Dopo l'entrata in vigore della riforma Cartabia che ha modificato il regime di procedibilità del reato, non essendo stato previsto un formale avviso alla persona offesa sulla necessità di presentare querela, in sua assenza si impone la declaratoria di improcedibilità del ricorso.
La Corte d'Appello di Roma, nelle vesti di Giudice del rinvio, riformava parzialmente la sentenza del Tribunale condannando l'imputato per il reato di cui agli
Svolgimento del processo
1. Con sentenza emessa in data 30 settembre 2022 la Corte di appello di Roma, quale giudice di rinvio, parzialmente riformando la sentenza emessa in data 07 gennaio 2015 dal Tribunale di Roma, ha condannato P. C. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ,ed euro 600,00 di multa per il reato di cui agli artt. 624, 625, comma 1, n. 2, cod.pen., così riqualificato il reato contestato come violazione dell'art. 648 cod.pen., per essersi impossessato di un'auto e di beni vari, sottraendoli dall'interno di un box della vittima.
Il Tribunale di Roma, con la sentenza sopra indicata, aveva condannato il C. alla pena di un anno e otto mesi dii reclusione ed euro 900 di multa, riqualificando il reato contestato come violazione degli artt. 624-bis e 625, comma 1, n. 2, cod.pen. La Corte di appello di Roma, con sentenza emessa in data 20 giugno 2019, aveva confermato la sentenza di primo grado. La Corte di cassazione aveva annullato con rinvio quest'ultima decisione, ritenendo non adeguatamente motivata la sussistenza del delitto di cui all'art. 624-bis cod.pen.
Il giudice di rinvio ha ritenuto che il reato fosse qualificabile come un furto semplice, aggravato dalla violenza sulle cose, non emergendo elementi che consentissero di qualificare il box, ove si trovavano tutti i beni asportati, come un luogo di privata dimora, in quanto distante dall'abitazione del derubato e separato da essa. Ha invece confermato la sussistenza dell'aggravante, essendosi accertata l'effrazione dei lucchetti di chiusura del locale, peraltro elidendola con le già concesse attenuanti generiche equivalenti.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione P. C., per mezzo del proprio difensore avv. M. B., articolando un unico motivo, con il quale censura la erronea applicazione della legge in relazione all'art. 69, comma 3, cod.pen., con violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen.
La sentenza è viziata perché i giudici hanno ritenuto elisa l'aggravante per mezzo del suo bilanciamento con le attenuanti generiche, in regime di equivalenza, ma hanno irrogato la pena pecuniaria nella misura di 600 euro, abnorme in quanto superiore al massimo edittale previsto per l'art. 624 cod.pen., che è pari ad euro 516 cod.pen.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio.
4. Il ricorrente ha inviato conclusioni scritte, con le quali chiede l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato. L'abnormità della pena pecuniaria irrogata emerge con evidenza, avendola i giudici irrogata in misura superiore al massimo edittale stabilito per il reato di furto non aggravato, e dovendo la pena essere mantenuta nei limiti edittali di questa fattispecie, essendo stata l'aggravante bilanciata, in regime di equivalenza, con le attenuanti generiche.
2. La non infondatezza del ricorso impone di valutare l'applicabilità al reato, qualificato come nella sentenza impugnata, definitiva sul punto, del regime di procedibilità introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Questa norma, all'art. 2, comma 1, lett. i), ha stabilito, infatti, la procedibilità a querela del reato di furto, anche se aggravato ai sensi dell'art. 625 cod.pen., con l'esclusione delle sole ipotesi di reato aggravato dall'art. 625, comma 1, n. 7, cod.pen. (in parte) o commesso in danno di persona incapace.
Questa Corte ha recentemente affermato che «Nel giudizio di legittimità, l'inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilità dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sicché non è necessario attendere il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigo1-e del citato d.lgs. per l'eventuale esercizio dell'istanza punitiva (Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, Rv.284155; conforme Sez, 5. n. 5223 del 17/01/2023).
Il presente ricorso, però, è ammissibile, e pertanto deve affermarsi la necessità di verificare la sussistenza della querela per dichiarare la perseguibilità del reato ritenuto sussistente.
3. Dal controllo degli atti contenuti nel fascicolo, consentito a questa Corte per risolvere questioni di natura processuale, è emerso che la persona offesa non ha mai, in precedenza, presentato querela, avendo sporto solo una formale denuncia, nella quale non è evidenziata la volontà di punizione del colpevole, né ha dimostrato tale volontà di punizione costituendosi parte civile (cfr. Sez. 3, n. 19971 del09/01/2023, Rv. 284616).
3.1. L'art. 85 d.lgs. n. 150/2022, contenente le disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità, ha stabilito che «Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine di presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato». Qualora per il reato divenuto procedibile a querela sia stata applicata ad un soggetto una misura cautelare, il termine diventa ancora più breve, essendo limitato a venti giorni, ma, in tal caso, il secondo comma dell'art. 85 cit. stabilisce che «l'autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa».
Il legislatore non ha, quindi, previsto alcun onere di avviso alla persona offesa del mutato regime di procedibilità del reato di cui è vittima, al fine di consentirle di valutare se presentare querela o meno, ed ha stabilito un termine per la sua presentazione legato esclusivamente all'entrata in vigore della nuova normativa. Il diverso onere attribuito all'autorità giudiziaria, nel caso che vi sia un indagato o imputato sottoposto a misura cautelare, dimostra che la disposizione di cui al primo comma dell'art. 85 legge cit. è stata determinata da una precisa volontà di semplificazione delle procedure. Non è previsto neppure un onere, a carico dell'autorità giudiziaria, di informarsi, presso gli organi di procura o gli uffici di polizia giudiziaria, in merito alla eventuale, sopravvenuta presentazione di querela nel termine sopra indicato.
3.2. Deve quindi dettarsi il seguente principio di diritto: «Il decorso del termine di novanta giorni dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 senza che l'autorità giudiziaria procedente riceva la prova dell'avvenuta presentazione di querela, a seguito della modifica del regime di procedibilità del reato introdotta dalla predetta normativa, impone la immediata pronuncia della declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela, non essendo previsto un formale avviso alla persona offesa della necessità della sua presentazione».
3.4. Non è un dovere dell'Autorità giudiziaria neppure di disporre ricerche circa l'esistenza di una querela o di sollecitarne l'acquisizione, e tanto meno di disporre l'assunzione di informazioni presso la persona offesa, in merito alla volontà punitiva eventualmente manifestata.
Nel presente procedimento la Corte ha comunque chiesto informazioni circa l'avvenuta o meno presentazione di querela da parte della persona offesa, che era già precedentemente informata del reato, ed i Carabinieri hanno fatto pervenire una querela, sporta però da quest'ultima solo in data 06 giugno 2023. La manifestazione della volontà punitiva è quindi tardiva, perché espressa ben oltre il termine stabilito dall'art. 85, comma 1., d.lgs. n. 150/2022.
Il reato contestato, qualificato come violazione degli artt. 624, 625 comma 1, n. 2, cod.pen., deve quindi essere dichiarato improcedibile per la mancanza di tempestiva querela. Trattandosi di una dichiarazione che deve effettuata immediatamente, in ogni stato e grado del processo, ai sensi dell'art. 129 cod.proc.pen., essa deve essere emessa da questa Corte, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, come previsto dall'art 620, comma 1, lett. a) cod.proc.pen.
4. La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per mancanza di querela.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per mancanza di querela.