Nel caso di specie, la parte era deceduta prima della nuova udienza senza provvedere alla notifica del ricorso e la morte veniva dichiarata dal legale all'udienza.
Il Giudice di secondo grado riformava la sentenza del Tribunale e rigettava la domanda dell'INAIL finalizzata ad accertare la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio occorso al dipendente, ritenendo che non fosse stata fornita alcuna prova dei fatti alla base della sua responsabilità.
Il datore di lavoro decedeva prima della nuova udienza senza provvedere alla...
Svolgimento del processo
Con sentenza del 13.1.17 la corte d’appello di Bologna, in riforma di sentenza del tribunale di Modena del 2012, ha rigettato la domanda dell’Inail volta ad accertare la responsabilità del signor F. per l’infortunio sul lavoro subito dal dipendente S., ritenendo non fornita la prova dei fatti alla base di tale responsabilità.
In particolare, proposto appello dal F. con deposito del ricorso e fissata udienza del giudice, poi rinviata d’ufficio, il F. è deceduto prima della nuova udienza senza provvedere alla notifica del ricorso; all’udienza, dichiarata la morte, il giudizio è stato interrotto; quindi riassunto il processo dall’erede, l’INAIL si è costituito deducendo l’improcedibilità dell’appello per mancata notifica dell’atto da parte del dante causa, che doveva effettuarla nel rispetto dei termini, ed in particolare del termine a difesa di controparte.
In tale contesto, la corte ha respinto l’eccezione dell’INAIL ritenendo l’appello procedibile, e ciò in quanto al momento del decesso del F. l’erede era ancora in termini per chiedere la notifica per l’udienza successiva, sicché operando l’interruzione automatica del processo, lo stesso poteva ben essere riassunto dall’erede.
Avverso tale sentenza ricorre all’Inail per un motivo, illustrato da memoria. Resiste l’erede del F. con controricorso.
Il Collegio si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito della decisione.
Motivi della decisione
Con unico motivo di ricorso si deduce violazione degli articoli 2909 c.c. e 345 c.p.c., per avere la corte territoriale ritenuto l’automatica interruzione del processo per morte della parte rappresentata da difensore in difetto di dichiarazione di quest’ultimo.
Occorre premettere che nella specie non viene in gioco l’art. 328 c.p.c., che attiene alla sola interruzione dei termini per proporre impugnazione ad opera della parte nelle more deceduta, laddove nel caso l’appello è stato ritualmente proposto nei termini e si discute solo della procedibilità in relazione alla mancata notifica dell’atto alla controparte nei termini.
Ciò posto, si osserva che la notifica dell’appello va fatta nel termine di legge e comunque prima dell’udienza (e nel rispetto del termine a difesa della controparte) e che il termine è perentorio e non può essere concesso nuovo termine per la rinotifica (giurisprudenza costante: Cass. Sez. U, Sentenza n. 20604 del 30/07/2008, Rv. 604554 - 01; Sez. L - , Sentenza n. 6159 del 14/03/2018, Rv. 647533 - 01).
In tale contesto, da un lato la morte della parte rappresentata in giudizio non comporta interruzione del processo finché l’evento non è dichiarato dal legale, sicché nessuna interruzione nella specie si è verificata fino all’udienza in cui l’evento veniva dichiarato dal legale della parte; dall’altro lato, va rilevato che l’erede, subentrato nel processo a seguito della riassunzione del giudizio interrotto, subentra nella stessa posizione del dante causa, sicché nella specie deve ritenersi che la notifica dell’appello non è stata fatta nel termine.
L’appello dunque era improcedibile.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 co. 3 c.p.c., divenendo definitiva la statuizione di primo grado.
Le spese del giudizio di appello e di legittimità possono essere compensate per la particolarità della successione degli eventi.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata; compensa le spese del giudizio di appello e legittimità.