Svolgimento del processo
Il Tribunale di Teramo con sentenza n. 833/2014 rigettava domanda risarcitoria presentata da L. B. nei confronti di S. D. e del Comune di Sant’Omero (il primo responsabile dell’ufficio tecnico del secondo) per i danni derivati da sinistro del 9 maggio 2001 in cui, durante una partita di calcetto, il B. si era aggrappato alla traversa della porta del campo comunale, che gli era caduta sulla testa provocandogli gravissime lesioni; nel giudizio i convenuti avevano resistito e il Comune ottenuto di chiamare in causa la ditta cui aveva appaltato i lavori al campo di calcio, cioè D. C. & C., e i suoi componenti C. D. e Gabriele D. , i quali avevano a loro volta ottenuto di chiamare in garanzia la loro compagnia assicuratrice, D. Unione Assicurazioni S.p.A., poi divenuta Cattolica Assicurazioni S.p.A.
Il B. proponeva appello principale e il Comune appello incidentale; resistevano il D., la compagnia assicuratrice, la ditta D. e i due D. .
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1331/2019, rigettato quello incidentale, accoglieva parzialmente l’appello principale, condannando il Comune a risarcire i danni nella misura del 30%, ridotto peraltro l’importo per quanto già corrisposto dalla compagnia assicuratrice per i D. - verso cui il Comune avrebbe potuto rivalersi del 20% -, pervenendo infine alla somma di euro 110.000 oltre interessi.
Ha presentato ricorso, articolato in quattro motivi, il Comune di Sant’Omero. Si è difeso con controricorso in cui ha versato pure ricorso incidentale il B.; si sono difesi con rispettivo controricorso anche i D. e il D.. Avverso il ricorso incidentale hanno presentato rispettivo controricorso il D. e il Comune. Sia il Comune sia il D. hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1.1.1 Prendendo le mosse dal ricorso principale del Comune di Sant’Omero, si rileva che il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 652 c.p.p., 2051 c.c. e 5 D.M. L.L. P.P. 145/2000.
La Corte d’appello ha ritenuto responsabili concorrenti il B., i D. e ai sensi dell’articolo 2051 c.c. il Comune perché l’impianto sportivo dove è avvenuto il sinistro era comunale, ritenendo non escludente la responsabilità del Comune l’affidamento in appalto per lavori alla ditta D. (all’epoca D. s.n.c.). È incontroverso perché accertato dal giudice penale (che pervenne a sentenza definitiva) e in primo grado dal giudice civile che quando avvenne il sinistro l’appalto era ancora in corso di esecuzione; è altresì pacifico che fu completato con emissione del certificato di collaudo il 21 novembre 2003 e che l’impresa aveva fornito e collocato all’interno del cantiere - cioè del campo di calcio - le porte per giocare a calcio. La sentenza penale ha assolto il D. affermando che ai sensi dell’articolo 71 del Capitolato speciale dell’appalto l’onere di guardiania del cantiere gravava soltanto sull’appaltatrice, conformemente all’articolo 5D.M. L.L. P.P. 145/2000 - Capitolato generale delle opere pubbliche -.
Ad avviso del ricorrente fa dunque stato ex articolo 652 c.p.p. la sentenza penale che assolse il D. anche nei confronti del B., perché si era costituito parte civile, onde non sussiste alcuna mancata ottemperanza del Comune rispetto agli obblighi di custodia ai sensi dell’articolo 2051 c.c.
Sempre ad avviso del Comune, è poi irrilevante se la porta era fissata oppure soltanto posta sul terreno da gioco, perché la caduta non derivò da un suo difetto, “ma dallo sconsiderato comportamento del B., per cui l’evento di danno è dipeso esclusivamente dal caso fortuito” originato proprio dal B. stesso.
1.1.2 La responsabilità del committente nei confronti del terzo - sussistente anche se, appunto, è stato avviato un appalto - è stata risolta in senso positivo da Cass. sez. 3, 17 marzo 2021 n. 7553, cui si è conformata, tra gli arresti massimati, la successiva Cass. sez. 6-3, ord. 4 novembre 2021 n. 31601. Nel caso in esame poi non rileva l’articolo 652 c.p.p. se non altro perché il giudice d’appello ha riconosciuto responsabile non il D. ma proprio il Comune (si vedano i punti 46 e 47 della motivazione della sua sentenza nonché, per
l’affiancamento della responsabilità della ditta, il punto 38). La frase finale del motivo in ordine alla pretesa responsabilità per caso fortuito del B. costituisce, a ben guardare, una diretta argomentazione fattuale; d’altronde - si nota ormai meramente ad abundantiam - si è denunciata violazione dell’articolo 2051 c.c. in effetti rispetto alla posizione della ditta, come emerge complessivamente dal motivo.
Il motivo risulta quindi infondato.
1.2.1 Il secondo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione dell’articolo 112 c.p.c.
In primo grado il Comune aveva ottenuto l’autorizzazione a chiamare per garanzia la società D. e i suoi soci illimitatamente responsabili; aveva proposto appello incidentale condizionato nei confronti di costoro e nei confronti del D., appello che viene trascritto nelle pagine 18-20 del ricorso.
Tale appello incidentale è stato respinto dalla corte di merito - si veda il capo B del dispositivo -, che però non lo avrebbe deciso, così incorrendo in violazione dell’articolo 112 c.p.c.
1.2.2 Dalla complessiva ricostruzione della corte territoriale, che giunge ad escludere la responsabilità del D. (ritenendo in sostanza non pertinenti le sue mansioni rispetto alla custodia del campo da parte del Comune come proprietario, espressamente dichiarando infatti la condotta del D. “ininfluente ai fini della individuazione della responsabilità del Comune ecc.” sub 46 - pagina 25 della sentenza - e aggiungendo la stessa espressa esclusione della responsabilità del D. nella vicenda sub 47 – ibidem -), deve dedursi l’infondatezza del motivo nei confronti del D..
Quanto alla pretesa responsabilità della D. e dei suoi soci, è evidente che è stata esaminata, riconosciuta e pure quantificata rispetto a quella del Comune - 20% a fronte del 10% del Comune – sub 52 a pagina 26 della sentenza.
Il motivo è pertanto infondato.
1.3.1 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo per il caso in cui si ritenga infondato il secondo motivo.
La corte territoriale non avrebbe motivato perché non ha ritenuto accoglibile l’appello incidentale.
1.3.2 La censura è manifestamente infondata.
La Corte d’appello, infatti, ricostruisce la vicenda di determinare le responsabilità, e perviene a riconoscere la diretta responsabilità del Comune, dichiarando infine nel già citato punto 52: “L’esistenza di un autonomo obbligo di custodia in capo al Comune determina la diretta applicazione nei confronti di questo dell’articolo 2051 c.c. in concorrenza con la responsabilità di D. C. in proprio e quale legale rappresentante dell’allora ditta D. C. & co. e D. Gabriele, entrambi responsabili del residuo 30% ma in maniera diversa poiché alla ditta deve riconoscersi la responsabilità prevalente nell’ambito di un obbligo di custodia alterato dalle attività di immistione e quindi gestorie dirette del Comune. Sicché si può concludere che nell’ambito della responsabilità dei due custodi del bene, Comune e ditta D. al primo vada riconosciuta una responsabilità pari al 10% e alla seconda del 20%”. E d’altronde il rigetto del primo motivo influisce anche sul disattendimento di questo.
1.4.1 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., in subordine ai motivi precedenti.
Il giudice d’appello ha condannato il Comune a rifondere il 60% delle spese dei due gradi al B. nonché a rifondere l’intero delle spese d’appello al D., alla D. e ai suoi soci, oltre a pagare, in solido con la D. e i suoi soci, il 50% delle spese di CTU (l’altro 50% grava sul B.).
Ritiene il ricorrente che ciò non sia comprensibile e che comunque, dato che è stata riconosciuta la responsabilità del Comune solo per il 10%, le spese di lite e di CTU avrebbero dovuto essere del 10%.Erronea sarebbe pure la condanna a rifondere le spese al D., essendovi pure condanna del B..
1.4.2 Il motivo è infondato: sussiste reciproca soccombenza parziale tra il ricorrente da un lato e il B., la D. e i suoi soci dall’altro, e la quantificazione della conseguente compensazione è oggetto di potere discrezionale del giudice.
Nei confronti del D., poi, il Comune aveva proposto appello incidentale per il quale è stato soccombente: è pertanto evidente che la condanna del Comune a rifondere le spese al D. è del tutto corretta, considerato pure che la condanna del B. a rifondere le spese al D. (nel capo D del dispositivo) riguarda il diverso rapporto processuale principale.
2.1.1 Passando all’esame del ricorso incidentale del B., il primo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., errata applicazione dell’articolo 1227 c.c. e travisamento dei fatti.
Erra il giudice d’appello nell’attribuire concorso di colpa al ricorrente allora quindicenne, che nella partita era anche il portiere; il gesto compiuto rientrerebbe nelle possibili azioni di gioco; il campo sarebbe stato utilizzato da ben due anni, utilizzo permesso dal Comune, e l’atto, nel contesto il ruolo di portiere, non sarebbe stato imprevedibile ed eccezionale, bensì “un normale gesto atletico”. Le regole F.I.G.C. imponevano poiche le porte fossero “fissate al suolo in modo sicuro”.
La corte territoriale commette inoltre un travisamento dei fatti laddove lascia intendere che le porte erano di tipo “mobile”, cioè alleggerite e più piccole, mentre la porta in realtà “era una vera e propria porta regolamentare di ferro”. In conclusione, sarebbe errata l’applicazione dell’articolo 1227 c.c., “specie nei termini percentualistici (70%)”.
2.1.2 Il motivo è ictu oculi fattuale in modo diretto nella prima parte.
Quanto alla seconda parte, relativa al “travisamento”, non viene indicato da dove risulta la prova che, appunto, “era una vera e propria porta regolamentare di ferro”. Si rimanda poi a quel che si verrà ad osservare a proposito del motivo seguente.
2.2.1 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo, carenza motivazionale e manifesta illogicità.
La Corte d’appello, senza supporti giuridici né argomentativi, nega l’obbligo di ancoraggio al suolo delle porte da gioco (sub 40 e 45 della motivazione). L’obbligo invece le sarebbe stato portato dall’attuale ricorrente evidenziando “quanto indicato nel regolamento della Federazione Italiana Gioco del Calcio che ne obbligava l’infissione al suolo alla voce <<sicurezza>> (v. comparsa conclusionale pag. 29; atto di appello pag. 33)”. Pertanto la motivazione sarebbe inidonea e veicolerebbe un’affermazione falsa.
Il giudice d’appello offre poi un’altra “non veritiera considerazione” affermando che non era “un vero e completo impianto”, bensì un campo polivalente per vari sport (sub 40).
2.2.2 Il riferimento attiene quanto già rimarcato nel primo motivo riguardo alle “regole indicate dalla F.I.G.C., richiamate dall’art. 36 del Regolamento del settore della Lega Nazionale dilettanti”, le quali “imponevano nella sez.
<<Sicurezza>> che le porte fossero <<fissate al suolo in modo sicuro>>”.
La corte territoriale, a pagina 18 della sentenza, sub 40, si esprime sulla questione, ribadendo che nei campi di quel genere, cioè polivalenti, “vengono applicate diverse discipline sportive che escludono la presenza di strutture fisse”. Si è dunque dinanzi ad un accertamento fattuale per giungere a escludere l’applicazione del suddetto regolamento, emanato infatti specificamente e singolarmente per il gioco del calcio.
Il motivo deve pertanto essere rigettato.
2.3.1 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’articolo 2051 c.c.
Riconoscendo al Comune responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 c.c., il giudice d’appello avrebbe dovuto attribuirgli la quota maggiore della responsabilità rispetto all’attuale ricorrente, al quale invece il giudice ha attribuito responsabilità al 70%, a fronte del 10% al Comune e al 20% alla ditta appaltatrice. Si tratta dunque di una responsabilità marginale, e pertanto di una illogica interpretazione dell’articolo 2051 c.c.
2.3.2 A ben guardare, si è dinanzi a una inammissibile critica fattuale dell’accertamento dell’evento con la sua correlata ripartizione causale, così come appunto ricostruito nella complessiva motivazione della sentenza impugnata che giungere in effetti a delineare tanto una pluralità di responsabilità quanto la ripartizione di queste, per l’ovvio combinato disposto dell’invocato articolo 2051 con l’articolo 1227 c.c.
2.4.1 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., falsa applicazione della l. 109/1994 e dell’articolo 2051 c.c.
Il giudice d’appello avrebbe errato nel non riconoscere specifica e autonoma responsabilità del D. quale “Responsabile dell’Ufficio Tecnico”, che era “a conoscenza dei fatti che andavano accadendo”, ed era altresì “Direttore dei Lavori”. Si richiama prova orale e prova documentale, per sostenere che il D. avrebbe dovuto curare almeno che le porte fossero ben fissate al terreno.
2.4.2 Riguardo a questo unico motivo attinente alla posizione del D., a tacer d’altro esso costituisce una censura direttamente fattuale, in quanto il giudice d’appello ha ritenuto irrilevante la posizione del D. perché tutti a suo avviso erano consapevoli che il campo era utilizzato. E si tratta quindi, appunto come argomento fattuale, di quel che avrebbe potuto essere oggetto di critica soltanto in un gravame. Il motivo pertanto è inammissibile.
3. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati, la peculiarità e la complessità ricostruttiva della vicenda giustificando la compensazione delle spese in tutti i rapporti processuali.
Seguendo l'insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi compensando le spese in tutti i rapporti processuali.
Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.