Con il decreto ingiuntivo era stato ingiunto alla debitrice società beta, nonché ai garanti il pagamento della somma in forza di un contratto di conto corrente e di tre aperture di credito in conto corrente garantite da ipoteca. Con l’atto di citazione in opposizione, i garanti eccepivano l’incompetenza per territorio, nonché la titolarità attiva del credito in capo all’opposta; quindi, sostenevano la nullità parziale della fideiussione per violazione, infine, che il decreto opposto era stato emesso nei loro confronti per un importo superiore al limite della garanzia prestata. |
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La designazione convenzionale di un foro, in deroga a quello territoriale stabilito dalla legge, attribuisce a tale foro la competenza esclusiva soltanto se risulta un'enunciazione espressa, che non può trarsi, quindi, per via argomentativa, attraverso un'interpretazione sistematica, dovendo essere inequivoca e non lasciare adito ad alcun dubbio sulla comune intenzione delle parti di escludere la competenza dei fori ordinari. Pertanto, in caso di pluralità di clausole relative al foro competente, per potere ritenere che le parti lo abbiano voluto come esclusivo, occorre che l'esclusività sia espressa in ogni clausola contenente la scelta del foro; al contrario, la presenza nel contratto di clausole espressamente indicanti il foro come esclusivo e di altre che non prevedono l'esclusività rende equivoca la volontà contrattuale di escludere altri fori (Cass., Sez. 6 - 3, ordinanza n. 21362 del 06.10.2020). |
Osserva il Tribunale adito che gli opponenti avevano sollevato eccezione di incompetenza per territorio per essere competente, a loro dire, altro Tribunale. L'eccezione in questione si fondava sulla clausola di deroga alla competenza territoriale contenuta all'art. 13 del contratto di apertura di credito in conto corrente garantita da ipoteca e sul carattere accessorio della causa concernente la posizione dei garanti rispetto a quella concernente la posizione della debitrice principale. Premesso ciò, il credito ingiunto riguardava non uno, ma quattro rapporti contrattuali (conto corrente e tre aperture di credito in conto corrente garantite da ipoteca), e che un solo contratto tra i quattro conteneva una clausola che individuava il foro indicato dalle parti in via esclusiva. Quanto agli altri contratti, essi o non contenevano alcuna clausola di deroga ai criteri legali in tema di competenza per territorio derogabile, o indicano il foro del primo contratto, ma non in via esclusiva. Per questi ultimi, secondo il Tribunale, la pattuizione convenzionale di un foro, senza indicazione espressa del suo carattere di esclusività, comporta che tale criterio di collegamento, lungi dal sostituirsi a quelli legali, si aggiunga semplicemente ad essi, con la conseguenza che quelli previsti dal Codice di rito continuano ugualmente ad applicarsi. Deve altresì rilevarsi che entrambe le clausole in esame, pur nella loro diversità, prevedevano il foro deciso dalle parti per eventuali “contestazioni” nascenti dal contratto, mentre nella specie non era stata sollevata alcuna contestazione concernente specificamente l'apertura di conto corrente, essendosi focalizzata, piuttosto, su altri aspetti la controversia tra le parti. Pertanto, la deroga ai criteri legali in materia di competenza per territorio, anche ove, solo in astratto, sussistente, non potrebbe neppure operare in concreto. A quanto precede, inoltre, i due fideiussori, odierni opponenti, erano estranei alla pattuizione derogativa della competenza e che, se l' In conclusione, il giudice ha deciso sul rigetto dell'eccezione in esame. Quanto al merito, l'opposizione è stata rigettata. |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Premessa
Con il decreto ingiuntivo opposto, emesso su ricorso di D. S. s.r.l. (quale cessionaria di un credito originariamente nella titolarità della Banca P. di S. Soc. Coop. per azioni) e, per essa, P. C. S. S.p.A., è stato ingiunto ad A. s.r.l., nonché a V.A. e N. C., la prima quale debitrice principale e gli altri due quali garanti, il pagamento della somma di euro 519.459,59, oltre interessi, in forza di un contratto di conto corrente e di tre aperture di credito in conto corrente garantite da ipoteca.
Con l’atto di citazione in opposizione, V. A. e N. C. hanno eccepito l’incompetenza per territorio di questo Tribunale, hanno contestato la titolarità attiva del credito in capo all’opposta, hanno sostenuto altresì la nullità parziale della fideiussione per violazione della disciplina in tema di concorrenza e l’estinzione della garanzia ex art. 1957 c.c., ed hanno dedotto, infine, che il decreto opposto era stato emesso nei loro confronti per un importo superiore al limite della garanzia prestata, rassegnando conclusioni di contenuto analogo a quello riportato in epigrafe.
All’accoglimento di tali eccezioni si è opposta D. S. s.r.l. e, per essa, P. C. S. S.p.A., concludendo per il rigetto dell’opposizione e comunque per la condanna degli opponenti al pagamento dell’importo ingiunto entro i limiti della garanzia prestata.
Con ordinanza in data 26.01.2022, rilevato che gli opponenti avevano formulato espressa domanda di accertamento della nullità, ai sensi dell’art. 1419 cod. civ., degli artt. 2, 6 e 8 della fideiussione da loro rilasciata in favore della Banca P. di S. in data 14 gennaio 2009, e ritenuta in ordine ad essa l’incompetenza di questo Ufficio Giudiziario, previa separazione della causa limitatamente alla domanda in questione, è stata dichiarata l’incompetenza di questo Tribunale, risultando invece competente il Tribunale di Milano - Sezione Specializzata in materia di impresa, dinanzi a cui le parti sono state rimesse.
Nella restante parte, la causa è stata successivamente trattenuta in decisione sulla scorta delle risultanze della documentazione prodotta dalle parti, senza effettuazione di ulteriore attività istruttoria.
Ciò premesso, può dunque passarsi all’esame del merito.
Sull’eccezione di incompetenza
Come si diceva, gli opponenti hanno sollevato eccezione di incompetenza per territorio di questo Tribunale per essere competente, a loro dire, il Tribunale di Sondrio.
L’eccezione in questione si fonda sulla clausola di deroga alla competenza territoriale contenuta all’art. 13 del contratto di apertura di credito in conto corrente garantita da ipoteca in data 04.03.2009 (cfr.: doc. 5 dell’opposta) e sul carattere accessorio della causa concernente la posizione dei garanti rispetto a quella concernente la posizione della debitrice principale.
Prima di esaminare la questione sotto il profilo giuridico, appare utile precisare che il credito ingiunto riguarda non uno, ma quattro rapporti contrattuali (conto corrente e tre aperture di credito in conto corrente garantite da ipoteca), e che un solo contratto tra i quattro contiene una clausola (il predetto art. 13 del contratto di apertura di credito in conto corrente garantita da ipoteca in data 04.03.2009) che parrebbe individuare il foro di Sondrio in via esclusiva.
Il tenore della clausola in esame è il seguente: “Ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 c.p.c. le parti espressamente convengono che unico Foro competente per le eventuali contestazioni nascenti dal presente contratto sarà quello di Sondrio”. Va peraltro rilevato che il documento di sintesi allegato al contratto in questione, anch’esso sottoscritto dalle parti, contiene la seguente previsione, ben più generica: “Il foro competente per eventuali contestazioni è quello di Sondrio”. Quanto agli altri contratti, essi o non contengono alcuna clausola di deroga ai criteri legali in tema di competenza per territorio derogabile, o indicano il foro di Sondrio, ma non in via esclusiva.
Per questi ultimi, deve ritenersi che la pattuizione convenzionale di un foro, senza indicazione espressa del suo carattere di esclusività, comporta che tale criterio di collegamento, lungi dal sostituirsi a quelli legali, si aggiunga semplicemente ad essi, con la conseguenza che quelli previsti dal codice di rito continuano ugualmente ad applicarsi.
Trattasi proprio di quanto accaduto nel caso di specie, visto che questo Tribunale è senz’altro competente quale luogo di residenza o domicilio degli opponenti (M., via M.R. n. XX, come emerge dalla fideiussione in atti), convenuti in senso sostanziale, ex art. 18 c.p.c.
Per quanto concerne, poi, il contratto di apertura di credito in conto corrente del 2009, innanzi citato, preso atto del carattere difforme delle clausole in tema di competenza sopra riportate, deve trovare applicazione il seguente principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 6 - 3, ordinanza n. 21362 del 06.10.2020): “La designazione convenzionale di un foro, in deroga a quello territoriale stabilito dalla legge, attribuisce a tale foro la competenza esclusiva soltanto se risulta un'enunciazione espressa, che non può trarsi, quindi, per via argomentativa, attraverso un'interpretazione sistematica, dovendo essere inequivoca e non lasciare adito ad alcun dubbio sulla comune intenzione delle parti di escludere la competenza dei fori ordinari. Pertanto, in caso di pluralità di clausole relative al foro competente, per potere ritenere che le parti lo abbiano voluto come esclusivo, occorre che l'esclusività sia espressa in ogni clausola contenente la scelta del foro; al contrario, la presenza nel contratto di clausole espressamente indicanti il foro come esclusivo e di altre che non prevedono l'esclusività rende equivoca la volontà contrattuale di escludere altri fori”.
Da quanto precede, deriva come conseguenza che neppure con riferimento a tale contratto può ritenersi sussistente l’univoca indicazione del foro di Sondrio come esclusivo.
Deve altresì rilevarsi che entrambe le clausole in esame, pur nella loro diversità, prevedono il foro di Sondrio per eventuali “contestazioni” nascenti dal contratto, mentre nella specie non è stata sollevata alcuna contestazione concernente specificamente detta apertura di conto corrente, essendosi focalizzata, piuttosto, su altri aspetti la controversia tra le parti.
Pertanto, la deroga ai criteri legali in materia di competenza per territorio, anche ove, solo in astratto, sussistente, non potrebbe neppure operare in concreto.
A quanto precede, si aggiunga che i due fideiussori, odierni opponenti, sono estranei alla pattuizione derogativa della competenza e che, se l’art. 31 c.p.c., richiamato in proposito dai medesimi, prevede la possibilità di proporre la domanda accessoria al giudice territorialmente competente per la domanda principale, non prevede, al contrario, alcun obbligo in tal senso.
Sull’argomento in questione, infine, deve rilevarsi che, come affermato sempre dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 6 - 3, ordinanza n. 19714 del 25.07.2018), “il foro stabilito dalle parti, essendo di origine pattizia e non legale, dà luogo a un'ipotesi di competenza derogata, e non inderogabile, e, anche quando sia stabilito come esclusivo (art. 29 c.p.c.), non impedisce, al pari di ogni altro criterio determinativo della competenza, che questa possa essere modificata per ragioni di connessione”.
In concreto, come sopra si è visto, i crediti fatti valere in giudizio nei confronti tanto della debitrice principale quanto dei garanti derivano da molteplici contratti, uno solo dei quali contiene la clausola, peraltro tutt’altro che univoca, come sopra si è visto, di attribuzione della competenza al Tribunale di Sondrio in via esclusiva.
Da quanto precede deriva inevitabilmente il rigetto dell’eccezione in esame. Può dunque passarsi all’esame del merito.
Sulla titolarità attiva del credito in capo all’opposta
A fronte della contestazione sollevata sul punto dagli opponenti, deve rilevarsi che l’opposta ha documentato l’avvenuta cessione del credito ingiunto in suo favore non solo con il deposito dell’estratto della Gazzetta Ufficiale contenente la pubblicazione della notizia della cessione medesima (cfr.: doc. 13 dell’opposta), bensì anche mediante la produzione in giudizio del contratto di cessione (allegato alla memoria di cui all’art. 183, comma 6, numero 2, c.p.c.) e della dichiarazione della cedente (cfr.: doc. 22 dell’opposta).
Dette produzioni documentali devono essere ritenute adeguate ai fini della prova della circostanza in questione.
Sull’eccezione di estinzione ex art. 1957 c.c.
Come innanzi si diceva, parte opponente ha eccepito l’estinzione dell’obbligazione di garanzia ex art. 1957 c.c.
In punto di fatto, premesso che l’obbligazione di pagamento dei crediti di cui trattasi è divenuta esigibile all’atto del recesso dai rapporti in questione, comunicato dalla banca alla debitrice principale con raccomandata A.R. in data 09.12.2016, ricevuta in data 20.12.2016 (cfr.: doc. 12 dell’opposta), deve rilevarsi che l’intimazione di pagamento contenuta nella lettera in questione è stata inviata contestualmente anche ai garanti, i quali non ne hanno contestato il ricevimento.
In punto di diritto, come noto, l’articolo innanzi citato prevede al primo comma che “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.
La fideiussione omnibus prestata dagli odierni opponenti in relazione alle obbligazioni contratte dalla debitrice principale (cfr.: doc. 4 dell’opposta) deroga all’art. 1957 c.c. e prevede testualmente, alla clausola n. 6, che “i diritti derivanti all’Azienda di credito dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni altro suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”.
A sua volta, la clausola n. 7 della fideiussione prevede: - che “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente all’Azienda di credito, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio”; - che “in caso di suo ritardo nel pagamento, il fideiussore è tenuto a corrispondere all’Azienda di credito gli interessi moratori nella misura ed alle condizioni previste a carico del debitore”;
- che “l’eventuale decadenza del debitore dal beneficio del termine si intenderà automaticamente estesa al fideiussore”.
Premesso, dunque, che trattasi di fideiussione c.d. a prima richiesta, deve richiamarsi in questa sede l’interpretazione fornita sul punto dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 3, sentenza n. 13078 del 29.10.2008), la quale si è espressa nei seguenti termini: “questa corte ha anche chiarito che la clausola con cui il creditore si impegni a soddisfare il creditore "a semplice richiesta" o entro un tempo predeterminato, può essere interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l'onere di avanzare istanza entro il termine di cui all'art. 1957 c.c., deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di un'azione giudiziaria), nel senso che l'osservanza dell'onere di cui alla citata disposizione può essere considerato soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un'azione giudiziaria (così Cass., n. 7345/95, in motivazione); azione che d'altronde può essere indifferentemente rivolta, a scelta del creditore, contro l'uno o l'altro dei due condebitori solidali, e dunque anche contro il fideiussore, con effetti ugualmente idonei ad impedire l'estinzione della fideiussione (Cass., s.u., n. 5572/79, cui s'è uniformata la giurisprudenza successiva). Tale tesi va senz'altro condivisa. Invero, una volta che il fideiussore tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta sia invitato dal creditore a provvedervi per affermato inadempimento del debitore principale, per un verso è obbligato a farlo secondo il meccanismo proprio del solve et repete, in quanto solo dopo l'avvenuto pagamento può eventualmente agire in ripetizione verso il creditore facendo valere tutti i diritti che competono al debitore nel rapporto principale; e, per altro verso, è reso immediatamente edotto dell'inadempimento del debitore. Se non paga, non solo si rende inadempiente, ma si pone anche volontariamente nella condizione di non potersi immediatamente surrogare ex art. 1949 c.c., dopo aver pagato, nei diritti che il creditore aveva contro il debitore, così dando luogo ad una situazione nella quale risulta fortemente incisa la ragione sopra delineata della tutela assicurata al fideiussore dall'art. 1957 c.c.. Sembra dunque giustificata la conclusione che, quante volte il fideiussore sia tenuto al pagamento "a prima o a semplice richiesta", o comunque entro un tempo convenzionalmente determinato, il rispetto dell'art. 1957 c.c., da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale (o di due mesi nel caso in cui il fideiussore abbia espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell'obbligazione principale), con la conseguenza che, una volta tempestivamente effettuata la richiesta di pagamento al fideiussore, il creditore non è più tenuto ad agire giudizialmente contro il debitore.”.
Tale orientamento risulta condiviso anche dalla Corte di Appello di Milano (cfr.: Corte di Appello di Milano, Sez. 1, sentenza n. 1059 del 28.03.2023).
Alla luce di quanto precede, avendo la banca inviato tempestivamente la richiesta scritta di pagamento ai garanti, ogni eccezione proposta sul punto non può che essere disattesa.
Risulta dunque ininfluente ai fini della presente decisione ogni considerazione circa la natura giuridica della garanzia, come fideiussione ovvero come garanzia autonoma.
Sull’eccezione di nullità della fideiussione
Deve premettersi che, nelle conclusioni rassegnate con l’atto di citazione in opposizione, V. A. e N. C. hanno domandato, fra l’altro, “previa rimessione della causa al Tribunale di Milano – Sezione Specializzata in materia di Impresa A, competente ratione materiae, ex art. 34 cod. proc. civ., accertare e dichiarare, ai sensi dell’art. 1419 cod. civ., la nullità degli artt. 2, 6 e 8 della Fideiussione rilasciata dai signori A. V. e C. N. in data 14 gennaio 2009, per le ragioni tutte dedotte in atti”.
Nella narrativa dell’atto in questione, a pagina 21, nel paragrafo intitolato “La richiesta di decidere con efficacia di giudicato sulla parziale nullità della Fideiussione. Conseguente richiesta di remissione dell’intera causa al Tribunale di Milano – Sezione Specializzata in materia d’Impresa”, gli stessi hanno dedotto quanto segue: “Attesa la rilevanza della questione ai fini del presente giudizio, si domanda a codesto ill.mo Giudice di voler rimettere, ai sensi dell’art. 34 cod. proc. civ., l’intera causa alla Sezione Specializzata in materia d’Impresa del Tribunale di Milano”.
Come innanzi si è visto, con ordinanza in data 26.01.2022, ritenuta in ordine a tale domanda l’incompetenza di questo Ufficio Giudiziario (cfr.: Cass., Sez. 6 - 1, ordinanza n. 6523 del 10.03.2021), previa separazione della causa limitatamente ad essa, è stata dichiarata l’incompetenza di questo Tribunale, risultando invece competente il Tribunale di Milano - Sezione Specializzata in materia di impresa, dinanzi a cui le parti sono state rimesse.
Con la successiva memoria depositata ex art. 183, comma 6, numero 1, c.p.c., gli opponenti hanno dato “atto di non aver, per il momento, riassunto il giudizio avente ad oggetto la declaratoria di nullità parziale della fideiussione innanzi alla Sezione Specializzata in materia di impresa, onde evitare una proliferazione di giudizi, anche al fine di superare le incomprensioni maturate con controparte in tema di asserita duplicazione dei giudizi (le cui ragioni già avevamo rappresentato in sede di prima udienza)”.
Pertanto, negli scritti conclusivi, la difesa degli opponenti ha riproposto la questione in via di mera eccezione riconvenzionale.
Al riguardo, deve rilevarsi che la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 1, ordinanza n. 29810 del 12.12.2017) risulta aver dapprima affermato in materia quanto segue: “in tema di accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dall'art. 2 della legge n. 287 del 1990, la stipulazione «a valle» di contratti o negozi che costituiscano l'applicazione di quelle intese illecite concluse «a monte» (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato [nella specie, per quello bancario, la Banca d'Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi degli artt. 14 e 20 della L. n. 287 del 1990 (in vigore fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la legge n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016)] a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza”.
In particolare, in motivazione, la Suprema Corte ha affermato che “se la violazione «a monte» è stata consumata anteriormente alla negoziazione «a valle», l'illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione oggetto della presente controversia non può che travolgere il negozio concluso «a valle», per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia”. Con riferimento a quanto precede, deve peraltro ritenersi che l’eventuale allegazione e prova del fatto che la fideiussione per cui è causa costituisca effettivamente la realizzazione, a valle, di un’intesa anticoncorrenziale non possa condurre ad affermare la nullità dell’intera garanzia, potendo, in tesi ed a tutto voler concedere, comportare la declaratoria di nullità delle sole clausole indicate come distorsive della concorrenza nel citato provvedimento della Banca d’Italia.
È, infatti, del tutto ragionevole ritenere, ai sensi dell’art. 1419 c.c., che, anche in assenza delle clausole in questione, gli odierni opponenti avrebbero avuto comunque interesse a rilasciare la garanzia, onde permettere alla correntista di ottenere, peraltro a condizioni più favorevoli per i garanti, la concessione di credito dalla banca e che per quest’ultima il rilascio della fideiussione, sia pure a condizioni diverse, avrebbe avuto un’utilità maggiore che non la sua assenza totale.
Anche la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. Un., sentenza n. 41994 del 30.12.2021), più recentemente, ha affermato, in materia, il seguente principio di diritto: “I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell'art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”.
Le considerazioni di cui innanzi e la circostanza che né dal contratto né dalle allegazioni delle parti sia desumibile una volontà di queste ultime di non concludere il contratto medesimo senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità comportano come conseguenza che non possa essere affermata la nullità totale della garanzia.
Coerentemente con quanto precede, l’eccezione degli opponenti riguarda la sola nullità parziale.
La questione, a sua volta, rileva in questa sede unicamente con riferimento alla clausola contrattuale di deroga all’art. 1957 c.c. e deve essere considerata priva di rilevanza autonoma, essendo funzionale unicamente a far valere l’inosservanza della predetta norma di legge da parte della banca.
Ne deriva che, in virtù delle considerazioni già svolte al paragrafo che precede, la questione resta assorbita e non va, dunque, esaminata nella presente sede.
Sull’importo ingiunto
Con il ricorso depositato nella fase monitoria l’odierna opposta ha domandato ingiungersi ai debitori, ivi compresi i garanti, il pagamento dell’importo di euro 519.459,59 (superiore alla somma di euro 500.000,00, costituente l’importo massimo garantito dai fideiussori), specificando, quanto a ciascuno degli odierni opponenti, che la domanda doveva intendersi proposta nei suoi confronti “nei limiti della fideiussione concessa”.
Al contrario, il decreto ingiuntivo opposto non contiene tale precisazione.
Trattasi, con ogni evidenza, di un mero errore materiale di scritturazione, non potendo il Giudice emettere una pronuncia di condanna che riguardi una somma superiore a quella domandata dalla parte.
Pertanto, in dispositivo si dà atto che, nei confronti degli odierni opponenti, l’ingiunzione deve intendersi confermata entro i limiti della fideiussione dagli stessi prestata.
Conseguenze delle considerazioni che precedono
Una volta risolte le questioni sollevate dagli opponenti in via di eccezione, deve rilevarsi che gli elementi costitutivi della domanda dell’opposta risultano pacificamente sussistenti, oltre che documentati.
L’opposizione va dunque disattesa, con conseguente conferma integrale del decreto opposto, con la precisazione di cui innanzi, ciò anche con riferimento alle spese processuali della fase monitoria, nonché con declaratoria di esecutorietà ai sensi dell’art. 653, comma 1, del codice di rito.
Sulle spese processuali
Le spese della fase di opposizione seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da V. A. e N. C. nei confronti di D. S. s.r.l. e, per essa, P. C.S. S.p.A., rigettata ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione, così provvede:
1. rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma - anche nella parte relativa alle spese della fase monitoria - il decreto ingiuntivo opposto, di cui dichiara l’esecutorietà ex art. 653, comma 1, c.p.c., dando atto che, nei confronti degli odierni opponenti, l’ingiunzione deve intendersi confermata entro i limiti della fideiussione dagli stessi prestata;
2. condanna V. A. e N.C., in solido tra loro, a rifondere a parte opposta le spese processuali, che liquida in complessivi euro 18.000,00 per compensi, oltre 15% spese forfettarie ed accessori di legge.