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14 settembre 2023
La mobilità volontaria è un’ipotesi di cessione del contratto e non di cessazione del rapporto di pubblico impiego

Di conseguenza, non nasce alcun nuovo e diverso rapporto di lavoro, bensì una sua novazione sotto il profilo soggettivo datoriale.

di La Redazione

Un dirigente medico si rivolgeva al Tribunale di Ragusa per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive a lui dovute a titolo di indennità di esclusività maturate durante la sua esperienza lavorativa a Ragusa. La controparte eccepiva l'incompetenza territoriale del Tribunale adito, poiché in quel momento l'attore era dipendente presso un ente sanitario che si trovava a Messina per effetto di mobilità volontaria.
Il Tribunale di Ragusa declinava la propria competenza in favore del Tribunale di Messina, ritenendo che, pur essendo la mobilità volontaria una forma di cessione del contratto, non poteva ravvisarsi alcuna continuità del rapporto lavorativo, poiché il primo era cessato lasciando spazio al secondo, ma per quanto riguardava le obbligazioni valeva il criterio di cui all'art. 413, comma 5, c.p.c. della sede ove il lavoratore era addetto al momento della cessazione del rapporto, e quindi la competenza era del Tribunale di Ragusa.
Analoghe considerazioni venivano formulate dal P.M. a fondamento della richiesta di declaratoria della competenza territoriale in capo al Tribunale di Ragusa.

Con l'ordinanza n. 26067 del 7 settembre 2023, la Corte di Cassazione dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Ragusa, evidenziando che nel caso in esame non può essere applicato l'art. 413, comma 5, c.p.c..
Come osservano gli Ermellini, la mobilità volontaria costituisce un'ipotesi di cessione del contratto ai sensi dell'art. 1406 c.c., e non di cessazione del rapporto di pubblico impiego, non comportando quindi la nascita di un nuovo e diverso rapporto di lavoro bensì una sua novazione nel profilo soggettivo datoriale.
Ciò significa allora che, non potendosi applicare il comma 5 dell'art. 413 c.c., non resta che applicare il comma 7, il quale rinvia all'art. 18 (foro delle persone fisiche) che, a sua volta, deve intendersi implicitamente che riguardi anche l'art. 19 c.p.c. (foro delle persone giuridiche), per assoluta identità di ratio e in relazione all'esigenza di ravvisare un criterio finale dirimente. Così facendo, si assicura il rispetto del collegamento tra la causa e la sede del datore di lavoro in relazione al quale la pretesa è esercitata, collegamento che in tal caso porta a radicare la competenza presso il Tribunale di Ragusa.

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