Nel caso di specie vi era stata una pronuncia di reintegra per via della dichiarazione di inefficacia del licenziamento, ma il rapporto di lavoro non era mai stato ristabilito perché il lavoratore, già prima della sentenza dichiarativa, aveva avviato un'altra attività di lavoro.
La Corte d'Appello di Milano rigettava il gravame proposto dalla società attuale ricorrente, confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato applicabile il regime sanzionatorio dell'evasione in relazione ad un avviso di addebito da parte dell'INPS.
Nello specifico, i Giudici avevano rilevato che i contributi erano dovuti in ragione di una pronuncia...
Svolgimento del processo
1. il Tribunale di Monza accoglieva parzialmente il ricorso in opposizione ad avviso di addebito, promosso dalla società in epigrafe, dichiarando non dovuta la somma di euro 3112,00; per il resto, giudicava applicabile il regime sanzionatorio dell’evasione;
2. la Corte di appello Milano, rigettato il gravame dell’odierna ricorrente, ha confermato la decisione di primo grado;
3. in discussione solo il regime sanzionatorio applicabile all’omissione contributiva accertata, la Corte di appello, a fondamento del decisum, ha richiamato la pronuncia della Corte, a sez.un., nr. 19665 del 2014. Ha osservato che, nella specie, i contributi erano dovuti in ragione di una pronuncia dichiarativa di inefficacia del licenziamento; a rigore, il regime sanzionatorio applicabile era quello dell’omissione di cui all’art. 116, comma 2, lett. a), legge nr. 388 del 2000. Tuttavia, poiché, nella specie, dopo l’ordine di reintegrazione, la società non aveva provveduto all’effettivo e tempestivo pagamento dei contributi riferiti al periodo dell’estromissione dal lavoro, le sanzioni applicabili erano quelle proprie del regime dell’«evasione»;
4. avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione la società N. E. S.r.l. con socio unico, con un motivo;
5. ha resistito l’INPS, con controricorso;
6. all’adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art. 380 bis 1, comma 2, cod.proc.civ.).
Motivi della decisione
7. con l’unico motivo di ricorso -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 116, comma 8, della legge nr. 388 del 2000, per avere la Corte di merito applicato il regime sanzionatorio dell’evasione e non quello dell’omissione, nonostante la reintegrazione del lavoratore, quale effetto della pronuncia dichiarativa di inefficacia del licenziamento, non avesse avuto esecuzione, perché il dipendente, nelle more del giudizio, aveva iniziato un altro rapporto di lavoro e, all’esito della pronuncia favorevole sul licenziamento, si era avvalso della facoltà di richiedere l’indennità sostitutiva della reintegrazione;
8. il motivo è fondato;
9. nel caso di specie, il periodo di riferimento dell'omissione contributiva - e pertanto anche delle sanzioni civili la cui debenza è controversa tra le parti – va dal 9 luglio 2004 (ossia dalla data del licenziamento) al 17 marzo 2008 (data in cui è pacifico che il lavoratore ha avviato altro rapporto di lavoro). La sentenza che ha disposto la reintegrazione è del 28 ottobre 2008;
10. la fattispecie in esame va regolata alla luce dei principi espressi nella sentenza nr. 19665 del 2014, pronunciata dalla Corte a sezioni unite (principi successivamente confermati: v., tra le altre, Cass. nr. 4211 del 2018), ma conduce a risultati diversi da quelli indicati dalla Corte di appello che è, dunque, incorsa nel denunciato errore di diritto;
11. le sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza nr. 19665 cit., nel comporre il contrasto giurisprudenziale che si era formato sui contenuti dell’obbligazione contributiva a seguito di pronuncia di reintegra, ha chiarito che in tema di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento, secondo la normativa ratione temporis applicabile, occorre distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e l'annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva: nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che ricostruire la posizione contributiva del lavoratore «ora per allora», deve pagare le sanzioni civili per omissione ai sensi della legge 23 dicembre 2000, nr. 388, ex art. 116, comma 8, lett. a); nel secondo caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, fermo restando che «per il periodo successivo all'ordine di reintegra, sussiste l'obbligo di versare i contributi periodici, sicché riprende vigore la disciplina ordinaria dell'omissione e dell'evasione contributiva»;
12. nel nostro caso, come innanzi evidenziato, vi è stata una pronunzia di reintegra in conseguenza della dichiarazione di inefficacia del licenziamento intimato; tuttavia, il rapporto di lavoro non si è mai ristabilito, perché il lavoratore, prima ancora della sentenza dichiarativa, ha avviato un’altra attività lavorativa;
13. i contributi omessi, dunque, si riferiscono tutti al periodo di estromissione compreso tra il recesso e la pronuncia di reintegra e, pertanto, il regime sanzionatorio applicabile è -e resta- quello dell’omissione;
14. contrariamente a quanto affermato nell'impugnata decisione, il ritardo nel pagamento dei contributi ha prodotto conseguenze in termini di interessi di mora ma non ha modificato, per il resto, il credito dell’INPS che è comprensivo degli arretrati contributivi per il periodo 9 luglio 2004/17 marzo 2008 e delle sanzioni, da determinarsi ai sensi dell’art. 116, comma 8, lett. a) della legge nr. 388 del 2000;
15. il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà in merito alla esatta determinazione delle sanzioni da applicare nel caso concreto;
16. al giudice del rinvio è demandata, altresì, la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.