Svolgimento del processo
Nel 2010 il condomino G.P. impugnava dinanzi al Giudice di pace di Ragusa la delibera del 7/07/2010 del Condominio (omissis). In primo grado l’impugnazione veniva rigettata. In appello, il G.P. domandava la riforma integrale della pronuncia per i seguenti motivi: (a) erronea attribuzione a lui dell'obbligo di pagamento di spese connesse alla manutenzione del verde condominiale (punti 1 e 3); (b) sua partecipazione alle spese previste per le assemblee straordinarie; erronea attribuzione delle spese inerenti alla manutenzione della caditoia (punto 5); genericità e indeterminatezza nella nomina del tecnico per l'adeguamento dell'impianto fognario ed acque bianche (punto 6); lacunosità e indeterminatezza nella nomina del tecnico con riferimento ad una raccomandata del 23/06/2010 (punto 9); erronea attribuzione a lui dell’installazione di una molla nei cancelletti pedonali (varie ed eventuali). Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello ex art. 339 co. 3 c.p.c. perché il valore della causa non supera € 1.100. (Trattandosi infatti di causa instaurata prima del 2017, si applica tale limite di valore, non quello di € 2.500, al fine di individuare il novero delle cause da decidersi secondo equità ex art. 113 co. 2 c.p.c.).
Ricorre in cassazione G.P. con un motivo. Resiste il Condominio con controricorso.
Cass. 10134/2021 ha rimesso dalla sesta sezione in pubblica udienza per difetto di evidenza decisoria.
Motivi della decisione
1. - Con l’unico motivo si censura che il Tribunale di Ragusa abbia dichiarato inammissibile l’appello sull’assunto che le somme oggetto di contestazione fossero inferiori a € 1.100, con conseguente qualifica- zione della pronuncia del Giudice di pace come pronuncia secondo equità e quindi appellabile solo per i motivi ex art. 339 co. 3 c.p.c. Si deduce violazione degli artt. 10, 12, 112, 339 c.p.c. nonché omesso esame circa fatti decisivi.
La parte censurata della sentenza è la seguente: «Secondo l'appellante il limite [della competenza per valore del giudice di pace] sarebbe superato [per le] somme dovute in relazione al punto 5 dell'ordine del giorno (lavori di ristrutturazione solaio garages: programmazione inizio interventi), ma in realtà si tratta di lavori già deliberati di cui viene stabilito il mero avvio con la delibera oggetto della presente impugnazione. Le somme contestate sono pertanto inferiori a € 1.100 con conseguente interpretazione della decisione del giudice di pace come posta in essere secondo equità». Il Tribunale si riferisce ad una precedente delibera del 17/02/2010, mentre le spese deliberate in altri punti all’or- dine del giorno non superano € 1.100.
Il ricorrente fa valere essenzialmente l’argomento che la contesta- zione deve intendersi riferita all’intera delibera e che quindi è il valore di questa a dover essere preso in considerazione ai fini della determinazione del giudice competente.
2.1. - Il motivo è fondato.
Come questa Corte ha avuto l’opportunità di mettere in evidenza (cfr. Cass. 9068/2022, che si richiama in particolare a Cass. 19250/2021), la giurisprudenza di legittimità è approdata recente- mente al convincimento che, ai fini della individuazione del giudice competente per valore a conoscere della domanda di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di domanda proposta da un con- domino al fine di contestare l’an o il quantum della quota di partecipa- zione alle spese condominiali a lui attribuita, il valore da prendere in considerazione non si commisura all’entità del singolo importo conte- stato, ma all’intero ammontare della spesa (della cui frazione in capo all’impugnante si controverte), così come risulta dal riparto approvato dall’assemblea del condominio. Tale convincimento ha determinato il superamento del precedente orientamento opposto, che determinava il valore della causa sulla base della singola frazione contestata dell’importo complessivo del relativo capo di spesa. Così, tra le altre, per l’orientamento recentemente superato, Cass. 971/2001 in una fatti- specie in cui si discuteva della ripartizione del 50% delle spese di pulizia secondo i piani in cui si trovano le unità immobiliari, mentre era incontestato l’altro 50% secondo i millesimi.
2.2. - Entrambi gli orientamenti (il precedente e l’attuale) condivi- dono il punto di partenza: cioè, il collegamento tra ambito oggettivo del giudicato e competenza del giudice. Esso può esprimersi in questi termini: sul diritto su cui il giudice è chiamato (dalla legge o dalle parti) a pronunciarsi con autorità di cosa giudicata, egli deve essere fornito di competenza. L’art. 34 c.p.c. esprime tale collegamento nella maniera più evidente («Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo»).
Il legame tra limiti oggettivi del giudicato e competenza del giudice è avvertito come così intenso, che talune autorevoli voci dottrinali lo hanno percorso addirittura in senso inverso: cioè, dato un certo contenuto delle norme sulla competenza se ne sono tratte conseguenze sull’ambito oggettivo del giudicato in ipotesi in cui tale ambito è incerto ed oggetto di dibattito tra dottrina e giurisprudenza.
Esemplare è proprio il ruolo giocato dalla interpretazione della disposizione rilevante nel caso di specie: l’art. 12 c.p.c. Secondo un’opinione classica della dottrina, da tale norma («Il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione») si dovrebbe poter desumere che, ove sia dedotta una singola coppia pretesa-obbligo che si fonda o che è parte di un rapporto complesso (ad es., una rata rispetto al credito nel suo complesso op- pure uno o più canoni di locazione rispetto al rapporto contrattuale nel suo complesso) e il convenuto si limiti a contestare l’esistenza o la validità del rapporto complesso, l’autorità di cosa giudicata si estende all’accertamento di tale rapporto, indipendentemente dal fatto che esso sia tratto ad oggetto ad oggetto di una esplicita domanda di accerta- mento incidentale ai sensi dell’art. 34 c.p.c.
A tale opinione è opportuno giustapporre l’orientamento - in un certo senso opposto - della giurisprudenza di legittimità. Opposto in questo senso: dato un certo ambito oggettivo del giudicato, se ne traggono conseguenze interpretative sull’art. 12 c.p.c. Infatti, la giurisprudenza di legittimità sostiene che l’art. 12 c.p.c. «subisce deroga» nell'ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all'esistenza o alla validità del rapporto, che va, pertanto, preso in considerazione nella sua interezza e non già solo nella parte contestata (così come vorrebbe l’art. 12 c.p.c.) ai fini della determinazione del valore della causa (così, fra le altre, Cass. 2737/2012, in una fattispecie in cui una parte aveva chiesto la restituzione di € 51.650 circa rispetto a un contratto del valore all’epoca di circa 265 milioni di lire).
2.3. – Applicando al caso di specie le considerazioni svolte nel para- grafo precedente, l’orientamento giurisprudenziale recentemente superato trovava corrispondenza in quella voce dottrinale di cui al penultimo capoverso del paragrafo precedente: dato un certo contenuto dell’art. 12 c.p.c. se ne traevano conseguenze sull’ambito oggettivo del giudicato in tema di limiti oggettivi del giudicato delle impugnazioni di delibere condominiali (in tema di spese). Tale orientamento muoveva dalla considerazione che la pronuncia sulla controversia avente ad oggetto la ripartizione di una parte soltanto dell’ammontare della voce di spesa deliberata dall’assemblea contesta ex art. 12 c.p.c. solo una parte del rapporto obbligatorio e quindi ciò indica che non è investita con efficacia di giudicato la validità della delibera concernente la voce di spesa nella sua globalità. Con le parole di Cass. 971/2001, cit.: «per determinare il valore della causa de[ve] farsi riferimento […] a quella parte della delibera impugnata (50% dell'importo della spesa per l’impresa di pulizie) sulla cui validità vi è contestazione tra le parti: la decisione in ordine a tale contestazione non comporta necessariamente una pronuncia - con efficacia di giudicato - di invalidità dell'intera delibera concernente la voce di spesa in questione».
Viceversa, l’orientamento recentemente affermatosi (Cass. 9068/2022, 19250/2021) è in linea con il generale orientamento giurisprudenziale sull’art. 12 c.p.c. (cfr. il capoverso finale del paragrafo precedente), come infatti è stato espressamente osservato da Cass. 9068/2022: dato un certo ambito oggettivo del giudicato sulle delibere condominiali, se ne traggono conseguenze interpretative sull’art. 12 c.p.c. (che quindi è messo fuori gioco). Cioè: anche laddove la controversia cada solo sulla quota di partecipazione alle spese condominiali del singolo condomino, il valore della causa è da determinare «sulla base dell'atto impugnato e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione» (così, Cass. 9068/2022). Ciò perché l’effetto di invalidazione della (eventuale) pronuncia di accoglimento dell’impugnazione proietta la propria efficacia sull’intera deliberazione ed opera nei confronti di tutti i con- domini, come nei confronti di tutti loro continua ad operare l’obbligatorietà ex art. 1137 co. 1 c.c. in caso di rigetto dell’impugnazione.
2.4. – Giova a sostenere l’orientamento più recente anche una specie di argomentazione che è orientata dapprima alla preferibilità delle sue conseguenze applicative e che poi, sulla base di tale opzione di convenienza pratica, ne seleziona il fondamento sistematico-giuridico o semplicemente legislativo. Ovviamente riveste un carattere relativo tale scansione logica dell’argomento tra un «dapprima pratico» e un «poi sistematico-giuridico». Essa non implica infatti che ci si abbandoni ad un praticismo incompatibile con la tradizione del modo di pensare dei giuristi europeo-continentali, prima che con il sistema del diritto positivo (italiano o di un altro paese di civil law). Tale scansione è preceduta pur sempre da una originaria ricognizione sistematica del diritto positivo che si conclude con l’accreditare come sistematicamente/dogmaticamente o semplicemente legislativamente parimenti plausibili al- meno due soluzioni. È l’esito ambivalente di siffatta ricognizione che legittima (dal punto di vista sistematico, non già da un punto di vista praticistico) la scelta della soluzione preferibile in virtù delle sue conseguenze applicative.
Il ragionamento appena svolto entra in gioco per impostare la solu- zione del problema di individuare il giudice competente a conoscere dell’impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di una do- manda giudiziale proposta da un condomino che contesta l’an o il quantum della quota di spese condominiali a lui attribuita.
In questa ipotesi, l’originaria ricognizione del diritto positivo muove – come si è visto – dal collegamento sistematico tra i limiti oggettivi del giudicato e la disciplina della competenza. Senonché si riscontrano incertezze, con più soluzioni plausibili, sia sul fronte della delimitazione oggettiva del giudicato, che sul fronte della disciplina della competenza, a cagione del ruolo ambivalente che l’art. 12 c.p.c. può svolgere (sul punto si rinvia indietro, al paragrafo n. 2.2.).
A questo punto entra in campo legittimamente la scansione logica dell’argomento tra un «dapprima pratico» e un «poi sistematico-giuri- dico» o legislativo.
Il dapprima pratico si risolve nel seguente rilievo. Pur se funzionali al rispetto della garanzia del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.), le questioni sulla competenza hanno da risolversi in limine litis, quindi in modo snello, allo stato degli atti e sulla base di una cognizione sommaria. Pertanto, la cognizione in tema di competenza deve potersi appuntare su aspetti di semplice, quasi automatica determinazione. Orbene, è evidente che, al fine di individuare il giudice competente per valore in materia di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di una domanda proposta da un condomino che contesta l’an o il quantum della quota di partecipazione alle spese con- dominiali a lui attribuita dalla delibera, sia più semplice e automatico determinare il valore della causa sulla base dell’intero ammontare della somma oggetto della delibera e non già sulla base della quota di spesa contestata dall’attore (che in concreto possono essere più quote da sommare tra di loro, eccetera), altrimenti si corre il rischio che, per risolvere in limine litis la questione di competenza, si finisca per anticipare l’accertamento di merito relativo al se le quote sono effettiva- mente dovute o meno.
Effettuata la scelta della soluzione più conveniente dal punto di vista pratico, la si può ancorare alla ricostruzione sistematico-giuridica più sintonica, tra le due che si contendono il campo su un piede di pari plausibilità (si tratta del «poi sistematico-giuridico»). È questo il modo in cui ha operato la giurisprudenza di legittimità nel passare dall’orientamento precedente a quello attuale, e così nel passare dalla tesi che delimitava l’ambito oggettivo del giudicato alla quota contestata alla tesi che commisura i limiti oggetti all’effetto invalidante che colpisce la delibera nel suo complesso.
2.5. – Inoltre, siffatta argomentazione orientata alle conseguenze consente di offrire all’orientamento giurisprudenziale più recente un fondamento legislativo ulteriore. Le ragioni di semplificazione della decisione sulle questioni di competenza, cui si è accennato, trovano un ancoraggio legislativo robusto ed anche una base di razionalità notevole direttamente nell’art. 38 co. 4 c.p.c. Infatti, disponendo che le decisioni sulle questioni di competenza valgono (di regola) ai soli fini della competenza (quindi non anche ai fini del merito, cosicché possono aver luogo sulla base di una cognizione sommaria), l’art. 38 co. 4 c.p.c. ha inteso evitare di costringere il giudice ad anticipare l’accertamento di merito a cognizione piena, ove una medesima questione rilevi sia per la competenza del giudice che per il merito della causa. Ciò orienta anche una interpretazione corrispondente di una disposizione in fondo ambigua (cfr. indietro, il paragrafo n. 2.2.) come l’art. 12 c.p.c. In questo senso: al fine di individuare il giudice competente, la parte conte- stata del rapporto obbligatorio finisce con l’identificarsi con la delibera di spesa nel suo complesso, mentre ai fini del merito la contestazione si appunta sulle singole quote di spesa chiamate in causa dal condomino impugnante. Alternativamente si può radicalmente argomentare che in tal caso l’art. 12 c.p.c. subisce deroga, sulla falsariga dell’orientamento giurisprudenziale affermatosi nell'ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all'esistenza o alla validità del rapporto nel suo complesso, ancorché sia contestata praticamente solo una parte di esso.
La prova del nove si ha ritornando in conclusione a riflettere sul caso di specie. La semplificazione decisoria apportata dal criterio che si con- ferma si apprezza particolarmente qui, ove il Tribunale ha per l’appunto affrontato una questione di merito (l’essere una certa spesa già stata deliberata da una precedente assemblea di condominio) per risolvere una mera questione di competenza.
3. - Il ricorso è accolto, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, la causa è rinviata al Tribunale di Ragusa, in persona di diverso magistrato, al quale è demandata altresì la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinvia la causa al Tribunale di Ragusa, in persona di diverso magistrato, al quale demanda altresì di liquidare le spese del giudizio di legittimità.