Di conseguenza, non nasce alcun nuovo e diverso rapporto di lavoro, bensì una sua novazione sotto il profilo soggettivo datoriale.
Un dirigente medico si rivolgeva al Tribunale di Ragusa per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive a lui dovute a titolo di indennità di esclusività maturate durante la sua esperienza lavorativa a Ragusa. La controparte eccepiva l'incompetenza territoriale del Tribunale adito, poiché in quel momento l'attore era dipendente presso un ente sanitario che si trovava a Messina per effetto di mobilità volontaria.
Il Tribunale di Ragusa declinava la propria competenza in favore del Tribunale di Messina, ritenendo che, pur essendo la mobilità volontaria una forma di cessione del contratto, non poteva ravvisarsi alcuna continuità del rapporto lavorativo, poiché il primo era cessato lasciando spazio al secondo, ma per quanto riguardava le obbligazioni valeva il criterio di cui all'
Analoghe considerazioni venivano formulate dal P.M. a fondamento della richiesta di declaratoria della competenza territoriale in capo al Tribunale di Ragusa.
Con l'ordinanza n. 26067 del 7 settembre 2023, la Corte di Cassazione dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Ragusa, evidenziando che nel caso in esame non può essere applicato l'
Come osservano gli Ermellini, la mobilità volontaria costituisce un'ipotesi di cessione del contratto ai sensi dell'
Ciò significa allora che, non potendosi applicare il comma 5 dell'
Svolgimento del processo
1. F.F., dirigente medico, ha agito presso il Tribunale di Ragusa per ottenere il riconoscimento di differenze retributive a titolo di indennità di esclusività maturate nel periodo in cui egli era stato dipendente presso la A.S.P. di quella città;
la A.S.P., costituendosi, oltre a difendersi nel merito, ha eccepito l’incompetenza territoriale del giudice adito in quanto al momento dell’introduzione della causa il F. era dipendente dell'I.R.C.C.S. di Messina, ente sanitario presso il quale era definitivamente transitato per effetto di mobilità volontaria ex art. 30 d. lgs. 165/2001;
il Tribunale di Ragusa, ritenendo che dovesse aver prevalenza il criterio dell’attuale sede di lavoro, declinava la propria competenza a favore del Tribunale di Messina, ritenendo che, pur riportandosi la mobilità volontaria ad una forma di cessione del contratto, ciononostante non poteva ravvisarsi una continuità del rapporto lavorativo, sicché il rapporto con la A.S.P. di Ragusa era cessato e ne era iniziato altro ed autonomo presso la A.S.P. di Messina ma, per quanto riguardava le obbligazioni valeva il criterio, di cui all’art. 413, co. 5, c.p.c, della sede ove il lavoratore era addetto al momento della cessazione del rapporto e quindi la competenza era del Tribunale di Ragusa;
analoghe considerazioni sono state poste dal Pubblico Ministero a fondamento della richiesta di declaratoria della competenza territoriale del Tribunale di Ragusa;
Motivi della decisione
1. la competenza territoriale è da ravvisare in capo al Tribunale di Ragusa; ritiene infatti il Collegio che l'ipotesi in esame non possa essere riportata a quelle regolate dall’art. 413, co. 5, c.p.c.;
a tal fine si premetta che il F. (dirigente medico) è passato, in via di mobilità volontaria ex art. 30 d.lgs. n. 165/2001, dall’ASP di Ragusa all’IRCCS B. P. di Messina a far data dal 1°.4.18 e che la controversia ha ad oggetto il pagamento di differenze retributive per indennità di esclusività relative ad un periodo anteriore a detta mobilità;
la mobilità volontaria realizza un’ipotesi di cessione del contratto ex art. 1406 c.c. e non di cessazione del rapporto di pubblico impiego: su ciò la giurisprudenza di questa Corte è costante (tra le molte, Cass. 9 agosto 2016, n. 16846; Cass. 20 novembre 2014, n. 24724; Cass. S.U., 12 dicembre 2006, n. 26420);
in altre parole, diversamente da quanto asserito dal P.M., la mobilità volontaria non comporta la nascita d’un nuovo e diverso rapporto di lavoro, ma soltanto una sua novazione nel lato soggettivo datoriale;
il F. conviene in giudizio l’ASP di Ragusa e solo quest’ultima, sicché sarebbe un non senso celebrare il processo in una sede diversa;
infatti, la dizione dell’art. 413 co. 5° c.p.c., là dove parla di ufficio cui il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto, ha una ratio che è quella di valorizzare il luogo dove l’attore ha lavorato, perché si presume che lì vi siano migliori possibilità di istruire la controversia;
dunque, non applicandosi il comma 5° dell’art. 413 c.p.c., non resta che applicare il comma 7° del medesimo articolo, che a sua volta rinvia all’art. 18 (foro delle persone fisiche), rinvio che però è da intendersi implicitamente riguardare, per identità assoluta di ratio e in relazione all’ineludibile esigenza di ravvisare un criterio finale dirimente, anche l’art. 19 c.p.c. (foro delle persone giuridiche);
ciò assicura che sia rispettato il collegamento tra la causa e la sede del datore di lavoro rispetto al quale la pretesa è esercitata, collegamento che nella vicenda in oggetto porta a radicare la competenza presso il Tribunale di Ragusa;
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Ragusa, davanti al quale rimette le parti nel termine di cui all’art. 50 c.p.c.