Al fine di stabilire se il mancato perfezionamento della notifica sia imputabile al notificante, occorre distinguere a seconda che il difensore eserciti o meno la sua attività nel circondario del tribunale in cui si svolge la controversia.
Svolgimento del processo
1. L'E. Distribuzione s.p.a. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n° 11056/2011 emesso dal Tribunale di Roma su ricorso dell'odierna ricorrente, fondato su cinque fatture emesse per lavori eseguiti e non pagati relativi ai servizi di rilevazione delle letture dei misuratori dell'energia elettrica fornita agli utenti delle zone di (omissis).
2. Il Tribunale di Roma in data 09 febbraio 2017, emetteva ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. sentenza con cui dichiarava infondata la pretesa creditoria vantata dalla società E. srl e per l'effetto revocava il decreto ingiuntivo opposto con condanna alle spese di lite.
3. La società E. srl proponeva appello avverso la suddetta sentenza con atto datato 25 agosto 2017, notificato alla controparte in data 26 settembre 2017.
4. La società E.-Distribuzione spa si costituiva in giudizio, eccependo in via pregiudiziale, la tardività ed inammissibilità dell'atto di appello, e contestandone, nel merito, la fondatezza in fatto ed in diritto.
5. La Corte d'Appello dichiarava inammissibile l’appello per tardività. In particolare, il giudice del gravame rilevava che, nel giudizio di primo grado, E. Distribuzione S.P.A. era rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avvocati M. M. (procuratore della stessa E. Distribuzione S.p.A. giusta procura per (omissis) di (omissis) n. rep. omissis, racc. (omissis), in data 30 dicembre 2015) e G. O. L., del Foro di (omissis), presso il cui studio in (omissis), alla Via (omissis), n. (omissis) l'opponente avevo eletto domicilio.
La sentenza impugnata, emessa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., era stata pubblicata in data 9 febbraio 2017, data della lettura in pubblica udienza.
L'atto di impugnazione era stato notificato in data 7 settembre 2017, all'Avv. G. O. L., in (omissis), Via (omissis), n. (omissis), con esito negativo in quanto trasferito da circa 3 anni.
La notifica è stata quindi effettuata al predetto avvocato in (omissis), via (omissis), n. (omissis), in data 26 settembre 2017.
5.1 La Corte d'Appello, così precisati i fatti, richiamava quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.17352 del 2009 circa la facoltà e l'onere, per il notificante, di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio senza necessità di un provvedimento giudiziale, nei casi di mancato perfezionamento della prima notifica per circostanze non imputabili al richiedente. Inoltre, la Corte d'Appello evidenziava che il giudice di legittimità (Cass. 16040 del 2015) aveva chiarito che non potesse ritenersi scusabile l'errore nella notificazione effettuata presso il precedente indirizzo del difensore di controparte, nonostante la conoscenza o conoscibilità dell'intervenuto trasferimento dello studio.
Tale principio si attagliava esattamente alla fattispecie, in quanto, pur ammettendo che l'appellante non avesse avuto l'onere di verificare il permanere del domicilio eletto dai difensori di controparte (uno solo dei quali, peraltro esercente fuori circondario) in data 10 febbraio 2017 il precedente difensore dell'odierna appellante aveva ricevuto un messaggio telematico con cui l'Avv. G. O. L. sollecitava il pagamento delle spese di lite, preannunciando in caso contrario il recupero forzoso del credito. Tale messaggio recava chiaramente in calce l’indicazione "(omissis) 00187 - Via (omissis) n. (omissis)" oltre ai recapiti telefonici e fax. Tale atto per quanto di natura stragiudiziale era certamente idoneo a suscitare quanto meno un dubbio circa il persistere del precedente domicilio e in base alla comune diligenza di verificare il persistere presso il Consiglio dell’ordine ove il nuovo indirizzo risultava segnalato dal 27 febbraio 2014. Pertanto, l'errore della prima notifica doveva ritenersi inescusabile.
5.2 Inoltre, era stato superato il termine pari alla metà di quello di cui all'articolo 325 c pc che rappresentava il termine ultimo nel caso di notifica non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante.
Nella specie dopo il primo tentativo data 7 settembre 2017 la successiva notifica era stata effettuata solo il 26 settembre, quindi a distanza di 19 giorni dalla prima.
Infatti, nell’attestazione dell’UNEP di Roma poteva leggersi che l'originale, completo delle re(omissis)ni di notifica, era pronto per la restituzione in data 9 settembre 2017 ed era stato ritirato dal richiedente in data 18 settembre 2017."
L'attestazione, quindi, affermava espressamente che il plico era pronto per la restituzione in data 9 settembre 2017 senza alcun cenno all’impossibilità di ritiro nella giornata del sabato, tanto più che anche nella giornata di sabato l'Ufficio UNEP rimaneva aperto, sia pure con personale ridotto.
Risultava evidente che il mancato ritiro per ben 9 giorni era ascrivibile unicamente al comportamento del notificante, e non già degli ufficiali giudiziari. Inoltre, era trascorsa un’altra intera settimana, dal 18 settembre al 25 dello stesso mese senza lo svolgimento di alcuna attività.
In definitiva, non sussistevano le "circostanze eccezionali di cui fosse stata data rigorosa prova" come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 14594 del 2016), ed il temine dimezzato decorreva dalla data in cui la relata negativa era disponibile per il ritiro (9 settembre 2017).
6. E. Srl ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
7. E-Distribuzione spa ha resistito con controricorso.
8. La Società ricorrente, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazionene e falsa applicazione degli articoli 330, 170, 141 c.p.c., nella parte in cui il Giudice di secondo grado ha rilevato, a fondamento dell'inammissibilità dell'impugnazione, l'errore inescusabile da parte del notificante – il quale, in seguito alla ricezione del "messaggio telematico" in data 10 febbraio 2017, avrebbe disatteso la verifica della correttezza dell'indirizzo del domiciliatario
- così, disconoscendo allo stesso notificante la facoltà di riprendere il procedimento notificatorio.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli articoli 325, 155, comma 4, c.p.c., nella parte in cui la Corte d’Appello ha dichiarato l'inammissibilità del gravame in conseguenza della tardiva notifica della stessa impugnazione eseguita oltre il termine dimezzato: pari a quindici giorni, come stabilito dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 14594 del 2016.
2.1 La Società ricorrente premette che la Corte d’Appello ha dichiarato il gravame inammissibile perché notificato alla controparte oltre i termini di legge e, in tal senso, precisa che i primi due motivi di ricorso, pur autonomi e distinti, necessitano di una premessa comune.
Infatti, la sentenza si fonda su due distinte argomentazioni:
1) l'inescusabilità dell'errore, relativo alla prima notifica dell'atto di appello, che la parte appellante ha tentato di eseguire senza riuscirvi - all’indirizzo di studio del difensore domiciliatario della parte appellata, risultato errato per trasferimento di questi ad altro indirizzo;
2) la tardività della seconda notifica dell'atto di appello che, eseguita su iniziativa della parte appellante al nuovo e corretto indirizzo del domiciliatario della controparte, avrebbe violato i termini previsti dalla giurisprudenza di legittimità delle Sezioni Unite pari alla metà di quelli indicati dall'art. 325 c.p.c.
2.2 Precisato ciò, con il primo motivo si censura la prima ratio decidendi vale a dire l'erronea statuizione di inescusabilità della mancata notifica. Nella sentenza impugnata, infatti, si attribuisce rilievo all'atto stragiudiziale con il quale la società ricorrente era stata messa asseritamente nelle condizioni di conoscere il nuovo domicilio della controparte. Secondo la ricorrente, tale atto estraneo al processo e con oggetto e finalità del tutto diverse dalla comunicazione di mutamento del domicilio, non era idoneo a determinare la presunzione di conoscenza legale da parte del notificante del mutamento del luogo dove doveva effettuarsi la notificazione. In realtà, è necessaria una comunicazione formale del mutamento di indirizzo quale onere gravante sul domiciliatario che trasferisca il proprio studio ad altro indirizzo. Inoltre la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la notifica dell'atto di impugnazione al procuratore che, esercente fuori dalla circoscrizione cui è segnato, abbia eletto domicilio ai sensi dell'art. 82 del regio decreto n. 37 del 1934 presso un altro procuratore assegnato alla circoscrizione del Tribunale adito, va effettuata nel luogo indicato come domicilio eletto senza che il notificante sia fatto onere di riscontrare previamente la correttezza di quell'indirizzo presso il locale albo professionale perché è onere della parte che ha eletto domicilio comunicare alla controparte degli eventuali mutamenti. Nella specie l'avvocato M., difensore della parte appellata al momento della notifica, aveva eletto domicilio nello studio in (omissis) dell'altro procuratore sicché troverebbe applicazione il principio sopraindicato. Peraltro, la società ricorrente ha notificato l'appello a entrambi i difensori e, dunque, quantomeno nei confronti del secondo, avente sede fuori dal circondario, sussisterebbe l'obbligo di comunicare il mutamento di domicilio.
2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la tardività della seconda notifica perché effettuata oltre il termine di 15 giorni, pari alla metà di quello previsto dall’art. 325 c.p.c.
In realtà la ripresa del procedimento notificatorio sarebbe nei termini, stante la scadenza del quindicesimo in giornata festiva. Infatti, la prima notifica non andata a buon fine era pronta per la restituzione in data 9 settembre 2017. La successiva notifica è avvenuta il 25 settembre e non il 26 settembre 2017, essendo questa la data di consegna all’UNEP dell’atto da notificare al nuovo indirizzo. Dunque, dal 9 al 25 settembre intercorrono 16 giorni, ma il 24 settembre 2017 cadeva di domenica e, dunque, l’ultimo giorno utile per rientrare nei termini di cui alla giurisprudenza di legittimità (S.U. 14954 del 2016) era il 25 settembre.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Vio(omissis)ne e falsa applicazione dell'articolo 156, comma 3, c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello, dichiarando l'inammissibilità dell'impugnazione per tardività della relativa proposizione, ne ha ritenuto l'inesistenza in luogo della nullità, così disapplicando il regime delle sanatorie previsto dall'articolo 156, comma 3, c.p.c., secondo l'interpretazione datane dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14917 del 20 luglio 2016.
Nella specie, in base alla pronuncia da ultimo citata, la notifica dell’appello doveva ritenersi nulla e non inesistente. Tale ultima ipotesi, infatti, ricorre solo nei casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè in definitiva omessa. Nel caso in esame, invece, l'atto è stato effettivamente consegnato all'appellato che si è tempestivamente e ritualmente costituito nel giudizio pur eccependo la tardività e inammissibilità dell'impugnazione. La nullità della notifica dovrebbe ritenersi, pertanto, sanata nel giudizio di appello per il raggiungimento dello scopo.
3.1 I tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono: infondati il primo e il terzo, inammissibile il secondo.
Quanto al primo motivo, la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha operato una chiara distinzione fra l' ipotesi in cui la parte elegga domicilio presso il suo difensore e questi appartenga al foro del luogo dove presta la sua attività professionale e il caso in cui, invece, la parte nomini un difensore appartenente a un foro diverso da quello del luogo dove è chiamato a svolgere il suo mandato difensivo e tale difensore a sua volta elegga domicilio (ai sensi dell' art. 83 r.d. 22.1.1934 n. 83) nel luogo dove ha sede il giudice; nel primo caso i successivi mutamenti di domicilio del difensore debbono presumersi noti alle altre parti, le quali possono averne contezza consultando l'albo professionale, mentre nel secondo caso il difensore ha l'obbligo di comunicare alle controparti il mutamento del domicilio eletto extra districtum (cfr. Cass., Sez. U., 24/7/2009 n. 17352).
In proposito deve evidenziarsi che le Sezioni Unite di questa Corte (n. 14594/2016), nel ribadire il precedente citato hanno affermato nuovamente che, in caso di errore nel domicilio preso il quale effettuare la notificazione (nella specie, dell’atto di appello), occorre tenere differenziate due ipotesi, a seconda che il procuratore eserciti o meno la sua attività professionale nel circondario del Tribunale in cui si svolge la controversia, posto che,
«nel caso di difensore che svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale a cui egli sia professionalmente assegnato, è onere della parte interessata ad eseguire la notifica accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell'albo professionale, quale sia l'effettivo domicilio professionale del difensore, con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l'indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso, ancorché eventualmente corrispondente a indicazione fornita dal medesimo difensore nel giudizio non seguita da comunicazione nell'ambito del giudizio del successivo mutamento (sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352, richiamando sez. un., 18 febbraio 2009, n. 3818). Le medesime sentenze delle Sezioni unite indicano una soluzione diversa per il caso … in cui il difensore svolga le sue funzioni in un altro circondario ed abbia proceduto all'elezione di domicilio ai sensi dell'art. 82 del R.d. 22 gennaio 1934, n. 37. Tali pronunce ricostruiscono il sistema nel senso che solo in caso di svolgimento di attività al di fuori della circoscrizione di assegnazione si delinea un obbligo di comunicare i mutamenti di domicilio, che invece non sussiste quando il procuratore operi nel suo circondario (così, in particolare, sez. un., 3818/2009, cit., cui si rinvia per una più completa ricostruzione della normativa del 1934 e della ratio dell'art. 82)».
In buona sostanza, come confermato anche dalla giurisprudenza successiva, qualora risulti il trasferimento dello studio del difensore domiciliatario della parte destinataria della notifica, al fine di stabilire se il mancato perfezionamento sia imputabile al notificante, occorre distinguere a seconda che il difensore al quale viene effettuata detta notifica eserciti o meno la sua attività nel circondario del Tribunale dove si svolge la controversia, essendo nella prima ipotesi onere del notificante accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell'albo professionale, quale sia l'effettivo domicilio del difensore, a prescindere dalla comunicazione, da parte di quest'ultimo, nell'ambito del giudizio, del successivo mutamento (Cass. n. 15056/2018).
3.2 Ulteriore corollario è che, in caso di mancata notifica al difensore che eserciti la sua attività nel circondario del Tribunale dove si svolge la controversia per effetto del trasferimento dello studio, non si applica la possibilità di conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, tramite la riattivazione del processo notificatorio con immediatezza e lo svolgimento degli atti necessari al suo completamento, senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali che vanno rigorosamente provate (Cass. Cass. n. 20527/2017), posto che l’applicazione di tale possibilità postula la non imputabilità al notificante del mancato perfezionamento della notifica.
3.3 Nel caso di specie, come rilevato anche dalla controricorrente, il contenuto della procura apposta in calce all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e rilasciata da E. Distribuzione spa era il seguente: “il sottoscritto avv. Marco Mammoliti, nella qualità di procuratore di E. Distribuzione Spa … conferisce agli avvocati M.M. e G. O. L. il mandato a rappresentare e difendere, sia congiuntamente che disgiuntamente, E. Distribuzione Spa nel giudizio di opposizione che si intende promuovere con il suo esteso atto avverso il decreto ingiuntivo n. 11056/2011 emesso dal Tribunale di Roma nei confronti della società e in favore della E. srl … Eleggo domicilio ai fini del presente giudizio presso l’avv. G. O. L. in (omissis) via (omissis) 42”.
Di conseguenza: l’avv. L., presso il cui studio in via (omissis), 42 Roma (corrispondente al domicilio eletto da E. Distribuzione Spa) è stata eseguita la prima notifica dell’atto di appello non andata a buon fine a causa dell’intervenuto trasferimento nelle more del giudizio, non era il semplice domiciliatario ma anche il difensore della parte; la parte (E. Distribuzione, tramite il proprio procuratore Avv. M. M.) aveva eletto domicilio in (omissis), via (omissis), 42 presso e nello studio dell' Avv. L., il quale era stato chiamato a operare quale difensore e domiciliatario, unitamente e disgiuntamente all' Avv. M. M. del foro di Catanzaro, per rappresentare la parte convenuta nella causa introdotta da E-Distribuzione Spa avanti al Tribunale di Roma; il difensore domiciliatario apparteneva dunque al foro del luogo in cui era stato chiamato a svolgere il suo mandato e non era perciò tenuto a comunicare alle controparti il successivo mutamento di tale domicilio (da via (omissis), 42 a via (omissis), 14), che si doveva presumere noto a E. Srl, in quanto regolarmente comunicato all’ordine di competenza.
Sulla base dei principi sopra richiamati, deve ritenersi che la valutazione di inescusabilità della mancata prima notifica dell’atto di appello sia corretta.
3.4 Non può sottacersi, peraltro, che la prima notifica dell’atto di appello è avvenuta l’ultimo giorno utile del termine di sei mesi decorrente dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, ex art. 327 c.p.c., di talché non vi è stata alcuna attività o iniziativa di E-Distribuzione, quale ad esempio la notifica della sentenza di primo grado con indicazione di un’elezione di domicilio non più attuale, tale da indurre in errore la controparte. Al contrario vi è stata la comunicazione del nuovo indirizzo, che peraltro risultava dalla regolare comunicazione al Consiglio dell’ordine degli avvocati, sicché l'insuccesso del procedimento notificatorio dell'atto di appello è ascrivibile alla parte notificante. Non è possibile, infatti, operare alcuna tutela dell’affidamento come è accaduto in altra fattispecie in cui, nonostante l’assenza di oneri in capo al difensore esercente nel distretto di comunicare le variazioni del suo indirizzo di studio, è stata giustificata la notifica dell’appello al vecchio indirizzo perché il difensore stesso aveva notificato una sentenza riportante un domicilio non più attuale, non accompagnata da alcuna indicazione che valesse a non indurre in errore il destinatario dell' atto (Cass. n. 13307/2018).
Come si è detto nel caso di specie, il precedente difensore della appellante aveva ricevuto comunque una comunicazione stragiudiziale dall’avv. L. nella quale era stato riportato il nuovo indirizzo dello studio. Con messaggio di posta elettronica certificata, infatti, E-Distribuzione aveva comunicato al difensore della controparte che l’opposizione a decreto ingiuntivo era stata accolta e in tale messaggio era indicato il nuovo indirizzo di via (omissis) n. 14. Tale circostanza, pertanto, in senso contrario al sorgere dell’affidamento, avrebbe dovuto quanto meno ingenerare un dubbio, come si legge in sentenza, “sul persistere del precedente domicilio eletto”. La sentenza impugnata, infatti, ha posto in rilievo che fosse onere dell’appellante verificare il permanere del domicilio eletto da E-Distribuzione perché con atto stragiudiziale il nuovo domicilio era stato comunicato alla controparte.
3.5 Il primo motivo di ricorso, pertanto, è infondato dovendosi imputare alla parte la mancata notifica dell’atto di appello nel termine ex art. 327 c.p.c..
4. A seguito dal rigetto del primo motivo di ricorso diviene inammissibile il secondo, volto a sostenere la tempestiva ripresa del procedimento notificatorio non andato a buon fine, posto che, come evidenziato dallo stesso ricorrente, la decisione si è fondata su due autonome rationes decidendi, rispetto alle quali il ricorrente ha contrapposto due distinti motivi di impugnazione. In tal caso è sufficiente che uno solo dei motivi di ricorso sia infondato, perché la sentenza non possa essere cassata. Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l'annullamento della sentenza (ex plurimis Sez. 1, Ord. n. 18119 del 2020; Sez. 6-5, Ord. n. 9752 del 2017).
5. Il terzo motivo è infondato. Non sussiste nel caso de quo una notifica nulla da sanare, posto che la (seconda) notifica era stata regolarmente eseguita e comunque la sanatoria determinata dal raggiungimento dello scopo della notifica nulla non può rilevare ai fini della tempestività dell’atto di appello se questo, come nella specie, sia pervenuto al destinatario quando il termine di decadenza dall’impugnazione è ormai inutilmente spirato.
6. Il ricorso è rigettato.
7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
8. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 5000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;