
Il giudice deve attivare i poteri istruttori officiosi che caratterizzano il procedimento ex art. 170 D.P.R. n. 115/2002 in relazione alla determinazione non solo del "quantum", ma anche dell'"an", non potendosi ritenere tardiva o preclusa la produzione di atti e documenti necessari ai fini della decisione da parte dell'interessato.
Il Tribunale rigettava il ricorso l'opposizione proposta da un avvocato e dalla sua assistita avverso il decreto di revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio disposta dal COA di Foggia in favore della cliente, parte di un giudizio di divorzio.
Nello specifico, il giudice aveva revocato sia l'ammissione al patrocinio,...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. L’avvocato M.A. e G.D.P. hanno proposto ricorso avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Foggia in data 6 aprile 2018.
Sono stati intimati l’Agenzia delle Entrate di Foggia e il Ministero della Giustizia, i quali hanno notificato controricorso.
2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.
3. Il Tribunale di Foggia ha rigettato il ricorso in opposizione ex art. 170 d.P.R. n. 115 del 2002, proposto dall’avvocato M.A. e G.D.P. avverso il decreto di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta in via provvisoria dal Consiglio dell’odine degli avvocati di Foggia in favore di G.D.P., parte di un giudizio di divorzio. Con il decreto del 5 ottobre 2016 il Tribunale aveva sia revocato l’ammissione al patrocinio, sia rigettato l’istanza di liquidazione del compenso avanzata dal difensore della D.P., avvocato A., sostenendo che “non risulta effettuata la specifica indicazione del reddito complessivo, comprensiva dei redditi esenti atteso che l’istante dichiara esclusivamente di essere disoccupata senza alcuna specifica indicazione dei redditi esenti”.
I giudici dell’opposizione hanno confermato la correttezza della disposta revoca, osservando che “dall’esame delle dichiarazioni in autocertificazione contenute nella domanda presentata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Foggia per l’ammissione in via provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, emerge che la D.P. nella sezione ove andavano indicati i redditi (da lavoro, pensione, mantenimento da terzi, sussidi di disoccupazione e sociali, assegni di invalidità, ….) e le “elargizioni ed aiuti economici di qualunque natura” non indica alcuna cifra espressa in numeri, limitandosi a dichiarare “Vivo con i miei genitori che mi sostengono economicamente”. Nella sezione deputata alla dichiarazione in autocertificazione sul se “aver presentato la dichiarazione dei redditi” la D.P. testualmente dichiara “di essere disoccupata”. Secondo il Tribunale, emergerebbe all’evidenza come tali dichiarazioni, ed in particolare la prima delle due, non costituiscono, neppure congiuntamente considerate, risposta alla richiesta di indicazione del reddito percepito, che non può che essere una indicazione numerica. Il collegio ha quindi escluso di poter far ricorso a presunzioni in ordine al sostegno economico che la D.P. riceve dai genitori ed ha richiamato il disposto dell’art. 76, comma 3, d.P.R. n. 115 del 2002.
4. Va premesso che la legittimazione all’impugnazione del decreto di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato spetta alla sola parte che intendeva avvalersene o che tale revoca ha subito, e non al difensore, il quale è invece legittimato unicamente ad impugnare il provvedimento di rigetto o di accoglimento parziale dell’istanza di liquidazione del compenso eventualmente ad esso spettante (ex multis, Cass. Sez. 6 - 2, n. 21997 del 2018).
Per converso, l'opposizione al decreto di revoca ex art. 136, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 vede quale legittimato passivo non l’Agenzia delle entrate, ma il Ministero della Giustizia, soggetto passivo del rapporto debitorio scaturente dall'ammissione al beneficio (Cass. Sez. 6-2, n. 15219 del 2022; Sez. 6-2, n. 5806 del 2022; Sez. 6-2, n. 2517 del 2019; Sez. 2, n. 21700 del 2015).
5. Il primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver il giudice dell’opposizione confermato il provvedimento di revoca per ragioni diverse da quelle di cui al provvedimento opposto. Ciò perché la revoca disposta dal primo giudice “era giustificata dalla omessa indicazione di redditi esenti. In particolare, il Magistrato addetto alla liquidazione dei compensi disponeva la revoca del provvedimento provvisorio di ammissione perché censurava la omessa indicazione dei redditi esenti. In altre parole, imputava al beneficiario di non aver compilato il modulo prestampato nella parte in cui erano richieste le indicazioni sui redditi esenti”, mentre il giudice dell’opposizione confermava la revoca “imputando alla beneficiaria di non aver accompagnato alla dichiarazione di avere sostegno alimentare dai genitori, l'indicazione monetaria del detto sostegno”.
Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione degli artt. 74, comma 2, e 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, nonché dell’art. 24 Cost., per avere il giudice dell’opposizione “omesso di esaminare la pagina 3 dell’istanza di ammissione in via provvisoria, ove era indicato il dato numerico del reddito di qualsiasi natura percepito dalla beneficiaria”, pari a zero.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 79, comma 3, e 123 del d.P.R. n. 115 del 2002, nonché dell’art. 24 Cost., per avere il giudice dell’opposizione “erroneamente ritenuto non corretta l’istanza formulata dalla signora D.P., omettendo di chiedere i chiarimenti e/o integrazioni”. Si rappresenta che “l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, a pagina 2 nella parte relativa alle elargizioni o aiuti economici di qualsiasi natura, contiene la seguente affermazione: convivo con i miei genitori che mi sostengono economicamente”. I giudici dell’opposizione avrebbero allora potuto chiedere alla beneficiaria chiarimenti o produzioni documentali.
Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 136 del d.P.R. n. 115 del 2002, nonché dell’art. 24 Cost., per avere il giudice dell’opposizione “confermato la revoca in assenza dei presupposti di legge”.
6. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, risultano fondati, rimanendo assorbiti il primo ed il secondo motivo, i quali, per effetto dell’accoglimento delle indicate censure, restano privi di immeditata rilevanza decisoria.
6.1. L’art. 127 del d.P.R. n. 115 del 2002 prevede che l’ufficio finanziario competente, cui sia stato trasmesso il provvedimento di ammissione al patrocinio a carico dello Stato (comma 1), procede alla verifica dell’esattezza delle dichiarazioni e delle allegazioni circa l'ammontare del reddito attestato dall'interessato (comma 2), potendo lo stesso ufficio richiedere la revoca dell’ammissione se risulti che il beneficio è stato concesso sulla base di prospettazioni dell'istante non veritiere (comma 3), e dovendosi verificare la effettività e la permanenza delle condizioni previste per il patrocinio in ogni tempo, anche successivo all'ammissione, su richiesta dell'autorità giudiziaria, ovvero su iniziativa dell'ufficio finanziario o della Guardia di finanza (comma 4).
L’art. 136 del d.P.R. n. 115 del 2002 dispone poi che “[s]e nel corso del processo sopravvengono modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell'ammissione al patrocinio, il magistrato che procede revoca il provvedimento di ammissione”, ed egualmente procede alla revoca dell'ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine degli avvocati se risulta l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione ovvero se l'interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. La revoca ha effetto dal momento dell'accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato, mentre in tutti gli altri casi ha efficacia retroattiva.
È vero, peraltro, che l’art. 76, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel dettare le condizioni per l'ammissione al patrocinio, stabilisce che “[a]i fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”, dovendosi perciò computare nel reddito per godere del gratuito patrocinio tutte le entrate risultati dall'ultima dichiarazione antecedente l'istanza di ammissione, nonché appunto, ai sensi degli artt. 76, comma 3 e 79, comma 1, lett. d), del medesimo d.P.R., i redditi non rientranti nella base imponibile e le variazioni avvenute dopo la presentazione della dichiarazione medesima, per tutta la durata del procedimento e sino alla sua definizione (Cass. Sez. 2, n. 40970 del 2021; Cass. Sez. 2, n. 4429 del 2017).
Questo quadro normativo porta a ritenere che il difensore che chiede la liquidazione dei compensi in relazione all'attività prestata in favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato possa essere chiamato a documentare la sussistenza, anche con riferimento alla diversa annualità in cui interviene la richiesta, dei requisiti reddituali del cliente per godere del beneficio (arg. da Cass. n. 36347 del 2021; n. 18034 del 2023).
Tuttavia, l'omessa indicazione di un reddito nell'autodichiarazione da allegare all'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, come nella specie rilevato dal Tribunale di Foggia, non costituisce di per sé motivo di revoca dell’ammissione disposta in via provvisoria (cfr. Cass. pen. sez. IV, 13 gennaio 2022, n. 28249).
Piuttosto, allorché, come nel caso in esame, sia stata disposta la revoca per la mancata specifica indicazione del reddito complessivo, comprensiva dei redditi esenti, il giudice, adito con opposizione ex art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 e art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, deve attivare i poteri istruttori officiosi che caratterizzano tale procedimento in relazione alla determinazione non solo del "quantum", ma anche dell'"an", non potendosi ritenere tardiva la produzione di atti e documenti o preclusa l’allegazione delle informazioni necessarie ai fini della decisione da parte dell’interessato, confermando la revoca dell’ammissione, come avvenuto nella specie, per difetto di prova della sussistenza dei presupposti (cfr. Cass. n. 18034 del 2023; n. 23133 del 2021; n. 2206 del 2020).
7. Il quinto motivo di ricorso rimane assorbito in conseguenza dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso, con la conseguente cassazione con rinvio della causa, in quanto la relativa censura (violazione dell’art. 91 c.p.c. in rapporto alla condanna alle spese in favore dell’Agenzia delle Entrate costituitasi in giudizio a mezzo di funzionario delegato) è diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento dall’ordinanza impugnata.
8. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso devono dunque essere accolti, rimanendo assorbiti i restanti motivi, e l’ordinanza impugnata va cassata nei limiti delle censure accolte, con rinvio al Tribunale di Foggia in persona di diverso magistrato, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Foggia in persona di diverso magistrato.