
Svolgimento del processo
1. – Con sentenza n. 176 del 2017, depositata il 10 luglio 2017, la Corte d’appello di Perugia, in riforma della pronuncia del Tribunale di Terni, ha accolto le opposizioni contro le cartelle esattoriali emesse per contributi non versati, riguardanti la posizione di dipendenti della S.N.C. Assistenza Ternana, che, in forza di contratti d’appalto considerati irregolari in sede d’ispezione, avevano lavorato per Villa R. s.r.l. e Villa S. s.r.l. e per i signori G. C. e F. C..
1.1. – A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che, in virtù dell’art. 29, comma 3-bis, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è il solo lavoratore a poter chiedere la costituzione d’un rapporto di lavoro alle dipendenze di chi abbia utilizzato la prestazione, quando il contratto d’appalto sia stipulato in violazione delle prescrizioni del medesimo art. 29, comma 1.
La disciplina in esame, nel delineare un’ipotesi di annullabilità e nel demandare all’iniziativa del solo lavoratore l’impugnazione del contratto d’appalto irregolare, differisce da quella dettata dall’art. 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, che, in tale fattispecie, considerava radicalmente nullo il rapporto di lavoro intercorso con l’appaltatore.
Il d.lgs. n. 276 del 2003 non menziona gli enti previdenziali tra i soggetti legittimati a rivendicare, anche solo incidenter tantum, la costituzione d’un rapporto di lavoro alle dipendenze di chi abbia utilizzato le prestazioni.
1.2. – Ne discende che l’INPS, in difetto d’impugnazione dei lavoratori interessati, è carente di legittimazione ad avanzare pretese contributive nei confronti delle imprese committenti.
L’opposizione, pertanto, dev’essere accolta e devono essere annullate le cartelle esattoriali contestate.
2. – L’INPS impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Perugia, con ricorso notificato il 9 luglio 2018.
3. – Villa S. s.r.l., Villa R. s.r.l., i signori G. C. e F. C. resistono con unico controricorso.
4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ.
5. – Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
6. – Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
7. – Il collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’INPS denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 27 e 29, commi 1, 2 e 3-bis, del d.lgs. n. 276 del 2003, come modificato dall’art. 6, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, e dall’art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’escludere la legittimazione dell’INPS a reclamare dai committenti il pagamento dei contributi non versati per il periodo dal 2003 a settembre 2004, «per i lavoratori, formalmente assunti da imprese che eseguivano per loro conto lavori in appalto, ma sostanzialmente propri dipendenti», sol perché i lavoratori non avevano chiesto la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di tali committenti (pagina 5 del ricorso per cassazione).
Il ricorrente osserva che le vicende inerenti al rapporto di lavoro non possono incidere sull’autonomo rapporto contributivo, che vincola il datore di lavoro e l’ente previdenziale e fa sorgere diritti indisponibili. Il mancato esperimento di un’azione giudiziale ad opera dei lavoratori, pertanto, non potrebbe precludere l’azione dell’Istituto, volta a far valere diritti indisponibili. Al contrario di quel che rileva la sentenza impugnata, tale preclusione non si potrebbe desumere dal fatto che la legge non conferisca ex professo all’Istituto una specifica legittimazione ad agire.
2. – I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso.
2.1. – L’Istituto non avrebbe esposto in modo chiaro ed esauriente i fatti di causa e non avrebbe dato conto, in particolare, del contenuto delle difese articolate con gli atti di opposizione a cartella esattoriale, che hanno revocato in dubbio l’instaurazione d’un rapporto di lavoro, nei termini prospettati dall’ente creditore, e hanno contestato anche nel quantum il credito dedotto in giudizio.
Il ricorso dell’INPS neppure si farebbe carico di analizzare il contenuto della pronuncia di primo grado e delle difese illustrate a sostegno del gravame e reputerebbe pacifica quella sussistenza d’un rapporto di lavoro subordinato con i committenti, che, invece, è stata puntualmente contestata.
2.2. – L’eccezione, reiterata con dovizia di richiami anche nella memoria illustrativa (pagine da 1 a 6), non coglie nel segno.
2.3. – Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti della causa, prescritto a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, primo comma n. 3, cod. proc. civ., è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, allorché il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover attingere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., S.U., 18 maggio 2006, n. 11653).
Il ricorrente è tenuto a selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice, posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 cod. proc. civ.
Tuttavia, l’inosservanza dei doveri di chiarezza e sinteticità può condurre a una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in un’esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dall’art. 366 cod. proc. civ., numeri 3 e 4 (Cass., S.U., 30 novembre 2021, n. 37552).
2.4. – All’onere di esporre i fatti della causa la parte ricorrente ha ottemperato in maniera adeguata.
La ratio decidendi della pronuncia d’appello s’incardina sul difetto di legittimazione dell’ente previdenziale. Rispetto a questo percorso argomentativo, che valorizza un aspetto dirimente e consente di soprassedere alla disamina di tutte le questioni inerenti al merito della pretesa, il motivo formulato è idoneo a far comprendere a questa Corte, sulla scorta delle sole deduzioni del ricorso, gli antefatti salienti. Il ricorrente (pagine 2, 3 e 4), anche mediante il richiamo agli stralci significativi della sentenza impugnata, descrive, in prima battuta, la genesi della controversia, per poi ricostruire nei suoi snodi fondamentali, con autonomo vaglio critico, l’iter logico della pronuncia d’appello (pagine 5, 6 e 7).
Le informazioni che la premessa del ricorso fornisce sono circostanziate e consentono di enucleare quello che è il nerbo della decisione impugnata e quelli che sono i fatti all’origine del contenzioso, nella parte che viene in rilievo nell’odierno giudizio. Lo scrutinio di questa Corte è pur sempre circoscritto alla verifica della legittimazione dell’Istituto a far valere, ai fini dell’obbligazione contributiva, l’inosservanza della normativa sull’appalto e non involge le questioni di merito, che la sentenza impugnata ha trascurato di esaminare.
Il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis, dev’essere vagliato in relazione alla specifica motivazione della pronuncia impugnata, in quanto è funzionale alla più agevole e fruttuosa comprensione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza.
Ne deriva che l’esposizione sommaria dei fatti della causa, prescritta dal codice di rito, non si deve sostanziare nella pedissequa e ridondante descrizione di tutte le scansioni del processo e nella riproposizione di tutte le difese illustrate dalle parti nel dipanarsi del giudizio.
Il requisito in esame è soddisfatto con l’enunciazione dei fatti della causa che illuminano tanto le ragioni della decisione quanto gli argomenti addotti dal ricorrente al fine di confutarle.
Nel caso di specie, tali indicazioni traspaiono con sufficiente chiarezza dal ricorso.
3. – Le doglianze sono fondate.
3.1. – Questa Corte è costante nell’affermare che, in tema di omesso versamento dei contributi previdenziali, l’accertamento della natura fittizia del rapporto con il datore di lavoro interposto, da cui discende il potere dell’ente previdenziale di applicare le relative sanzioni, costituisce oggetto di questione pregiudiziale, di cui il giudice può conoscere in via incidentale. Non è necessaria, pertanto, la previa azione del prestatore di lavoro, volta all’accertamento dell’interposizione fittizia e alla costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore (Cass., sez. lav., 15 maggio 2019, n. 13013).
Con precipuo riguardo all’appalto irregolare, si è puntualizzato che sussiste la legittimazione degli enti previdenziali a proporre un’azione finalizzata a far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra committente e lavoratore (Cass., sez. lav., 28 novembre 2019, n. 31144).
3.2. – A favore di queste conclusioni depongono l’indisponibilità del regime previdenziale, che non può essere condizionato all’iniziativa del lavoratore che denunci l’irregolarità, e l’autonomia del rapporto di lavoro e di quello previdenziale, che, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi.
L’interpretazione delineata dalle pronunce menzionate non solo è avvalorata dagli elementi sistematici attinenti alle peculiarità del rapporto contributivo, ma non è contraddetta né dal dato letterale né dal raffronto con la normativa previgente.
Quanto al primo aspetto, il dettato testuale non preclude di dedurre la nullità degli atti di interposizione da parte di chiunque vi abbia interesse.
Quanto al secondo profilo, è ben vero che la legge n. 1369 del 1960 consentiva un’azione di accertamento, proponibile da chiunque avesse interesse, allo scopo di far considerare i lavoratori, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’utilizzatore, ma la diversa modulazione del regime di tutela non riveste il rilievo ermeneutico significativo che le attribuiscono la sentenza impugnata e i controricorrenti.
Invero, come ha chiarito questa Corte, «l’azione dell’ente previdenziale terzo è finalizzata all’accertamento della sussistenza in fatto di un rapporto di lavoro subordinato tra l’utilizzatore e il lavoratore e trova la sua causa petendi nell’art. 2094 cod. civ. e non nel d.lgs. n. 276 del 2003, anche perché la formula utilizzata dal d.lgs. n. 276 del 2003, lungi dal configurare una sanzione strutturalmente diversa dal passato, rappresenta una diversa descrizione del medesimo meccanismo sanzionatorio; si tratta di una norma tipicamente processuale formulata a partire dalla posizione del lavoratore» (ordinanza n. 31144 del 2019, cit., punto 6 del Considerato), che non impedisce a ogni interessato di far valere la nullità degli atti interpositori, tuttora sanzionati.
3.3. – Da tali principi, richiamati anche nel ricorso e nella memoria illustrativa, non vi sono ragioni di discostarsi, né i controricorrenti prospettano, nella memoria depositata in vista dell’adunanza in camera di consiglio, argomenti risolutivi che inducano a rimeditarli.
4. – In conclusione, il ricorso è accolto.
La sentenza impugnata è dunque cassata.
5. – La causa va rinviata alla Corte d’appello di Perugia, che, in diversa composizione, riesaminerà la fattispecie controversa alla luce dei principi ribaditi nella presente ordinanza.
Al giudice di rinvio è rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.