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24 luglio 2023
Illegittimo il diniego della cittadinanza italiana basato su notizie di reato risalenti nel tempo che non hanno avuto alcun seguito

Nel caso di specie, il cittadino albanese che aveva richiesto la cittadinanza italiana affermava di non essere venuto prima a conoscenza delle comunicazioni di notizie di reato a suo carico, in quanto non era mai stata esercitata l'azione penale nei suoi confronti. Egli, quindi, era a tutti gli effetti incensurato.

La Redazione

La vicenda trae origine dalla richiesta avanzata da un cittadino albanese residente da anni in Italia di annullare la sentenza con la quale il TAR Lazio aveva respinto il suo ricorso contro il diniego della sua istanza volta a ottenere la concessione della cittadinanza italiana. Nello specifico, alla base della decisione vi erano le vicende penali nelle quali era stato coinvolto il richiedente, che secondo il TAR rappresentavano un indice di inaffidabilità del medesimo, oltre che di una non compiuta interazione nella comunità nazionale, condotte che risalivano al decennio anteriore alla data di presentazione della domanda.
Il cittadino albanese impugna la decisione del TAR Lazio lamentando l'illegittimità del provvedimento, sostenendo che si trattava di alcune comunicazioni di notizie di reato in relazione a ipotesi di falso e ricettazione delle quali egli era venuto a conoscenza solo al momento del rigetto della sua domanda di cittadinanza, non essendo mai stata esercitata l'azione penale nei suoi confronti, al che egli risultava a tutti gli effetti incensurato e senza procedimenti penali pendenti a suo carico. Inoltre, egli afferma di essere residente in Italia da ben 25 anni, di convivere con moglie e figli e di avere sempre svolto regolare attività lavorativa, possedendo tutti i requisiti per beneficiare della concessione della cittadinanza italiana.

Con la sentenza n. 6791 dell'11 luglio 2023, il Consiglio di Stato dichiara l'appello fondato, rilevando come dagli atti risultasse proprio quanto affermato dal ricorrente. Quest'ultimo, infatti, non aveva mai ricevuto alcuna informazione o notificazione circa le notizie di reato, non essendo stata esercitata alcuna azione penale nei suoi confronti.
In ossequio alla più recente giurisprudenza sul tema, il Collegio ribadisce che quando il diniego si basi esclusivamente su fatti risalenti nel tempo non seguiti da alcuno sviluppo in sede penale, è necessario che l'eventuale diniego sia supportato da maggiore approfondimento istruttorio e da un più ampio corredo motivazionale, non essendo sufficiente il mero richiamo a segnalazioni, rapporti o denunce a carico dell'istante, soprattutto quando esse non siano recenti e non siano state accompagnate da una verifica sullo stato attuale.
Ciò è quanto non accaduto nel caso di specie, ove il provvedimento impugnato si è limitato a richiamare in modo non completo il quadro giurisprudenziale di riferimento ponendo l'accento solo sull'ampiezza della discrezionalità amministrativa e sui connessi “limiti” al sindacato in sede giurisdizionale, meritando di essere quindi riformato.
L'appello pertanto viene accolto con conseguente annullamento del diniego impugnato.