Se viene accertata una perdita della capacità lavorativa, possono applicarsi le presunzioni intese a provare l'esistenza di un danno patrimoniale, determinato dall'impedimento dell'attività di lavoro domestico che la persona svolgeva anche a suo favore.
Svolgimento del processo
LC e LR, in proprio e quali legali rappresentanti delle figlie SR e MR, convenivano davanti al Tribunale di Crotone il Comune di Verzino, l'Azienda sanitaria locale n X di X e OC esponendo che LC era caduta su una via dell'ente convenuto per "avvallamenti e piccole ma profonde buche" sul manto stradale, tutto ciò risultando invisibile perché coperto da acqua piovana e fango; ricoverata all'Ospedale X la stessa subiva un intervento chirurgico e poi, per sopravvenuta ischemia, veniva trasportata in un centro specializzato subendone un altro;
adducendo la responsabilità del Comune per difetto di manutenzione e di vigilanza della strada e la responsabilità dell'Asl e del medico OC per il susseguente trattamento ospedaliero, gli attori chiedevano il risarcimento dei danni indicati come derivati sia dalla caduta sia da un preteso errore del sanitario, riferibile dunque anche alla struttura;
tutti i convenuti si costituivano, resistendo; la Asl e il medico chiamavano in garanzia le rispettive compagnie assicuratrici;
il Tribunale, con sentenza del 29 settembre 2008, condannava i convenuti a risarcire l'attrice nella misura di 830.121,08 euro oltre accessori, e i suoi congiunti nella misura di 69.136,94 euro oltre accessori ciascuno, attribuendo responsabilità per metà al Comune, per un quarto ciascuno all'Asl e al medico; condannava altresì la s.p.a. X Assicurazioni a tenere indenne il suo assicurato C ; rigettava invece la domanda dell'Asl nei confronti della sua compagnia assicuratrice, divenuta X Assicurazioni s.p.a.;
proponeva appello l'Asl e ulteriore appello il Comune; le due cause erano riunite; anche i CR proponevano appello incidentale;
la Corte d'appello, con senteAza non definitiva dell'11 giugno 2019, in parziale riforma, dichiarava cessata la materia del contendere tra i CR , da una parte, C e la sua assicurazione, dall'altra, per intervenuta transazione, e rigettava le domande dei CR nei confronti del Comune, ritenendo complessivamente assorbente l'incauta condotta della vittima; accoglieva l'appello incidentale quanto al condannare l'Asl a pagare ulteriori somme a titolo di spese mediche e accessorie; per il resto rigettava il gravame negando sussistesse prova del danno patrimoniale, preteso da LC a titolo di perdita della capacità lavorativa, essendo risultata solo la sua attività di mera casalinga in famiglia;
rimetteva infine la causa in ruolo;
i CR hanno presentato ricorso, articolato in cinque motivi e illustrato anche con memoria, da cui si è difeso con controricorso il Comune, anch'esso illustrato da memoria;
il processo è stato rinviato a questa Sezione dalla Sezione Sesta con ordinanza interlocutoria del 9 luglio 2021;
Rilevato che
il primo motivo denuncia erronea, illogica e contraddittoria motivazione in ordine a fatto discusso e decisivo, errore di applicazione dei principi relativi alla responsabilità ex art. 2043 cod. civ., violazione degli articoli 1227, primo comma, e 2043 cod. civ., e infine violazione, degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., poiché, in particolare, la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che le piccole ma estese buche lungo la strada erano del tutto invisibili e imprevedibili, essendo coperte da acqua mista a fango, secondo quanto univocamente risultato dall'istruttoria;
il secondo motivo denuncia erronea, illogica e contraddittoria motivazione relativamente a fatto discusso e decisivo, erronea applicazione dei principi di responsabilità ai sensi dell'articolo 2051 cod. civ., violazione degli articoli 1227, primo comma, e 2051 cod. civ., erronea applicazione dei principi in tema nesso di causalità, violazione degli articoli 115 e 116 cod. civ., malgoverno della prova, poiché, in particolare, la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la condotta della vittima deducente non era stata abnorme e come tale non poteva aver interrotto il nesso eziologico invece riferibile alla condotta anche colposa dell'ente locale che non aveva manutenuto la via;
il terzo motivo denuncia omessa ovvero insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su fatto discusso e decisivo, malgoverno della prova, violazione dell'articolo 1227, primo comma, cod. civ., poiché, in particolare, la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la condotta del danneggiato avrebbe al più potuto integrare un concorso causale e colposo;
il quarto motivo denuncia omessa ovvero insufficiente motivazione su fatto discusso e decisivo e malgoverno della prova, poiché, in particolare, la Corte di appello avrebbe errato mancando di ripartire, in coerenza con la consulenza la responsabilità, attribuendola al 78% all'Asl e al medico e al 22% all'ente locale;
il quinto motivo denuncia omessa ovvero insufficiente, erronea, illogica e contraddittoria motivazione su fatto discusso e decisivo, malgoverno della prova, violazione dell'articolo 1223, primo comma, cod. civ., poiché, in particolare, la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che dall'istruttoria era risultato che la deducente LC era divenuta completamente inabile al lavoro, aveva al contempo un diploma di scuola magistrale e dunque una potenzialità e prospettiva lavorativa specie tenuto conto della sua giovane età di 35 anni al momento dell'accaduto, e in ogni caso la sua svolta attività domestica era patrimonialmente quantificabile facendo riferimento al contratto collettivo delle "collaboratrici familiari" se non al criterio del triplo della pensione sociale per l'ipotesi di cenestesi lavorativa da maggior usura;
Motivi della decisione
primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
preliminarmente dev'essere rimarcato che nessun vincolo deriva dalla proposta formulata dal Consigliere relatore presso la Sesta Sezione Civile di questa Corte ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 380-bis, cod. proc. civ., "ratione temporis" applicabile, né, evidentemente, dall'ordinanza meramente interlocutoria di rinvio all'udienza pubblica di questa Sezione, depositata all'esito della relativa adunanza;
nel merito cassatorio vale ciò che segue;
la Corte territoriale, con giudizio di fatto di cui si chiede inammissibilmente la rinnovazione denunciando diffusamente il malgoverno delle prove non sindacabile in questa sede di legittimità, ha affermato che:
l'imprevedibilità per invisibilità delle buche, costituiva apprezzamento dei testimoni escussi, e non fatto in senso proprio;
- in ogni caso, era risultato che la strada percorsa era interamente coperta da acqua e fango, per ciò stesso «intransitabile normalmente» (pag. 15), ovvero non cautamente transitabile;
- la suddetta condizione è stata ritenuta - si ripete, con accertamento fattuale proprio del sindacato del giudice di merito - più che agevolmente percepibile «da chiunque», tanto da dover necessariamente «suscrtare in un pedone una normale attenzione e una ordinaria cautela idonee ad evitare l'infortunio» (pag. 18);
non ha alcuna incidenza logica, dunque, la circostanza per cui quel percorso fosse astrattamente transitabile a piedi, posto che andava razionalmente valutato il concreto stato dei luoghi;
secondo questa Corte (cfr., in tema di responsabilità ex art. 2051, cod. civ., Cass., 01/02/2018, n. 2482, Cass., Sez. U., 30/06/2022, n. 20943), quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa, gestita così come custodita, o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia stato concorso causale tra i due fattori, costituisce valutazione propria del giudice di merito da compiere proprio sul piano del nesso eziologico, sottendendo un bilanciamento con i doveri di precauzione e cautela;
anche tale valutazione, qualora motivatamente effettuata come avvenuto nel caso, non è quindi sindacabile in questa sede;
le censure in scrutinio, pertanto, pur formalmente esposte come ipotesi di violazioni "in iure", sottendono, e ripetutamente peraltro esplicitano, l'inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti e dell'istruttoria sugli stessi, mirando in questo modo a far affermare l'invece esclusa sussistenza del nesso causale;
il quarto motivo è in parte inammissibile, in parte infondato; la Corte territoriale ha statuito che, una volta esclusa la responsabilità del Comune, l'obbligazione risarcitoria residua (rispetto alla transazione intervenuta), su cui statuire, diveniva monosoggettiva, in capo all'azienda sanitaria;
la difesa ricorrente non si misura con questa ragione decisoria, chiedendo la rideterminazione della responsabilità in capo al medico e all'Asl, senza spiegarne il fondamento e il fine - posto che il primo ha transatto e della seconda è stata statuita la responsabilità senza riduzione del debito, a pag. 19 della decisione gravata- e, per altro verso, indicando che il riparto di responsabilità ipotizzato dalla disposta consulenza medico legale avrebbe dovuto imporre anche una differente conclusione in ordine alla responsabilità dell'ente locale;
si tratta di un'affermazione, quest'ultima, che illogicamente attribuisce inesistenti vincoli istruttori in capo al giudice;
va specificato, quanto alla prima richiesta, che il riparto affermato dal Tribunale, 50% di responsabilità in capo al Comune, 25% in capo al medico e 25% in capo all'Asl, era espressamente ed è il riparto interno di una responsabilità solidale, sicché esso come tale non incide sulla posizione degli originari attori;
né si discute degli effetti della transazione bensì solo di quelli delle risultanze della richiamata perizia;
al contempo, e comunque, non risultano né un omesso esame di fatti decisivi e discussi, né carenze motivazionali;
il quinto motivo è fondato nei limiti di cui si sta per dire; questa Corte (nel precedente richiamato a pag. 44 del ricorso: Cass., 19/07/2018, n. 19197, a pag. 8), ha chiarito che:
«se viene accertata una "perdita o diminuzione della capacità lavorativa (generica)", possono applicarsi -avuto riguardo al grado percentuale di invalidità permanente accertato in sede medico legale- le presunzioni intese a provare la esistenza di un "danno patrimoniale" -emergente e da lucro cessante- (cfr. Cass., 13/07/2010, n. 16392; Cass., 05/12/2014, n. 25726) determinato dall'impedimento o dalla riduzione dell'attività di lavoro domestico che il soggetto svolgeva -anche- a suo favore (se invece il lavoro domestico era svolto a titolo gratuito o in adempimento dei doveri di solidarietà familiare, a vantaggio di soggetti terzi, i dànneggiati sono esclusivamente questi ultimi: Cass. 03/03/2005, n. 4657), trattandosi di attività suscettiva di valutazione economica (Cass., 09/02/2005, n. 2639; Cass., 18/11/201'4, n. 24471), che trova fondamento negli artt. 4, 36 e 37 Cast. (cfr. Cass., 11/12/2000, n. 15580; Cass., 20/10/2005, n. 20324), e che potrà ricevere adeguato ristoro attraverso il criterio di liquidazione equitativa del danno, tenuto conto dei parametri forniti dal calcolo del reddito figurativo desunto dal contratto collettivo delle COLF (contratto collettivo di lavoro) ovvero del criterio legale del triplo della pensione sociale»;
ora, con la censura in scrutinio si prospetta sul punto un danno alla stessa LC (v. la formulazione della censura, e specie a pag. 44, primo capoverso), e infatti si conclude in tal senso per l'ipotesi di decisione nel merito di questa Corte (pag. 46);
e ciò rimanendo affermato ed essendo risultato, pacificamente, lo svolgimento dell'attività nella propria famiglia;
dunque, il motivo è fondato, fermo che il giudice del rinvio dovrà verificare la quota di danno riferibile alla medesima persona che svolgeva, anche a suo favore, la descritta attività, esclusa la quota di pregiudizio riferibile ai diversi componenti della famiglia;
quanto invece al diploma d1 scuola magistrale, cui la Corte territoriale non parla, non si indica neppure quando specificatamente prodotto e dove specificatamente rinvenibile per poterne verificare il contenuto (pag. 41), in aperta violazione dell'art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
peraltro, il profilo viene correlato a un danno da perdita di "chance" che non si dimostra se e come specificatamente domandato per tempo nelle fasi di merito come necessario non essendo possibile, nel giudizio cassatorio a critica vincolata, introdurre né domande nuove né temi nuovi cui siano correlati accertamenti in fatto (cfr., Cass., 13/12/2019, n. 32804);
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso, accoglie come in motivazione il quinto, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.