Svolgimento del processo
1. Con sentenza dell'8 ottobre 2021, il G.U.P. del Tribunale di Bologna dichiarava (omissis) colpevole di cinque imputazioni, aventi ad oggetto i reati di cui agli art. 600 ter comma 1 n. 1 cod. pen. (capi 1 e 4), 609 quater cod. pen. (capi 2 e 5, rispetto al quale interveniva parziale assoluzione rispetto a talune delle condotte in esso descritte) e 609 undecies cod. pen. (capo 3), fatti commessi in epoca compresa tra il riconosciute le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni 5, mesi 4 di reclusione ed euro 18.000 di multa.
(omissis) veniva altresì condannato al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili (omissis) e (omissis)(omissis)
liquidato in euro 10.000 per ciascuna di esse.
Con sentenza del 13 maggio 2022, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, esclusa l'aggravante ex art. 602 ter n. 9 cod. pen. contestata al capo 1, riduceva la pena ad anni 4, mesi 8 di reclusione e 16.800 euro di multa, confermando nel resto la decisione del G.U.P.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello felsinea, (omissis) tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi. Con il primo, la difesa ha eccepito la violazione dell'art. 601, comma 5, cod. proc. pen., osservando che l'imputato non ha ricevuto il decreto di citazione per il giudizio di appello celebrato all'udienza del 13 maggio 2022.
Con il secondo motivo, ci si duole della violazione dell'art. 161 comma 4 n. 1, 2, 3 e 4 cod. proc. pen., premettendosi che l'imputato era detenuto agli arresti domiciliari e rilevandosi che la notifica all'imputato può avvenire anche presso il difensore solo in casi eccezionali, non ravvisabili nel caso di specie.
Con il terzo motivo, è stata dedotta la violazione dell'art. 23 bis della legge
n. 176 del 2020, evidenziandosi che la Corte di appello si è limitata a notificare al solo difensore costituito il decreto di citazione per l'udienza partecipata, senza osservare la disciplina speciale prevista dal legislatore per la fase pandemica.
Con il quarto motivo, si contesta, rispetto al giudizio di colpevolezza dell'imputato in ordine al capo 2, la violazione degli art. 609 quater, 609 bis e 609 septies comma 4 cod. pen., rilevandosi che, ai fini della configurabilità della violenza sessuale cd. virtuale, ovvero a distanza, è pur sempre fondamentale la sussistenza dei contestuali elementi della costrizione e della minaccia.
2.1. Con memoria trasmessa il 22 marzo 2023, il difensore del ricorrente ha insistito nell'accoglimento del ricorso.
3. I difensori delle parti civ (omissis)(omissis) led(omissis) (omissis) hanno concluso
per l'inammissibilità o per il rigetto del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
1. Iniziando dai primi due motivi, suscettibili di trattazione unitaria perché tra loro sovrapponibili, occorre richiamare, in via preliminare, la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 48260 del 23/09/2016, Rv. 268431 e Sez. 1, n. 17123 del 07/01/2016, Rv. 266613), secondo cui la nullità conseguente alla notifica all'imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia, anziché presso il domicilio dichiarato, è di ordine generale a regime intermedio, in quanto detta notifica, seppur irritualmente eseguita, non è inidonea a determinare la conoscenza dell'atto da parte dell'imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lo lega al difensore.
A ciò deve aggiungersi che, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 58120 del 22/06/2017, Rv. 271772), l'impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l'esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo, non occorrendo alcuna indagine che attesti l'irreperibilità dell'imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall'art. 157 cod. proc. pen.
Alla luce di tali premesse interpretative, non vi è spazio per l'accoglimento delle
doglianze difensive, posto che, come risulta dal fascicolo processuale, all'udienza del 13 maggio 2022 ha presenziato l'avvocato, difensore di fiducia di (omissis) che nulla ha eccepito in merito alla notifica da lui ricevuta ai sensi dell'art. 161 comma 4 cod. proc. pen. per conto dell'imputato, il che consente di ritenere sanato il vizio relativo alla costituzione del rapporto giuridico processuale, tanto più che non risulta dedotta l'omessa informazione della celebrazione dell'udienza di appello dal difensore di fiducia al suo assistito.
Di qui l'infondatezza della doglianza difensiva.
2. Ad analoga conclusione deve pervenirsi rispetto al terzo motivo.
La difesa lamenta che l'imputato non abbia ricevuto l'avviso della celebrazione dell'udienza del giudizio di appello in forma partecipata, ma in proposito deve evidenziarsi che l'art. 23 bis del decreto legge n. 137 del 2000, convertito dalla legge n. 176 del 2020, non contempla la necessità che all'imputato sia dato avviso dell'accoglimento della richiesta del suo difensore di trattazione del processo di secondo grado in presenza, dovendosi considerare del resto che l'imputato è rappresentato dal proprio difensore che ha richiesto la trattazione orale e che, come avvenuto nel caso di specie, ha ritualmente ricevuto notizia dell'accoglimento dell'istanza di celebrazione del processo in forma partecipata.
In ogni caso, pur a voler ragionare diversamente, ritenendo cioè che l'imputato avesse diritto all'avviso, nella vicenda in esame l'eventuale nullità sarebbe comunque sanata dal fatto che, all'udienza di appello tenuta in presenza, il difensore di fiducia di (omissis) nulla ha eccepito anche su questo aspetto.
In tal senso deve infatti richiamarsi l'affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 3673 del 19/01/2022, Rv. 282750 e Sez. 5, n. 7750 del 27/10/2021, dep. 03/03/2022, Rv. 282897), riferita peraltro a casi processuale non sovrapponibili a quello per cui si procede, secondo cui nel giudizio di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da Covid-19, il difetto di comunicazione a tutte le parti del provvedimento che dispone la trattazione con rito ordinario, a seguito della richiesta di discussione orale formulata da una di esse, determina una nullità generale a regime intermedio ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., suscettibile di essere sanata se non tempestivamente eccepita dalla parte interessato, come appunto avvenuto nella vicenda in esame.
3. Il quarto motivo è infine inammissibile perché generico, limitandosi la difesa a evocare il tema della violenza sessuale virtuale, senza confrontarsi adeguatamente con le pertinenti considerazioni delle due conformi sentenze di merito che, rispetto alle imputazioni di cui ai capi 2 e 5, hanno ritenuto provato il delitto di cui all'art. 609 quater cod. pen., evidenziando che l'imputato traeva soddisfacimento erotico dal fatto di assistere telematicamente al compimento di atti di autoerotismo da parte delle minori con cui interagiva, le quali, nei video e nelle foto acquisiti, svolgevano attività masturbatoria idonea ad eccitarlo, a nulla rilevando che la condotta delle ragazzine, infraquattordicenni, non sia scaturita da violenza o minaccia, riferendosi la condanna dell'imputato non al delitto di violenza sessuale, ma a quello di atti sessuali con minorenni, per il quale l'eventuale consenso della vittima, ove pure sussistente, viene ritenuto invalido Dunque, alla stregua degli accertamenti fattuali compiuti dal G.U.P. e dalla Corte di appello, non smentiti nel ricorso e comunque non suscettibili di essere messi in discussione in questa sede, è stato ritenuto legittimamente ravvisabile a carico dell'imputato la fattispecie contestata, ciò in coerenza con il principio affermato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 25822 del 09/05/2013, Rv. 257139), secondo cui il reato di cui all'art. 609 quater cod. pen. non è necessariamente caratterizzato dal contatto fisico fra la vittima e l'agente, sussistendo anche quando l'autore del delitto trova soddisfacimento sessuale dal fatto di assistere alla esecuzione di atti sessuali da parte della vittima, potendo la condotta perfezionarsi anche mediante una comunicazione telematica, attraverso cui, come nel caso di specie, il reo induce le vittime minorenni a compiere su se stesse atti sessuali di autoerotismo.
4. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell'interesse di jeve essere rigettato, con onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento, nonché di provvedere alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (omissis) e (omissis)(omissis) ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Bologna con separato decreto di pagamento ai sensi degli art. 82 e 83 d.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Bologna con separato decreto di pagamento ai sensi degli art. 82 e 83 d.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.