarebbero risultate del tutto legittime, purché compatibili con il principio della continenza verbale.
non si comprende, infatti, in che senso, nel caso di specie, l'esercizio del diritto di critica si sia risolto in un pretesto ed in uno strumento illecito di aggressione all'altrui reputazione, non funzionale allla denuncia di un fatto vero o ragionevolmente supposto tale.
ne discende, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste, con revoca delle statuizioni civili.
p.q.m.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.