
Ovvero, in caso di assenza di tale provvedimento, alla data di effettiva liberazione dell'interessato, «unico dato certo cui ricondurre la definitiva conclusione della vicenda esecutiva oggetto del giudizio di riparazione».
La Corte d'Appello di Ancora, in qualità di giudice della riparazione, dichiarava inammissibile la domanda con la quale l'attuale ricorrente chiedeva la riparazione per l'ingiusta detenzione sofferta per un ordine di esecuzione, successivamente annullato per errore di persona dal Giudice dell'esecuzione con provvedimento divenuto irrevocabile. ...
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Ancona, quale giudice della riparazione, con l'ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile la domanda con la quale M.O. ha chiesto la riparazione per l'ingiusta detenzione sofferta per un ordine di esecuzione nei confronti dell'alias N.A., associato ad un codice univoco riferibile alla sua persona, successivamente annullato per errore di persona dal Giudice dell'esecuzione, con provvedimento divenuto irrevocabile.
2. Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso l'interessato, denunciando: i) violazione di legge per erronea affermazione di tardività dell'istanza, derivando l'ingiusta detenzione dal provvedimento del Giudice dell'esecuzione emesso in data 8/9.5.2019, divenuto inoppugnabile il 26.5.2019; ii) assenza di condotta gravemente colposa, a fronte di errore di persona non imputabile all'interessato ma alla confusione derivante dalla attribuzione allo stesso nominativo di due codici univoci diversi; iii) insussistenza della condotta consistente nell'avere declinato le false generalità di N.A. in occasione del fotosegnalamento operato dalla Questura di Prato il 19.12.2011.
3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Si è costituito il Ministero dell'Economia e delle Finanze, concludendo per l'inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
2. Si deve, in primo luogo, convenire con il ricorrente in ordine all'erroneità dell'affermazione - contenuta nel provvedimento impugnato - di tardività dell'istanza di equo indennizzo, in quanto proposta oltre il termine di due anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile (21.11.2017), o comunque dal momento in cui tale sentenza è stata posta in esecuzione (28.9.2018).
3. Al fine di individuare il corretto dies a quo del termine di due anni previsto dall'art. 315 cod. proc. pen. per proporre l'istanza, occorre prendere le mosse dalla circostanza che nel caso si discute di ingiusta detenzione conseguente ad un ordine di esecuzione erroneamente eseguito nei confronti del prevenuto, come riconosciuto dal Giudice dell'esecuzione con provvedimento pronunciato in data 8/9.5.2019, divenuto inoppugnabile il 26.5.2019. Pertanto, è solo da tale ultima data che può decorrere il termine biennale per avanzare istanza di equo indennizzo, perché è solo da tale momento che assume carattere definitivo l'accertamento in ordine all'illegittimità della detenzione subita dall'interessato, cui può conseguire il diritto all'indennizzo, sempre che sia valutata l'assenza di una condotta dolosa o gravemente colposa del richiedente avente effetto sinergico rispetto all'errore esecutivo dell'Autorità giudiziaria.
Tale soluzione è coerente con le vicende che attengono all'ingiusta detenzione c.d. "esecutiva", nella nozione introdotta dalla sentenza n. 310/1996 della Corte costituzionale, la quale, come S., ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 314 cod. proc. pen., "nella parte in cui non prevede il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione"; pronuncia che il diritto vivente ormai interpreta nel senso che le vicende dell'esecuzione non sono estranee all'orizzonte della riparazione dell'ingiusta detenzione, sempre che da esse derivi una ingiustizia della detenzione patita che si innesti su un errore (in violazione di legge) dell'autorità procedente, errore cui non abbia dato causa l'interessato con dolo o colpa grave (cfr. Sez. 4, n. 57203 del 21/09/2017, Rv. 271689 - 01).
In tale prospettiva, non va trascurato che l'errore esecutivo causativo di ingiusta detenzione può derivare anche da vicende in cui è assente un provvedimento di accertamento dell'errore esecutivo, come nei casi di detenzione ormai esaurita ma ritenuta - in tutto o in parte - illegittima dall'interessato.
Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: "al fine di individuare il momento di decorrenza del termine biennale per proporre istanza di equa riparazione nei casi di errore nelle vicende esecutive, occorre fare riferimento o alla data di irrevocabilità del provvedimento che accerta l'errore esecutivo, ovvero, in caso di assenza di un provvedimento in tal senso, alla data di effettiva liberazione dell'interessato, unico dato certo cui ricondurre la definitiva conclusione della vicenda esecutiva oggetto del giudizio di riparazione".
Ebbene, in applicazione del suddetto principio si deve affermare che l'istanza presentata dal ricorrente non è stata proposta tardivamente, atteso che il provvedimento del Giudice dell'esecuzione che ha accertato l'errore esecutivo è divenuto irrevocabile, come già visto, in data 26.5.2019, a fronte di una istanza di equa riparazione presentata in data 14.5.2021, entro il termine di due anni previsto dall'art. 315, comma 1, cod. proc. pen.; tale decorrenza del termine si fonda su una lettura costituzionalmente orientata della norma, alla luce della citata pronuncia n. 310/1996 della Corte costituzionale che ha introdotto l'ingiusta detenzione derivante da qualsiasi detenzione illegittima per errore esecutivo, nel senso dianzi indicato.
4. Passando al merito del ricorso, appaiono fondati i rilievi del ricorrente quanto alla denunciata illogicità e carenza motivazionale del provvedimento impugnato in ordine alla configurabilità della condotta ostativa derivante dall'asserita imputabilità all'interessato dell'errore di persona su cui si è basata la sua detenzione illegittima.
In questa sede non serve ripercorrere nel dettaglio la vicenda esecutiva, ben descritta dalla Corte di merito, tasterà osservare che il provvedimento impugnato fonda la colpa ostativa dell'istante sul fatto che fu costui a fornire le false generalità (N.A.) alla Polizia di Prato in occasione del controllo del 19.12.2011, con conseguente inserimento dell'alias N.A. associato alle generalità del M., cui conseguì il fermo del medesimo all'aeroporto di Bologna, perché a suo carico risultava un ordine di carcerazione a nome di N.A. nato il 4.3.1969 (mentre il M. era stato identificato a mezzo passaporto senegalese, dal quale risultava la data di nascita 30.4.1977).
Tale assunto, tuttavia, non tiene conto di quanto accertato dal provvedimento emesso in data 8/9.5.2019 dal Tribunale di Ancona in funzione di Giudice dell'esecuzione, in cui è stato rilevato come la persona identificata a Prato il 19.12.2011 presentava un segno particolare all'avambraccio sinistro di cui è stata constatata l'assenza nella persona dell'odierno ricorrente, per cui, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte della riparazione, non poteva essere stato l'odierno ricorrente a fornire le (false) generalità di N.A., situazione che aveva determinato la (illegittima) detenzione del medesimo.
Il ricorrente, inoltre, ha fondatamente aggiunto che la condanna pronunciata dal Tribunale di Prato il 15.9.2015 nei confronti del M. (sotto l'alias N.A.) è stata oggetto di revisione da parte della Corte di appello di Genova, la quale, con sentenza 21.12.2021 (debitamente allegata nel ricorso), ha accertato:
a) che la foto segnaletica riferita a N.A. (nato in Senegal il omissis) e quella dell'odierno ricorrente ritraggono palesemente due persone diverse; b) che riguardo alla persona dello N. si dà atto di un segno evidente (angioma/voglia) sull'avambraccio sinistro, mentre nessun segno compare sull'avambraccio sinistro del M.; c) che sussiste un evidente errore di attribuzione del codice CUI, visto che alle generalità N.A. (nato a T. - Senegal - il omissis) corrispondono due diversi CUI, uno solo dei quali risulta abbinato al M.; d) che la persona condannata a Prato aveva a carico dei precedenti penali, mentre il M. non ne aveva (salva l'iscrizione della condanna inflitta dal Tribunale di Prato). La Corte genovese, pertanto, constatato che l'imputato condannato a Prato che aveva fornito le generalità di N.A. nato in Senegal il omissis - era persona diversa dal ricorrente, ha revocato la sentenza del Tribunale di Prato a suo carico, assolvendolo dai reati ascritti per non aver commesso il fatto.
5. Le superiori considerazioni viziano irrimediabilmente la motivazione dell'ordinanza impugnata in punto di sicura attribuibilità al ricorrente della condotta gravemente colposa dianzi rappresentata che, secondo i giudici anconetani, osterebbe al riconoscimento dell'equo indennizzo. Ciò impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Ancona, la quale provvederà anche alla regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte d'appello di Ancona, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.