
Nel caso di specie, la dodicenne si lamentava dei comportamenti aggressivi della mamma e del fratello maggiore. Per la Cassazione, è necessario dimostrare un reale pregiudizio per la minore.
In un giudizio avente ad oggetto il rigetto della richiesta di rientro di una minore in Germania, sua residenza abituale, la madre istante ricorre in Cassazione lamentando che il Tribunale per i minorenni si era limitato a recepire la volontà della dodicenne, di restare in Italia presso il padre, ritenendo che detta volontà «fosse...
Svolgimento del processo
Con provvedimento del 28.10.22, il Tribunale per i minorenni di Bari ha rigettato la richiesta di rientro in Germania della minore A.M.R., nata nel 2010, ivi abitualmente residente, presentata dalla madre L.F., osservando che: dalle dichiarazioni assunte e dagli atti di causa, era stato accertato il trattenimento della minore in Italia da parte del padre, A.R., dopo che la stessa aveva rifiutato il rientro in Germania al termine del periodo di vacanza che aveva costituito la ragione del suo trasferimento; il predetto genitore aveva concordato con la madre la possibilità di farle trascorrere in Italia presso il padre il periodo estivo di 20 gg. calcolati dal 31.7.22, come stabilito con la sentenza di divorzio pronunciata dal Tribunale di Foggia il 19.6.19; il trattenimento era avvenuto in difformità degli accordi fra i genitori, rientrando nella fattispecie di cui all’art.3 Conv. Aja, come statuito anche dal Tribunale tedesco di Stoccarda adito dalla stessa madre; dall’ascolto della minore e dalle indagini sociali era emersa la ferma volontà della minore di non ritornare in Germania, luogo della sua abituale residenza con la madre e due fratelli, in quanto percepiva la casa paterna come contesto più accogliente e rassicurante in cui ricevere maggiore affetto e comprensione, a differenza di quanto accadeva in Germania a causa degli atteggiamenti aggressivi della mamma e del fratello maggiore e di problematiche d’inserimento nel contesto scolastico; infatti, gli operatori sociali avevano appurato che il padre era apparso figura rassicurante per la minore, attento e premuroso nei suoi confronti, convivendo con lei insieme alla figlia avuta da altra relazione in un contesto accogliente, ricco di relazioni affettive che ne hanno permesso l’inserimento in modo pieno e appagante; la difesa della ricorrente sulla non veridicità delle dichiarazioni della minore, con l’intento di sminuire il valore delle sue affermazioni, era irrilevante, dato che la sua opposizione costituiva la ragione decisiva del legittimo trattenimento in Italia, quale ne fosse la causa, considerando altresì che il suo sradicamento dalla realtà percepita come congeniale e affettivamente appagante avrebbe costituito un grave ed irreparabile vulnus ad un ordinato sviluppo psicofisico della ragazza.
L.F. ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria.
Non si è costituito l’intimato R..
Motivi della decisione
Il primo motivo denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 13 della Convenzione Aja - ratificata con l. n. 64/94 - per non aver il Tribunale per i minorenni accolto il ricorso della madre pur accertando l’illecito perpetrato dal padre nel non riportare la minore in Germania entro il termine concordato con la madre, attribuendo rilevanza alle dichiarazioni della minore in ordine a quanto riferito sul comportamento della madre e del fratello maggiore in Germania, sebbene lo stesso Tribunale lo avesse ritenuto irrilevante, e comunque effettuando una valutazione di merito che non gli competeva; né erano emerse situazioni di pregiudizi fisici o psichici per la minore connessi al rientro in Germania.
Il secondo motivo denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 24, 111, Cost. 76 disp. att. cpc, per aver il Tribunale deciso senza rendere conoscibili le dichiarazioni rese dalla minore all’udienza del 4.10.22, ad oggi secretate, essendo stata rigettata un’istanza di copia integrale del relativo verbale.
Il terzo motivo deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, per aver il Tribunale per i minorenni deciso senza compiere nessuna valutazione della capacità di discernimento della minore, mentre la sua esperienza di vita, il contesto relazionale prima del soggiorno in Italia, erano invece indicatori di un processo di maturità ancora in corso, dell’inidoneità della stessa minore di comprendere la portata delle proprie azioni e scelte; pertanto, il ricorrente si duole che la scelta di restare con il padre in Italia denoterebbe la mancanza di quel grado di maturità necessario per potere considerare vincolante ed attendibile il parere della ragazza
I tre motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono fondati.
La ricorrente si duole che il Tribunale per i minorenni, nel ritenere legittimo il trattenimento della minore in Italia valorizzando le dichiarazioni di quest’ultima e gli accertamenti dei Servizi sociali, abbia attribuito rilevanza dirimente alle suddette dichiarazioni, senza rilevarne la non veridicità, e senza pronunciarsi sulla capacità di discernimento della minore.
Va osservato che in tema di sottrazione internazionale di minori, l'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, resa esecutiva in Italia dalla l. n. 64 del 1994, impone al giudice, anche alla luce dell'art. 8 CEDU, di esaminare in maniera dettagliata e analitica le dichiarazioni rese, in sede di ascolto, dal minore dotato di capacità di discernimento, sicché, in caso di opposizione di quest'ultimo al rientro, è obbligatoria la considerazione di tale volontà ed anche la verifica di tutte le circostanze fattuali capaci di confortarla, impedendo al giudicante di intraprendere una via alternativa, ritenuta dal legislatore sovranazionale idonea a cagionare un pregiudizio evidente allo sviluppo del minore (Cass., n. 21055/22: in applicazione del principio enunciato, la S.C. ha cassato con rinvio il decreto del tribunale per i minorenni, che, dopo aver accertato la capacità di discernimento dei minori, aveva disposto il loro rientro nello Stato che era divenuto il luogo della loro residenza abituale, a seguito di trasferimento dall'Italia insieme alla madre, nonostante questi ultimi avessero manifestato una incondizionata opposizione, senza neppure operare approfondimenti istruttori in ordine alle difficoltà di ambientamento scolastico e sociale dagli stessi manifestate).
Nei casi di sottrazione internazionale, le uniche condizioni ostative al rientro nel luogo di residenza abituale del minore, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. b), della Convenzione dell'Aja del 1980, sono il fondato rischio del minore di essere sottoposto a pericoli fisici o psichici, oppure di trovarsi in una situazione comunque intollerabile (Cass., n. 4222/21). E’ stato altresì osservato che in tema di sottrazione internazionale illecita di minori, il giudice italiano può considerare gli inconvenienti per la condizione del minore, connessi al suo prospettato rientro nello Stato di residenza abituale, solo se raggiungano il grado del pericolo fisico o psichico o dell'effettiva intollerabilità, trattandosi delle uniche condizioni ostative al suo rientro ai sensi dell'art. 13, lett. b), della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 (resa esecutiva in Italia con la l. n. 64 del 1994.
Sulla questione, va altresì rilevato che la possibilità per il minore, capace di discernimento, di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano integra un diritto che deve essere esercitato in modo effettivo e concreto: ne consegue che, ove il minore si opponga al rientro, l'autorità giudiziaria ha l'obbligo di tenere conto della sua opinione potendo anche, in applicazione del principio del "superiore interesse del minore" ed all'esito di un esame approfondito di tutti gli aspetti che vengono in rilievo, di cui deve essere data adeguata motivazione, discostarsi dalla contingente manifestazione di volontà del minore medesimo, al fine di salvaguardare il suo interesse a coltivare una relazione appagante con entrambi i genitori (Cass., n. 8229/23), e che l'audizione del minore, intesa come strumento per raccogliere le sue opinioni, qualora abbia un discernimento sufficiente, postula che il minore riceva le informazioni pertinenti ed appropriate, con riferimento alla sua età ed al suo grado di sviluppo, a meno che tali informazioni nuocciano al suo benessere (Cass., n. 16753/09; n. 5847/13).
Nel caso concreto, il Tribunale, senza adottare un’espressa valutazione sul discernimento della minore, pur riconoscendo che il padre aveva sottratto la figlia dalla sua residenza abituale in Germania presso la madre con la quale conviveva, ha ritenuto che la scelta della minore, in mancanza di qualsivoglia pregiudizio derivante dalla permanenza in Italia, sia di per sé decisiva ai fini della decisione.
Tale pronuncia è censurabile in quanto non fondata su una corretta applicazione dei principi consolidati in tema di sottrazione internazionale di minori a tenore dei quali il giudice italiano può valutare gli inconvenienti per la condizione del minore, connessi al suo prospettato rientro nello Stato di residenza abituale, solo se raggiungano il grado del pericolo fisico o psichico o dell'effettiva intollerabilità, trattandosi delle uniche condizioni ostative al rientro ai sensi dell'art. 13, lett. b), della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980.
Nella specie, invero, il Tribunale per i minorenni si è limitato a recepire la volontà della minore, all’epoca dodicenne, di restare in Italia presso il padre, ritenendo erroneamente che tale volontà fosse la condizione decisiva per precludere l’ordine di rientro in Germania, omettendo di accertare se il prospettato rimpatrio nello Stato di residenza abituale della minore comportasse, o potesse comportare un pregiudizio per il suo sviluppo fisiopsichico o, comunque, una situazione di effettiva intollerabilità. Al riguardo, la minore ha dichiarato di non gradire il contesto familiare presso la madre in Germania, sia per l’asserito comportamento “aggressivo” della genitrice e del fratello maggiore, sia per non meglio precisati problemi relativi all’inserimento scolastico. Tuttavia, il Tribunale ha omesso di verificare l’effettiva sussistenza delle problematiche indicate dalla minore (e fatte proprie dal padre allorché aveva riferito ai Servizi sociali del suo timore che la figlia subisse maltrattamenti in caso di rientro presso la madre), sebbene ciò fosse essenziale al fine di accertare i presupposti richiesti dal predetto art. 13 della Convenzione dell’Aja in ordine al rientro nella residenza abituale della stessa.
Giova altresì rilevare che il Tribunale ha omesso di effettuare un concreto e approfondito esame delle capacità di discernimento della minore dodicenne, che si rendeva ancor più necessario alla luce della circostanza per la quale la stessa aveva manifestato la sua volontà di rimanere in Italia con il padre a seguito delle vacanze estive, in un contesto dissonante rispetto alla vita ordinaria condotta in Germania (la madre ha anche lamentato che la figlia non aveva fatto rientro in Germania per l’inizio dell’anno scolastico) che certo ha agevolato una manifestazione di volontà di carattere prettamente emotivo e verosimilmente non ha tenuto conto di tutte le implicazioni connesse al suo mancato rientro in Germania, tra le quali si annovera anche la questione della segnalata scarsa conoscenza della lingua italiana e dei connessi problemi d’inserimento scolastico in Italia.
Per quanto esposto, il decreto impugnata va cassato, nei limiti di cui in motivazione, con rinvio della causa al Tribunale per i minorenni, anche in ordine alle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato, nei sensi di cui in motivazione, e rinvia la causa al Tribunale per i minorenni di Bari, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.