Svolgimento del processo
1. Con ordinanza resa a verbale dell'udienza del 22.3.2023, il Tribunale di Pistoia, a fronte dell'eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla difesa dell'imputato, sentite le altre parti, aveva ritenuto che essa fosse infondata e da rigettare e, ciò non di meno, aveva trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 24-bis cod. proc. pen. per la decisione sul punto;
2. ricorre per cassazione L. C. a mezzo del difensore deducendo che, dopo sei giorni dall'avvenuta trasmissione degli atti alla S.C., era stato comunicato, via PEC, il provvedimento con cui il giudice, con decreto steso in calce alla istanza della difesa della costituita parte civile, aveva fissato l'udienza del 19.4.2023; segnala che siffatto provvedimento è del tutto irrituale e reso con procedura non prevista dal codice di rito, ovvero fuori udienza e inaudita altera parte ma, per altro verso, quando ormai il giudice si era spogliato del processo ed era perciò privo di potere giurisdizionale; rileva che nella categoria, non tipizzata, degli atti "abnormi" rientra senz'altro quello che costituisce esercizio di un potere non attribuito al giudice che lo ha adottato ovvero deviazione dallo scopo tipico del modello legale;
4. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l'annullamento, senza rinvio, del provvedimento impugnato e la restituzione degli atti al Tribunale di Pistoia: condivise le argomentazioni sviluppate dalla difesa, rileva la abnormità dell'ordinanza, in quanto emessa inaudita altera parte e in aperta contraddizione con il precedente provvedimento di rimessione a questa Corte per la decisione sulla competenza, in tal modo adottando un provvedimento avulso dal sistema processuale e tale da determinare un'oggettiva situazione di incertezza sul corretto andamento del giudizio,.
5. la difesa della costituita parte civile ha trasmesso una memoria in cui ha in primo luogo fatto presente che l'udienza, fissata per la prosecuzione del dibattimento al giorno 19.4.2023, era stata differita per la adesione dei difensori alla astensione proclamata dall'UCPI; tanto premesso, rileva che la interpretazione condivisa della norma di nuovo conio è nel senso che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 24-bis cod. proc. pen. non comporta la sospensione del processo; aggiunge che il provvedimento adottato dal Tribunale che, nel ritenere la infondatezza della eccezione ha nel contempo rimesso gli atti alla S.C.; richiama, ancora, le considerazioni sviluppate in sede di predisposizione della norma e, anche, le prime pronunce della S.C. che hanno insistito sulle modalità con cui lo strumento del rinvio pregiudiziale deve essere utilizzato dai giudici di merito e che difettano nel caso di specie dove è stato lo stesso Tribunale a giudicare infondata l'eccezione difensiva; rileva che, in ogni caso, alla luce della interpretazione suggerita dai primi commentatori, il rinvio pregiudiziale non comporta la sospensione del processo operando secondo uno schema simile a quello del conflitto di competenza ovvero della ricusazione o della rimessione del processo; sottolinea, perciò, la correttezza del provvedimento con cui è stata disposta la prosecuzione del processo risultando irrilevante che esso sia stato adottato inaudita altera parte e ne eccepisce, comunque, la inimpugnabilità in forza del disposto di cui all'art. 586 cod. proc. pen..
Motivi della decisione
Il ricorso e inammissibile in quanto articolato su rilievi manifestamente infondati.
1. Il ricorrente denunzia, infatti, la "abnormità" del decreto con cui il giudice monocratico del Tribunale di Pistoia, nel processo a carico di L. C., dopo aver rimesso gli atti alla S.C. sulla questione di competenza territoriale (che aveva nel contempo giudicato infondata) sollevata dalla difesa, e senza aver disposto nulla in merito alla prosecuzione del processo, aveva in tal senso provveduto con decreto reso in calce ad una istanza presentata fuori udienza dalla costituita parte civile, fissando l'udienza del 19.4.2023.
Il decreto del 27.3.2023, secondo la difesa del C., sarebbe "abnorme" (e, pertanto, ricorribile per cassazione) sotto due profili: in primo luogo, perché reso inaudita altera parte e, in secondo luogo, in quanto adottato da un giudice ormai privo del potere di provvedere sul processo di cui si era spogliato dopo aver rimesso alla S.C. la questione di competenza ai sensi dell'art. 24-bis cod. proc. pen.; proprio la remissione della questione sulla competenza alla S.C., infatti, avrebbe comportato la impossibilità di proseguire il processo di fronte al giudice la cui competenza territoriale era sub judice.
2. Ebbene, il tema della "abnormità" è stato oggetto di plurime riflessioni e progressive puntualizzazioni da parte della giurisprudenza di questa Corte: da ultimo, anche Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, Rv. 283552 - 01 hanno ribadito che"... si considera abnorme il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell'ambito dell'ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione cli legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite" e" ... può riguardare tanto il profilo strutturale., allorché, per la sua singolarità, si ponga fuori dal sistema organico della legqe processuale, quanto il profilo / funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e la impossibilità di proseguirlo".
3. Tanto premesso, il decreto impugnato non può ce1-tamente ritenersi "abnorme" per il fatto di essere stato adottato inaudita altera parte trattandosi di un provvedimento di mero impulso processuale - privo di valenza e contenuto decisori - destinato a risolversi nella comparizione delle parti cli fronte al giudice e nella pienezza del contraddittorio.
Per altro verso, esclusa la abnormità dal punto di vista strutturale, è proprio questa funzione di impulso alla prosecuzione del processo che consente di escluderla anche sotto il profilo funzionale, ovvero del prodursi di una situazione di irrimediabile ed insuperabile "stasi" processuale ovvero, ancora, di una indebita regressione del processo.
Né, per altro verso, si può ritenere che ricorra una ipotesi di "abnormità" per "difetto del potere giurisdizionale" del giudice che, nel rimettere la questione di competenza alla S.C., abbia in tal modo perso la possibilità di provvedere sul processo in corso.
Su tale aspetto vanno richiamate le Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009. Toni Rv. 243590 - 01 che, sempre nello sforzo di definire e puntualizzare l'area dell'abnormità, ricorribile per cassazione, nella sua duplice accezione, strutturale e funzionale, hanno spiegato che il fenomeno processuale dovrebbe essere ricondotto ad unità e caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell'atto, quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge; hanno osservato che l'abnormità strutturale è tuttavia riconoscibile soltanto nel caso " ... di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall'ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto)".
4. Il provvedimento qui impugnato non può dunque ritenersi adottato in "carenza di potere" sotto alcun profilo.
L'art. 4, comma 1, del d. lgs. n. 150 del 2022, in attuazione della delega parlamentare, ha introdotto il nuovo art. 24-bis cod. proc. pen., predisponendo uno strumento per la risoluzione in via preventiva dei potenziali conflitti di competenza e, in particolare, consentendo al giudice, chiamato a decidere una questione di competenza per territorio, di rimettere, d'ufficio o su istanza di parte, la relativa decisione alla Corte di cassazione.
Si tratta, come è stato sottolineato, di un meccanismo funzionale a pervenire ad una determinazione definitiva e stabile sulla competenza territoriale ovviando al rischio che si proceda alla celebrazione di processi, anche in più gradi di giudizio, rivelatasi tuttavia ed all'esito inutile perché avvenuta di fronte a giudice non competente per territorio; si è voluto, in definitiva, incidere sulla possibilità di riproporre, attraverso gli ordinari rimedi di impugnazione, e nei vari gradi di giudizio di merito e di legittimità, la questione relativa alla competenza per territorio, in tal modo caratterizzando il processo in corso da una decisione stabile e definitiva o, per meglio dire, da una preclusione processuale coerente con i principi di ragionevole durata del processo.
Come è stato osservato dai primi commentatori, la disciplina processuale del rinvio pregiudiziale sulla competenza territoriale, di nuovo conio, è stata delineata sul modello di quella, già vigente, per la proposizione e risoluzione dei conflitti di giurisdizione e di competenza contemplata agli artt. 30 e 32 cod. proc. pen..
Ed è appena il caso di ricordare che l'art. 30, comma 2, cod. proc. pen., in particolare, stabilisce che"... l'ordinanza e la denuncia prevista dai commi 1 e 2 non hanno effetto sospensivo sui processi in corso", disposizione, questa, che deve ritenersi senz'altro estensibile al rinvio pregiudiziale anche indipendentemente dalle modalità, più o meno "rituali" (cfr., sul punto, Sez. 1 - , n. 20612 del 12/04/2023, Rv. 284720 - 01, in cui la Corte ha chiarito che, in tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio ex art. 24-bis cod. proc. pen., introdotto dall'art. 4, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice, investito della questione o che intenda rilevarla ex officio è tenuto, ai fini dell'ammissibilità del rinvio, a motivare la propria determinazione, analizzando la questione e compiendo una preliminare delibazione di non manifesta infondatezza della stessa, così da prospettare l'impossibilità di risolverla mediante l'utilizzo degli ordinari strumenti normativi) o della prognosi preliminare con cui la questione è stata rimessa e che, nel caso di
specie, è stato lo stesso giudice remittente a giudicare infausta ..
5. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., della somma - che si stima equa - di euro 3.000 in l'avere della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.