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6 settembre 2023
Assegnazione temporanea per avvicinarsi alla sede di lavoro dell’altro genitore anche per i figli successivi al primo e senza il limite dei 3 anni

Non sussiste ragione alcuna per limitare la fruibilità dell'assegnazione provvisoria solo ad un figlio, anche laddove si sia già esaurito il tempo massimo accordato al riguardo dal Legislatore (3 anni): questa la decisione del Consiglio di Stato.

di La Redazione

Protagonista della vicenda è un agente di Polizia che chiedeva l'annullamento del provvedimento ministeriale con il quale era stata rigettata la sua richiesta di conferma dell'assegnazione provvisoria presso il Commissariato ove era stato in servizio fino a quel momento per esigenze di cura del figlio secondogenito. L'assegnazione provvisoria, infatti, era in scadenza, ed era stata accordata in ragione della cura del primo figlio allo scopo di avvicinare la propria sede a quella di lavoro della moglie.
L'Amministrazione aveva motivato il diniego sull'assunto che il poliziotto avesse già fruito dell'intero periodo massimo concedibile consentito dalla legge, vale a dire 3 anni, per il primo figlio. Oltretutto, si invocavano carenze di organico dell'altra Questura in ragione anche della richiesta di fruizione dello stesso istituto da parte di altri 7 operatori.
Il TAR adito accoglieva le doglianze del lavoratore, sostenendo che il beneficio dell'assegnazione temporanea riconosciuto dall'art. 42-bis D.Lgs. n. 151/2001 vale per ciascun figlio, dunque la nascita di un secondo figlio può giustificare un'altra assegnazione temporanea.
Il Ministero dell'Interno impugna tale decisione mediante ricorso al Consiglio di Stato, sostenendo che la normativa sia stata falsamente applicata con riferimento al fatto che l'istituto può essere concesso per un periodo complessivamente non superiore a 3 anni, lasso di tempo che dovrebbe quindi riferirsi all'intera carriera del dipendente. In caso contrario, infatti, si finirebbe con il trasformare un trasferimento temporaneo in definitivo di fatto, con impatti importanti sul versante organizzativo.

Con la sentenza n. 7725 del 10 agosto 2023, il Consiglio di Stato dichiara l'appello infondato, condividendo in toto le affermazioni di cui alla decisione impugnata.
Il TAR, infatti, ha interpretato la norma in questione utilizzando una lettura costituzionalmente e eurounitariamente orientata, tenendo conto della chiara volontà del Legislatore di estendere la tutela a ciascun figlio, e non a uno solo di essi. Ciò risulta coerente anche con il recentissimo D.Lgs. n. 105/2022 che punta a migliorare la conciliazione tra attività di lavoro e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza e a conseguire la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
In tal senso, dunque, l'art. 42-bis D.Lgs. n. 151/2001, laddove individua in 3 anni il termine massimo di durata dell'assegnazione temporanea per avvicinarsi alla sede di lavoro dell'altro genitore, deve interpretarsi nel senso che essa può estendersi anche ai figli successivi al primo.
Naturalmente, l'istanza dovrà essere oggetto di vaglio alla luce delle ragioni eccezionali che ne giustificano il diniego ovvero delle motivazioni organizzative o di servizio che potrebbero essere cambiate rispetto al momento dell'istruttoria concernente la richiesta originaria, in ragione per esempio delle sopravvenute carenze di organico. Tuttavia, ciò deve essere rimesso alle valutazioni da svolgere per il singolo caso concreto.
Preso atto di ciò, il Consiglio di Stato respinge il ricorso.