La Cassazione ribalta il verdetto condannando il notaio al risarcimento dei danni per omessa informazione e responsabilità professionale. Il dovere di consiglio consiste, infatti, nel dare spiegazioni su questioni tecniche che una persona senza competenza specifica non può percepire.
Gli attori convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma un notaio per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni per omessa informazione e responsabilità professionale.
Gli attori esponevano di aver incarico il notaio di stipulare l’atto di vendita di un appartamento,...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato nell’aprile 2009 F.P.A. e T.D. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma il notaio M.E.R. per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, per omessa informazione e responsabilità professionale.
Esponevano gli attori che con atto del notaio convenuto, da loro incaricato, datato 23.3.2005, rep. n. 364563, avevano venduto ciascuno per la propria quota, e complessivamente per l’intera proprietà, a P.M., quale amministratore unico della C. I. di M.P. & C. S.A.S. l’appartamento sito in Roma, via (omissis), dell’edificio scala A, piano sesto, interno 28 (nel NCEU a foglio 893, particella 314, sub. 35), al prezzo di €191.000,00; che nell’atto la parte venditrice aveva dichiarato di avere già ricevuto dalla parte acquirente la somma di € 508,09 per la quale rilasciava quietanza e quanto al saldo del prezzo, pari ad €190.491,91, la parte acquirente aveva dichiarato di accollarsi e fare propria la quota di pari importo che residuava all’attualità del mutuo di originari € 200.000,00, concesso dalla Banca dell’Umbria 1462 SPA ai venditori con l’atto del notaio C.C. del 29.1.2003, rep. n. 190604, racc. n. 48420, e garantito da ipoteca iscritta sull’immobile il 31.1.2003 al numero 2253 di formalità, e di subentrare alla parte venditrice in tutti gli obblighi portati da quell’atto, obbligandosi in particolare a pagare puntualmente le rate del mutuo ed a notificare copia dell’atto di compravendita all’istituto mutuante; che sulla base di questa regolamentazione del prezzo la parte venditrice nello stesso atto di compravendita del 23.3.2005 aveva rilasciato alla parte acquirente quietanza liberatoria a saldo e rinunciato all’ipoteca legale; che avevano regolarmente retribuito il notaio incaricato, rilasciato quietanza liberatoria e rinunciato all’ipoteca legale ritenendo erroneamente di essersi liberati con la vendita e con l’accollo del mutuo da parte dell’acquirente di tutti gli obblighi derivanti dall’originario mutuo; che solo dopo alcuni mesi, quando già l’immobile era stato rivenduto dalla C.I. di M.P. & C. S.A.S. ad un terzo ed ulteriormente rivenduto da quest’ultimo, avevano scoperto che non si era affatto realizzato l’effetto liberatorio dell’accollo in loro favore, in quanto recatisi presso un diverso istituto di credito per ottenere un altro mutuo avevano visto respingere tale loro richiesta perché risultavano ancora gravati dal debito del mutuo di originari € 200.000,00 nei confronti della Banca dell’Umbria 1462 SPA, ed avevano altresì ricevuto avvisi di pagamento di rate del suddetto mutuo, in quanto il Piemonte dopo avere onorato le prime scadenze non aveva più pagato le rate e gli acquirenti successivi dell’immobile erano risultati a loro volta insolventi; che inoltre per il mancato pagamento di tali rate ulteriori erano stati segnalati quali cattivi pagatori presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia con le relative conseguenze pregiudizievoli; che da una visura storica dell’immobile avevano poi scoperto che l’immobile era stato trasferito l’8.11.2005 dalla C.I. di M.P. & C. S.A.S. a G.S. e quindi il 12.12.2006 da quest’ultimo a T.M.; che la richiesta risarcitoria inviata al notaio R. per non averli informati della mancata liberazione contestuale alla vendita dagli obblighi derivanti dal mutuo del 29.1.2003 e per responsabilità professionale era stata respinta dal notaio, che aveva negato la propria responsabilità.
Si costituiva nel giudizio di primo grado il notaio R., che negava la propria responsabilità professionale chiedendo il rigetto dell’avversa domanda risarcitoria e la condanna degli attori al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. per € 10.000,00 ed otteneva l’autorizzazione a chiamare in causa la sua compagnia di assicurazione della responsabilità professionale, l’INA Assitalia SPA, per essere dalla stessa mallevato in ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria degli attori.
L’INA Assitalia SPA eccepiva l’inammissibilità della sua chiamata in causa per tardiva costituzione del notaio R., e nel merito chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria ed in subordine l’applicazione dello scoperto previsto in polizza nei limiti del massimale.
Espletata la prova testimoniale richiesta dal notaio R. il Tribunale di Roma con la sentenza n. 244 del 18.12.2012/9.1.2013 negava la sussistenza di una responsabilità del professionista in quanto l’art. 3 dell’atto di compravendita del 23.3.2005 non dava adito a dubbi sugli obblighi della parte acquirente e sull’accettazione della parte venditrice ed era ragionevole presumere che i venditori avessero piena consapevolezza del rapporto di mutuo pregresso da loro contratto, non avendo richiesto in sede di rogito alcuna informazione al notaio sugli effetti dell’accollo del mutuo, osservava che il notaio non era tenuto a controllare circostanze di fatto il cui accertamento rientrava nella normale prudenza, respingeva le domande risarcitorie avanzate dagli attori, dichiarava assorbita la domanda di malleva proposta dal notaio R. nei confronti della chiamata in causa, condannava gli attori al pagamento in favore del professionista delle spese processuali e dichiarava compensate le spese tra il notaio e la compagnia assicuratrice.
Proponevano appello avverso tale sentenza gli originari attori nei confronti del notaio R. e di Generali Italia SPA, già INA Assitalia SPA, sia per la mancata ammissione dell’interrogatorio formale del notaio, sia per l’errata valutazione dei mezzi di prova e per la mancata compensazione delle spese processuali, sia soprattutto per l’erronea valutazione della responsabilità professionale del notaio in relazione all’art. 42 del codice deontologico notarile sul dovere di consiglio, che imponeva al professionista di informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e di consigliare professionalmente le parti anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà ed intenzione, in modo da garantire loro anche con chiarimenti e spiegazioni la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell’atto rogato.
Si costituivano in secondo grado sia il notaio R. che Generali Italia SPA, che chiedevano il rigetto dell’appello e la compagnia reiterava l’eccezione d’inammissibilità della chiamata in garanzia.
La Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 6184/2018 del 3.10.2018 rigettava l’appello condannando gli appellanti alle spese del giudizio di secondo grado, e pur riconoscendo che l’attività del notaio non era limitata all’accertamento della volontà delle parti ed alla compilazione dell’atto, occorrendo anche che si interessasse alle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto medesimo e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, riteneva che non fosse tenuto ad illustrare in assenza di ambiguità, o irregolarità nell’atto, le caratteristiche dell’accollo esterno secondo la normativa vigente, peraltro confermata nel suo contenuto dalla clausola contrattuale, dovendosi ritenere che i venditori, che avevano consegnato al notaio la documentazione relativa al mutuo, compreso il capitolato (art. 14 in particolare), fossero a conoscenza che la loro liberazione dal mutuo oggetto di accollo da parte dell’acquirente sarebbe conseguita solo alla comunicazione dell’accollo alla banca da parte dell’acquirente e ad un’espressa dichiarazione della banca.
Avverso tale sentenza, non notificata, hanno proposto ricorso alla Suprema Corte F.P.A. e T.D. notificato il 3.4.2019 con un unico motivo e resiste con controricorso notificato il 6.5.2019 R.M.E., mentre Generali Italia SPA è rimasta intimata.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..
La causa, udita la relazione del Consigliere V.P., è stata trattenuta in decisione all’udienza camerale del 20.6.2023.
Con un unico motivo i ricorrenti lamentano in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 comma 2° e dell’art. 2236 comma 2° cod. civ. e dell’art. 42 del codice deontologico notarile in materia di responsabilità del professionista. Sostengono i ricorrenti che la Corte d’Appello di Roma pur riconoscendo la sussistenza del dovere di consulenza e di informativa in capo al notaio, abbia erroneamente ritenuto che il relativo aggravamento dell’obbligo di diligenza del professionista possa riguardare solo l’ambiguità delle formule utilizzate nell’atto rogato, o il contrasto tra la regolamentazione contrattuale e la volontà dei contraenti, o dipendere dalla qualità soggettiva della relazione tra le parti, e che al di fuori di questi casi il notaio non sia tenuto a fornire ai propri clienti tutte le informazioni e gli avvertimenti necessari per assicurare che l’atto giuridico da lui predisposto sia in grado di garantire il conseguimento dello scopo tipico in esso contenuto, ossia nell’ipotesi della compravendita di immobile già gravato da mutuo, di realizzare il trasferimento del bene contro il corrispettivo di un prezzo consistente nell’effetto liberatorio dal mutuo originario, avendo il notaio il dovere di esplicare ai suoi clienti quali sono gli adempimenti necessari affinché tale effetto liberatorio si realizzi con lo strumento dell’accollo. Deducono in particolare i ricorrenti che l’operato del notaio R. non può essere giustificato col fatto che egli si sarebbe limitato a riprodurre nell’atto di compravendita l’art. 14 del capitolato del mutuo consegnatogli dalla parte venditrice, che in caso di trasferimento della proprietà dell’immobile gravato da mutuo ipotecario con accollo del mutuo da parte del nuovo acquirente prevedeva che il debitore originario non potesse considerarsi liberato dal debito senza un’espressa e specifica dichiarazione in tal senso da parte dell’Istituto di credito che aveva concesso il mutuo originario, dal momento che nell’atto da lui rogato sono stati inseriti il rilascio immediato della quietanza a saldo del prezzo per l’importo di € 190.491,91 oggetto di accollo, essendo stati effettivamente incassati prima del rogito dai venditori solo € 508,09, e la rinuncia della parte venditrice all’ipoteca legale, che inequivocamente dimostravano che i venditori erano erroneamente convinti, per come l’atto di vendita era stato redatto, di essere immediatamente liberati in sede di rogito dalla pregressa obbligazione di pagamento del mutuo di originari € 200.000,00 che avevano contratto con la Banca dell’Umbria 1462 SPA il 29.1.2003 e che nell’atto predisposto dal notaio R. la C.O. di M.P. & C. S.A.S. si era accollata.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Anzitutto occorre considerare che per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte liberatorio4.3.2022 n. 7185; Cass. 16.3.2021 n. 7283; Cass. 15.6.1999 n. 5946).
Il dovere di consiglio in particolare ha ad oggetto questioni tecniche, cioè problematiche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio che una vendita formalmente perfetta possa poi risultare inefficace (vedi in tal senso Cass. 29.3.2007 n. 7707).
L’art. 42 del codice deontologico notarile, del quale i ricorrenti lamentano la violazione congiuntamente a quella degli articoli 1176 comma 2° e 2236 comma 2° cod. civ., concernenti rispettivamente la diligenza richiesta nell’espletamento delle attività professionali e la responsabilità del prestatore d’opera anche intellettuale quale il notaio quando la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, stabilisce, per quanto qui rileva, che il notaio è tenuto: a) ad informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli ed a consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà ed intenzione; b) a proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva; c) a dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili ad integrazione della lettura dell’atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell’atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari ed a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possano derivare dall’atto, valendosi, per quest’ultimo aspetto, anche di separata documentazione illustrativa.
L’impugnata sentenza si è limitata ad indicare che la violazione dell’art. 42 del codice deontologico notarile aveva rilievo meramente disciplinare, ma non ha considerato che tale norma, modulata su precedenti orientamenti espressi dalla giurisprudenza della Suprema Corte (vedi in tal senso Cass. 4.3.2022 n. 7185), è espressiva della sanzionabilità disciplinare di comportamenti che sono dovuti dal notaio a favore della parte che gli abbia conferito il mandato professionale, a prescindere dall’espressa inclusione nel contratto di mandato, sulla base del principio della buona fede oggettiva stabilito dall’art. 1375 cod. civ., intesa come criterio determinativo ed integrativo delle prestazioni contrattuali che impone al notaio il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte contrattuale nei limiti di un apprezzabile sacrificio (vedi in tal senso Cass. 4.3.2022 n.7185; Cass. 16.2.2021 n. 7283; Cass. 14.2.2017 n. 3768; Cass. 20.8.2015 n. 16990; Cass. n. 16754/2012; Cass. n. 10741/2009).
La sentenza di primo grado, poi confermata in appello, ha richiamato la risalente giurisprudenza della Suprema Corte (vedi Cass. n. 25270/2009; Cass. n. 7707/2007) secondo la quale il dovere di consiglio non può essere esteso fino a comprendere anche il controllo di circostanze di fatto il cui accertamento rientri nella normale prudenza. Tale sentenza ha ritenuto che il connesso aggravamento dell’obbligo di diligenza del professionista sia invocabile solo in presenza di clausole dell’atto rogato di contenuto ambiguo, o di contrasto tra la regolamentazione contrattuale e la volontà dei contraenti, o in ragione della qualità soggettiva della relazione tra le parti. La Corte d’Appello di Roma, a sua volta, nonostante gli appellanti, attuali ricorrenti, avessero lamentato col primo motivo di appello la violazione e falsa applicazione degli articoli 1176 comma 2° cod. civ., 2236 comma 2° cod. civ. e 42 del codice deontologico notarile in relazione alla circostanza che l’inserimento nell’atto rogato della quietanza immediata per l’intero prezzo (anche quindi per la parte prevalente di € 190.491,91 oggetto di semplice accollo interno non liberatorio) e della rinuncia all’ipoteca legale fossero chiaramente ed univocamente indicativi dell’erronea convinzione dei venditori di essersi liberati già all’atto della vendita immobiliare davanti al notaio R. del 23.3.2005 dall’obbligazione di pagamento del mutuo di residui € 190.491,91 contratto in precedenza con la Banca dell’Umbria 1462 SPA, ha ritenuto che gli attuali ricorrenti fossero a conoscenza del fatto che sarebbero stati liberati dalla suddetta obbligazione solo con l’eventuale successiva dichiarazione liberatoria della banca citata in virtù di quanto indicato all’art. 14 del capitolato allegato all’atto di mutuo del 29.1.2003 per averlo loro stessi consegnato al notaio R. per la predisposizione dell’atto di compravendita. La Corte d’Appello di Roma ha quindi confermato la sentenza di primo grado perché l’atto rogato dal notaio R. non presentava irregolarità, o ambiguità di formulazione, escludendo che il notaio R. avesse l’obbligo di informare i venditori suoi clienti in merito alle caratteristiche dell’accollo del mutuo previsto nell’atto da lui rogato. In realtà poiché il dovere di consiglio deriva dall’obbligo di buona fede oggettiva che impone al notaio, sulla base del contenuto dell’atto rogato, di dare in ogni caso informazioni ai clienti che l’hanno incaricato sugli effetti dello stesso, e sulla corrispondenza di essi alla volontà manifestata dalle parti, l’operatività di tale dovere, anche in conformità all’art. 42 del codice deontologico notarile, non può essere limitata ai casi in cui l’atto rogato presenti delle clausole di contenuto ambiguo, o delle difformità rispetto alla volontà manifestata dalle parti, o in cui le parti dell’atto rogato si trovino in una condizione soggettiva di minorata tutela, tanto più che nella specie il notaio era in possesso delle cognizioni tecnico-giuridiche, non disponibili da parte dei venditori, necessarie a distinguere la diversità di effetti di un accollo meramente interno, quale quello inserito nella specie nell’atto di compravendita rogato, rispetto a quelli di un accollo esterno liberatorio. Il semplice possesso del capitolato del mutuo consegnato dai venditori al notaio per la predisposizione dell’atto di compravendita dell’immobile gravato da mutuo non poteva del resto fornire ai venditori informazioni complete sul contenuto e sugli effetti dell’atto rogato dal notaio R. sopravvenuto. Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto (vedi in tal senso Cass. 17.1.2012 n. 546; Cass. 11.1.2006 n. 264), e quindi nella compravendita il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo, e che le informazioni sulla distinzione tra gli effetti dell’accollo interno e dell’accollo liberatorio sarebbero state doverose anche in relazione al fatto che il notaio aveva inserito nell’atto di compravendita firmato dalle parti il rilascio contestuale di quietanza di saldo del prezzo e la rinuncia all’ipoteca legale, così derogando alla disciplina dell’ipoteca legale dell’art. 2817 n. 1) cod. civ. posta a tutela dell’alienante in ordine all’incasso del prezzo del bene venduto.
All’accoglimento del ricorso segue la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.