
Svolgimento del processo
1. Con citazione notificata il 4 giugno 2001, R.F. convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Viterbo, C.R., proprietaria di un fondo attiguo a quello di sua proprietà e A.F., sua dante causa, chiedendo che venisse dichiarata l'inesistenza della servitù di transito sul proprio fondo a vantaggio del fondo di C.R.; in subordine, per l'eventualità che la domanda fosse rigettata, chiese la condanna di A.F. al risarcimento dei danni patiti per la subita evizione.
C.R. chiese in via riconvenzionale, tra l’altro e per quel che ancora qui rileva, la costituzione coattiva della servitù di passaggio, adducendo l’interclusione del proprio fondo.
Con sentenza n. 475/2004, il Tribunale di Viterbo accolse la domanda di R.F., negando la sussistenza, sul fondo di proprietà di quest’ultima, di servitù di passaggio in favore del fondo di C.R..
Adita in impugnazione da C.R., la Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 4129/2009 rigettò l’appello.
2. In accoglimento del secondo motivo di ricorso di C.R., questa Corte, con ordinanza n.29820/2011 cassò la sentenza d’appello, ritenendone contraddittoria la motivazione relativa al rigetto dell’istanza di espletamento di una c.t.u. proposta da C.R. allo scopo di dimostrare l’interclusione del fondo.
3. Riassunto il giudizio da C.R. ed espletata c.t.u., con sentenza n. 6247/2017, la Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio, confermò il rigetto della domanda di costituzione coattiva della servitù, escludendo la possibilità di costituire un passaggio attraverso il fondo di R.F. nella zona centrale, per essere l’area occupata da un fabbricato in costruzione, a nulla rilevando che la concessione ad edificare fosse stata ottenuta in pendenza di giudizio; ritenne, infatti, sul punto, che l’essere convenuti in giudizio di costituzione coattiva di servitù non implicasse perciò stesso una limitazione dell’esercizio del diritto di proprietà; aggiunse quindi che il percorso alternativo individuato dal c.t.u. in quanto meno gravoso non era esaminabile in quanto a carico di due fondi appartenenti a soggetti non coinvolti nel giudizio.
4. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.R., affidandolo a due motivi; R. A.F. non ha svolto difese; R.F. ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale per due motivi, rispetto a cui C.R. non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo C.R. ha lamentato la violazione dell’art.1051 cod.civ. IV comma, per avere la Corte d’appello ritenuto operante nella fattispecie l’esenzione dalla servitù coattiva prevista per case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti nella fattispecie, nonostante il fabbricato precludente il passaggio fosse in costruzione in forza di una concessione ottenuta quando già era stata proposta, nei confronti della proprietaria del fondo R.F., l’azione di costituzione coattiva della servitù di passaggio.
1.1. Il motivo è infondato.
L'esenzione dalla servitù di passaggio coattivo, prevista dall'ultimo comma dell'art. 1051 cod. civ., per le case, cortili, giardini ed aie, si fonda sulla valutazione, compiuta dal legislatore, dell’eccessivo disagio causato al proprietario del fondo vicino dall’interferenza del confinante nel godimento di questo particolare tipo di beni caratterizzati dalla necessità di essere fruiti nella loro interezza in modo esclusivo per essere più comodi.
Secondo l’interpretazione consolidata di questa Corte l'esigenza di tutelare l'integrità delle case di abitazione e degli accessori che le rendono più comode ricorre in riferimento alla loro destinazione non soltanto attuale, ma anche potenziale, desumibile dalla situazione dei luoghi.
La circostanza, pertanto, dell’ottenimento della concessione a costruire da parte del proprietario del fondo servente nel corso del presente giudizio, dopo la proposizione della domanda di costituzione coattiva della servitù non è rilevante: nella imposizione di una servitù coattiva, la valutazione comparativa tra la compressione del diritto del proprietario del fondo servente e la preclusione alla attuazione del diritto del proprietario del fondo dominante deve essere, infatti, comunque compiuta a priori, con la considerazione di ogni potenzialità connaturata a ciascun diritto.
È, dunque, sufficiente che, come nella specie, il fondo intercluso possa essere collegato alla pubblica via mediante un passaggio alternativo che non implichi attraversamento di aree destinabili a case, cortili, giardini e aie ad esse attinenti perché comunque operi l’esenzione del IV comma dell’art.1051 cod. civ., anche quando la destinazione non abbia ancora trovato realizzazione (Cass. Sez. 2, n. 2367 del 09/03/1988; Sez. 2, n. 9116 del 06/06/2012; Sez. 2, n. 17156 del 26/06/2019).
2. Con il secondo motivo, C.R. ha sostenuto l’erroneità della sentenza per violazione dell’art.1051 cod.civ. II comma per avere la Corte d’appello ritenuto meno gravoso il passaggio attraverso i due fondi appartenenti a soggetti estranei al giudizio, nonostante il passaggio attraverso il fondo R.F. fosse più breve per maggiore vicinanza alla via pubblica e avvenisse attraverso un’unica proprietà e non due, con conseguente «duplicazione del danno» (così in ricorso).
2.1. Il motivo è inammissibile perché non pertinente alla ratio decidendi: la Corte d’appello, come detto, ha escluso il passaggio sul fondo R.F. non in applicazione del II comma dell’art. 1051 cod. civ. e, cioè, per aver comparato le caratteristiche dei due tracciati individuati dal c.t.u. nominato quanto alla brevità e al minor aggravio, ma in applicazione del IV comma, perché, come rilevato in riferimento al primo motivo, il passaggio sul fondo R.F. avrebbe attraversato un’area edificabile, su cui si trovava un fabbricato in costruzione.
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale, R.F. ha lamentato la violazione e falsa applicazione del d.m. n.55/2014 in relazione all’art.91 cod.proc.civ. e all’art.24 legge n. 994/1942, per avere la Corte territoriale liquidato, per il precedente giudizio di legittimità e per il giudizio di rinvio definito con la sentenza qui gravata, un compenso inferiore al 50% degli importi risultanti dall’applicazione dei parametri medi previsti per lo scaglione di valore indeterminabile per la fase di studio, introduttiva e decisionale; in conseguenza, sarebbero stati violati i minimi tabellari.
3.1. Il motivo è infondato. Secondo l'art. 4, comma 1, d.m. n. 55 del 2014 nella formulazione antecedente la modifica apportata dal d.m. n. 37/2018, applicabile alla fattispecie ratione temporis per essere intervenuta la liquidazione in esame prima della entrata in vigore della suddetta modifica, il giudice poteva liquidare compensi al di sotto o al di sopra dei limiti risultanti dall'applicazione delle massime percentuali di scostamento, purché ne desse apposita e specifica motivazione e sempre nel rispetto del disposto dell'art. 2233, comma 2, cod. civ. che preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.
Il comma 1 dell’art. 4 del d.m. n. 55/2014, infatti, immutato il criterio di liquidazione distinta per quattro fasi processuali individuate dal precedente d.m. 40/2012, aveva sancito la possibilità di deroga ai valori minimi e massimi, quali scaturenti dalle percentuali di aumento e diminuzione massimi previsti rispetto ai valori medi, prevedendo l'inciso «di regola»; in conseguenza, fu affermata la non vincolatività dei parametri per il giudice che poteva perciò discostarsene nella misura ritenuta adeguata al caso specifico: era però necessario che ne desse adeguata motivazione (Cass. n. 14198 del 05/05/2022; Cass. n. 19989 del 13/07/2021; Cass. n. 89 del 07/01/2021, Cass. n. 2386 del 31/01/2017; Cass. n. 11601 del 14/05/2018).
4. Nella specie, dunque, la Corte territoriale si è effettivamente discostata dai parametri senza adeguata motivazione e il rilievo fonda, quindi, l’accoglimento del secondo motivo, con cui R.F. ha lamentato proprio l’assenza di motivazione sulla liquidazione, per il primo giudizio di legittimità e per il giudizio di rinvio, di un compenso inferiore ai minimi stabiliti dalla tariffa.
4.1. Conseguentemente, in accoglimento del secondo motivo di ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata quanto alla statuizione delle spese del primo giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio.
Non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, in applicazione dell’art.384 cod.proc.civ. questa Corte, senza rinvio, può decidere nel merito e, in applicazione del principio di soccombenza, provvedere alla liquidazione, in favore dell’attuale controricorrente R.F. e a carico della ricorrente C.R., delle spese di queste due fasi del giudizio, nei limiti della censura proposta (la liquidazione del primo giudizio di appello, necessitata dall’intervenuta cassazione della sentenza n. 4129/2009 che l’aveva concluso, non è stata, infatti, oggetto di impugnazione).
La liquidazione è operata in applicazione dei parametri minimi, secondo quanto richiesto in ricorso incidentale, previsti per lo scaglione di valore indeterminabile, considerate tre fasi per il primo giudizio di legittimità.
5. Secondo il principio di soccombenza, devono pure essere poste a carico della ricorrente C.R. le spese della resistente R.F. di questo giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo in riferimento al valore indeterminabile della controversia.
Non vi è statuizione sulle spese di A.F. che non ha svolto difese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso incidentale, rigettato il primo motivo e il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida, ponendole a carico della ricorrente C.R. e in favore della controricorrente R.F., in complessivi Euro 2.625,00 per il primo giudizio di legittimità, in complessivi Euro 4.170,00 per il giudizio di rinvio, oltre rimborso forfetario del 15%, IVA e contributi come per legge;
condanna C.R. al pagamento, in favore di R.F., delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidandole in complessivi Euro 2.153,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfetario del 15%, IVA e contributi come per legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.