Nel caso di specie, il giudice penale escludeva l'illecito perché la vittima aveva tenuto comportamenti reattivi analoghi a quelli dell'imputato. Tale valutazione non preclude al giudice civile, chiamato a pronunciarsi sugli stessi fatti in sede di separazione personale tra coniugi, di apprezzarli diversamente ai fini dell'addebito attribuendo ad essi autonoma rilevanza causale.
La Corte d'Appello confermava la domanda di addebito della separazione a carico dell'attuale ricorrente per essere stata provata la prolungata e ripetuta violazione dell'obbligo di fedeltà e la rilevanza causale della stessa nella rottura dell'unione matrimoniale. Inoltre, la Corte rilevava anche la violazione dell'obbligo di prestare i mezzi...
Svolgimento del processo
1.- L’avvocato M.C. impugna per cassazione la sentenza della corte d'appello di Milano che ha respinto il gravame dal medesimo spiegato nei confronti della sentenza del tribunale di Milano che aveva dichiarato, nel giudizio reciprocamente promosso nel 2016 dai coniugi C. e C., la separazione personale con addebito a suo carico per violazione dell’obbligo di fedeltà e assegnazione della casa coniugale alla moglie S.C..
2.- Il tribunale milanese lo aveva anche condannato a provvedere al versamento a favore della moglie della somma mensile di euro 1.000,00, a titolo di mantenimento, e della somma di pari importo a titolo di contributo al mantenimento della figlia C., mentre aveva revocato l'obbligo a carico del padre di corrispondere alla moglie l'assegno di mantenimento in favore della figlia maggiorenne ed economicamente autosufficiente B., con decorrenza dal mese di dicembre 2019, confermando al contempo il sequestro conservativo dei beni immobili e mobili e dei crediti di proprietà o di spettanza del medesimo C. nonché delle quote sociali allo stesso intestate, sino alla concorrenza della complessiva somma di euro 40.000.
3.- A seguito di appello principale proposto dal C. e di appello incidentale della C., la corte d’appello aveva confermato la pronuncia impugnata.
3.1.- Per quanto ancora rileva, la corte d’appello ha respinto le doglianze mosse alla sentenza di primo grado dall’appellante principale. La corte ha, in primo luogo, confermato la fondatezza della statuizione di accoglimento della domanda di addebito della separazione a carico del C. per essere stata provata la prolungata e ripetuta violazione dell’obbligo di fedeltà e la rilevanza causale della stessa nella rottura dell’unione matrimoniale, nonostante le plurime riconciliazioni, l’ultima delle quali risalente al 2014.
3.2.- Inoltre, la corte territoriale rilevava anche la violazione dell’obbligo di prestare i mezzi di sostentamento a favore della moglie e della figlia e posto in essere dal C. nell’aprile 2016 allorché aveva lasciato la casa familiare mettendo a disposizione della famiglia la somma, di euro 1.200,00 mensili, inferiore rispetto a quella dovuta di euro 3.000,00 (e successivamente stabilita in sede presidenziale) e comunicando solo nell’agosto 2016 la sua nuova residenza.
3.3.- Parimenti infondata era ritenuta dalla corte di merito la richiesta di revoca del sequestro conservativo, in considerazione dell’ingente debito maturato per non aver versato il mantenimento di B..
3.4.- Da ultimo, la corte territoriale ha ritenuto infondata l’impugnazione della statuizione di prime cure sulla prevalente soccombenza del C. ai fini delle spese di lite.
4.- La cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal C. con ricorso notificato il 19 ottobre 2021 ed affidato a dieci motivi, cui resiste con controricorso S.C..
5.-Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
6.- Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n.4, cod. proc. civ., in relazione all'art. 115 cod. proc. civ. e in relazione all'art. 654 cod. proc. pen..
6.1- Lamenta il ricorrente che la corte d'appello avrebbe errato nel confermare l'addebito della separazione a carico del marito, rinvenendo nella sua condotta, di una presunta infedeltà, gli indici lesivi della dignità della moglie, non motivando in ordine al disaccordo rispetto alle conclusioni di segno opposto formulate dalla sentenza penale del tribunale di Milano che ha ritenuto insussistente il reato di maltrattamenti ai sensi dell’art. 572 cod. pen., compiendo in tal modo un errore ricadente su una circostanza oggetto di discussione nell’appello civile.
6.2.- La censura è infondata.
6.3.- In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell'art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 c.p.c. (cfr. Sez. Un. 20867/2020).
6.4.- Costituisce, inoltre, principio costantemente affermato dalla Corte che la valutazione del giudice penale, il quale — all'esito dell'indagine diretta ad accertare l'elemento psicologico del reato di maltrattamenti — escluda l’illecito, per avere la pretesa vittima tenuto comportamenti reattivi analoghi a quelli dell'imputato, configura non già l'accertamento di fatti storici ma una valutazione dei fatti accertati, e quindi non preclude al giudice civile, che sugli stessi fatti sia chiamato a pronunciarsi in sede di separazione personale tra coniugi, di apprezzarli diversamente ai fini dell'addebito attribuendo ad essi autonoma rilevanza causale (cfr. Cass. 4911/1987).
6.5.- Tale ultimo criterio ermeneutico risulta essere stato seguito dalla corte territoriale nel caso in esame in cui, come si evince dai richiami alla sentenza penale svolti dal ricorrente, l’assoluzione del C. non è fondata sulla mancata prova vuoi delle relazioni extraconiugali del C. vuoi della mancata prestazione del mantenimento, in epoca successiva all’aprile 2016, bensì sull’esclusione dell’idoneità della condotta del umiliare e a screditare la C..
6.6.- Emerge, quindi, dal ricorso che è in tale contesto che vanno inserite e intese le valutazioni di inattendibilità delle testimonianze rese dalla figlia B. e da A.M., espresse dal giudice penale.
6.7.- Sempre da quanto dedotto nel ricorso, risulta che il detto giudice, non ha affermato l’insussistenza delle relazioni extramatrimoniali, ma ha escluso che dalle dichiarazioni testimoniale suddette risultasse provata la capacità offensiva delle stesse. In altri termini, il giudice penale aveva ritenuto che quanto dichiarato dalla figlia B. e dal teste M., circa l’atteggiamento di ostentazione e di mancanza di riserbo del C. nel vivere quelle relazioni, non potesse costituire prova della condotta di maltrattamenti in ragione della inattendibilità dei testi. La prima era coinvolta nella vicenda separativa dei genitori ed era “schierata”, anche per ragioni economiche, con la madre. Il secondo aveva avuto dissidi lavorativi con l’altro.
6.8.- Ebbene, se così è, deve ritenersi che l’assoluzione decisa dal giudice penale si fonda su un legittimo apprezzamento dell’attitudine della condotta accertata a ledere il bene giuridico protetto, ovvero la dignità della C. e il suo diritto a non essere umiliata, e non sull’insussistenza della condotta materiale attribuita al C., con riguardo alle diverse relazioni extra coniugali dallo stesso intrattenute.
6.9.- Ne deriva, allora, che la circostanza che di quelle condotte il giudice civile abbia svolto una diversa valutazione, con riferimento alla loro rilevanza nel contesto della delibazione della domanda di addebitabilità della separazione, non configura una violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., ben potendo il giudice civile svolgere un autonomo apprezzamento, ai fini della domanda di addebito della separazione, dei medesimi fatti già valutati dal giudice penale nell’ambito del reato di maltrattamenti.
7.- Con il secondo motivo si denuncia l'anomalia motivazionale ex art. 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ., anche in relazione agli articoli 115, 132 n. 4, cod. proc. civ. e art. 111 Cost..
7.1.- Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata, per un lato, dà atto della risalente crisi familiare e dell’insuperabilità della riconciliazione intervenuta nel 2014, mentre dall’altro ritiene che a presunta infedeltà coniugale con la sig.ra S. sia ragione determinante la crisi coniugale.
8.- Con il terzo motivo si denuncia la falsa applicazione dell'art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., art. 2697 cod. civ. e art. 143 cod. civ..
Deduce il ricorrente che la corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione della ripartizione dell’onere probatorio rispetto alla violazione degli obblighi matrimoniali e al nesso causale tra la condotta di presunta infedeltà e la irreversibile dissoluzione del rapporto coniugale, trascurando di accertare la sussistenza di una preesistente e insuperabile crisi coniugale.
9.- Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la falsa applicazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., in riferimento agli articoli 2697, 2702, 2712, 2727 e 2729 cod. civ. nonché, agli articoli 143 e 151, comma 2, cod. civ., per avere la corte d'appello respinto l'impugnazione sulla scorta unicamente di prove documentali atipiche e inutilizzabili, riproduzioni meccaniche, principi di prove scritte contestate dalla parte quanto alla conformità ai fatti e su cui non è stata assunta prova testimoniale nonché aver fondato la decisione su elementi di prova valutativi recependoli senza alcun apprezzamento critico e facendo ricorso a semplici presunzioni e criteri di verosimiglianza.
10.- Il secondo, terzo e quarto motivo, aventi ad oggetto la dmotivazione della decisione sul riconoscimento dell’addebito a carico del C. e la valutazione del materiale probatorio effettuata dalla corte di merito, possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
10.1.- Le censure sono inammissibili alla stregua dei seguenti principi interpretativi.
10.2.- In primo luogo, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014; Cass. 22598/2018; id.7090/2022; id. 31511/2022).
10.3.-In secondo luogo, come sopra già osservato la violazione dell'art. 115 cod. proc. civ., richiede la denuncia che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. un. 2086/2020; Cas. 16016/2021).
10.4.- In terzo luogo, la violazione del precetto di cui all'art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest'ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del "nuovo" art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) (Cass. 13395/2018; id. 18092/2020).
10.5.- Ciò posto, le suddette censure sono inammissibili perché con considerano le ragioni messe a fondamento della decisione.
10.6.- Nel caso in esame, infatti, la corte territoriale, dopo aver ricostruito la vita familiare e le relazioni extraconiugali del C., precedenti il 2014, ha ritenuto sincero il tentativo di riconciliazione posto in essere dalla C. nello stesso anno e dettato dal desiderio di tenere unita la famiglia.
10.7.- La corte territoriale ha poi ritenuto rilevanti altre circostanze, oltre alle dichiarazioni rese dalla C. e dalla figlia B. in sede penale. Nello specifico sono stati valorizzati la documentazione acquisita circa il pagamento effettuato dal C. del soggiorno della sig.ra S. presso “(omissis)” in Calabria, così come la cessione di tutte le quote della società P. s.r.l. alla medesima e alla figlia, in concomitanza temporale con la separazione e la successiva notifica di un primo precetto nonché la redazione di pignoramenti negativi per il recupero degli assegni di mantenimento arretrati.
10.8.- La corte di merito ha cioè valorizzato lo spoglio dell’intero patrimonio del C. avvenuto in concomitanza con la separazione, nonché tutti i versamenti ingiustificati a favore della S. (di euro 53.000,00 nel giugno 2018, di euro 8.150 nell’agosto 2018, così come il bonifico di euro 1.450,00 a favore dell’istituto D.A. per la figlia della stessa) emersi dai controlli fatti dalla Guardia di finanza sui conti correnti del C.. Alla stregua di ciò, oltre che della contemporanea presenza della socia e della figlia negli stessi luoghi di villeggiatura ove soggiornava la famiglia, la corte territoriale ha ritenuto plausibile il sospetto di una relazione sentimentale (oltre che di un rapporto professionale) tra la S. ed il C.. E ciò ha giustificato la riproposizione del ricorso per separazione da parte della C. che, constatata la permanenza del comportamento adulterino del marito, ha proposto la domanda di addebito. (cfr. pagg.14-16 della sentenza). 10.9.- Inoltre la corte di merito ha ritenuto rilevante ai fini dell’addebito l’omessa prestazione dei mezzi di sostentamento alla famiglia, comportamento posto in essere dal C. dopo essere uscito dalla casa familiare prima dell’instaurazione del procedimento di separazione.
10.10.- Così ricostruita la ratio decidendi dell’addebito, risulta che la motivazione non è affetta da alcuna contraddittorietà insanabile, censurabile in questa sede, né che la decisione sul punto si fondi su prove diverse da quelle introdotte dalle parti ovvero rientranti nelle prerogative officiose del giudice né, infine, che essa sia affetta da alcuna errata ripartizione dell’onere della prova. Il giudice del merito ha valorizzato le emergenze probatorie, attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre nell’ambito del prudente apprezzamento riconosciutogli dall’art. 116, cod. proc. civ..
12.- Con il quinto motivo si denuncia l’omessa motivazione su fatti storici controversi e decisivi del giudizio ex art. 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ., in relazione all’intervenuta riconciliazione della coppia nel 2014 e ai suoi effetti rispetto alla domanda di addebito.
12.1. La censura è inammissibile rilevando quanto sopra osservato in relazione ai limiti della censura sulla motivazione al paragrafo 10.2.. La corte territoriale ha argomentato sulla rilevanza riconosciuta a detta riconciliazione nel contesto dei rapporti coniugali ritenendo, come sopra evidenziato, esistenti una pluralità di elementi a sostegno della presunta relazione extraconiugale con la S. e rispetto ai quali il C. non prende posizione nella censura in esame.
13.- Con il sesto motivo di deduce l’anomalia motivazionale ex art. 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ. anche in relazione all’art. 115, 132, n.4, cod. proc. civ. e art. 111 Cost. con riguardo alle circostanze relative al soggiorno della famiglia C. e della sig.ra S. con la figlia che si sarebbe verificato nello stesso luogo.
13.1.- La censura è inammissibile: anche in tal caso rileva quanto osservato a proposito del quinto motivo a proposito delle ragioni poste a giustificazione dell’addebito e con le quali il ricorrente non si confronta neppure nella presente censura.
14.- Con il settimo motivo si denuncia il difetto di motivazione ex art. 360, comma 5, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 151, comma 2, 143 cod. civ. e art. 112 cod. proc. civ. in relazione al fatto che la corte territoriale avrebbe preso in considerazione circostanze successive alla separazione di fatto e all’autorizzazione del tribunale a vivere separati, riferite a tempi distanti rispetto la cessazione della convivenza - quali i versamenti effettuati dal C. favore della signora S. nei mesi compresi fra febbraio giugno 2018 (e cioè un anno e più dopo il provvedimento del giudice del 7 marzo 2017 che autorizzava i coniugi a vivere separati -, nonché alla cessione di quote effettuate in favore della socia e della di lei figlia, in contiguità temporale con la separazione.
14.1. - La censura è inammissibile perché riguarda solo uno dei profili valorizzati dalla corte territoriale nella motivazione di riconoscimento dell’addebito.
14.2.- Gli accertati versamenti posti in essere dal C., benché successivi all’introduzione del giudizio di separazione, si riverberano, infatti, sull’osservanza da parte dello stesso dei permanenti doveri di mantenimento della famiglia, dal momento che il comportamento del coniuge a carico del quale è stata proposta una domanda di addebito per violazione dei doveri matrimoniali, compreso quello di assistenza economica, non può essere considerato irrilevante ove confermi comportamenti già manifestatisi prima del giudizio (vedi gli ingiustificati pagamenti delle vacanze della sig.ra S., avvenute nei medesimi luoghi di villeggiatura della famiglia del ricorrente).
15.- Con l’ottavo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 143 e 151 cod. civ., per avere la corte d'appello ritenuto concausa della pronuncia di addebito della separazione in capo al marito la condotta di aver lasciato la famiglia con scarsi mezzi di sostentamento e senza comunicare la propria residenza per un certo periodo.
15.1.- La censura è inammissibile.
15.2.- In tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (cfr. Cass. Sez. Un. 23745/2020). 15.3.- Ciò posto, nel caso di specie, il ricorrente non ha assolto al suddetto onere di specificazione, limitandosi a dedurre l’asserita erroneità della conclusione di merito formulata dalla corte d’appello, conclusione insindacabile nei termini formulati dal giudice di legittimità.
16.- Con il nono e decimo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione dell'art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ,. e degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 337 septies cod. civ. ed all'art. 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ., per avere la corte d'appello non applicato i principi giuridici in materia di mantenimento dei figli maggiorenni e avere fissato la revoca dell'assegno di mantenimento della figlia B. a far data dal dicembre 2019 anziché come richiesto dal padre dal maggio 2017 o da altro periodo successivo.
16.1.- Le censure sono inammissibili perché prive di specificità. 16.2.- Il ricorrente, infatti, non fa riferimento ad elementi circostanziati in relazione all’asserita stabile attività lavorativa che la figlia B. avrebbe svolto prima del dicembre 2019, data dalla quale la corte di merito sulla base dell’estratto conto Inps ha fatto decorrere la revoca del contributo di mantenimento. Il ricorrente si limita a censurare il mancato rilievo “ad un periodo di stabilità tra il mese di settembre 2018 e febbraio 2019 in cui B. percepiva circa 1000,00 euro al mese”, senza specificare quale attività e con quale contratto ciò sia avvenuto e pertanto non è possibile alla Corte fare alcuna verifica circa la dedotta falsa applicazione dei richiamati principi giurisprudenziali.
17.- Atteso l’esito sfavorevole di tutti i motivi, il ricorso va respinto e, in applicazione del principio di soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
18.- Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. Oscuramento dati personali in caso di diffusione dle presente provvedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003 art. 52.