Svolgimento del processo
1. A. R., a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Milano, in data 14 luglio 2022, ha confermato la sentenza emessa, in data 9 dicembre 2020, dal Tribunale di Busto Arsizio che l'ha condannata alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 800,00 di multa in relazione al reato continuato di tentata rapina aggravata e furto aggravato.
2. La ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'affermazione di penale responsabilità per il delitto di tentata rapina.
I giudici di merito, con percorso argomentativo contraddittorio e illogico, avrebbero ritenuto la penale responsabilità della R. esclusivamente «sulla base di elementi di mera somiglianza degli accadimenti di cui ai capi di imputazione quali il genere femminile dell'autore dei reati e l'essere salita sull'auto quando la persona offesa era fuori dall'abitacolo» (pag. 3 del ricorso), senza tenere conto del fatto che la persona offesa A. B. non ha riconosciuto con certezza l'imputata, limitandosi a notare una somiglianza con la donna che si è impossessata della sua autovettura.
3. La ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell'art. 61, n. 5 cod. pen. e carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante della minorata difesa in relazione al reato di cui al capo B).
I giudici di appello si sono limitati a desumere la minorata difesa dalla circostanza che la persona offesa aveva 76 anni all'epoca dei fatti, senza tenere in considerazione che il V. era abile alla guida, che nessun contatto vi è stato tra imputata e persona offesa e che «il fattore età nulla ha inciso sulle modalità dell'agito» (pag. 3 del ricorso).
4. Il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nell'accoglimento dei motivi di ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è dedotto per motivi articolati esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità nonché reiterativo di medesime censure già espresse in sede di appello ed affrontate dalla Corte territoriale, attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze probatorie, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità.
Deve premettersi che la sentenza di appello oggetto di ricorso e quella di primo grado sono, quanto alle statuizioni oggetto dell'odierno ricorso, conformi, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale ed essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza di appello a quella del Tribunale, sia l'ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595, Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, Capozio, Rv. 280654 - 01).
1.1. Le doglianze formulate dal ricorrente sono dirette a contestare, nella sostanza, la ricostruzione del fatto e la valutazione delle prove operata dalla Corte di merito in termini sovrapponibili a quelli effettuati nella sentenza di primo grado; ciò senza considerare che, non appartengono al controllo di legittimità della motivazione, la rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata, il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione dei fatti e valutazione delle prove, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, essendo invece tale controllo circoscritto alla verifica che il provvedimento impugnato contenga l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo sorreggono, che il discorso giustificativo sia effettivo ed idoneo a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata e, infine, che nella motivazione non siano riscontrabili contraddizioni, né illogicità evidenti (vedi Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623-01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, Perelli, dep. 2021, Rv. 280601 - 01).
1.2. I giudici di merito, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, hanno indicato gli elementi gravemente indiziari (realizzazione della rapina e del furto a breve distanza spazio-temporale, indicazione delle medesime caratteristiche fisiche da parte delle persone offese A. B. e P. V. e conseguente riconoscimento della R. come autrice dei reati) idonei a dimostrare la penale responsabilità della ricorrente (vedi pagg. 2 e 3 della sentenza di primo grado e pag. 4 della sentenza impugnata).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Il ricorrente, senza confrontarsi con quanto motivato dai giudici di appello al fine di confutare le censure difensive, si è limitato a reiterare le medesime doglianze asseritamente pretermesse, chiedendo a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con le emergenze determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo.
2. Il secondo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono.
2.1. Sull'aggravante della minorata difesa si sono di recente pronunciate le Sezioni unite di questa Corte (n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095- 02) che, risolvendo il contrasto delineatosi nella giurisprudenza di legittimità, hanno non solo affermato come, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante prevista dall'art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente abbia profittato, debbano tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso. Nella predetta sentenza è stato specificamente determinato il metodo di accertamento, che si declina attraverso tre verifiche, riguardanti: a) l'esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di "ostacolo alla pubblica o privata difesa"; b) la produzione in concreto dell'effetto di "ostacolo alla pubblica o privata difesa" che ne sia effettivamente derivato; c) il fatto che l'agente ne abbia concretamente "profittato" (avendone, quindi, consapevolezza).
Le Sezioni unite hanno, peraltro, analiticamente affrontato il profilo di minorata difesa correlato alle condizioni relative all'età della persona offesa, sulle quali si era parimenti registrato un contrasto interpretativo, ripudiando anche al riguardo ogni automatismo e presunzione e postulando, pertanto, il medesimo metodo di verifica. Solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa, sia pubblica che privata, è idoneo ad assicurare la coerenza dell'applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo, ossia, come si è visto, con il maggior disvalore della condotta derivante dalla «possibilità di facilitazione dell'azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l'azione verrà a svolgersi»; maggior disvalore, a sua volta, necessario a dar conto della concreta, maggiore offensività che giustifica, nel singolo caso, l'aggravamento sanzionatorio comminato dall'art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen.
Deve essere, pertanto, qui ribadito come la commissione del reato in danno di soggetto di età superiore ai 65 anni è idonea ad integrare la circostanza aggravante della cosiddetta "minorata difesa", esclusivamente se la pubblica o privata difesa siano rimaste in concreto ostacolate e allo stesso tempo non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto ((Sez. 2, n. 47186 del 22/10/2019, Rv. 277780 - 01; Sez. 2, n. 16017 del 14/03/2023, Leone, Rv. 284523 - 01).
2.2. La sentenza impugnata non ha fatto buon governo degli enunciati principi, Le ricordate verifiche sono del tutto mancate nella motivazione della Corte di merito.
I giudici di appello, ignorando le specifiche doglianze difensive, si sono limitati ad affermare in modo apodittico che «la persona offesa aveva 76 anni e, quindi per quanto potesse essere in buone condizioni fisiche, la capacità di reazione e difesa non era ottimale né nella media» (pag. 5 della sentenza impugnata), rendendo, pertanto, una motivazione sulla configurabilità dell'art. 61 n. 5 cod. pen. che, oltre ad essere meramente apparente, non ha tenuto conto dei criteri enucleati nella pronuncia delle Sezioni Unite.
In replica alle deduzioni svolte con l'appello, con le quali si segnalava la necessità di accertamento in concreto della condizione anagrafica della vittima in termini di effettivo ostacolo della difesa, la Corte territoriale ha rassegnato un'argomentazione che, nel valorizzare il solo dato estrinseco del profilo anagrafico della vittima, ha finito per privilegiare il dato meramente presuntivo correlato al deficit reattivo connesso, di regola, all'avanzare dell'età, senza esplorare gli ulteriori piani d'indagine della verifica del se la predetta condizione abbia in concreto ostacolato la pubblica o privata difesa e se non ricorressero, invece, circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto con conseguente riconoscibilità del dedotto vizio di motivazione.
2.3. Stante la fondatezza del secondo motivo di ricorso deve prendersi atto della mancata presentazione della querela, oggi necessaria alla luce della c.d. riforma Cartabia. Infatti, l'art. 2, comma 1 lett. i), d. lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, la cui efficacia è stata differita al 30 dicembre 2022 dal d.l. 31 ottobre 2022 n. 162, stabilisce che all'articolo 624 del codice penale, il terzo comma è sostituito dal seguente: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d'ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all'articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis)».
Dunque, il reato di furto di cui all'art. 624 cod. pen. aggravato dalle circostanze di cui all'art. 625 cod. pen. (con alcune limitate eccezioni non ravvisabili nel caso di specie) è divenuto perseguibile a querela. Il nuovo regime di procedibilità a querela trova applicazione, a partire dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150, ma anche retroattivamente con i temperamenti dettati dall'art. 85, comma 1, in tema di disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità, secondo cui: "per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato".
2.4. Nel caso di specie il termine per il deposito della querela (tre mesi dal 30 dicembre 2022) è spirato e la querela non è stata presentata da parte della persona offesa P. V..
Alla luce di quanto osservato la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo b) perché il delitto di furto è improcedibile per sopravvenuto difetto di querela a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 150/2022 con conseguente elisione del relativo aumento di pena a titolo di continuazione.
2.5. In base all'art. 620, cod. proc. pen., tenuto conto dei criteri indicati nelle sentenze di merito, è possibile procedere direttamente ad eliminare il relativo aumento di pena in continuazione nella misura di giorni 26 di reclusione ed euro 37 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b) perché il reato è improcedibile per sopravvenuto difetto di querela ed elimina il relativo aumento di pena in continuazione nella misura di giorni 26 di reclusione ed euro 37 di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.