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13 luglio 2023
La Commissione UE valuta autonomamente la possibilità di registrare un prodotto come DOP o IGP
Nel verificare che la domanda soddisfi le condizioni di ammissibilità alla registrazione previste dal diritto dell'UE, la Commissione non è vincolata alla valutazione preliminare delle autorità nazionali.
La Redazione
La vicenda può essere così riassunta.

Nel 2014 i nomi di alcuni prodotti erano sono stati oggetto di registrazione come denominazioni di origine protette (DOP). 

Nell'anno successivo, il Cunsorziu di i Salamaghji Corsi - Consortium des Charcutiers Corses (di seguito: il «Consortium») ha chiesto alle Autorità nazionali francesi di registrare i nomi di quei prodotti come indicazioni geografiche protette (IGP), in applicazione del regolamento n. 1151/2012.

Nel 2018 le autorità hanno adottato decreti recanti omologazione dei relativi disciplinari, ai fini della loro trasmissione alla Commissione europea per approvazione, la quale ha poi rifiutato la registrazione come IGP dei nomi.
 
Il Consiglio di Stato «ha respinto tale domanda con la motivazione che, in particolare, l'impiego di termini differenti e la diversità delle protezioni conferite da una DOP, da un lato, e da un'IGP, dall'altro, sono idonei a escludere il rischio di confusione in parola».
 
Giunti dinanzi al Tribunale UE, questo «respinge il motivo di ricorso secondo il quale la Commissione avrebbe ecceduto le sue competenze e violato l'autorità di cosa giudicata».
In particolare, il Tribunale, nell'analizzare e l'articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, dichiara che può costituire un valido fondamento giuridico per rifiutare la registrazione di un nome.
La Commissione quindi, deve verificare che l'utilizzo del nome per il quale si chiede la registrazione non violi la protezione contro l'evocazione prevista all'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012. 
È ammessa infatti «la registrazione di un'IGP benché la stessa sia evocativa di una DOP già registrata priverebbe di effetto utile la protezione prevista dall'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), poiché, una volta registrato tale nome come IGP, la denominazione precedentemente registrata come DOP non potrebbe più beneficiare, nei confronti di quest'ultimo, della protezione prevista in tale disposizione».
Di conseguenza, la Commissione non è tenuta a rilasciare la registrazione di un nome laddove lo consideri illecito nel commercio
 
Infine, è necessario precisare che la Commissione deve esaminare approfonditamente le domande, tuttavia essa ha a disposizione un margine di valutazione differente a seconda che si tratti della prima fase del processo di registrazione di un nome, ossia quella dove vengono raccolti i documenti che compongono il fascicolo della domanda di registrazione che le autorità nazionali eventualmente le trasmetteranno, oppure della seconda fase, ossia il suo proprio esame delle domande di registrazione. In quest'ultima fase la Commissione ha un marine di valutazione autonoma. 
«Per quanto concerne l'asserita violazione dell'autorità di cosa giudicata, il Tribunale aggiunge che una decisione di un organo giurisdizionale nazionale passata in giudicato, la quale stabilisca che non vi era rischio di evocazione, per i consumatori normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti, tra le DOP registrate e le IGP richieste, non può essere invocata per mettere in discussione la valutazione autonoma, da parte della Commissione, di tali condizioni di ammissibilità».