
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza con cui D.G.A. è stato condannato per i reati di autocalunnia (così riqualificato l'originario reato di calunnia) e favoreggiamento personale
All'imputato è contestato:
a) di avere incolpato, sapendolo innocente, F.M.R. di essere il conducente del veicolo coinvolto la notte del 27.6.2020 in un sinistro mortale, concordando con lo stesso F.M.R. e con gli altri occupanti l'autovettura, una versione di comodo da fornire alla polizia giudiziaria, consistita nell'accusare F.M.R. dei reati di cui agli artt. 589 bis- 590 bis cod. pen.(capo a);
b) per aver reso dichiarazioni false e calunniose, quelle di cui al capo precedente, relative al conducente del veicolo, in tal modo aiutando C.A., cioè il reale conducente dell'autovettura, ad eludere le investigazioni.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità; il tema attiene alla imputabilità dell'imputato al momento del fatto ed alla richiesta di perizia.
La Corte avrebbe rigettato la richiesta assumendo che l'imputato, al momento in cui si verificarono i fatti, non presentasse nessun segno di incapacità ad autodeterminarsi. Si assume invece che a D.G.A. era stato diagnosticato "uno scompenso psicotico con disturbo di personalità, dimesso di TSO e ricovero con la diagnosi di "schizofrenia paranoide" (a sostegno viene depositata cartella clinica relativa alle condizioni di salute del ricorrente).
La Corte di appello, si aggiunge, a fronte di uno specifico motivo di impugnazione, ha ritenuto detta malattia preesistente e che non vi fossero segni esteriort dimostrativi di detta incapacità.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità ed alla qualificazione giuridica dei fatti.
La Corte avrebbe escluso l'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 384 cod. pen., quanto al delitto di favoreggiamento.
Secondo il ricorrente, le false dichiarazioni sarebbero state rese non al fine di aiutare C.A., quanto, piuttosto, per salvare sé stesso dalla reazione di questi, il cui temperamento irascibile emergerebbe dagli atti.
Di ciò vi sarebbe prova nel comportamento tenuto dallo stesso C.A. a seguito alla seconda deposizione del D.G.A. ai carabinieri, non confermativa di quella resa nella immediatezza con cui C.A. era stato discolpato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto alla qualificazione del reato di cui al capo A) in termini di autocalunnia in concorso con F.M.R..
Questi, inizialmente indagato per il reato di omicidio stradale, in sede di interrogatorio reso ai sensi dell'art. 415 bis cod. proc. pen., aveva riferito di essersi accordato con tutti per riferire la stessa ricostruzione, e cioè che egli fosse alla guida del veicolo: ciò sarebbe stato concordato perché egli era l'unico che non aveva fatto uso di sostanze alcooliche e stupefacenti.
La Corte di appello avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di estromissione della parte civile F.M.R. affermando che l'imputato potrebbe essere condannato a risarcire i danni cagionati con la propria condotta al concorrente nello stesso reato.
Secondo il ricorrente si tratterebbe di un argomento viziato in ragione della esistenza di un concorso doloso.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla condanna risarcitoria.
La Corte avrebbe erroneamente affermato che F.M.R. sarebbe stato esposto al rischio di essere accusato ingiustamente per un reato non commesso; assume l'imputato che detto rischio sarebbe in realtà insussistente in ragione delle dichiarazioni rese dallo stesso F.M.R., di cui si è detto.
Dunque la parte civile non avrebbe subito un danno per il reato per il quale ha concorso.
Motivi della decisione
1.11 ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione.
La Corte di appello, in modo non manifestamente illogico, ha spiegato come la documentazione prodotta dall'imputato attesti una patologia sorta successivamente rispetto ai fatti per cui si procede e che, pur volendo ritenere civile la patologia fosse preesistente, nondimeno, al momento in cui gli accadimenti oggetto del processo si verificarono, non solo non vi erano segni concreti da cui desumere che l'imputato non fosse in una condizione di intendere e volere, ma, soprattutto, che il contenuto delle conversazioni registrate deporrebbero in senso opposto.
Nulla di specifico è stato dedotto dall'imputato, che si è limitato ad affermazioni generiche senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata.
2. E' inammissibile il secondo motivo di ricorso, relativo, quanto al delitto di favoreggiamento, alla sussistenza della causa di non colpevolezza prevista dall'art. 384 cod. pen.
La Corte ha chiarito come C.A. avesse solo suggerito agli altri componenti dell'autovettura la versione dei fatti da riferire agli inquirenti e che detta proposta fu condivisa da tutti, anche dal ricorrente; né, si è aggiunto, risulta provata l'esistenza di un costringimento in danno dell'imputato tale da indurre questi a riferire la versione favorevole allo stesso C.A., il quale, solo dopo la parziale modifica in senso peggiorativo della ricostruzione dei fatti da parte di D.G.A., avrebbe minacciato questi; ciò confermerebbe, secondo la Corte, che fino a quel momento nessuna condizione di sottomissione vi fu, atteso che, se così fosse stato, l'imputato non avrebbe modificato le proprie dichiarazioni.
In giurisprudenza si è spiegato che la causa di «non punibilità» prevista dall'art. 384, cod. pen., trova la sua collocazione dogmatica tra le cause di esclusione della colpevolezza e non, invece, della antigiuridicità della condotta (Sez. 6, n. 51910 del 29/11/2019, Buonaiuto, Rv. 278062; Sez. 6, n. 53939 del 20/11/2018, Bonfiglio, Rv. 274583; Sez. 5, n. 18110 del 12/03/2018, Esposito, Rv. 273181).
Essa, infatti, rinviene la sua ragione giustificatrice nella particolare situazione soggettiva in cui viene a trovarsi l'agente, che ne esclude la rimproverabilità, perché rende inesigibile un suo comportamento conforme alle ordinarie regole di condotta, dal momento che quest'ultimo, se osservato, comporterebbe inevitabilmente, per lui o per un suo prossimo congiunto, un grave pregiudizio per due beni fondamentali della persona, quali la libertà personale e l'onore (Sez. U., n. 10381 del 26/11/2020, dep. 2021, Fialova, in motivazione).
Ne consegue la necessità che la condotta illecita si presenti, in relazione alle circostanze del caso concreto, come l'unica in grado di evitare il proprio o l'altrui pregiudizio: qualora così non fosse, infatti, il diverso comportamento conforme al diritto sarebbe esigibile, ove si consideri che lo standard di riferimento della diligenza imposta
dall'ordinamento, e quindi della non rimproverabilità dell'individuo, è calibrato su quello _ del c.d. "agente modello" (tra le altre, Sez. 6, n. 34777 del 23/09/2020, Nitti, Rv. Q)· 280148).
In tale quadro di riferimento non è affatto chiaro perché, secondo il ricorrente, nel caso di specie la condotta sarebbe stata necessitata nel senso indicato: sul punto, il ricorso è obiettivamene silente.
3. Il ricorso è tuttavia fondato quanto al ritenuto concorso tra il reato di autocalunnia e quello di favoreggiamento.
Non è in contestazione che il fatto per cui l’imputato risponde è unitario ed è il medesimo: D.G.A., avrebbe incolpato falsamente F.M.R. e nel fare ciò avrebbe favorito C.A..
La Corte di cassazione ha in più occasioni chiarito che commette autocalunnia e non favoreggiamento personale chi, pur di giovare al vero autore di un delitto che è stato già commesso, si addebita elementi, sia pure esclusivamente materiali del fatto, che lo espongono alla instaurazione del procedimento penale, ciò in quanto il delitto di autocalunnia è ipotesi specifica rispetto al titolo generico e sussidiario del favoreggiamento personale, che può applicarsi solo quando il fatto che lo costituisce non sia espressamente previsto da altra norma (Sez. 6., n. 8483 del 22/01/1986, Cirillo, Rv- 173600, Sez. 6, n. 44737 del 24/09/2002, Ciccottii, Rv. 227652)
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio quanto al delitto di favoreggiamento in quanto questo è assorbito nel primo e la pena ridotta in otto mesi di reclusione, rideterminandola in ragione della pena minima di un anno di reclusione, la stessa pena inflitta dal Tribunale, ridotta per il rito prescelto.
3. È fondato il terzo motivo di ricorso.
Secondo la ricostruzione compiuta dai Giudici di merito, l'imputato, unitamente a esta, avrebbe concorso nell'autocalunnia di questi, poi costituitosi parte civile.
In tale quadro di riferimento, la pretesa risarcitoria di F.M.R. è infondata, non potendo questi, autore del reato di autocalunnia, considerarsi persona offesa ovvero soggetto danneggiato dal reato da lui stesso commesso.
Ne deriva che la statuizione civile relativa alla condanna dell'imputato al risarcimento del danno in favore di F.M.R. deve essere eliminata.
4. Il quarto motivo di ricorso è assorbito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di favoreggiamento personale, perché assorbito in quello di autocalunnia di cui al capo A) e, per l'effetto, ridetermina la pena nella misura di otto mesi di reclusione; annulla senza rinvio la sentenza anche in ordine alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile F.M.R., che elimina.
Rigetta nel resto il ricorso.