Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 25 ottobre 2022, il Tribunale di Messina ha dichiarato inammissibile l'istanza di riesame proposta da A.S. avverso il decreto con cui il g.i.p. aveva disposto il sequestro preventivo della somma di € 9.166,67, finalizzato alla confisca del profitto del reato di cui all'art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, conv., con modiff., in I. 28 marzo 2019, n. 26.
Trattandosi di istanza di riesame proposta a mezzo pec ai sensi dell'art. 24, d.l. 137/2020, il Tribunale ha rilevato che l'impugnazione non era stata trasmessa all'unico indirizzo di posta elettronica abilitato a ricevere l'atto.
2. Avverso l'ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario l'indagata ha proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione degli artt. 24 d.l. 137/2020, 309 e 324 cod. proc. pen.
Ammettendo che l'impugnazione era stata trasmessa all'indirizzo pec del Tribunale del riesame di Messina (sez3.penale.tribunale.messina@giustiziacert.it) piuttosto che a quello del tribunale ordinario quale indicato nel provvedimento impugnato (depositoatti penali.tribunale.messina@giustiziacert.it), la ricorrente lamenta che, trattandosi di riesame avverso misura cautelare reale, l'impugnazione era stata correttamente trasmessa all'indirizzo di posta certificata del tribunale del riesame, come previsto dall'art. 24, commi 4 e 6-quinquies, d.l. 137/2020. Nel caso in esame non potrebbe infatti trovare applicazione il disposto di cui al comma 6-sexies della citata disposizione, che, alla lett. e), richiamando il solo art. 309, comma 7, cod. proc. pen. e non anche l'art. 324, comma 5, cod. proc. pen., riguarda le impugnazioni avverso misure cautelari personali e non anche quelle reali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Per quanto qui interessa, a norma dell'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modiff., dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176 - nella specie pacificamente applicabile in forza delle successive proroghe - «per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2...è consentito il deposito con valore legale mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati pubblicato nel portale dei servizi telematici». Quando si tratti di atto di impugnazione, il successivo comma 6-ter prevede che «l'impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4».
Il successivo comma 6-quinquies dispone poi che «le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-quater si applicano a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati, e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 410, 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 6-ter, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale».
Aggiunge l'art. 24, comma 6-sexies, lett. e), d.l. 137/2020 che l'impugnazione è inammissibile «quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da
quello indicato per il tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4».
3. Per quanto riguarda le istanze di riesame o gli appelli avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali o reali, dunque, la disciplina sopra brevemente richiamata - in aderenza a quanto già ordinariamente previsto prima dell'approvazione delle speciali disposizioni introdotte a seguito dell'epidemia da Covid-19 (cfr. artt. 309, comma 4, cod. proc. pen., richiamato dal successivo art. 310, comma 2, e 324, comma 1, cod. proc. pen.) ed in deroga al principio generale secondo cui l'impugnazione dev'essere presentata nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 582, comma 1, cod. proc. pen.) - dispone che, per le ragioni di celerità che contraddistinguono le impugnazioni cautelari, queste debbono essere esclusivamente presentate al tribunale competente a decidere il gravame. Benché la disposizione, tanto al comma 6-quinquies quanto al comma 6-sexies , individui impropriamente quel giudice mediante il richiamo al solo art. 309, comma 7, cod. proc. pen - che si riferisce al giudice delle impugnazioni per le misure cautelari personali coercitive ed è richiamato, dall'art. 310, comma 2, cod. proc. pen., per gli appelli proposti contro ordinanze in materia cautelare personale - l'inequivoco riferimento che tali disposizioni effettuano anche alle impugnazioni (riesame ed appello) in materia cautelare reale induce a ritenere, pena l'interpretatio abrogans, che anche per queste la deroga vada riferita al giudice che sarebbe competente a decidere sull'impugnazione, ovviamente da individuarsi non già nel tribunale del luogo nel quale ha sede la corte d'appello (o la sezione distaccata della corte di appello) nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza, ma nel tribunale del capoluogo della provincia nella quale ricade l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato (cfr. artt. 324, comma 5, e 322-bis, comma 1-bis, cod. proc. pen.). Nonostante l'imprecisa dizione delle richiamate disposizioni, che non fanno altresì riferimento alle norme da ultimo citate, si tratta dell'unica interpretazione possibile e razionale sul piano sistematico.
4. Del resto, anche laddove si dovesse ritenere che l'impreciso tenore letterale della disciplina emergenziale non consenta di affermare che la deroga all'art. 24, comma 6-ter, d.l. 137/2020 valga anche per i provvedimenti concernenti le misure cautelari reali, secondo tale disposizione generale l'atto d'impugnazione si sarebbe comunque dovuto trasmettere all'indirizzo del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, quale individuato nel decreto del Direttore del DGSIA del 9 novembre 2020.
5. Nel caso di specie, trattandosi di ordinanza di sequestro resa dal g.i.p. del Tribunale di Messina, l'impugnazione in via telematica si sarebbe dunque dovuta comunque presentare all'indirizzo di posta elettronica certificata di quel tribunale quale individuato dal citato provvedimento del Direttore del DGSIA.
Come esattamente nota l'ordinanza impugnata, per il Tribunale di Messina vi era un unico indirizzo abilitato: deposito atti penali. tribuna lemessina@giustiziacert.it, sicché la trasmissione al diverso indirizzo utilizzato dall'impugnante sarebbe in ogni caso inammissibile ai sensi del citato art. 24, comma 6-sexies, d.l. 137/2020, non essendo a tal fine utilizzabile alcun diverso indirizzo (cfr. Sez. 6, n. 46119 del 09/11/2021, M., Rv. 282346, secondo cui, in base alla citata disciplina, è inammissibile la richiesta di riesame trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell'elenco allegato al provvedimento del 9 novembre 2020 del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, ai sensi del comma 4 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazione dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, neppure laddove indicato come utilizzabile dal provvedimento organizzativo adottato dal presidente del tribunale).
6. Il ricorso va conseguentemente rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.