Questo il parere del Consiglio di Stato in risposta al ricorso straordinario presentato da un carabiniere in congedo che aveva invocato esigenze di servizio per giustificare il mancato godimento delle ferie residue.
Protagonista della vicenda in esame è un luogotenente in congedo, già comandante della stazione dei Carabinieri, che impugna il provvedimento con il quale gli era stata negata la monetizzazione di 42 giorni di ferie non goduti tra gli anni 2016 e 2017, diniego fondato sul fatto che la mancata fruizione del residuo della licenza ordinaria fosse imputabile a una sua libera scelta.
Dal canto suo, però, l'attuale ricorrente dichiara di non aver potuto fruire delle ferie per esigenze di servizio, essendo impegnato nella guida della stazione in vista dell'avvicendamento con il nuovo comandante. Per questo, egli propone ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato direttamente al Consiglio di Stato, il quale con il parere n. 982/2023 lo dichiara infondato.
Come osservano i Giudici amministrativi, in base alla giurisprudenza ormai consolidata, il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute spetta solo nel caso in cui sia certo che la mancata fruizione non sia riconducibile alla volontà del lavoratore, e comunque quando non sia ad esso imputabile. Quando, invece, il dipendente abbia avuto la possibilità di fruire delle ferie, vige il divieto di monetizzazione stabilito dall'
Con riferimento al caso concreto, era chiaro che il ricorrente non avesse formulato alcuna istanza di fruizione delle ferie e che, dinanzi a tale inerzia, l'Amministrazione avesse invitato il medesimo per ben due volte al godimento delle stesse, pur non essendo tenuta a farlo.
Per questo motivo, il ricorrente non può ex post invocare esigenze di servizio.
Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato esprime parere che il ricorso sia infondato.
Consiglio di Stato, sez. I, parere 3 luglio 2023, n. 982
Premesso
1.- Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato direttamente a questo Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 11, comma 2, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), il luogotenente in congedo -OMISSIS-, già comandante della stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento in epigrafe meglio indicato, con cui gli è stata negata la monetizzazione di 42 giorni di ferie non godute negli anni 2016 e 2017 (39 dei quali relativi all’anno 2016).
Il provvedimento impugnato è stato adottato sul rilievo di fondo che «la mancata fruizione del residuo della licenza ordinaria di cui si richiede la monetizzazione appare imputabile ad una volontaria e consapevole scelta» del ricorrente, posto che: a) quest’ultimo è stato «destinatari[o] di reiterati inviti da parte del Comandante di Compagnia affinché osservasse le norme che regolano la fruizione della licenza ordinaria»; b) «agli atti d’ufficio non risulta si siano verificati impedimenti […] di natura sanitaria, cause di forza maggiore e/o eventi eccezionali e non prevedibili che abbiano impedito la fruizione della licenza non fruita»; c) «non risulta alcun diniego da parte del Comandante pro tempore della Compagnia di -OMISSIS- alla fruizione di periodi di licenza sopra menzionati»; d) «non risulta che le esigenze di servizio invocate dall’istante, all’epoca Comandante della Stazione di -OMISSIS-, fossero di tale natura da richiedere l’obbligatoria presenza del titolare delle funzioni di Comando e, nel contempo, condivise con il Superiore diretto».
Con una prima censura (rubricata «violazione del d.P.R. n. 395 del 1995, del d.P.R. n. 254 del 1999, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 e dell’art. 36 della Costituzione. Errata interpretazione della normativa di riferimento»), il ricorrente contesta il menzionato assunto di fondo, sostenendo, in sostanza, di non avere potuto fruire delle ferie per esigenze di servizio, essendo impegnato nella guida della stazione in vista dell’avvicendamento con il nuovo comandante.
Con una seconda censura (rubricata «violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990»), il ricorrente lamenta il difetto di motivazione, non essendo chiaro, da un lato, perché l’Amministrazione abbia affermato, nel provvedimento impugnato, che le esigenze di servizio invocate dall’istante «non fossero di tale natura da richiedere l’obbligatoria presenza del titolare delle funzioni di Comando», e, dall’altro, risolvendosi in una probatio diabolica a suo carico la dimostrazione della presenza di una valida causa di servizio.
2.- Nella relazione con cui ha chiesto il parere di questo Consiglio di Stato, il Ministero della difesa ha espresso l’avviso che il ricorso sia infondato, poiché la mancata fruizione delle ferie non sarebbe riconducibile ad esigenze di servizio ma ad una scelta dell’interessato, avendo peraltro l’Amministrazione invitato formalmente il medesimo a godere delle ferie (con note del 27 agosto 2016 e del 30 gennaio 2017).
3.- Con memoria fatta pervenire al Ministero della difesa, il ricorrente ha replicato alla relazione ministeriale, ulteriormente illustrando i motivi posti a sostegno dell’atto introduttivo.
Considerato
4.- La censura di difetto di motivazione è infondata, poiché il provvedimento impugnato contiene l’esplicitazione chiara e univoca della ragione posta a fondamento del diniego di monetizzazione delle ferie, ossia la riconducibilità della loro mancata fruizione non ad esigenze di servizio ma ad una libera scelta dell’odierno ricorrente, il quale non ha presentato l’istanza per il loro godimento, nonostante l’Amministrazione l’abbia a tanto invitato.
Tale assunto è contestato dal ricorrente con la prima censura, anch’essa, tuttavia, infondata.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato – in linea con la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 95 del 2016) e quella della Corte di giustizia (prima sezione, sentenza 25 giugno 2020, C-762/18 e C-37/19) – è ormai consolidata nel senso di ritenere che il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute spetta quando sia certo che la loro mancata fruizione non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia ad esso comunque imputabile (Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 30 marzo 2022, n. 2349, sezione quarta, sentenza 13 marzo 2018, n. 1580, sezione terza, sentenze 17 maggio 2018, n. 2956, e 21 marzo 2016, n. 1138).
Ove invece il dipendente abbia avuto la possibilità di fruire delle ferie (e quindi in assenza di una indicazione di senso contrario proveniente dal datore di lavoro), vige il divieto di monetizzazione di cui all’art. 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, che pertanto opera laddove il dipendente medesimo non abbia fatto espressa richiesta delle ferie medesime (Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 30 marzo 2022, n. 2349, sezione quarta, sentenze 12 ottobre 2020, n. 6047, e 2 marzo 2020, n. 1490).
Nel caso di specie, è pacifico che il ricorrente non abbia mai formulato istanza di godimento delle ferie e che, a fronte di tale inerzia, l’Amministrazione, pur non essendo a ciò tenuta, lo abbia anche invitato, in due distinte occasioni, al godimento medesimo.
Deve dunque ritenersi che, a fronte della mancata presentazione della cennata istanza, il ricorrente non possa invocare ex post presunte esigenze di servizio, dal momento che spetta solo all’Amministrazione, datrice di lavoro, ravvisarle e formalizzarle in un provvedimento di diniego.
5.- Alla luce delle considerazioni che precedono, deve ritenersi che il ricorso sia infondato.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso sia infondato.