
Buona fede del titolare del marchio posteriore e prolungata coesistenza rappresentano gli elementi da accertare ai fini della sussistenza di tale preclusione. Irrilevante, invece, il fatto che il titolare del marchio per primo registrato abbia acconsentito all'utilizzo del marchio non registrato in un ambito strettamente locale.
La controversia trae origine dall'accoglimento della domanda di registrazione di un marchio avanzata da una società, a cui l'attuale ricorrente si opponeva.
L'opposizione alla registrazione veniva accolta, ma la Commissione dei ricorsi contri i provvedimenti dell'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) accoglieva in parte...
Svolgimento del processo
In data 29/07/1996, la S. Servizi Automobilistici Ing. S. - s.p.a. si scindeva in tre nuove società – la S. Trasporti s.p.a., la S. autolinee
s.p.a. e la S. Viaggi s.p.a - che svolgevano tutte i servizi di trasporti pubblici di linea.
In data 25/10/1996 la S. Trasporti s.p.a. depositava domanda di registrazione del proprio marchio consistente nella scritta “S. trasporti”, recante, nella sottostante zona, 5 righe a sviluppo orizzontale di vari colori e, ancora più sotto, la scritta “S. TRASPORTI S.P.A. SERVIZI AUTOMOBILISTICI ING. S.”.
Il marchio veniva registrato e la registrazione veniva rinnovata due volte, a seguito della presentazione della relativa domanda il 25/10/2006 e, poi, il 20/10/2016.
Con domanda del 18/03/2016, la S. Autolinee s.p.a. chiedeva la registrazione del marchio in contestazione, descrivendolo come composto da una impronta a forma di trapezio isoscele riempito da tre strisce orizzontali di colore verde, ove sulla parte superiore era parzialmente sovrapposta la scritta S. di colore oro con sottostante la scritta autolinee di colore bianco in corsivo continuo.
L’attuale ricorrente proponeva opposizione alla registrazione, che veniva accolta, ma la Commissione dei ricorsi contri i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) accoglieva in parte l’impugnazione della S. Autolinee s.p.a., ritenendo che la coesistenza per un ingente lasso di tempo (circa venti anni) dei due segni all’interno del mercato avesse consentito al pubblico interessato di identificare e distinguerli, con conseguente insussistenza, in concreto, del rischio di confusione e associazione di cui all’art. 12 d.lgs. n. 30 del 2005.
Avverso tale statuizione, la S. Trasporti s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Il Ministero dello sviluppo economico e la S. Autolinee s.p.a. si sono difese con controricorso.
La S. Trasporti s.p.a. e la S. Autolinee s.p.a. hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, comma 1, lett. d) d.lgs. n. 30 del 2005, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata
— pur avendo identificato l’elemento dominante del marchio della ricorrente nella stessa parola S., dalla struttura geometrica affine nei due segni distintivi, di cui la stessa Commissione non aveva potuto porre in dubbio l’originalità ed efficacia individualizzante, in ragione dell’assenza di alcuna aderenza concettuale al prodotto contraddistinto — ha ritenuto di attribuire rilievo distintivo ad elementi chiaramente secondari, in quanto tali insufficienti ad influire sul piano della riconoscibilità e percezione da parte degli utenti, esposti al rischio di confusione.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12, comma 1, lett. d), 20 e 21, comma 2, d.lgs. n. 30 del 2005, oltre che dell’art. 2569 e 2571 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso il rischio di confusione, invece esistente, consentendo la registrazione della S. Autolinee s.p.a. e, in questo modo, estendendone gli effetti di privativa a tutto il territorio nazionale, in relazione al quale era impossibile configurare una pregressa coesistenza tra i due segni, essendovi stato solo un uso locale del marchio della S. Autolinee s.p.a.
2. I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della reciproca connessione esistente tra gli stessi, risultando nel complesso fondati.
3. Com’è noto, l’art. 12, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 30 del 2005, stabilisce che «1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni che alla data del deposito della domanda: … d) siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorità o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.»
Specularmente, il successivo art. 20, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 30 del 2005, prevede che «1. I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica: …omissis… b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.»
4. Nella specie, la Commissione, pur riscontrando elementi di somiglianza tra i due marchi, recanti solo alcune variazioni grafiche e fonetiche, ha ritenuto che le vicende relative alle due società, La S. Trasporti s.p.a. e la S. Autolinee s.p.a., fossero idonee ad escludere il rischio di confusione e di associazione tra i marchi in conflitto.
La Commissione ha, in particolare, ritenuto che, in presenza delle variazioni come sopra riscontrate tra i segni, riconoscibili o comunque percepibili dai consumatori, dovesse escludersi il rischio di confusione, tenuto conto dell’uso prolungato del marchio della S. Autolinee s.p.a. con il consenso della S. Trasporti s.p.a., prima che ne venisse richiesta la registrazione.
A determinare tale conclusione è stata la diffida inviata dalla S. Trasporti s.p.a. alla S. Autolinee s.p.a. il 16/11/2015, che ha anticipato di pochi mesi la richiesta di registrazione, poiché la Commissione ha dato rilievo al fatto che, senza contestare l’uso del lemma S. nel segno distintivo di quest’ultima società, la S. Autolinee s.p.a. aveva lamentato che l’altra impresa avesse offerto i propri servizi fuori dell’ambito territoriale ad essa designato negli accordi posti a base della scissione della società madre.
Secondo la menzionata Commissione, era certo che il marchio oggetto della richiesta di registrazione fosse stato utilizzato dalla S. Autolinee
s.p.a. con il consenso della S. Trasporti s.p.a., sin dal 1996 (e cioè dalla menzionata scissione), sia pure limitato ad un determinato ambito territoriale.
In tale ottica, secondo la Commissione, l’uso acconsentito del marchio, pur non integrando i requisiti per la convalidazione ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 30 del 2005, aveva determinato l’assenza di qualsiasi astratto pericolo di confusione, in applicazione del principio della “preclusione per coesistenza”, affermato dalla Corte di giustizia nella pronuncia riferita al caso “Budweiser” (CGUE, 22 settembre 2011, causa C-482/09), in virtù del quale, al ricorrere di circostanze di carattere eccezionale, la possibilità de facto di opporre l’esistenza del rischio di confusione sarebbe preclusa dall’uso prolungato dei segni nel tempo.
5. La decisione della Corte di giustizia UE richiamata, riferita al caso “Budweiser” (CGUE, 22 settembre 2011, causa C-482/09), è stata adottata durante la vigenza della direttiva n. 89/104/CEE (prima direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa), la quale all’art. 4, comma 1, lett. b), stabiliva che «1. Un marchio di impresa è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo: …omissis… b) se l'identità o la somiglianza di detto marchio di impresa col marchio di impresa anteriore e l'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi di impresa può dar adito a un rischio di confusione per il pubblico comportante anche un rischio di associazione tra il marchio di impresa ed il marchio di impresa anteriore.» Il successivo art. 5, comma 1, lett. b), della menzionata direttiva disponeva, inoltre, che «1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio: …omissis… b) un segno che, a motivo dell'identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.»
Com’è noto, alla direttiva sopra menzionata ha fatto seguito dapprima la direttiva n. 2008/954/CE e poi la direttiva n. 2015/2436/UE, recanti disposizioni analoghe nei rispettivi articolati, che si ritrovano nei sopra riportati artt. 12 e 20 d.lgs. n. 30 del 2005.
6. La menzionata pronuncia della la CGUE ha ritenuto che l'art. 4, n. 1, lett. a), della direttiva n. 89/104/CEE, appena menzionato, dev'essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio anteriore non può ottenere l'annullamento di uno posteriore identico che designa prodotti identici, in caso di uso simultaneo nello stesso Stato membro, fatto in buona fede, e per lunga durata dei due marchi d'impresa quando, in circostanze specifiche, come quella del caso concreto, tale uso non pregiudichi né possa pregiudicare la funzione essenziale del marchio, consistente nel garantire ai consumatori l'origine dei prodotti o dei servizi.
In particolare, la CGUE ha, così, affermato che l’uso da parte della B. del marchio B.nel Regno Unito non poteva pregiudicare la funzione essenziale del marchio B. di cui l’A.B. era titolare, in quanto: 1) l’A.B.e la B. commercializzavano entrambe nel Regno Unito le loro birre con il segno verbale «B.» o con un marchio d’impresa che comprendeva tale segno da circa 30 anni prima della loro registrazione; 2) l’A.-B. e la B. erano state autorizzate a registrare congiuntamente e simultaneamente i loro marchi B. in seguito ad una sentenza pronunciata dalla Court of Appeal (England & Wales), Civil Division, nel febbraio 2000; 3) l’A.B. aveva presentato una domanda di registrazione del termine «B.» come marchio d’impresa nel Regno Unito prima della B., ma entrambe le imprese utilizzavano i loro marchi B.in buona fede sin dall’origine; 4) sebbene le denominazioni fossero identiche, i consumatori del Regno Unito percepivano chiaramente la differenza tra le birre della B. e quelle dell’A.B., in quanto il loro gusto, il loro prezzo e la loro presentazione erano sempre stati diversi; 5) dalla coesistenza dei due marchi d’impresa sul mercato del Regno Unito si evinceva che, nonostante i due marchi fossero identici, le birre dell’A.-B. e della B. erano chiaramente identificabili come prodotte da imprese diverse.
7. In sintesi, la Corte di giustizia UE ha interpretato l'ambito di applicazione dell'art. 4 della direttiva 89/104/CEE (cui corrisponde l’art. 20 d.lgs. n. 30 del 2005), delineando un'ipotesi del tutto particolare in cui viene meno il requisito essenziale del pericolo di confusione tra segni distintivi, che preclude al titolare del marchio per primo registrato di agire per far accertare l’invalidità del marchio successivo e per ottenere l’inibitoria del suo uso. Si tratta di eventualità del tutto eccezionale, che richiede l’accertamento della prolungata coesistenza dei marchi all’interno dello stesso Stato membro ed anche della buona fede del titolare del marchio posteriore.
In presenza di tali presupposti, la contestuale presenza dei marchi sul mercato, proprio per il significativo lasso di tempo in cui si protrae, modifica l'originario assetto d'interessi coinvolti nel conflitto. Con il trascorrere del tempo, i due marchi - in origine potenzialmente confondibili - assumono autonoma capacità distintiva, facendo venire meno il rischio di confusione in concreto. Inoltre, la pacifica coesistenza per lungo periodo fa sorgere un legittimo affidamento in capo al titolare del marchio posteriore a poter continuare l'uso del proprio marchio, tanto più in virtù del fatto che egli ha conquistato una propria non interferente porzione di mercato. I consumatori, d'altro canto, con il passare del tempo, acquisiscono la consapevolezza delle differenze tra i prodotti e i marchi, e compiono scelte consapevoli.
8. Si deve prima di tutto rilevare che l’accertamento della “preclusione per coesistenza” è stata configurata, anche in seno alla giurisprudenza nazionale (cfr. da ultimo Appello Milano, n. 547 del 02/02/2021), in fattispecie in cui il titolare del marchio per primo registrato ha agito per far accertare la nullità del segno distintivo successivamente registrato o per inibirne l’uso avanti all’autorità giudiziaria. E, in effetti, la verifica dei presupposti per ritenere preclusa la tutela in capo a quest’ultimo richiede complessi accertamenti in fatto che mal si conciliano con il procedimento essenzialmente cartolare che scaturisce dall’opposizione alla richiesta di registrazione.
Nel caso di specie, tuttavia, i presupposti per l’applicazione di tale principio sono stati ravvisati dalla diffida proveniente dalla titolare del marchio registrato che, secondo la Commissione, ha dimostrato un uso autorizzato del marchio simile, poi oggetto della domanda di registrazione da parte della S. Autolinee s.p.a., sia pure in ambito locale.
9. Come sopra evidenziato, perché possa operare il principio della “preclusione per coesistenza”, occorre la dimostrazione di un uso simultaneo – in buona fede e di lunga durata - dei due marchi d’impresa.
Come pure si evince dalla decisione della Corte di giustizia UE sopra riportata, che ha dato rilievo al prolungato e contemporaneo uso dei due marchi all’interno dello stesso Stato membro, la coesistenza rilevante ai fini della preclusione della tutela al titolare del marchio registrato deve essere valutata con riferimento all’intero ambito operativo della privativa di cui il titolare del diritto di esclusiva può godere e che, invece, proprio in ragione della menzionata coesistenza, gli è preclusa.
Risulta, pertanto, evidente che ai fini della configurabilità della “preclusione per coesistenza” non può assumere rilievo il fatto che il titolare del marchio per primo registrato abbia acconsentito all’utilizzo del marchio non registrato in un ambito strettamente locale.
In questo caso, infatti, la coesistenza non è autorizzata su tutto il territorio nazionale, ma riguarda uno spazio territoriale ristretto che, come tale, non consente di privare il titolare del marchio per primo registrato dei diritti derivanti dalla registrazione.
10. Nel caso di specie, la Commissione non si è attenuta a tale principio, perché ha ritenuto che potesse operare la “preclusione per coesistenza” in ragione del consenso prestato dalla S. Trasporti s.p.a. all’uso del marchio oggetto della richiesta di registrazione all’interno di un determinato ambito locale (p. 7 della sentenza impugnata).
11. In conclusione, il ricorso deve essere accolto in applicazione del seguente principio di diritto:
“In tema di marchi d’impresa, la ‘preclusione per coesistenza’ che rappresenta un'ipotesi del tutto particolare in cui viene meno il requisito essenziale del pericolo di confusione tra i segni distintivi di cui all’art. 20, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 30 del 2005, richiede l’accertamento della prolungata coesistenza dei marchi ed anche della buona fede del titolare del marchio posteriore, fermo restando che la coesistenza deve essere valutata con riferimento all’intero ambito operativo della privativa di cui il titolare del diritto di esclusiva può godere e che, invece, proprio in ragione della menzionata coesistenza, gli è limitata, con la conseguenza che non può assumere rilievo, ai fini della integrazione di tale ipotesi, il fatto che il titolare del marchio per primo registrato abbia acconsentito all’utilizzo del marchio identico o simile in un ambito strettamente locale.”
12. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata nei limiti di cui in motivazione e la causa deve essere rinviata alla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’UIBM, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione, rinviando la causa alla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’UIBM, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.