Nel 2014 i nomi di alcuni prodotti erano sono stati oggetto di registrazione come denominazioni di origine protette (DOP).
Nell'anno successivo, il Cunsorziu di i Salamaghji Corsi - Consortium des Charcutiers Corses (di seguito: il «Consortium») ha chiesto alle Autorità nazionali francesi di registrare i nomi di quei prodotti come indicazioni geografiche protette (IGP), in applicazione del regolamento n. 1151/2012.
Nel 2018 le autorità hanno adottato decreti recanti omologazione dei relativi disciplinari, ai fini della loro trasmissione alla Commissione europea per approvazione, la quale ha poi rifiutato la registrazione come IGP dei nomi.
Tribunale UE, Seconda Sezione Ampliata, sentenza 12 luglio 2023, causa T-34/22
«Indicazione geografica protetta – Denominazione di origine protetta – Domande di indicazioni geografiche protette “Jambon sec de l’Île de Beauté”, “Lonzo de l’Île de Beauté” e “Coppa de l’Île de Beauté” – Denominazioni di origine protette anteriori “Jambon sec de Corse – Prisuttu”, “Lonzo de Corse – Lonzu” e “Coppa de Corse – Coppa di Corsica” – Ammissibilità dei nomi – Evocazione – Articolo 7, paragrafo 1, lettera a), e articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 1151/2012 – Portata del controllo da parte della Commissione delle domande di registrazione – Articolo 50, paragrafo 1, e articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 – Errore di valutazione»
Fatti
4 I nomi «Jambon sec de Corse»/«Jambon sec de Corse – Prisuttu», «Lonzo de Corse»/«Lonzo de Corse – Lonzu» e «Coppa de Corse»/«Coppa de Corse – Coppa di Corsica» sono stati oggetto di un’iscrizione come denominazioni di origine protette (DOP) il 28 maggio 2014 da parte, rispettivamente, dei regolamenti di esecuzione (UE) n. 581/2014 della Commissione (GU 2014, L 160, pag. 23), (UE) n. 580/2014 della Commissione (GU 2014, L 160, pag. 21) e (UE) n. 582/2014 della Commissione (GU 2014, L 160, pag. 25) (in prosieguo: i «regolamenti che hanno registrato le DOP di cui trattasi»).
5 Nel dicembre 2015 il Consortium ha depositato sette domande di registrazione come indicazioni geografiche protette (IGP) presso le autorità nazionali francesi, in applicazione del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1). Le sette domande riguardano i nomi seguenti, utilizzati dai ricorrenti: «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Coppa de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté», «Saucisson sec de l’Île de Beauté», «Pancetta de l’Île de Beauté», «Figatelli de l’Île de Beauté» e «Bulagna de l’Île de Beauté».
6 Il 20 aprile 2018 il Ministro dell’Agricoltura e dell’Alimentazione e il Ministro dell’Economia e delle Finanze hanno adottato sette decreti recanti omologazione dei sette disciplinari corrispondenti, ai fini della loro trasmissione alla Commissione europea per approvazione.
7 In parallelo, con ricorsi proposti dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) il 27 giugno 2018, il sindacato titolare dei disciplinari delle DOP «Jambon sec de Corse – Prisuttu», «Coppa de Corse – Coppa di Corsica» e «Lonzo de Corse – Lonzu» ha chiesto l’annullamento dei decreti del 20 aprile 2018, riguardanti l’omologazione dei disciplinari dei nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Coppa de l’Île de Beauté» e «Lonzo de l’Île de Beauté», ai fini della trasmissione delle relative domande di registrazione come IGP alla Commissione, sulla base del rilievo che, in particolare, il termine «Île de Beauté» imitava o evocava il termine «Corse» e creava, quindi, confusione con i nomi già registrati come DOP.
8 Il 17 agosto 2018 le sette domande di registrazione dei nomi di cui trattasi come IGP sono state trasmesse alla Commissione. Per quanto riguarda le domande di registrazione come IGP dei nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté» e «Coppa de l’Île de Beauté», la Commissione ha inviato due lettere alle autorità nazionali, il 12 febbraio 2019 e il 24 novembre 2020, chiedendo delucidazioni, in particolare, per quanto riguardava la questione della loro eventuale inammissibilità alla registrazione. Le autorità nazionali hanno risposto, in sostanza, di ritenere che i due gruppi di prodotti (vale a dire le DOP registrate e le domande di protezione come IGP) fossero nettamente diversi in termini di prodotti e che i nomi parevano loro sufficientemente distinti.
9 Con una sentenza del 19 dicembre 2019, relativa al nome «Jambon sec de l’Île de Beauté» (IGP), e due sentenze del 13 febbraio 2020, relative, rispettivamente, ai nomi «Coppa de l’Île de Beauté» (IGP) e «Lonzo de l’Île de Beauté» (IGP), il Consiglio di Stato ha respinto i tre ricorsi summenzionati (v. il precedente punto 7), con la motivazione che, in particolare, «l’impiego di termini differenti e la diversità delle protezioni conferite da una denominazione di origine, da un lato, e da un’indicazione geografica, dall’altro, sono idonei a escludere il rischio che consumatori normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti, di fronte all’indicazione geografica contestata, pensino direttamente, come immagine di riferimento, alla merce che beneficia della denominazione di origine protetta già registrata[; i]noltre, i ricorrenti non possono legittimamente sostenere che il decreto impugnato violi le disposizioni (...) dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento [n. 1151/2012]» [punto 5 delle tre sentenze del Conseil d’État (Consiglio di Stato)].
[omissis]
Conclusioni delle parti
11 I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– condannare la Commissione alle spese.
12 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare i ricorrenti alle spese.
In diritto
[omissis]
15 Nel caso di specie, nella decisione impugnata, la Commissione ha rilevato, in sostanza, che un nome che sia in contrasto con la protezione concessa dal regolamento n. 1151/2012 non può essere utilizzato nel commercio, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento, e, di conseguenza, non potrebbe essere registrato (considerando 4). Orbene, dal 28 maggio 2014 (v. il precedente punto 4), i nomi registrati come DOP beneficerebbero, in virtù dell’articolo 13 del regolamento n. 1151/2012, di protezione per quanto riguarda, tra l’altro, qualsiasi impiego diretto o indiretto di tali nomi per prodotti non conformi al relativo disciplinare, nonché qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione di detti nomi (considerando 7). I regolamenti che hanno registrato le DOP di cui trattasi avrebbero, nondimeno, concesso un periodo transitorio, che è scaduto il 27 aprile 2017, a talune imprese francesi stabilite in Corsica che utilizzavano tali nomi, ma per prodotti con caratteristiche diverse da quelle stabilite nel disciplinare, al fine di consentire loro di adeguarsi ai requisiti del disciplinare oppure, in mancanza di ciò, di modificare la denominazione di vendita utilizzata (considerando 8). I nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté» e «Coppa de l’Île de Beauté», utilizzati nel commercio dal 2015, si riferirebbero alla stessa zona geografica delle DOP summenzionate, ovvero la Corsica, e sarebbe, inoltre, di dominio pubblico che il nome «Île de Beauté» è un’espressione corrente che, per i consumatori francesi, designa univocamente la Corsica (considerando 9). Pertanto, dal 18 giugno 2014 l’uso dei nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté» e «Coppa de l’Île de Beauté» costituirebbe una violazione della protezione concessa alle DOP «Jambon sec de Corse»/«Jambon sec de Corse – Prisuttu», «Lonzo de Corse»/«Lonzo de Corse – Lonzu», «Coppa de Corse»/«Coppa de Corse – Coppa di Corsica» dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012 (considerando 10). Sebbene la pronuncia delle DOP registrate e delle IGP richieste sia indubbiamente diversa, la loro sinonimia sarebbe palese. Pertanto, l’evocazione non può essere in alcun modo esclusa, poiché la similarità fonetica non è indispensabile per configurare un’evocazione (considerando 20). La Commissione ha, quindi, respinto le domande di registrazione come IGP dei nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté» e «Coppa de l’Île de Beauté», con la motivazione che essi erano stati utilizzati nel commercio o nel linguaggio comune in violazione dell’articolo 13 del regolamento n. 1151/2012 e che, di conseguenza, non soddisfacevano le condizioni di ammissibilità alla registrazione, vale a dire l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012 (considerando 24).
16 A sostegno del loro ricorso, i ricorrenti deducono due motivi, vertenti, il primo, in sostanza, sul fatto che la Commissione avrebbe ecceduto le sue competenze e, il secondo, sulla sufficienza della dimostrazione, da parte delle autorità nazionali e del Conseil d’État (Consiglio di Stato), della conformità delle tre domande di registrazione agli articoli 7 e 13 del regolamento n. 1151/2012.
Sul primo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sul fatto che la Commissione avrebbe ecceduto le sue competenze
[omissis]
Sulla competenza della Commissione
[omissis]
21 In via preliminare, occorre ricordare che il regolamento n. 1151/2012 istituisce un sistema di ripartizione delle competenze, nel senso che, in particolare, la decisione di registrare un nome come IGP può essere adottata dalla Commissione solo se lo Stato membro interessato le ha presentato una domanda a tal fine e che una simile domanda può essere presentata solo se tale Stato membro ha verificato che essa era giustificata. Tale sistema di ripartizione delle competenze trova segnatamente spiegazione nella circostanza che la registrazione di un’indicazione geografica protetta presuppone la verifica che un certo numero di requisiti siano soddisfatti, il che richiede, in ampia misura, conoscenze approfondite di elementi particolari dello Stato membro interessato, elementi che possono essere meglio verificati dalle autorità competenti di quest’ultimo (v. sentenza del 15 aprile 2021, Hengstenberg, C-53/20, EU:C:2021:279, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
22 Dall’articolo 1, paragrafo 1, del suddetto regolamento, letto alla luce dei considerando 20 e 39 del medesimo, risulta che il regolamento in parola mira altresì a prevenire la creazione di condizioni di concorrenza sleale (v. sentenza del 15 aprile 2021, Hengstenberg, C-53/20, EU:C:2021:279, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
23 Le disposizioni del regolamento n. 1151/2012 sono volte ad impedire che venga fatto un uso abusivo delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette, e ciò non solo nell’interesse degli acquirenti, ma anche nell’interesse dei produttori che hanno compiuto sforzi per garantire le qualità attese dai prodotti recanti legalmente siffatte indicazioni (v. sentenza del 15 aprile 2021, Hengstenberg, C-53/20, EU:C:2021:279, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
24 Il considerando 19 del regolamento in parola precisa che il rispetto uniforme in tutta l’Unione dei diritti di proprietà intellettuale connessi a nomi protetti nell’Unione costituisce un obiettivo prioritario che può essere realizzato più efficacemente a livello dell’Unione (v. sentenza del 15 aprile 2021, Hengstenberg, C-53/20, EU:C:2021:279, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
25 In primo luogo, i ricorrenti contestano che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, costituisca un valido fondamento giuridico per rifiutare la registrazione di un nome.
26 In via preliminare, si può osservare che dalla lettera della Commissione del 24 novembre 2020 risulta che quest’ultima aveva inizialmente considerato di rifiutare la registrazione dei nomi richiesti non solo sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, ma anche sul fondamento dell’articolo 6, paragrafo 3, di tale regolamento.
27 Quest’ultima disposizione stabilisce il principio del divieto di un nome «che sia in tutto o in parte omonimo» di un nome già protetto.
28 Interrogata a tal riguardo in udienza, la Commissione ha spiegato di aver rinunciato a rifiutare le registrazioni richieste anche sul fondamento dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1151/2012, poiché non dovrebbe essere possibile respingere una domanda di registrazione in base a un’omonimia relativa soltanto a descrizioni di prodotti correnti, come «jambon sec» («prosciutto stagionato»).
29 Occorre poi rilevare, da un lato, che, come sottolineato dalla Commissione, l’articolo 13 del regolamento n. 1151/2012 non riguarda la registrazione, bensì la portata della protezione dei nomi registrati.
30 Pertanto, quest’ultima disposizione non può, di per sé, costituire il fondamento giuridico del rigetto di una domanda di registrazione.
31 Dall’altro lato, come sostenuto dai ricorrenti, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012 è specificamente relativo al «disciplinare» del nome oggetto di una domanda di protezione come DOP o IGP. I ricorrenti ne deducono che la questione dell’evocazione non è alla base dell’ammissibilità ai sensi di tale disposizione.
32 Tuttavia, occorre ricordare che la Commissione deve valutare, conformemente all’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, letto alla luce del considerando 58 di quest’ultimo, in esito a un esame approfondito, se il disciplinare che accompagna la domanda di registrazione contenga gli elementi richiesti dal regolamento n. 1151/2012 e se tali elementi non siano viziati da errori manifesti (sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 67).
33 L’elaborazione del disciplinare costituisce, quindi, una fase necessaria del procedimento di adozione di un atto dell’Unione che registra una denominazione come IGP (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 35).
34 Orbene, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, il disciplinare deve comprendere, in particolare, il nome di cui viene richiesta la protezione.
35 Come sostiene la Commissione, tale disposizione, secondo la quale il disciplinare deve comprendere il nome quale «utilizzat[o] nel commercio o nel linguaggio comune», presuppone che essa verifichi che tale utilizzo non violi la protezione contro l’evocazione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.
36 Infatti, ammettere la registrazione di un’IGP benché la stessa sia evocativa di una DOP già registrata priverebbe di effetto utile la protezione prevista dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, poiché, una volta registrato tale nome come IGP, la denominazione precedentemente registrata come DOP non potrebbe più beneficiare, nei suoi confronti, della protezione prevista all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.
37 L’elaborazione del disciplinare, fase necessaria della procedura di registrazione, non può quindi essere viziata dalla violazione, da parte del nome richiesto, della tutela prevista all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.
38 Di conseguenza, la Commissione, alla quale spetta, in conformità all’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, rifiutare la registrazione richiesta qualora ritenga che non siano soddisfatte le condizioni previste per la registrazione, non può essere tenuta a concedere la registrazione di un nome laddove consideri illecito l’uso dello stesso nel commercio.
39 Pertanto, poiché la Commissione ha ritenuto che dal 18 giugno 2014, data in cui sono entrati in vigore i regolamenti che hanno registrato le DOP di cui trattasi, l’uso dei nomi oggetto della richiesta di registrazione come IGP costituisse una violazione della protezione contro l’evocazione attribuita alle DOP già incluse nel registro, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, essa poteva dedurne che un siffatto uso nel commercio o nel linguaggio comune fosse illecito.
40 È, quindi, a torto che i ricorrenti deducono che la questione dell’evocazione non è alla base dell’ammissibilità alla registrazione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, e che tale disposizione, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, non possa costituire un valido fondamento giuridico per il diniego di registrazione di un nome.
41 In secondo luogo, per quanto riguarda la portata dell’esame, da parte della Commissione, della conformità del nome alle condizioni previste nel regolamento n. 1151/2012, occorre rilevare che, ai sensi del considerando 58 del regolamento n. 1151/2012, la stessa deve procedere all’esame approfondito delle domande per assicurarsi che esse non contengano errori manifesti e per garantire che sia tenuto conto del diritto dell’Unione e degli interessi dei soggetti interessati al di fuori dello Stato membro di presentazione della domanda.
42 A tal fine, l’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 dispone che la Commissione esamina, con i mezzi appropriati, le domande di registrazione trasmesse dagli Stati membri, allo scopo di stabilire se siano giustificate e se soddisfino le condizioni previste in base a detto regolamento. Inoltre, in conformità all’articolo 52, paragrafo 1, del citato regolamento, come rilevato al precedente punto 38, spetta alla Commissione respingere dette domande, qualora ritenga che non siano soddisfatte le condizioni previste per la registrazione.
43 Per di più, il regolamento n. 1151/2012 non definisce che cosa rientri nella nozione di «mezzi appropriati», lasciando così alla Commissione il compito di valutare quali siano tali mezzi.
44 Ne consegue che, anche se le autorità nazionali ritengono, avendo trasmesso alla Commissione una domanda di registrazione, che detta domanda soddisfi le condizioni stabilite dal regolamento n. 1151/2012, la Commissione non è vincolata alla valutazione di dette autorità e dispone, per quanto riguarda la sua decisione di registrare un nome come DOP o IGP, di un margine di valutazione autonoma, dal momento che essa è tenuta a verificare, in conformità all’articolo 50 di detto regolamento, che siano soddisfatte le condizioni per la registrazione.
45 Nel caso di specie i ricorrenti sostengono che, nella decisione impugnata, la Commissione si è limitata a indicare che, all’esito di uno scambio di corrispondenza con le autorità nazionali, essa ha compreso che queste ultime ritenevano che sussistesse una «sufficiente differenziazione» (considerando 16 della decisione impugnata) tra i tre nomi protetti da una DOP e i tre nomi candidati a un’IGP.
46 A tal riguardo, con la lettera del 12 febbraio 2019 la Commissione ha informato le autorità nazionali del suo progetto di adottare una decisione di rigetto delle domande di registrazione come IGP dei nomi di cui trattasi e ha invitato queste ultime a formulare le loro osservazioni.
47 Con la lettera del 24 novembre 2020 la Commissione ha confermato alle autorità nazionali la sua intenzione di respingere le domande di registrazione delle IGP in questione e ha nuovamente invitato le autorità nazionali a presentare osservazioni integrative.
48 La Commissione ha, dunque, interpellato le autorità nazionali per due volte prima di concludere che le domande di registrazione dei nomi di cui trattasi non soddisfacevano le condizioni di ammissibilità alla registrazione previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, per il fatto che gli stessi erano stati utilizzati nel commercio o nel linguaggio comune in violazione dell’articolo 13 di detto regolamento (v. il precedente punto 10).
49 Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la Commissione non si è, quindi, «limitata ad indicare» che le autorità nazionali ritenevano che sussistesse una «sufficiente differenziazione» tra i tre nomi protetti da una DOP e i tre nomi candidati a un’IGP, ma, prima di adottare la decisione impugnata, ha invitato le autorità nazionali, per due volte, a fornire ogni informazione utile a sostegno della loro domanda di registrazione delle IGP in questione. I ricorrenti, sempreché si debba intendere che essi, sostenendo che la Commissione si è limitata a rilevare una «sufficiente differenziazione» tra i nomi di cui trattasi, le contestino di non aver svolto un esame sufficiente della conformità del nome alle condizioni previste nel regolamento n. 1151/2012, non hanno fornito alcuna prova a sostegno di un simile argomento. In particolare, i ricorrenti non hanno esplicitato quale esame avrebbe asseritamente dovuto effettuare la Commissione.
50 In terzo luogo, per quanto riguarda il margine di discrezionalità della Commissione, i ricorrenti sostengono che dalla sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione (T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208), risulta che esso sarebbe «limitato o inesistente», per quanto riguarda la decisione di registrare un nome come DOP o IGP.
51 A tal riguardo, nella sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione (T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208), il Tribunale ha dichiarato che, prima di procedere alla registrazione dell’IGP richiesta, la Commissione doveva valutare, conformemente all’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, letto alla luce del considerando 58 di quest’ultimo, in esito a un esame approfondito, se, da un lato, il disciplinare che accompagna la domanda di registrazione contenga gli elementi richiesti dal regolamento n. 1151/2012 e se tali elementi non siano viziati da errori manifesti, e se, dall’altro, il nome soddisfi le condizioni di registrazione di un’IGP di cui all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012. Il Tribunale ha precisato che la Commissione doveva effettuare tale valutazione autonomamente alla luce dei criteri di registrazione di un’IGP previsti dal regolamento n. 1151/2012, al fine di garantire la corretta applicazione di quest’ultimo (sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 67).
52 Nel caso di specie i ricorrenti rinviano, più specificamente, ai punti 34, 35 e 51 della sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione (T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208). In detti punti il Tribunale ha rispettivamente dichiarato, sotto un primo profilo, che la valutazione delle condizioni di registrazione doveva essere effettuata dalle autorità nazionali sotto il controllo, eventualmente, dei giudici nazionali, prima che la domanda di registrazione fosse comunicata alla Commissione (sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 34), sotto un secondo profilo, che ne conseguiva che una domanda di registrazione contenente, in particolare, un disciplinare costituisce una fase necessaria del procedimento di adozione di un atto dell’Unione che registra una denominazione come IGP, ove la Commissione dispone di un margine di valutazione solo limitato o inesistente relativamente a tale atto nazionale (sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 35), e, sotto un terzo profilo, che la Commissione disponeva di un margine discrezionale solo limitato, o inesistente, riguardo a valutazioni effettuate dalle autorità nazionali in merito alla definizione delle modalità di fabbricazione o di confezionamento del prodotto oggetto della domanda di registrazione di un’IGP, quali figurano nel disciplinare e si riflettono negli atti nazionali che le sono presentati nell’ambito della domanda di registrazione di un’IGP (sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 51).
53 Orbene, occorre osservare che, nel caso di specie, la Commissione non ha messo in discussione le valutazioni espresse dalle autorità nazionali per quanto riguarda le indicazioni figuranti nel disciplinare, come la definizione delle modalità di fabbricazione o di confezionamento del prodotto oggetto della domanda di registrazione di un’IGP, la cui elaborazione costituisce la prima fase della procedura di registrazione dei nomi di cui trattasi come IGP e rispetto alle quali la Commissione dispone, in effetti, soltanto di un margine di discrezionalità limitato, se non addirittura inesistente (v. il precedente punto 52). È nell’ambito del suo esame finalizzato all’approvazione di tali domande, il quale costituisce la seconda fase di tale procedura, che la Commissione ha ritenuto, dopo aver debitamente interpellato in proposito, per due volte, le autorità nazionali, che le domande di registrazione dei nomi di cui trattasi non soddisfacessero le condizioni di ammissibilità alla registrazione previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, per il fatto che gli stessi erano stati utilizzati nel commercio o nel linguaggio comune in violazione dell’articolo 13 di detto regolamento (v. il precedente punto 10).
54 Infatti, dal regolamento n. 1151/2012 e, in particolare, dal considerando 58 di detto regolamento risulta che, in una prima fase, in conformità all’articolo 49 del medesimo regolamento, le autorità nazionali esaminano le domande di registrazione dei nomi come DOP o IGP e, se ritengono soddisfatte le condizioni di detto regolamento, presentano alla Commissione un fascicolo di domanda e che poi, in una seconda fase, in conformità agli articoli 50 e 52 del citato regolamento, quest’ultima esamina le domande e, in base alle informazioni di cui dispone e in base all’esame da essa effettuato, registra i nomi o respinge le domande di registrazione.
55 Il rinvio operato dai ricorrenti alla sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione (T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208), non è, quindi, pertinente e i ricorrenti non possono, dunque, dedurre da tale sentenza che la Commissione disponga soltanto di un margine di discrezionalità «limitato o inesistente». A questo proposito, è già stato osservato che, per quanto riguarda la decisione di registrare un nome come DOP o IGP alla luce delle condizioni di ammissibilità alla registrazione previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, la Commissione disponeva di un margine di valutazione autonoma (v. il precedente punto 44).
56 I ricorrenti citano, altresì, il punto 25 della sentenza del 29 gennaio 2020, GAEC Jeanningros (C-785/18, EU:C:2020:46), secondo il quale, in considerazione del potere decisionale attribuito all’amministrazione nazionale nell’ambito del sistema di ripartizione delle competenze, spetta unicamente ai giudici nazionali conoscere della legittimità degli atti compiuti dall’amministrazione medesima, quali gli atti relativi a domande di registrazione di una denominazione, costituenti un passo necessario nella procedura d’adozione di un atto dell’Unione, considerato che le istituzioni dell’Unione dispongono rispetto a tali atti unicamente di un margine di discrezionalità limitato o inesistente. I ricorrenti menzionano, inoltre, i punti 35 e 36 di tale sentenza, secondo i quali il margine di discrezionalità attribuito alla Commissione per quanto riguarda l’approvazione di modifiche minori del disciplinare è sostanzialmente limitato, come emerge dal considerando 58 del regolamento n. 1151/2012, alla verifica che la domanda stessa contenga gli elementi richiesti e non appaia viziata da errori manifesti.
57 Tale causa riguardava modifiche minori del disciplinare. La Corte ha affermato, al punto 30 della sentenza del 29 gennaio 2020, GAEC Jeanningros (C-785/18, EU:C:2020:46), che siffatte domande erano soggette a una procedura semplificata, ma essenzialmente analoga alla procedura di registrazione, prevedendo parimenti un sistema di ripartizione delle competenze tra l’amministrazione dello Stato membro interessato e la Commissione per quanto attiene, da un lato, alla verifica della conformità della domanda di modifica con i requisiti fissati dal regolamento n. 1151/2012 e, dall’altro, all’approvazione della domanda stessa, nonché, al punto 31 della citata sentenza, che spettava ai giudici nazionali conoscere delle irregolarità eventualmente gravanti su un atto nazionale relativo a una domanda di modifica minore del disciplinare.
58 Orbene, il caso di specie non riguardava modifiche minori del disciplinare, la cui elaborazione e le cui eventuali modifiche rientrano nella prima fase della procedura di registrazione di un nome, bensì la questione dell’approvazione o del diniego, da parte della sola Commissione, della registrazione dei nomi di cui trattasi, la quale rientra nella seconda fase della procedura.
59 Dal punto 25 della sentenza del 29 gennaio 2020, GAEC Jeanningros (C-785/18, EU:C:2020:46), si evince, quindi, che il «margine di discrezionalità limitato o inesistente» delle istituzioni dell’Unione concerne la prima di queste due fasi, ossia quella nel cui corso sono raccolti i documenti che compongono il fascicolo della domanda di registrazione che le autorità nazionali trasmetteranno eventualmente alla Commissione.
60 Non si può, pertanto, desumere dalla sentenza del 29 gennaio 2020, GAEC Jeanningros (C-785/18, EU:C:2020:46), contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, che la Commissione abbia soltanto un «margine di discrezionalità limitato o inesistente», nell’ambito della seconda fase, per quanto riguarda la sua decisione di registrare un nome come DOP o IGP alla luce delle condizioni di ammissibilità previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento.
61 Gli argomenti secondo i quali la Commissione avrebbe ecceduto le sue competenze devono, pertanto, essere respinti in quanto infondati.
Sull’autorità di cosa giudicata
62 I ricorrenti ritengono che la Commissione non potesse, nella decisione impugnata, mettere in discussione quanto è stato definitivamente dichiarato al punto 5 delle sentenze del Conseil d’État (Consiglio di Stato) del 19 dicembre 2019 e del 13 febbraio 2020, vale a dire che non vi era alcun rischio di evocazione, per consumatori normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti, tra le DOP registrate e le IGP richieste.
63 A tal riguardo, come ricordato al precedente punto 51, la Commissione deve valutare autonomamente se sono soddisfatti i criteri di registrazione di un’IGP previsti dal regolamento n. 1151/2012, al fine di garantire la corretta applicazione di tale regolamento (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2018, CRM/Commissione, T-43/15, non pubblicata, EU:T:2018:208, punto 67).
64 Pertanto, una decisione di un organo giurisdizionale nazionale passata in giudicato non può essere invocata per mettere in discussione tale valutazione.
65 L’argomento dei ricorrenti vertente sulla violazione dell’autorità di cosa giudicata delle sentenze del Conseil d’État (Consiglio di Stato) del 19 dicembre 2019 e del 13 febbraio 2020 deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato.
66 Pertanto, il primo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato.
[omissis]
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) Il Cunsorziu di i Salamaghji Corsi – Consortium des Charcutiers Corses e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sono condannati a farsi carico delle proprie spese e di quelle sostenute dalla Commissione europea.