La Cassazione ricorda che in materia di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari, potendo essa essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono una esplicita manifestazione.
Il GUP dichiarava non luogo a procedere nei confronti dell'imputato in relazione al delitto di cui all'
Svolgimento del processo
1. La sentenza impugnata è del giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Firenze del 7 luglio 2022, che ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di P. C. in ordine al delitto di cui all'art. 600 ter cod. pen., commesso in danno della minore S. M., perché il fatto non sussiste;
e - respingendo contestualmente la relativa istanza di patteggiamento da costui formulata con il consenso del pubblico ministero - ha dichiarato non luogo a procedere in ordine al delitto di cui agli artt. 61 n. 1, 612 ter, commi 1 e 3 cod. pen., commesso in danno della medesima persona offesa, perché l'azione penale non avrebbe dovuto essere iniziata per mancanza di querela.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze che - con unico motivo - ha lamentato erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione, perché in atti sarebbe presente la "querela orale" sporta in data 26 aprile 2021 dalla madre della minore per il reato di cui all'art. 612 ter cod. pen. e, in ogni caso, l'effettività dell'istanza di punizione sarebbe desumibile dal contenuto dell'atto e dalle annotazioni della polizia giudiziaria che lo hanno successivamente trasmesso in Procura.
Sotto altro profilo, il reato di cui all'art. 612 ter cod. pen. sarebbe perseguibile d'ufficio perché connesso con il reato di cui all'art. 600 ter comma 3 cod. pen., a sua volta procedibile d'ufficio e - comunque - perché la condotta contestata come "pornografia minorile" sarebbe persino una componente della fattispecie di revenge porn di cui all'art. 612 ter cod. pen., tanto da esservi ritenuta assorbita, quod poenam, nell'accordo sulla pena concluso dalle parti.
I due reati sarebbero peraltro connessi anche per l'aspetto materiale, in quanto l'indagine sulla fattispecie perseguibile d'ufficio comporterebbe l'accertamento della condotta di rilievo penale perseguibile a querela.
Ancora, le due figure criminose sarebbero in rapporto di specialità reciproca, perché mentre il delitto di pornografia minorile contiene l'elemento specializzante della minore età della vittima, il reato di cui all'art. 612 ter cod. pen. prevede il dissenso della persona effigiata dalle immagini alla loro divulgazione, elemento di contro ininfluente ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 600 ter cod. pen..
Il pubblico ministero ricorrente ha censurato, infine, la formula assolutoria adottata dal primo giudice a riguardo del delitto di cui all'art. 600 ter comma 3 cod. pen. in quanto contraddittoria rispetto alla motivazione della sentenza, che ha dato conto dell'accertata materialità e storicità dei fatti contestati.
Il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, e dell'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla l. 25 febbraio 2022, n. 15. Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr.ssa M. D.N., ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
1.E' costante principio di diritto espresso da questa Corte che, ai fini della validità di una querela, non è necessario l'uso di formule sacramentali, essendo sufficiente la denuncia dei fatti e la chiara manifestazione della volontà della persona offesa di voler perseguire penalmente i fatti denunciati (ex multis, Sez. 5, n.18267 del 29/01/2019 Rv. 275912 - 01 Sez. 4, n. 46994 del 15/11/2011, Bozzetto, Rv. 251439); ove tale intendimento non emerga in modo univoco dal contenuto della dichiarazione raccolta dalla polizia giudiziaria, è possibile fare ricorso ad altri fatti dimostrativi del medesimo intento (Sez. 3, sentenza n. 10254 del 12/02/2014, Rv. 258384); la volontà di punizione può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, debbono, comunque, essere interpretati alla luce del "favor querelae" (sez. 5, n.2665 del 12/10/2021, Baia, Rv. 282648).
2. Ebbene, ritiene il collegio che plurimi e convergenti siano gli indicatori dimostrativi dell'orientamento punitivo della persona offesa, il cui diritto di querela è stato legittimamente esercitato dal genitore e, in particolare:
l'intestazione dell'atto redatto dai Carabinieri in data 26 aprile 2021 come "querela orale" (effettivamente riscontrata dal collegio, che ha compulsato gli atti del fascicolo stante la natura della questione posta), messo in correlazione dalla sentenza impugnata (pag. 3) all'acquisizione della prova della riconducibilità all'imputato della diffusione via web del video "incriminato";
l'annotazione di polizia giudiziaria, che ha accompagnato il deposito dell'incarto negli uffici di segreteria della Procura della Repubblica, recante l'indicazione della volontà della madre della minore di sporgere querela "per i fatti accaduti";
l'istanza di punizione, formalizzata dalla madre della persona offesa in data 26 settembre 2021 nei confronti del P., il cui dato testuale merita una chiave di lettura difforme da quella ad esso attribuita dal giudice per l'udienza preliminare, ovvero omogenea ed estensiva e non frammentaria o parcellizzata e, dunque, nel suo complesso, riferita alla finalità di richiedere all'autorità giudiziaria di procedere penalmente nei confronti dell'imputato per tutti i reati da lui perpetrati, inclusi quelli del 19 aprile 2021, ampiamente inclusi nel termine semestrale previsto dall'art. 612 ter comma 5 cod. pen. per la tempestiva presentazione della condizione di procedibilità ("oltre alla denuncia sporta per i fatti del 19.04.2021 la madre D.P.D. chiede la punizione secondo i termini di legge di P. C. ");
l'avvenuta costituzione di parte civile della persona offesa, in sé persuasiva dell'effettiva, originaria volontà punitiva, indipendentemente dalla sua successiva esclusione per motivi di natura processuale (pag. 2 sentenza impugnata); sotto quest'ultimo profilo, va invero ricordato l'indirizzo giurisprudenziale di legittimità, calzante nel caso de quo, secondo cui "in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione; ne consegue che tale volontà può essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonché nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio" (Sez.5, n.43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259; Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Maglia, Rv. 250318; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone, Rv. 260557; Sez. 5, n. 21359 del 16/10/2015, dep. 2016, Giammatteo, Rv. 267138; Sez. 5, n. 29205 del 16/02/2016, Rahul Jetrenda, Rv. 267619).
3. L' annullamento della sentenza per le ragioni indicate travolge anche l'intervenuto proscioglimento per il delitto di cui all'art. 600 ter comma 3 cod. pen., pronunciato per insussistenza dal fatto, ma in quanto ritenuto "assorbito" - pag. 2 sentenza impugnata - nell'ambito di un fenomeno di concorso apparente di norme, nella fattispecie di cui all'art. 612 ter cod. pen..
La reviviscenza della procedibilità per il reato di cui all'art. 612 ter cod. pen. - conseguenza del presente annullamento - comporta, per l'effetto, anche quella del reato i cui elementi costitutivi sono stati giudicati inglobati dal primo ed in relazione al quale, peraltro, deve ritenersi illegittima la formula assolutoria adottata, che, in difetto dell'impugnazione del pubblico ministero, avrebbe potuto determinare una preclusione del giudicato potenzialmente influente sulla prosecuzione del giudizio per il delitto di cui all'art. 612 ter cod. pen..
La natura del reato e dei rapporti tra il ricorrente e la persona offesa impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Firenze in diversa persona fisica.
In caso di diffusione della presente sentenza, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 D.LGS. 196/03 in quanto imposto dalla legge.