La mancata annotazione delle generalità dell'acquirente sullo scontrino Pos costituisce un inadempimento per mancata diligenza. Pertanto, il commerciante non può vantare l'accredito della somma che risulta pagata con carta clonata da chi non ne è il vero titolare.
Un esercente aveva effettuato vendite di gioielli ricevendo i relativi pagamenti a mezzo carta di credito. Le operazioni di accredito erano state successivamente stornate all'esito delle contestazioni del titolare della carta di credito e delle verifiche che avevano portato ad accertare che la carta di credito era stata clonata...
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 5773/2010, accoglieva la domanda proposta da (omissis) S.n.c. di (omissis) nei confronti di (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) L.t.d. che condannava alla corresponsione in favore della prima della somma di € 24.607,50 corrispondente alle somme oggetto di transazioni commerciali tra l'esercente (omissis) ed un cliente con pagamenti a mezzo carta di credito gestita da (omissis) (omissis). La ricorrente aveva effettuato il 18 e 19 dicembre 2001 vendite di gioielli, ricevendo i relativi pagamenti a mezzo carta di credito. Le operazioni di accredito erano state successivamente stornate all'esito delle contestazioni del titolare della carta di credito e delle verifiche che avevano portato ad accertare che la carta di credito era stata clonata e che l'acquirente non era il legittimo titolare della carta. L'apparente titolare della carta di credito aveva proceduto al ritiro della merce il secondo giorno, con ciò inducendo il titolare dell'esercizio a non aver motivo di dubitare sulla legittimità delle operazioni. L'attuale intimata proponeva appello alla decisione che veniva accolto con la sentenza ora gravata. il Tribunale avrebbe erroneamente valutato il profilo di cui all'art. 1176 c.c., soprattutto in termini di valutazione della prova; se avesse analizzato gli scontrini prodotti avrebbe dovuto rilevare che non erano stati annotati gli estremi del documento, cosi come prescritto dal contratto POS sullo scontrino al punto 1.
Al riguardo le dichiarazioni testimoniali relative al controllo di identità non sarebbero attendibili. Inoltre, trattandosi di 5 transazioni, effettuate le prime 3 per il medesimo importo (alle 16,04; 16,07; 16,11 del 18. 12. 2001) e le altre 2 il 19. 12. 2001 alle 11,19 ed alle 11,30, il Tribunale non avrebbe considerato che sarebbe stato violato più di una volta il divieto di frazionamento delle spese prescritto dalla clausola b)5 e per la quale è stata comminata la facoltà di storno.
La valutazione attenta delle dichiarazioni testimoniali acquisite in primo grado dovrebbe condurre ad un giudizio di inattendibilità delle stesse, in quanto la dinamica dei fatti escluderebbe del tutto la buona fede nell'esecuzione del contratto, essendo evidente che l’attore avrebbe omesso di verificare la conformità della firma apposta sulla carta con quella apposta sullo scontrino, cautela che consentirebbe di identificare in modo inconfutabile le carte clonate; senza contare che l'attore non avrebbe annotato le generalità del presentatore e frazionato le spese senza fornire alcuna spiegazione al riguardo, pur essendo vietata tale operazione dal contratto. Il Tribunale ha accolto la domanda attrice non ritenendo sufficiente ad integrare un comportamento colposo la mancata considerazione della ripetitività e della scadenza ravvicinata delle operazioni, avendo peraltro l'esercente provveduto ad identificare il portatore della carta di credito mediante la patente di guida e posto in essere i controlli in precedenza evidenziati.
La Corte di merito ha condiviso l'orientamento di questa Corte che in tema di responsabilità contrattuale nel rapporto tra l'emittente una carta di credito e l'esercente, ha stabilito che questi, nell'accettare i pagamenti da parte del titolare della carta, è tenuto all'adempimento del contratto secondo il criterio di cui all'art. 1176 c.c., usando la diligenza del buon padre di famiglia, mentre restano inapplicabili le norme di cui all'art. 1189 c.c., relativa al pagamento al creditore apparente, e altresì 1992 c.c., che concerne l'adempimento in relazione alla presentazione di un titolo di credito, ai quale non è equiparabile la carta di credito (Cass., n. 16102/2006; Cass., n. 694/2010). Alla luce di tali principi la Corte evidenzia che nell'accordo firmato dalla società appellata con (omissis) (omissis) era specificamente prevista la facoltà per quest'ultima di sospendere il pagamento di memorie di spesa non conformi ai termini e condizioni previsti nell'accordo stesso, nonché' il diritto di riaddebitare l'intero ammontare di tali memorie di spesa, anche deducendoli dai successivi pagamenti dovuti all'esercente, ed erano definite specificamente come irregolari le memorie di spesa artificiosamente frazionate per non superare i limiti di spesa, nonché quelle per le quali non risulti effettivamente reso un servizio oggetto del pagamento ovvero quelle relative ad operazioni dubbie (v. punto B5 dell'accordo). La società appellata non ha mai prodotto copia di tale documento, prassi abitualmente posta in essere negli esercizi commerciali a fronte di acquisti di notevole importo e reiterati nell'arco di un lasso di tempo estremamente breve, né risultano essere stati annotati gli estremi del documento di identificazione sullo scontrino(come espressamente previsto dall'accordo di adesione al sistema di pagamento anticipato tramite servizio P.O.S.
- v. punto 1, lett. b) non potendosi seriamente dubitare che le operazioni commerciali di cui si discute fossero da considerarsi sospette in ragione del loro importo, delle modalità di esecuzione e delle loro vicinanza temporale con una reiterazione nell'arco di 15 ore di 5 operazioni di importo considerevole che avrebbe dovuto indurre l'esercente ad adottare misure più adeguate ed incisive nel rispetto delle condizioni contrattuali.
La (omissis) (omissis) .n.c. di (omissis) ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi ed anche memorie.
In data 22.2.2023 si è costituito il difensore della (omissis) (omissis) L.t.d. senza depositare alcun atto.
Motivi della decisione
La ricorrente deduce:
1. Omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di contestazione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
La Corte d'appello ha ritenuto che il comportamento di (omissis) abbia violato i canoni di cui all'art 1176 c.c. in quanto in presenza di operazioni sospette si sarebbero dovute adottare misure più adeguate ed incisive per il rispetto delle cautele imposte dalle condizioni contrattuali. La testimonianza del sig. (omissis) sulla circostanza che il cliente era stata identificato previa visione del documento di identità del medesimo, è stata ritenuta inattendibile sul fatto che sui relativi scontrini non era stato annotato il numero del documento di identificazione. Tale percorso logico argomentativo sarebbe errato perché non vi sarebbe alcuna inferenza logica tra i due fatti.
1.1 La censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della sentenza che è fondata sul comportamento non conforme alle condizioni contrattuali che impediscono il frazionamento della spesa per aggirare il limite di spesa della carta al fine di ridurre il rischio quantitativo delle operazioni eventualmente eseguite a seguito di comportamenti fraudolenti di soggetti non legittimati all'utilizzo della carta. L'elemento della non credibilità del teste assume un ruolo marginale rispetto al fatto decisivo della mancata annotazione del documento di riconoscimento così come prevede l'accordo.
2. Violazione di legge ex art 360, n 3, c.p.c. in relazione all'art. 1176 c.c., all'art 40 c.p. all'art 1223 c.c. ed all'art 1227 c.c. nonché dell'art 2697 c.c.
La sentenza non avrebbe valutare l'inadempimento di (omissis) (omissis) gestore del circuito cui è demandata la tutela dell'inviolabilità delle singole carte di credito dei clienti.
Le operazioni compiute con la carta di credito poi rilevatasi clonata, sono state compiute in due diversi giorni. Gli importi di maggior valore sono riportati nelle operazioni avvenute il secondo giorno, allorquando il sistema (omissis) (omissis) aveva già avuto modo di processare le precedenti operazioni come legittime e senza nulla rilevare che potesse far sospettare l'esercente sulla falsa identità dell'intestatario della carta di credito.
(omissis) (omissis) sarebbe stata inadempiente all'obbligazione relativa alla salvaguardia dell'inviolabilità delle bande magnetiche di ciascuna carta di credito, e sarebbe stata lasciata indenne da ogni effetto patrimoniale negativo. Tale l'effetto patrimoniale negativo è stato posto a carico di un soggetto, l'esercente, cui certamente non è addebitabile alcuna negligenza nella adeguata predisposizione di misure anticlonazione.
2.1 La censura è inammissibile perché poggia su deduzioni in fatto de tutto nuove, non risultanti dalla sentenza impugnata.
3. Nullita' del procedimento ex art 360, n 3, c.p.c. in relazione all’art. 342 c.p.c. L'appellante nel censurare la sentenza con l'atto di impugnazione ha del tutto omesso di ripercorrere l'iter logico argomentativo seguito dal giudice di primo grado ed ha reiterato con l'atto di appello le medesime doglianze svolte in primo grado senza calibrarne la pertinenza in relazione alla ratio della sentenza impugnata.
Cosi con un motivo d'appello rubricato "violazione dell'art 1176 c.c." ha censurato la valutazione di attendibilità delle prove, non ripercorrendo le argomentazioni del primo giudice. L'appello avrebbe dovuto pertanto essere dichiarato, pertanto, inammissibile per violazione dell'art 342 c.p.c.
3.1 Il motivo è inammissibile per assoluta genericità della censura, che non specifica quale fosse il contenuto dell'atto di appello e perché difettassero in esso puntuali critiche alle statuizioni della sentenza di primo grado.
4. Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo la controparte rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.