Nel caso di specie difetta il presupposto necessario per la configurabilità del delitto di omissione di atti d'ufficio, ovvero le “ragioni di giustizia” a sostegno del decreto di restituzione disposto dal Prefetto. Confermata l'assoluzione.
Il ricorso, proposto ai soli effetti civili, è proposto dalla parte civile ed ha ad oggetto la decisione con la quale la Corte d'Appello ha confermato l'assoluzione dell'imputato dal reato di cui all'
In sostanza...
Svolgimento del processo
1. Il ricorso - ai soli effetti civili - proposto da C. G. M., Parte civile, ha ad oggetto la sentenza della Corte di appello di Palermo del 07/04/2022 che ha confermato quella di primo grado che aveva assolto C. R. dall'imputazione di cui all'art. 328 cod. pen. perché il fatto non sussiste.
All’imputato, nominato custode di un'autovettura sottoposta a sequestro amministrativo perché priva della copertura assicurativa, è contestato di essersi rifiutato di restituirla al titolare della società che gliela aveva venduta - non risultando poi perfezionato il relativo contratto di compravendita per mancato versamento integrale del prezzo pattuito; restituzione disposta con provvedimento emesso dal Prefetto di Palermo in data 12 maggio 2014.
2. Avverso l'indicata sentenza di appello ricorre la Parte civile, a mezzo del proprio difensore, deducendo quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in riferimento all'elemento costitutivo del reato di cui all'art. 328 cod. pen. rappresentato dal rifiuto indebito. Sul punto, evidenzia il ricorrente che la motivazione dell'assoluzione "perché il fatto non sussiste" si è fondata sulla presunta giustificazione fornita dall'imputato per il mancato rispetto del provvedimento prefettizio, costituita dal convincimento che, avendo pagato la maggior parte della somma pattuita per l'acquisto della vettura, il mezzo era di sua proprietà. Tale argomentazione è illogica e giuridicamente errata, dal momento che il passaggio di proprietà non si era mai verificato, difettando financo l'accettazione della proposta di acquisto, e che il parziale pagamento del prezzo non può far sorgere alcun diritto di proprietà sul bene. In ogni caso, anche laddove si dovesse pervenire alla conclusione che l'imputato fosse divenuto proprietario, nondimeno il mancato adempimento del provvedimento del Prefetto, avente natura di esecutorietà e nei cui confronti non è ammissibile una sorta di "diritto di autotutela", integra il delitto contestato. Sotto altro profilo, a fronte della piena consapevolezza del provvedimento di restituzione e del pervicace rifiuto di adempiervi, irrilevante è la eventuale errata convinzione nutrita dall'imputato in ordine alla liceità della sua condotta omissiva, trattandosi di ignoranza inescusabile della legge penale.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in riferimento all'elemento del reato ascritto rappresentato dalla "urgenza di provvedere". Sul punto, si rileva che, erroneamente, la Corte di appello ha ritenuto - male interpretando la giurisprudenza di legittimità che si è occupata di detto aspetto - che l'atto omesso non rientrasse tra quelli che debbono essere eseguiti senza ritardo e comunque con urgenza.
2.3. Con il terzo motivo si censura la sentenza della Corte territoriale per vizio di motivazione e travisamento della prova in riferimento al contenuto dell'atto omesso che, contrariamente a quanto indicato nella sentenza, consisteva proprio nella restituzione della vettura alla società del C. (la C. s.r.l.).
2.4. Con il quarto motivo, infine, si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in riferimento alla ritenuta non configurabilità del reato per l'assenza nella condotta dell'imputato di "una violazione dell'ordine pubblico", elemento, questo, che non è indicato nella norma incriminatrice che richiede solamente che l'atto omesso debba, per ragioni di ordine pubblico, essere compiuto senza ritardo.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente rileva il Collegio che il profilo problematico relativo all'ambito di applicazione della nuova disciplina contenuta nel comma 1-bis dell'art. 573 c.p.p. (in ragione del quale all'udienza del 28 febbraio 2023 è stato disposto il rinvio della trattazione del ricorso), è stato, come è noto, risolto dalle Sezioni unite. Il Supremo Collegio, all'udienza dello scorso 25 maggio, secondo quanto precisato nell'informazione provvisoria, ha affermato il principio di diritto secondo cui «la suddetta previsione si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile è intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell'art. 99-bis del predetto d. lgs. n. 150 del 2022». Pertanto, essendosi il C. costituito parte civile nel giudizio di primo grado, definito nel febbraio del 2019, non vi è dubbio che al presente ricorso debba applicarsi la disciplina precedente alla modifica introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022.
2. Nel merito, il ricorso è infondato.
3. Le sentenze di primo e secondo grado hanno escluso la sussistenza del delitto di cui all'art. 328 cod. pen. fondandosi, però, su argomentazioni non coincidenti.
3.1. Secondo il Tribunale, C. successivamente al decreto di restituzione della vettura al C. aveva cessato di rivestire la qualifica di custode, e dunque di pubblico ufficiale; circostanza che aveva fatto venir meno il presupposto soggettivo del reato contestato. Inoltre, l'atto posto in essere dall'imputato - ossia la mancata restituzione del veicolo alla società di cui la Parte civile era legale rappresentante - non poteva ritenersi avere creato un pericolo per la sicurezza pubblica e di conseguenza difettava un ulteriore elemento costitutivo della fattispecie ex art. 328 cod. pen.
3.2. La Corte territoriale, invece, ha confermato l'assoluzione dell'imputato ma in relazione ai diversi elementi rappresentati dal requisito oggettivo del rifiuto del compimento del proprio ufficio e dall'assenza di urgenza di provvedere all'atto medesimo. Ciò in quanto, dopo la notifica del decreto prefettizio che imponeva la restituzione del veicolo, C. "si era immediatamente attivato, recandosi presso i Carabinieri di Villagrazia di Carini per rappresentare le proprie ragioni e producendo, a tal fine, alla P.G. sia il contratto stipulato con la C. che la copia di uno degli assegni dati per il pagamento del mezzo" (circostanza questa, affermata dall'imputato, che ha trovato piena conferma nella deposizione del comandante la Stazione CC)". Pertanto, rileva ancora la Corte di appello, tali dichiarazioni "... consentono di definire in maniera assai chiara i contorni della vicenda, portando certamente ad escludere che il C. si possa essere semplicemente rifiutato di eseguire il decreto prefettizio che richiedeva la consegna del bene al legittimo proprietario e ciò in considerazione del fatto che egli riteneva, a buon diritto, di esserlo, avendo versato la maggior parte del prezzo pattuito". Inoltre, la sentenza impugnata evidenzia che il provvedimento prefettizio in questione "non può certamente annoverarsi tra quelli che devono essere eseguiti senza ritardo e, dunque, con urgenza, nonché l'ulteriore circostanza che la condotta contestata al C. non viola indiscutibilmente l'ordine pubblico, altro requisito richiesto dalla norma in esame".
4. Le suesposte argomentazioni sono contestate dalla ricorrente Parte civile, secondo cui l'imputato non era mai divenuto proprietario dell'auto, avendone pagato solo l'80% del prezzo pattuito e comunque non era mai intervenuta la conclusione del contratto di acquisto; in ogni caso, a fronte del provvedimento di restituzione del veicolo, di cui era stato nominato custode a seguito del sequestro amministrativo, C. non poteva opporre un rifiuto in quanto "i provvedimenti della pubblica autorità - e gli obblighi che ne conseguono - non sono mai suscettibili di essere disattesi unilateralmente e arbitrariamente dai destinatari" e a fronte della ritenuta illegittimità dello stesso l'imputato avrebbe dovuto impugnarlo nei modi previsti dall'ordinamento, non potendosi ipotizzare una sorta di diritto di autotutela. Inoltre, sussiste certamente il dolo e irrilevante è l'erroneo convincimento di trovarsi in una situazione per la quale l'imputato era legittimato a ritenere per sé il bene oggetto del decreto di restituzione. Infine, l'atto doveva essere compiuto con urgenza, era sorretto da chiare "ragioni di giustizia" - e anche di "ordine pubblico" - ed individuava chiaramente il soggetto al quale il veicolo doveva essere restituito (la società C. S.r.l. nella persona dei legali rappresentanti).
5. Tutto ciò premesso, è pacifico che tra le parti vi fosse controversia in ordine alla proprietà della vettura (comunque in possesso del C. anche se non era stato perfezionato il contratto di acquisto) e che il sequestro amministrativo non fu adottato per risolvere detta questione (ovviamente del tutto estranea alle competenze del Prefetto) ma per la violazione dell'obbligo di copertura assicurativa del veicolo.
E' altrettanto pacifico che l'imputato, nominato custode in sede di sequestro, possedesse la qualifica di pubblico ufficiale (in tal senso, v. Sez. 6, n. 48376 del 19/11/2008, Orso, Rv. 242130 - 01) e che tale qualifica non fosse - come erroneamente ritenuto dal Tribunale - venuta meno con la revoca del sequestro.
Ugualmente, non può ritenersi che la convinzione (peraltro infondata atteso che il prezzo non era stato interamente versato e il trasferimento di proprietà non perfezionato) del C. circa la sua qualità di "proprietario" del veicolo potesse valere ad escludere l'elemento soggettivo del reato contestato. Invero, questa Sezione ha precisato che «Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 328 cod. pen. è sufficiente il dolo generico, in quanto l'avverbio "indebitamente", inserito nel testo della disposizione, qualificando l'omissione di atti di ufficio come reato ad antigiuridicità cosiddetta espressa o speciale, connota l'elemento soggettivo, non nel senso di comportare l'esigenza di un dolo specifico, ma per sottolineare la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti» (Sez. 6, n. 33565 del 15/06/2021, Esposito, Rv. 281846 - 01). Nel caso di specie, è certo che l'imputato avesse piena consapevolezza della propria qualità di custode e del contenuto, non equivoco, del provvedimento amministrativo con il quale gli si intimava la restituzione, provvedimento da lui non ottemperato.
6. Difetta tuttavia il presupposto necessario per la configurabilità del delitto di omissione di atti di ufficio.
Come è noto, il primo comma dell'art. 328 cod. pen. (ipotesi contestata al C.) prevede come reato la mera omissione del provvedimento che deve essere compiuto senza ritardo, quando esso incida su beni di valore primario (giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene, sanità).
Nel capo di imputazione, il provvedimento omesso viene indicato come connotato da motivi di "ordine pubblico", ma nella specie non si ravvisa detta finalizzazione, atteso che il sequestro è stato disposto per una violazione amministrativa di carattere formale (l'assenza di copertura assicurativa) in relazione alla quale la restituzione del mezzo non assicurava la tutela dell'ordine pubblico o della sicurezza pubblica.
Sul punto, in un non recente precedente, il cui principio appare condividibile, questa Corte nell'affermare che «In tema di rifiuto ed omissione di atti di ufficio, gli atti che il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio deve compiere senza ritardo non sono quelli genericamente correlati a ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità, ma solo quelli che per tali ragioni devono essere immediatamente posti in essere», ha precisato che non poteva integrare il reato de quo la mancata esecuzione da parte del Sindaco di una ordinanza prefettizia che disponeva l'iscrizione di determinati soggetti nell'anagrafe della popolazione residente. Ciò in quanto «non tutti i provvedimenti del Prefetto sono sorretti da ragioni di pubblica sicurezza ed al contempo tali ragioni nel caso specifico non potevano derivare dalle conseguenze delle risultanze anagrafiche nella formazione e tenuta delle liste elettorali in quanto il danno in questione è indiretto ed altrimenti tutelabile» (Sez. 6, n. 10862 del 21/09/1995, Durante, Rv. 203197 - 01). Principio, questo, che si attaglia perfettamente al caso in esame.
Nel suo ricorso la Parte civile ha però sostenuto che, al di là della formale indicazione dell'imputazione circa le "ragioni di ordine pubblico", in realtà il decreto di restituzione era stato adottato per ragioni di giustizia. A tal fine, ha evocato un precedente di questa Sezione, (Sez. 6, n. 39481 del 28/08/2017, La Bruna, non massimata). In particolare, in detta pronuncia si è ritenuto che «integra il reato di omissione o rifiuto di atti di ufficio la condotta del custode di cose sottoposte a sequestro penale o amministrativo il quale venga meno agli obblighi che debbano trovare esecuzione senza ritardo a lui imposti per ragioni di giustizia, là dove le ragioni di giustizia devono identificarsi con quelle che riguardano il regolare compimento di tutte le attività relative alla gestione dell'amministrazione della giustizia. La natura pubblica della custodia esclude la configurabilità dell'esercizio del diritto di ritenzione destinato invece ad operare là dove si fronteggino posizioni paritetiche entrambe contrassegnate da rilievo privatistico. Ove il soggetto, affidatario con obblighi di custodia di un autoveicolo, sia tenuto alla restituzione del bene in seguito a provvedimento di convalida del sequestro preventivo già operato dalla p.g., il credito che egli eventualmente vanti nei confronti del proprietario, a cui il bene stesso debba essere restituito per ragioni di giustizia, non può valere a scriminare la condotta di rifiuto alla restituzione da lui frapposta.
... il custode non può rifiutare la restituzione del bene in esecuzione di un provvedimento dell'A.G. in ragione della natura pubblica dell'assolto compito che non tollera, come tale, improprie interferenze con ragioni squisitamente privatistiche».
Rileva il Collegio che il provvedimento di restituzione della vettura alla C. non era sorretto neppure da "ragioni di giustizia". In relazione all'individuazione delle stesse, la giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che «In tema di omissione di atti di ufficio, per atto di ufficio da compiersi senza ritardo per ragioni di giustizia, deve intendersi solo un ordine o provvedimento autorizzato da una norma giuridica per la pronta attuazione del diritto obiettivo e diretto a rendere possibile, o più agevole, l'attività del giudice, dei pubblico ministero o degli ufficiali di polizia giudiziaria» (Sez. 6, n. 10060 del 10/02/2021, PG c. Nicastro, Rv. 280876 - 01; Sez. 6, n. 5688 del 13/12/2013 - dep. 2014, Bernardo, Rv. 258694 - 01 che ha escluso che possa integrare di omissione di atti di ufficio la mancata adozione, da parte del sindaco, dell'ordinanza di sospensione dei lavori, che deve essere emessa dal nel caso di lottizzazione abusiva). Condizioni, queste, nella specie evidentemente non sussistenti.
D'altro canto, anche il precedente citato dalla ricorrente Parte civile non risulta in termini. In quel caso si trattava di una vettura, sequestrata in un procedimento penale, di cui l'Autorità giudiziaria aveva disposto la restituzione al proprietario, restituzione rifiutata dal custode, terzo, perché non gli erano state corrisposte le relative spese per la custodia del mezzo (ricorrendo dunque tutti i presupposti per ritenere il provvedimento impartito "per ragioni di giustizia"). Ragioni di giustizia che, invece, non ricorrono nel caso in esame, nel quale si è in presenza di un provvedimento di natura amministrativa, adottato dal Prefetto in relazione a violazione amministrativa e al di fuori di qualsivoglia procedimento giudiziario.
Per le suesposte ragioni, si impone il rigetto del ricorso della parte civile cui consegue, come per legge, la condanna della stessa al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.