Svolgimento del processo
1. La Corte d'Appello di Lecce, con sentenza del 22 aprile 2022, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lecce di condanna di S.G. in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv cod. pen., 186, comma 2, e 187, comma 1, d.lgs 30 aprile 1992 n. 285, commesso in (omissis) il 1° luglio 2017, ha eliminato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, confermando nel resto.
Nelle conformi sentenze di merito, si dà atto che il ricorrente, alla guida di una bicicletta, era caduto per terra e che la polizia giudiziaria intervenuta sul posto lo aveva trovato in stato di alterazione psicofisica, confermato dagli accertamenti effettuati sia con riferimento all'ebbrezza alcolica (tasso alcolemico accertato pari a 1,5, g/1), sia con riferimento alla positività ai cannabinoidi.
2. L'imputato ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo dei reati contestati. Il ricorrente rileva che la Corte di Appello aveva ritenuto che S.G. fosse caduto mentre si trovava in sella alla bicicletta, e non già mentre a piedi con le mani stava trasportando il mezzo, sulla base dell'assunto apodittico per cui non sarebbe stato ragionevole disporre di un mezzo di locomozione funzionante e non utilizzarlo. Da un lato rileva che tutti i testi escussi avevano riferito di essere intervenuti quando già S.G. era per terra, mentre l'unico teste, che secondo l'app. (omissis), avrebbe assistito alla caduta dalla bici non era stato identificato; dall'altro osserva che doveva al contrario ritenersi plausibile che S.G., proprio perché aveva bevuto e assunto cannabinoidi, avesse deciso di spingere la bicicletta a piedi. Nel corso dell'istruttoria non era stato accertato, come invece sarebbe stato necessario, se le ferite riportate da S.G. fossero riconducibili ad una caduta dalla sella della bici, piuttosto che ad una caduta da pedone, mentre l'unico dato certo era che la bicicletta non aveva riportato danni.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Il difensore osserva che, al momento dell'accesso al Pronto Soccorso, S.G. era in preda ad una crisi epilettica, riconducibile ad una patologia di cui soffriva e per la quale era stato operato (colesteatoma all'orecchio sinistro), sicché la Corte avrebbe dovuto indagare se la caduta dovesse essere ricondotta a tale patologia, piuttosto che all'assunzione di alcol e di cannabis.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per essere stata ritenuta applicabile la disciplina di cui agli artt. 186 e 187 CdS, anche in caso di conduzione di bicicletta. Secondo il difensore le fattispecie penali in esame non sarebbero configurabili nell'ipotesi oggetto del giudizio, se non attraverso una applicazione analogica, vietata in materia penale.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. La motivazione della Corte, fondata sulla situazione di pericolo per la circolazione stradale creata dal ricorrente, sarebbe contraddittoria, posto che non vi era prova che effettivamente si fosse verificato pericolo per gli utenti della strada; peraltro il Tribunale in primo grado, allo stesso fine, aveva, invece, dato rilievo al fatto che la bicicletta fosse di provenienza furtiva, nonostante nei confronti di S.G. fosse intervenuto, in ordine a tale imputazione, il decreto di archiviazione.
2.5. Con il quinto motivo, ha dedotto la violazione di legge per essere maturata la prescrizione del reato alla data dell'l luglio 2022.
3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto L.T., ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Il primo motivo, con cui il ricorrente si duole, in ultima analisi, della ricostruzione dei fatti come operata nelle conformi sentenze di merito, è manifestamente infondato. E' noto che nel caso in cui il giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purché la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri di valutazione della prova (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019 E. Rv. 277218). Quanto alla natura del ricorso in cassazione, si è affermato che il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo, Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l'apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Ciò premesso, nel caso di specie i giudici di merito hanno ricostruito l'accaduto sulla base della testimonianza dell'agente di polizia giudiziaria. Questi aveva riferito di essersi recato sul luogo dell'accaduto dopo aver ricevuto la segnalazione, da parte di un testimone oculare, in merito alla caduta di un uomo da una bicicletta e di aver trovato S.G. a terra ferito e in stato di alterazione psicofisica, confermata dai successivi esami. Sulla scorta di tali dati, i giudici hanno ritenuto che S.G. si fosse posto alla guida della bicicletta e avesse perso il controllo a causa dello stato di alterazione psico fisica legata all'assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti, rilevando che la diversa ricostruzione, secondo la quale il ricorrente non era in sella alla bicicletta, ma la stava conducendo a mano, irragionevole e, comunque, non stata neppure prospettata nella immediatezza dal ricorrente.
Il percorso argomentativo adottato pare congruo, coerente con i dati riportati e non manifestamente illogico nelle inferenze tratte da tali dati. Di contro i le censure del ricorrente sono meramente reiterative di quelle già formulate in sede di impugnazione e, in assenza di confronto con la motivazione dei giudici di merito, non valgono a incrinarne la tenuta, ma semmai prospettano al giudice di legittimità inammissibile ricostruzione alternativa dei fatti.
3. Il secondo motivo, con cui si censura la mancata considerazione ad opera della Corte della pregressa patologia di cui soffriva il ricorrente, possibile causa del malore e della caduta, è inammissibile in quanto non dedotto in appello e formulato per la prima volta con il ricorso in esame.
4. II terzo motivo, con cui si censura la configurabilità delle fattispecie di reato contestate nel caso di guida di bicicletta, è manifestamente infondato. La pronuncia, infatti, è conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, posto che anche tale mezzo è idoneo a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale, ferma la inapplicabilità concreta delle sanzioni amministrative accessorie previste per tale reato, come, ad es., della sospensione della patente di guida, non praticabile nel caso in cui per la guida del mezzo non sia prevista abilitazione (Sez. Un., n. 12316 del 30/01/2002, Rv. 221039; Sez. 4, n. 4893 del 22/01/2015, Pastore, Rv. 262038). Nel caso di specie, la Corte, dando atto della ricorrenza di entrambe le ipotesi di reato contestate, ha revocato, in ossequio al dictum su indicato, la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida.
5.11 quarto motivo, con cui si censura il mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex 131 bis cod. pen, è manifestamente infondato. Va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590) e dopo le modifiche ad opera dell'art. 1, comma 1 lett. c), d. lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, anche alla condotta successiva al reato. A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti {Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647), dovendo, comunque, il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato per valutarne la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940). Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all'art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione.
Con riferimento specifico ai reati in esame, le Sezioni Unite di questa Corte, da tempo, hanno chiarito che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis cod. pen. è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all'interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266589). Ciò non toglie che la valutazione in ordine alla configurabilità del fatto di particolare tenuità deve essere effettuata in concreto, con riguardo alle concrete circostanze di ogni singolo caso che possano avere rilievo, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo oggettivo.
Nel caso di specie la Corte ha dato conto delle ragioni del mancato riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando che l'imputato si trovava in grave stato di alterazione da uso sia di bevande alcoliche, che di sostanze stupefacenti, tale da creare una situazione di serio pericolo per la circolazione stradale. La Corte, dunque, ha compiuto una valutazione della gravità della condotta coerente con la natura giuridica delle fattispecie di reato in esame, che realizzano una tutela anticipata rispetto a situazioni di potenziale pericolo per la incolumità degli utenti della strada.
6. Infine, il quinto motivo, con cui si eccepisce il decorso del termine di prescrizione, è manifestamente infondato. La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, infatti, ha più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
7. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.