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Il presente giudizio riguarda l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale aveva ingiunto alla ditta beta di pagare a Tizio la somma in ragione del contratto di cessione dell'azienda commerciale e dell'intervenuta scadenza del termine convenuto per il pagamento della seconda rata. Parte attrice, sulla scorta delle argomentazioni esposte in citazione, chiedeva la revoca del provvedimento monitorio opposto e, in via riconvenzionale, che il contratto, fonte del credito azionato, venisse dichiarato nullo per impossibilità dell'oggetto o annullato per vizio del consenso o comunque risolto per grave inadempimento della controparte. |
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In ossequio al principio di libera valutazione delle prove, il giudice può legittimamente tenere conto, ai fini della sua decisione, delle prove e degli accertamenti acquisiti in un altro processo, a maggior ragione se si tratti di elementi desunti da un altro giudizio intercorso tra le medesime parti che abbia avuto ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi (App. Reggio Calabria sez. lav., 09/09/2022, n.363) Dunque, il giudice di merito può utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche le prove raccolte in un diverso processo tra le parti o altre parti; tale facoltà per il giudice di valutare se utilizzare le prove già assunte in altro procedimento risponde, peraltro, ad un'esigenza di economica processuale essendo inopportuno e superfluo rinnovare dei mezzi istruttori già disponibili - e rispetto ai quali le parti hanno già avuto la possibilità di interloquire - laddove non sia emersi particolari profili di inattendibilità ovvero di lesione del diritto di difesa (Tribunale Palmi sez. II, 21/01/2021, n.40). |
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Osserva il Tribunale che in un precedente giudizio vertente fra le medesime parti, il decidente aveva accertato l'inefficacia del contratto di cessione in questione con condanna dell'opposta alla restituzione alla parte opponente di una somma e conseguente risarcimento del danno; nel successivo giudizio di merito, la Corte di Appello aveva rigettato la richiesta di inibitoria, |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Il presente giudizio, n. 133/2012 R.G., ha ad oggetto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 214/2011 emesso il 20-11-2011 e depositato l’1-12-2011, immediatamente esecutivo, con il quale il Tribunale di Patti ha ingiunto alla ditta "I & I di E. I. e I. F. s.n.c.", in persona dei legali rappresentanti, Incognito E. e I. F., di pagare a R. M. la complessiva somma di € 17.500,00 oltre agli interessi previsti dal D. Lgs.vo 231/2002 e spese e compensi della procedura monitoria, in ragione del contratto del 16-03-2011 di cessione dell'azienda commerciale sita in B., via S. n. (omissis), e dell’intervenuta scadenza del termine del 30-08-2011 convenuto per il pagamento della seconda rata.
Parte attrice, sulla scorta delle argomentazioni esposte in citazione, chiedeva la revoca del provvedimento monitorio opposto e, in via riconvenzionale, che il contratto, fonte del credito azionato dalla R., venisse dichiarato nullo per impossibilità dell’oggetto o annullato per vizio del consenso o comunque risolto per grave inadempimento della controparte.
Chiedeva ancora, in via riconvenzionale, sia la condanna della R. alla restituzione della somma di € 35.000,00 già corrispostale sia il risarcimento dei danni sofferti.
Con comparsa depositata il 19-04-2012, si costituiva R. M., contestando le domande ex adverso formulate e chiedendone di conseguenza il rigetto.
Quindi, con ordinanza del 17 settembre 2012, depositata il 25-09-2012, il G.I. rigettava l’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, con ordinanza del 12-12-2016, veniva anche rigettata la richiesta di riunione del presente giudizio a quello iscritto al n. 818/2011 R.G.
Dopo una serie di rinvii, da ultimo, all’esito dell’udienza del 9 maggio 2022, il neodesignato G.I., con ordinanza del 12-05-2022, rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 16-05-2023.
Come accennato, all’udienza del 16 maggio 2023, svoltasi, giusta decreto del 5-04- 2023, con le modalità di cui all’art. 127 ter c.p.c., le parti precisavano le conclusioni come da note di trattazione scritta in atti e la causa veniva assunta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Parte opponente depositava, in data 12-07-2023, la propria comparsa conclusionale e, in data 5-09-2023, la memoria di replica mentre la convenuta non depositava scritti conclusivi.
2. Preliminarmente, occorre dare atto che il co-procuratore delle opponenti, avv. A. Z., come documentato il 20-09-2021, ha rinunciato al mandato in seguito alla sopravvenuta incompatibilità a svolgere la professione legale.
Del pari, anche la co-procuratrice, avv. L. A., in data 19-10-2021, ha documentato di aver rinunciato al mandato esclusivamente però nei riguardi di I. E., chiedendo disporsi rinvio della trattazione del 25-10-2021 al fine di “consentire la costituzione della signora I. E. con nuovo procuratore”.
In accoglimento di tale richiesta, la causa era stata rinviata all’udienza del 15 marzo 2022.
Sennonché, giova rilevare che, in difetto di costituzione di un diverso procuratore, trova applicazione il consolidato principio della c.d. perpetuatio dell’ufficio di difensore secondo cui “Né la revoca, né la rinuncia alla procura privano il difensore delle capacità di compiere o ricevere atti processuali. In base all'art. 85 c.p.c., ciò che priva il procuratore della capacità di compiere o ricevere atti non sono la revoca o la rinuncia di per sé sole, bensì il fatto che alla revoca o alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore” (Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, n.12249); sostituzione che, nel caso di specie, non è avvenuta.
3. Ciò premesso, nel merito, appare, anzitutto, logicamente antecedente alla valutazione delle ragioni di opposizione, strettamente intese, l’esame delle domande riconvenzionali delle opponenti formulate nella direzione – come detto – dell’invalidità o risoluzione del contratto di cessione di azienda stipulato dalle parti il 16 marzo 2011; nonché della condanna della convenuta alla restituzione della somma di € 35.000,00 già corrisposta in esecuzione di quel contratto e del risarcimento dei danni lamentati.
Sotto tale profilo, non può prescindersi dalla documentata sopravvenuta decisione della causa n. 818/2011 R.G., vertente fra le medesime parti, giusta sentenza del 10- 11-2021, con la quale il Decidente ha accertato l’inefficacia del contratto di cessione in questione (ancorché non dichiarandolo espressamente nel dispositivo della sentenza) e ha espressamente condannato “l’opposta alla restituzione alla parte opponente, di € 35.000,00 e al risarcimento del danno liquidato in € 40.000,00 oltre interessi dalla domanda giudiziale al soddisfo” (cfr. sentenza in atti) e dalla documentata circostanza secondo cui la Corte di Appello di Messina, con ordinanza del 17 febbraio 2023, ha rigettato la richiesta di inibitoria, ex art. 283 c.p.c., non sospendendo, quindi, l’efficacia esecutiva della predetta sentenza di primo grado, appellata dalla R..
Va aggiunto, inoltre, che la richiesta di riunione dei due giudizi (818/2011 R.G. e 133/2012 R.G.) venne rigettata dal G.I. sul presupposto che “il presente procedimento presenta petitum diverso rispetto a quello del procedimento portante il N. 818/2011 R.G., trattandosi di opposizioni avverso due diversi decreti ingiuntivi” (cfr. ordinanza del 12-12- 2016).
Ora, se è anche vero che la sentenza pronunciata nel giudizio 818/2011 non ha ancora acquisito l’autorità di cosa giudicata, tuttavia, in ipotesi del tipo di quella in esame, si condivide (sia pure adattandolo al caso di specie) il percorso argomentativo della sentenza della Corte d’Appello di Roma sez. IV, 4/10/2022, n.3629, secondo cui “Quando fra due giudizi esiste un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, il giudizio pregiudicato non deve per forza essere sospeso. Di conseguenza, esclusa la possibilità di una nuova valutazione per rispettare il principio del 'ne bis in idem', il giudice della causa pregiudicata ha due opzioni: o rispetta l'autorità della sentenza emessa nella causa pregiudicante ex art. 282 c.p.c. o sospende il giudizio, ma solo quando ritiene non condivisibile la decisione, motivando le ragioni che lo spingono a non rispettare quella autorità.1”.
Nella fattispecie, non ritenendosi sussistenti i presupposti per la sospensione del presente giudizio (tenuto, peraltro, conto che la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto non venne sospesa), risulta preclusa una nuova (e diversa) valutazione rispetto alle due domande riconvenzionali di parte opposta su cui il Giudice della causa n. 818/2011 si è espressamente pronunciato, ovvero sulla domanda di restituzione della somma di € 35.000,00 e sulla domanda di risarcimento dei danni, già liquidati – per il medesimo fatto storico per cui oggi è causa – in € 40.000,00, oltre agli interessi.
Diversamente opinando – al di fuori della fattispecie della sospensione (che non è necessaria in tal caso) – si porrebbe il rischio o di giudicati contrastanti o di duplicazione di titoli recanti le medesime pretese restitutorie e risarcitorie, rispetto alle quali, nel presente giudizio, per le ragioni sopra esposte, va dichiarato il non luogo a provvedere in quanto oggetto di una precedente pronuncia giudiziale che, ancorché non definitiva, è però esecutiva ex art. 282 c.p.c.
In particolare, si è evidenziato che “La circostanza che tale sentenza non sia passata in giudicato non consente di entrare nel merito dell'accertamento in base al principio del ne bis in idem. La Suprema Corte ha infatti chiarito che, salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non è doverosa, ma può essere disposta, ai sensi dell'art. 337 c.p.c., come si desume dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 c.p.c.; il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, infatti, qualifica la posizione delle parti in modo diverso rispetto allo stato iniziale della lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado (Cass. n. 80/2019). Sulla base di quanto affermato dalla Suprema Corte, emerge con evidenza che, esclusa la possibilità di una nuova valutazione, il giudice della "causa pregiudicata" ha solo due strade possibili: o rispettare "l'autorità della sentenza" emessa nella "causa pregiudicante" ex art. 282 c.p.c. o sospendere il giudizio, ma solo quando ritiene non condivisibile la decisione, motivando le ragioni che lo spingono a non rispettare quella "autorità".E' evidente che la strada ordinaria è quella del rispetto della "autorità", strada che non richiede alcuna motivazione, perché si è già tenuto un regolare giudizio.La strada diversa e, cioè, la sospensione del giudizio, deve basarsi sul presupposto che le motivazioni contenute nella sentenza dell'altro giudizio siano del tutto insufficienti, contraddittorie o immotivate, circostanze che non ricorrono nel caso di specie…”
4. Quanto, invece, alla domanda riconvenzionale con la quale parte opponente ha chiesto che il contratto di cessione di azienda venga dichiarato nullo per impossibilità dell’oggetto o annullato per vizio del consenso o comunque risolto per grave inadempimento della controparte, rileva notare che l’accertamento compiuto nella sentenza del 10-11-2021 si colloca in via incidentale e strumentale rispetto all’accoglimento dei motivi di opposizione formulati dalla ditta "I & I di E. I. e I. F. s.n.c." tant’è che, nel dispositivo della sentenza, non figura alcuna esplicita statuizione al riguardo.
Tanto premesso, poiché “In ossequio al principio di libera valutazione delle prove, il giudice può legittimamente tenere conto, ai fini della sua decisione, delle prove e degli accertamenti acquisiti in un altro processo, a maggior ragione se si tratti di elementi desunti da un altro giudizio intercorso tra le medesime parti che abbia avuto ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi.” (Corte Appello Reggio Calabria sez. lav., 09/09/2022, n.363) e ancora che “Il giudice di merito può utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche le prove raccolte in un diverso processo tra le parti o altre parti; tale facoltà per il giudice di valutare se utilizzare le prove già assunte in altro procedimento risponde, peraltro, ad un'esigenza di economica processuale essendo inopportuno e superfluo rinnovare dei mezzi istruttori già disponibili - e rispetto ai quali le parti hanno già avuto la possibilità di interloquire - laddove non sia emersi particolari profili di inattendibilità ovvero di lesione del diritto di difesa” (Tribunale Palmi sez. II, 21/01/2021, n.40), nel presente giudizio acquisiscono rilevanza anche le prove documentali e testimoniali raccolte nel giudizio n. 818/2011 R.G. sulla base delle quali è scaturito il convincimento del Giudice che ha ritenuto che “Orbene, la società attrice ha sempre affermato di non aver modificato lo stato dei luoghi, circostanza quest’ultima che può ritenersi provata avuto riguardo sia alle dichiarazioni del teste Geom. C. sia alle date particolarmente ravvicinate di stipulazione del contratto e di presentazione della DIA, e che conseguentemente la diversa e più ampia planimetria presentata alle amministrazioni competenti dalla società acquirente rispecchiava lo stato dei luoghi così per come era stato ceduto e modificato dalla Sig.ra R. che nell’anno
2003/2004 aveva proceduto all’installazione di un secondo forno, autorizzato con licenza n. 2308 del 26.02.2004, della Camera di Commercio di Messina , ma non aveva presentato la relativa planimetria aggiornata ai fini della regolare prosecuzione dell’attività di panificazione poi ceduta all’opponente. In altri termini è emerso che lo stato dei luoghi era stato modificato dall’opposta ben prima del contratto di cessione. Per quanto emerso dalla produzione documentale in atti e dalla prova testimoniale può pervenirsi alla qualificazione della fattispecie in termini di nullità contrattuale, per come eccepito dalla parte opponente”
Pertanto, sulla scorta delle medesime motivazioni sopra trascritte, può affermarsi la fondatezza della predetta domanda riconvenzionale e, quindi, anche dei motivi di opposizione al decreto ingiuntivo n. 214/2011 articolati in citazione, dovendosi infatti dichiarare che “Il contratto, ai sensi dell’art. 1418 c.c., per quel che qui rileva, è nullo in caso di mancanza nell’oggetto dei requisiti di cui all’art. 1346 c.c. L’oggetto del contratto, ai sensi della citata norma, deve essere, tra l’altro, possibile. Nel caso di specie esso si è rivelato impossibile atteso che la opponente, per fatto imputabile alla opposta, non ha potuto per nulla esercitare l’attività oggetto della cessione”.
Conclusivamente va accolta la domanda riconvenzionale di parte opponente e va dichiarata la nullità del contratto di cessione di azienda stipulato dalle parti il 16 marzo 2011 in atti Notaio N. A., registrato a Messina, il 22-03-2011 al n. 2.427, serie 1T e, conseguentemente, va revocato il decreto ingiuntivo opposto, venendo meno l’efficacia della fonte negoziale del credito vantato dalla R..
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in base ai parametri medi di cui al D.M. n. 55/2014, aggiornati dal D.M. n. 37/2018 e dal D.M. 147/2022, con esclusione della fase istruttoria che non si è svolta, e tenendo conto dell’attività difensiva concretamente svolta dalle parti e del valore della controversia (limitato al credito oggetto di ingiunzione), secondo il prospetto che segue:
Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022)
Competenza: giudizi di cognizione innanzi al tribunale
Valore della causa: da € 5.201 a € 26.000
Fase Compenso
Fase di studio della controversia, valore medio: € 919,00
Fase introduttiva del giudizio, valore medio: € 777,00
Fase decisionale, valore medio: € 1.701,00
Compenso tabellare (valori medi) € 3.397,00
P.Q.M.
Il Giudice della Sezione Civile del Tribunale di Patti, in funzione di giudice unico, dott. G. A. P., definitivamente pronunciando nella causa n. 133/2012 R.G. ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita;
1. Accoglie l’opposizione proposta e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 214/2011 emesso dal Tribunale di Patti il 20-11-2011 e depositato l’1-12-2011;
2. In accoglimento della domanda riconvenzionale di parte opponente, dichiara la nullità del contratto di cessione di azienda stipulato dalle parti il 16 marzo 2011 in atti Notaio N. A., registrato a Messina, il 22-03-2011 al n. 2.427, serie 1T, per le causali di cui in motivazione;
3. Dichiara il non luogo a provvedere sulle altre domande riconvenzionali formulate da parte opponente per le causali di cui in motivazione;
4. Condanna R. M. al pagamento, in favore della parte opponente, che liquida in complessivi € 3.397,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese generali (15%), IVA e CPA come per legge, oltre ad € 17,69 per spese di notifica e alla rifusione del contributo unificato.