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21 settembre 2023
Ok al passaggio dal cognome paterno a quello materno fondato sull’assenza assoluta del padre

Illegittimo il diniego della P.A. alla domanda di mutamento del cognome quando sia motivato solo sulla base dell'eccezionalità del cambiamento stesso, poiché sulla scorta di quanto ritenuto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, l'assegnazione del cognome è volta ad una migliore costruzione dell'identità del figlio, quindi occorre evidenziare specifiche ragioni di interesse pubblico ostative all'accoglimento dell'istanza.

di La Redazione

L'attuale ricorrente impugnava dinanzi al TAR Toscana il decreto con il quale la Prefettura aveva respinto la sua istanza volta acambiare cognome, passando da quello paterno a quello materno. Alla base dell'istanza, il fatto che il padre, in seguito alla separazione e al divorzio dalla madre, non avrebbe assunto il ruolo di “padre” nei suoi confronti, non essendosi mai preoccupato del suo sostentamento, né di instaurare un legame affettivo come quello che connota il rapporto padre-figlia.
Dopo aver richiesto ulteriori argomentazioni e documenti a sostegno della domanda, la Prefettura aveva rigettato quest'ultima, basandosi sul fatto che la modifica del cognome riveste carattere oggettivamente rilevante e può essere ammessa solo in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti e supportate da adeguata documentazione.
A seguito di ricorso, il TAR riteneva carente di motivazione il provvedimento impugnato e pertanto accoglieva la domanda della ricorrente.
L'Amministrazione impugna la decisione dinanzi al Consiglio di Stato.

Con la sentenza n. 8422 del 19 settembre 2023, il Consiglio di Stato dichiara infondato il ricorso, richiamando innanzitutto il contenuto dell'art. 89 d.P.R. n. 396/2000, rilevando come la valutazione del Prefetto circa l'istanza di cambio del cognome si configuri effettivamente come un potere di natura discrezionale che ha lo scopo di bilanciare l'interesse del privato con quello pubblico della stabilità degli elementi identificativi della persona, e come a tal fine il Ministero dell'Interno abbia emanato un'apposita circolare, la n. 14 del 21 maggio 2012, che riveste un'importanza fondamentale nell'ambito di tale giudizio.
La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la posizione giuridica del soggetto che richiede il cambio del cognome abbia natura di interesse legittimo, detenendo la P.A. il potere discrezionale circa l'accoglimento o meno, stanti gli interessi in gioco.

Ciò posto, occorre rilevare come dalle ultime pronunce della Corte costituzionale si stia assistendo a un progressivo cambio di rotta: a partire dalla sentenza n. 131/2022 con la quale la Consulta ha stabilito che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell'ordine concordato dai medesimi, fatto salvo l'accordo di trasmetterne uno solo, alla sentenza n. 135/2023.
Da tali pronunce emergono due profili:

esempio

  • Il passaggio da un approccio teso ad assumere il cognome come segno distintivo della famiglia ad un processo di valorizzazione del diritto all'identità personale, valore assoluto avente copertura costituzionale ai sensi dell'art. 2 Cost., in virtù del quale il cognome assurge ad espressione dell'identità del singolo;
  • La particolare sensibilità sul tema del “cognome”, in quanto l'assegnazione del cognome deve intendersi funzionale alla migliore costruzione dell'identità del figlio.

Alla luce di ciò, la censura dell'appellante non può essere condivisa, emergendo dalla lettura della documentazione della ricorrente il legame esclusivo con la madre, unica figura di riferimento che le ha consentito di formarsi un'identità personale, costituendo dunque il cambio di cognome lo strumento per recidere un legame solo formale ed estraneo alla sua identità personale. Queste, secondo il Collegio, rappresentano ragioni serie e ponderate tali da meritare un approfondimento da parte dell'Amministrazione in sede di valutazione della domanda, soprattutto in considerazione del fatto che non vi sono ragioni di interesse pubblico ostative al suo accoglimento.
Per queste ragioni, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.