E ciò a condizione che la condanna penale abbia conseguenze su dette materie non penali.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza depositata in data 31 gennaio 2023 la Corte di appello di Lecce, sezione Taranto, quale giudice dell'esecuzione, ha respinto la richiesta di G. M. di dichiarazione di avvenuta espiazione della pena di anni otto di reclusione inflitta con sentenza 16 dicembre 2008 della Corte di appello di Bari.
La pena, oggetto dell'istanza, è compresa nel provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Taranto in data 16 febbraio 2012.
Il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che, ai fini, indicati dalla parte, del conseguimento della pensione sociale, cui osta il titolo della condanna, non è consentito procedere allo scioglimento del cumulo.
2. Il difensore di G. M. ha presentato ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Con l'unico motivo viene denunciata violazione di legge, essendo stato affermato, anche da Corte cost. n. 33/2022, il principio dello scioglimento del cumulo.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
Va dichiarata l'inammissibilità del ricorso.
1. La legge 28 giugno 2012, n. 92, all'articolo 2, commi 58 ss., detta plurime disposizioni, aventi come effetto la cessazione della corresponsione di prestazioni, in materia previdenziale e assistenziale, di cui siano titolari soggetti condannati per taluni reati di particolare allarme sociale, quali i reati di associazione terroristica, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso, scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazioni di stampo mafioso.
In particolare, il comma 58 del citato art. 2 prevede che, nel pronunciare condanna per i reati sopra menzionati, il giudice applichi, in sentenza, la «sanzione accessoria» della revoca di una serie di prestazioni, partitamente indicate, tra le quali anche la pensione sociale.
Con riguardo alle sentenze di condanne, divenute irrevocabili prima della novella di cui alla legge n. 92/2012, il citato art. 2, al comma 61, stabilisce che si provveda alla revoca del trattamento previdenziale in essere, senza pregiudizio delle prestazioni già corrisposte.
Competente a disporre tale revoca è l’ente erogatore, cui il Ministero della Giustizia è tenuto a comunicare i nominativi di coloro che rientrano nei presupposti legali della revoca.
La giurisprudenza (Sez. 1, n. 11581 del 7.12.2018, Marceca, Rv. 275008; Sez. 7, n. 5169 del 10.11.2022, Scuderi) ha chiarito che, sotto questo profilo, non si è in presenza di una pena o sanzione accessoria alla condanna penale, bensì di un effetto, non penale, della condanna, dipendente da un provvedimento dell'autorità amministrativa, rispetto al quale è riconosciuta tutela giurisdizionale avanti il giudice civile competente nella materia previdenziale.
Inoltre, sia la sanzione accessoria che la revoca post judicatum non ostano a che il condannato possa beneficiare, "una volta che la pena sia stata completamente eseguita e previa presentazione di apposita domanda, delle prestazioni previste dalla normativa vigente in materia, nel caso in cui ricorrano i presupposti" (art. 2, comma 59, legge n. 92/2012), previsione che, a seguito della pronuncia costituzionale n. 137/2021, riguarda anche chi stia eseguendo la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
2. Dunque, la parte ha formulato al giudice dell'esecuzione istanza di accertamento - dell'avvenuta espiazione della pena inflitta con una determinata sentenza di condanna - che ha ad oggetto un punto che rientra nella competenza del giudice del lavoro, il quale, ove adito per il riconoscimento del trattamento previdenziale al condannato, dovrà verificarne la sussistenza dei presupposti legali, fra i quali anche l'avvenuta, o meno, espiazione di una pena inflitta per reato così detto ostativo al trattamento previdenziale ai sensi della legge n. 92/2012.
Si deve aggiungere che il così detto scioglimento del cumulo, operazione logica funzionale alla verifica, dopo l'unificazione di pene concorrenti, in ordine all'avvenuta espiazione di pena inflitta per condanna così detta ostativa, trova la sua ratio nell'esigenza di tutelare il condannato dall'estensione degli effetti negativi della così detta ostatività di una condanna al di là del titolo che giustifica tale effetto, e quindi va compiuto dal giudice anche in relazione a materie non penali, a condizione che su di esse abbia conseguenze la condanna penale.
3. Va dunque pronunciata l'inammissibilità del ricorso, con conseguente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Tenuto conto delle ragioni della decisione, si ravvisano elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.