
Per la Cassazione, la prova del dolo specifico dei reati tributari in capo all'amministratore di diritto di una società, che funge da mero prestanome, «può essere desunta dal complesso dei rapporti tra questi e l'amministratore di fatto, nell'ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell'attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità».
La Corte d'Appello di Milano confermava la pronuncia di primo grado avente ad oggetto la condanna dell'imputata per il reato
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 28 giugno 2021, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza pronunciata il 28 giugno 2021 - a seguito di giudizio abbreviato - dal Tribunale di Milano con la quale MS è stata ritenuta responsabile del reato di cui all'art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 perché, quale amministratore unico della « X s.c.a.r.1.», al fine di evadere le imposte sul valore aggiunto, aveva omesso la presentazione 1jella dichiarazione IVA per l'anno di imposta 2014.
La sentenza della Corte di appello di Milano è stata annullata dalla Terza sezione penale di questa Corte di cassazione con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della medesima Corte di appello. La sentenza di annullamento
(n. 24398/22 dell'll febbraio 2022) ha accolto il primo motivo di ricorso col quale la difesa lamentava la mancata considerazione da parte dei giudici di merito dell'incidenza, sulla vicenda in considerazione, di altra sentenza irrevocabile, prodotta ritualmente, che aveva assolto la S dal reato di cui all'art. 10 quater d.lgs. 74/2000 del quale era imputata quale amministratrice della medesima società. Da questa sentenza emergeva, Infatti, che la S aveva svolto il ruolo di mera "testa di legno" ed era rimasta estranea alla concreta gestione della « X s.c.a.r. I.». Sulla scorta di tali osservazioni, l'imputata era stata assolta dall'imputazione ascrittale per la ritenuta insussistenza dell'elemento psicologico del reato. La sentenza rescindente ha sottolineato che, nell'escludere la rilevanza ai fini della decisione di quanto accertato con la sentenza irrevocabile di assoluzione, la Corte di appello a eva argomentato con riferimento alla diversità tra la fattispecie di reato prevista dal citato art. 10 quater e quella prevista dall'art. 5 d.lgs. 74/2000 e ha osservato che, pur tenendo conto della diversità delle d!-'e fattispecie incriminatrici, alla luce di quanto emer;o dalla sentenza irrevocabile di assoluzione acquisita agli atti, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se..la posizione della rappresentante legale fosse «connotata o meno da c0mpleta estraneità e impossibilità di incidere rispetto alla gestione societaria». In particola e, secondo la sentenza di annullamento, il giudice di rinvio doveva colmare il vizio di motivazione rappresentato dalla mancata analisi dei dati e ergenti dalla sentenza di assoluzione acquisita ai sensi dell'art. 238 bis cod. proc. pen. utilizzabile, non soltanto in relazione al fatto storico dell'intervenuta condanna o assoluzione, ma anche ai fini della prova dei fatti in essa accertati.
Con sentenza del 9 novembre 2022, decidendo quale giudice di rinvio, la Corte di appello di Milano ha confermato fa sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 28 febbraio 2020. Ha sostenuto che nel presente procedimento la S è imputata per l'omessa presentazione della dichiarazione IVA; che gli amministratori di diritto, quando operano come prestanome di amministratori di fatto, possono essere chiamati a rispondere dei reati tributari commessi da questi ultimi ai sensi degli artt. 40, comma 2, cod. pen. e 2932 cod. civ. ove sia ritenuto sussistente il dolo del reato anche nella forma del dolo eventuale. La Corte di appello dà atto che, alla luce di quanto accertato nella sentenza irrevocabile di assoluzione dal reato di cui all'art. 10 quater d.lgs. n. 74/2000 la S rimase estranea alla concreta gestione della società, sostiene, però, che questo non esclude il dolo del reato per cui si procede perché questo reato non si riferisce ad una attività «tipicamente gestoria» bensì all'omessa presentazione della dichiarazione annuale d'imposta: adempimento strettamente connesso alla titolarità della carica. Secondo i giudici di rinvio, le argomentazioni sulla base delle quali l'imputata è stata assolta dall'accusa di aver omesso il versamento di ritenute utilizzando in compensazione un credito Irap inesistente «non incidono sulla validità delle argomentazioni che hanno portato il Tribunale a ritenere dimostrata la responsabilltà dell'imputata in ordine al reato qui ascrittole, che sussiste Indipendentemente dalla prova della consapevolezza delle criticità gestionali della società» (pag. 6 della motivazione).
La Corte territoriale ha confermato la decisione del Tribunale anche con riferimento al trattamento sanzionatorio escludendo la possibilità di applicare la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. e l'esistenza di ragioni che giustificassero l'applicazione delle attenuanti generiche. È stata dunque confermata la pena (condizionalmente sospesa) inflitta in primo grado, determinata nella misura di mesi otto di reclusione.
2. Per mezzo del proprio difensore, MS ha proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Milano del 9 novembre 2022. Il ricorso si articola in due motivi, che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall'art. 173, comma 1, D.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
2.1. Col primo motivo, il difensore lamenta violazione dell'a1rt. 627, comma 3, co<i:I. proc. pen. Sostiene che il giudice dì rinvio non si sarebbe uniformato at pr;incipio di diritto enunciato dalla sentenza dì annullamento avendo affermato la Renale responsabilità dell'imputata in assenza di elementi fattuali convergenti, atti a comprovare che ella fosse consapevole delle criticità gestionali della società e avesse svolto un ruolo attivo in ambito societario. Sottolinea che (come accertato dalla sentenza definitiva di assoluzione dal reato di cui all'art. 10 quater d.lgs. n. 64/2000) la società cooperativa della quale la s era amministratrice faceva riferimento, insieme ad altre cooperative, ad un unico Consorzio e ad un unico commercialista che svolgeva il ruolo di amministratore di fatto. La difesa osserva che, in tale situazione, il giudice di rinvio avrebbe dovuto spiegare (e non lo ha fatto) perché la S avrebbe dovuto prevedere che lé1 dichiarazione IVA relativa all'anno di imposta 2014 non sarebbe stata presentata e perché avrebbe dovuto essere consapevole che tale omissione era finalizzata all'evasione dell'imposta dovuta. Secondo il difensore, la sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto che la s non aveva partecipato in alcun modo alla vita e alla gestione della società, ha illogicamente ritenuto che ella avr,2bbe concorso nel reato commesso dall'amministratore di fatto per omesso impedimento dell'evento. A questo proposito, la difesa sottolinea che la Corte di appello ha attribuito all'imputata di non aver vigilato sull'attività dell'amministrè1tore, ma non ha spiegato perché tale omissione sarebbe frutto di volontà fraudolenta e non ascrivibile e mera negligenza, imprudenza o imperizia.
2.2. Col secondo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione per la mancata applicazione delle attenuanti generiche delle quali la s sarebbe stata comunque meritevole in rag·one della giovane età, della modestissima scolarizzazione, delle problematiche psicologiche: da cui è affetta e della - comunque modesta - intensità del dolo che, in ipotesi accusatoria, l'avrebbe determinata a non attivarsi per impedire l'evento.
Motivi della decisione
1. il primo motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento. Il secondo è
assorbito.
2. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, quando procede ad annullamento con rinvio fa Cassazione risolve una questione di diritto anche se giudica inadempiuto l'obbligo della motivazione su un punto della decisione. In questi casi il giudice di rinvio resta libero di determinare li proprio convincimento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto relativa al punto annullato e ha gli stessi poteri dei quali era titolar,2 il giudice il cui provvedimento è stato annullato. È tenuto, però, a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento. Ne consegue che il giudice di rinvio può essere vincolato al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, che la sentenza di annullamento abbia ritenuto di determinante rilevanza ai fini della decisione; oppure essere tenuto all'esame, non effettuato in precedenza, di specifiche istanze difensive, incidenti sul giudizio conclusivo (cfr., fra le tante: Sez. 5, n. 7567 del 24/09/2012, dep. 2013, Scavetto, Rv. 254830; Sez. 2, n. 45863 del 24/09/2019, Marrini, Rv. 277999; Sez. 1, n. 12690 del 03/12/2019, dep. 2020, Belcastro, v. 278703).
Muovendo da queste premesse, appare evidente che gli spazi di valutazione spettanti al giudice in sede di rinvio, sono inversamente proporzionali alla specificità dei princìpi di diritto e delle ulteriori statuizioni rasse1 nati dal giudice di legittimità con la sentenza di annullamento. Nel caso di specie, la sentenza rescindente ha ritenuto carente la motivazione della sentenza della Corte di appello di Milano del 28 giugno 2021 perché ha ritenuto che la Corte territoriale non avesse valutato la sussistenza dell'elemento psicologico del reato di cui all'art. s d.lgs. n. 74/2000 alla luce di quanto emerso da una sentenza irrevocabile, ritualmente prodotta (n. 4987 del 4 dicembre 2020 della Corte di appello di Milano), dalla quale emergeva che, pur essendo amministratore unico della : X
s.c.a.r.l.», la S non aveva svolto alcun ruolo attivo nella società e non aveva preso parte alla sua gestione. In particolare, la sentenza di annullamento ha sottolineato che, in tale situazione (e fata salva l'ipotesi in cui dagli atti utilizzabili al fini della decisione fossero emersi elementi diversi) !'obiettiva differenza esistente tra la fattispecie incriminatrice prevista dall'art. 10 quater e quella prevista dall'art. 5 del d.lgs. n. 74/2000 non poteva essere considerata argomento sufficiente per ritenere sussistente il dolo del reato sicché il giudice di rinvio avrebbe dovuto fornire adeguata motivazione sul punto.
3. La motivazione fornita dal a sentenza Impugnata non soddisfa le Indicazioni contenute nella sentenza di annullamento. Non v'è dubbio che la Corte di appello abbia preso in esame, così come e era stato chiesto, il contenuto della sentenza di proscioglimento. L'argomentazione sviluppata, tuttavia, si limita ad affermare che, mentre la violazione dell'art. 10 quater d.lgs. n. 74/2000 presuppone una ingerenza effettiva da parte dell'amministratore di diritto nell'attività di gestione della società svolta dall'amministratore di fatto, ciò non sarebbe necessario con riferimento alla violazione dell'art. 5 del medesimo decreto, che punisce l'omessa presentazione della dichiarazione IVA. Viene così ripro1jotto lo schema argomentativo della sentenza annullata e non si chiarisce - come la sentenza rescindete chiedeva di fare - per quali ragioni il contributo concorsuale che la S avrebbe fornito all'omessa presentazione della dichiarazione IVA, consistito nel non aver vigilato sull'attività dell'amministratore di diritto, possa essere attribuito a dolo, anche nella forma del dolo eventuale, e non essere dipeso da negligenza o imperizia. Ed invero, nel rispetto dei principi di diritto enunciati dalla sentenza rescindente e della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare se dal complesso dei rapporti esistenti tra l'imputata e l'amministratore di fatto quali accertati nel corso del presente giudizio e di quello concluso con la sentenza dl assoluzione fosse possibile desumere: da un lato, la consapevolezza che l'amministratore di fatto avrebbe omesso la presentazione della dichiarazione IVA; dall'altro la sussistenza in capo alla S del dolo specifico del reato oggetto di imputazione, per integrare il quale è necessario che l'omessa presentazione della dichiarazione IVA fosse finalizzata all'evasione dell'imposta evasa. La sentenza rescindente aveva sottolineato, infatti, che l'amministratore di diritto è respo'1sabile a titolo di concorso con l'amministratore di fatto per omesso impedimento dell'evento, a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Biffi, Rv. 264971; Se;:. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Fascia, Rv. 262767).
Non v'è dubbio (ed è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità) che, accettando la carica, il prestanome accetta anche i rischi ad essa connessi; si espone, quindi, alle conseguenze dell'operato dei gestori reali e alla possibilità che questi pongano in essere, attraverso H paravento loro prestato con la carica ricoperta, attività non legali. Ne consegue che l'amministratore di diritto può essere chiamato a rispondere a titolo di dolo eventual1 dei reati commessi dall'amministratore di fatto (cfr. Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, C., Rv. 273939; Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, R g oli, Rv. 61814; Sez. 3, n. 22919 del 6/04/2006, Furini, Rv. 234474; Sez. 5, n. 147 ,5 del 26/11/1999, Dragomlr, Rv. 215199). I reati tributari, però, sono reati a dolo specifico, sicché al dato obiettivo della accettazione della carica devono aggiungersi altri elementi indicativi dell'esistenza di tale ulteriore elemento Intenzionale che la sentenza rescindente aveva chiesto alla Corte territoriale di valutare e la sentenza impugnata non ha esaminato. Ed invero, come la sentenza di annullamento ha ricordato, e come emerge da numerose pronunce dì questa Corte di legittimità: «la prova del dolo specifico dei reati tributari di cui agli artt. 5, 8 e 10 del d.lgs n. 74 del 2000 in capo all'amministratore di diritto di una società, che funge da mero prestanome, può essere desurita dal complesso dei rapporti tra questi e l'amministratore di fatto, nell'ambito dei quali assumono decisiva. valenza la macroscopica illegalità dell'attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità» (Sez. 3, n. 2570 del 28f09L2018, dep. 2019, Marni, Rv. 275830. Sull'argomento anche: Sez. 3, n. 15900 del 02/03/2016, Gagliotta, Rv. 266757; Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, F., Rv. 273939; Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016,. V., Rv. 267022).
4. Per quanto esposto, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.