Gli indici di conoscenza del processo, costituiti dalla nomina del difensore di fiducia e dalla stabilizzazione per un certo periodo di tempo del rapporto fiduciario, possono fondare il convincimento dell’effettiva conoscenza del processo in capo all’imputato, in assenza di circostanze ulteriori che devono comunque essere allegate dal condannato.
L’odierno ricorrente, per il tramite del difensore, chiedeva l’annullamento dell’ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Torino aveva respinto la sua richiesta di rescissione della sentenza della stessa Corte che, in parziale riforma della decisione di primo grado, lo aveva condannato in relazione al reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze...
Svolgimento del processo
1. V. L., attraverso il difensore di fiducia avvocato F. C., chiede l'annullamento dell'ordinanza del 1 marzo 2023 con la quale la Corte di appello di Torino ha rigettato la richiesta di rescissione della sentenza della Corte di appello di Torino del 15 ottobre 2019 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Aosta, previo riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati oggetto di contestazione nel procedimento n. 25263/2011 R.G.N.R. e quello giudicato con sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino del 19 giugno 2012, aveva condannato l'odierno ricorrente alla pena di anni dodici e giorni quattordici di reclusione ed euro mille di multa.
Per l'esecuzione della sentenza innanzi indicata V. L. è stato raggiunto in Albania, suo Paese di origine, da mandato di arresto estradizionale e si trova detenuto dal 9 dicembre 2022, giorno della esecuzione.
L'impugnazione straordinaria di V. L. ha ad oggetto la sentenza emessa nel procedimento n. 25263/2011 per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 d.PR. 309/1990), un procedimento che si è intrecciato, nell'anno 2014, con altro procedimento per il quale il ricorrente si trovava detenuto in carcere e in relazione al quale, terminata l'esecuzione della pena, ne era stata disposta l'espulsione dal territorio dello Stato italiano, effettivamente eseguita il 24 settembre 2014. Risulta che nel procedimento, culminato nella sentenza di cui si chiede la rescissione, V. L. era difeso di fiducia dall'avvocato D.l., nominato il 10 settembre 2014, e che il difensore, con dichiarazione delI'8 agosto 2017, aveva dichiarato di rinunciare al mandato difensivo a causa dell'assenza di contatti con il proprio assistito.
2. Con unico e composito motivo di ricorso, l'avvocato F. C. impugna l'ordinanza ex art. 629-bis cod. proc. pen. e denuncia violazione di legge e carenza di motivazione sulla portata della diligenza esigibile dall'imputato e all'onere di prova gravante sullo stesso con riferimento al presupposto di incolpevole conoscenza del processo poiché l'imputato, assolvendo l'onere di diligenza a suo carico, si era posto in contatto con il difensore di fiducia, in occasione dell'impugnazione cautelare ed era, invece, imputabile alla negligente condotta processuale del difensore di fiducia la successiva evoluzione del procedimento penale poiché l'avvocato leardi non si era presentato ad alcuna delle udienze nelle fasi dell'udienza preliminare e del dibattimento, allo scopo di rappresentare le difficoltà di contatti con il suo assistito ovvero per chiedere termine per munirsi di una procura speciale, comportamento che integra la condotta di abbandono di difesa, radicalmente incompatibile con una strategia concordata con l'assistito. Al difensore e non all'imputato è, pertanto, ascrivibile la interruzione dei rapporti difensivi, interruzione che la Corte di appello non ha approfondito, come possibile, attraverso le integrazioni istruttorie e addebitando il relativo onere dimostrativo all'istante, in violazione dei principi statuiti in materia dalla Corte di Cassazione lungo una linea ermeneutica convalidata dalle modifiche apportate alla normativa in materia di assenza all'art. 420-bis cod. proc. pen. dal d. lgs. n. 150 del 2022 che ancora allo standard probatorio dell'oltre ogni ragionevole dubbio la conoscenza del processo da parte dell'imputato e indica criteri di accertamento che fanno riferimento alla fase della nomina fiduciaria (prima o dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio), all'accettazione dell'incarico processuale e ad eventuali interruzioni, valorizzando "ogni altra circostanza rilevante". Erroneo, dunque, l'inquadramento della Corte di merito nell'esigere dall'istante la prova degli infruttuosi contatti con il difensore e verosimile che nel periodo intercorso tra il momento di autenticazione della sottoscrizione del mandato difensivo per la difesa in Cassazione e la celebrazione dell'udienza preliminare (iniziata il 6 maggio 2016) i contatti fossero stati assenti e che L. V., anche in forza del favorevole giudicato cautelare, avesse maturato il convincimento di non dovere chiedere aggiornamenti al difensore rispetto ad una situazione che poteva ritenersi esaurita.
Motivi della decisione
1. Il ricorso di V. L. deve essere rigettato perché proposto per motivi infondati.
Ritiene il Collegio che, nel caso di specie, pur essendosi proceduto in assenza dell'imputato per tutta la durata del processo sia in primo grado che in appello, deve escludersi che l'assenza dell'imputato sia stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, idonea a giustificare la rescissione della condanna.
Come noto, l'art. 629-bis cod. proc. pen. si pone in stretta correlazione con le previsioni dell'art. 420-bis cod. proc. pen., onde è necessario ricavare dal coordinamento fra le due disposizioni e dalla funzione assegnata all'istituto della rescissione, le coordinate per riempire di contenuto la nozione di assenza, quella della incolpevole mancata conoscenza del processo e la loro interrelazione.
La rescissione del giudicato è destinata ad offrire, infatti, una forma di tutela all'imputato non presente fisicamente in udienza, attraverso la proposizione di un mezzo straordinario di impugnazione diretto al superamento del giudicato ed alla nuova instaurazione ab initio del processo in situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, a causa dell'ignoranza incolpevole della celebrazione del processo, che non siano state intercettate e risolte in precedenza in sede di cognizione.
Nel caso in esame rilevano, da un lato, l'assenza dell'imputato, protrattasi per tutta la durata del processo, anche nella fase dell'udienza preliminare, e dall'altro la circostanza che l'imputato era stato effettivamente espulso dal territorio dello Stato il 24 settembre 2014, sicché risulta necessario verificare se e come tali circostanze siano effettivamente sintomatiche della incolpevole mancata conoscenza del processo. Sotto altro aspetto rileva, invece, che l'imputato era assistito da un difensore di fiducia al quale sono state effettuate le notifiche di rito e che ne ha patrocinato la difesa per un lungo periodo di tempo intercorrente tra la nomina, intervenuta il 20 settembre 2014 e la rinuncia al mandato, dell'8 agosto 2017.
Prima di passare all'esame della questione in diritto proposta con il ricorso occorre ricostruire la vicenda processuale del ricorrente sulla scorta della puntuale disamina, non contrastata dal ricorso, compiuta dalla Corte di appello secondo la quale risulta che all'udienza preliminare del 6 maggio 2016 il giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Torino aveva dichiarato l'assenza dell'imputato, assistito dal difensore di fiducia, avvocato D. l., e che all'udienza 20 gennaio 2017 veniva data lettura del decreto che dispone il giudizio notificato, per il ricorrente, al difensore di fiducia ai sensi dell'158, comma 8-bis cod. proc. pen.. Parimenti l'imputato era stato dichiarato assente all'udienza del 21 giugno 2017 dinanzi al Tribunale di Torino ove era assistito, ai sensi dell'art. 97, comma 2, cod. proc. pen., da difensore di ufficio, l'avvocato A. U., stante l'assenza dell'avvocato l. che il successivo 8 agosto 2017 aveva comunicato la dismissione del mandato difensivo conferitogli a causa dell'assenza di contatti con il proprio assistito. Nel prosieguo, l'imputato era assistito di ufficio dal predetto avvocato U. che proponeva anche appello avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale il 6 giugno 2018, appello culminato nella richiamata sentenza del 15 ottobre 2019.
La Corte di appello ha ricostruito la connessa vicenda cautelare di V. L., vicenda che si era intrecciata, nell'anno 2014, con altro procedimento per il quale l'imputato si trovava detenuto in carcere e per il quale, terminata l'esecuzione della pena, ne era stata disposta l'espulsione, effettivamente eseguita il 24 settembre 2014.
La Corte di appello ha dato atto che nella fase preliminare del procedimento n. 25263/2011 R.G.R. V. L. era difeso di fiducia dall'avvocato D. l., nominato difensore di fiducia il 20 settembre 2014; che il ricorrente non era stato raggiunto da misura cautelare la cui applicazione era stata respinta dal giudice per le indagini con ordinanza del 16 giugno 2014, impugnata dal Pubblico Ministero dinanzi al Tribunale del riesame, che la confermava con ordinanza del 11 novembre 2014, oggetto del ricorso per cassazione proposto personalmente da V. L. la cui sottoscrizione era stata autenticata, in data 10 dicembre 2014, dall'avvocato D. l.. Il ricorso era dichiarato inammissibile con sentenza del 28 maggio 2015.
La Corte di appello di Torino, sulla base di tale ricostruzione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la rescissione del giudicato escludendo che fosse configurabile la situazione di ignoranza incolpevole della celebrazione del processo invocata da V.L..
La Corte di appello ha, infatti, ritenuto che la nomina del difensore di fiducia (intervenuta il 10 settembre 2014, prima dell'esecuzione della espulsione) e il ricorso per cassazione proposto personalmente dall'imputato, con dichiarazione autenticata in un momento successivo alla espulsione) denotassero, fino al momento della dismissione del mandato professionale da parte del difensore intervenuta solo a dibattimento in corso l'8 agosto 2017, la piena conoscenza, da parte dell'imputato, del processo a suo carico del quale, in sostanza, si era colpevolmente, disinteressato interrompendo i contatti con il difensore: legittimamente, pertanto, ne era stata dichiarata l'assenza all'udienza preliminare e nel dibattimento di primo grado, senza che V. L., in sede di domanda di rescissione, avesse allegato elementi ulteriori che ne comprovassero il tentativo di mantenere i contatti con il difensore di fiducia o dedotto alcuna causa oggettivamente impeditiva in tal senso che non può essere quella della intervenuta espulsione tanto è vero che, inizialmente, pur dopo la espulsione, egli aveva proposto il ricorso per cassazione avverso la risalente ordinanza che aveva denegato l'applicazione della misura.
Ad avviso del Collegio, la Corte di appello ha fatto applicazione corretta dei principi in materia che hanno tracciato - a partire dalla sentenza a Sezioni Unite, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420, resa in materia di assenza e valenza delle notifiche effettuate al difensore domiciliatario - una precisa linea ermeneutica, convalidata dalle modifiche apportate alla normativa in materia di assenza all'art. 420-bis cod. proc. pen. dal d. lgs. n. 150 del 2022, che fonda la conoscenza del processo non sulla mera regolarità formale delle notifiche ma su criteri di accertamento ulteriori, significativi della effettiva conoscenza del processo, e che valorizzano, oltre alla notifica a mani proprie della citazione a giudizio, la nomina di difensore di fiducia intervenuta dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio imponendo al giudice, in presenza di allegazioni difensive, la verifica di ulteriori evenienze che, nel caso concreto, denotino la effettività del rapporto difensore/imputato, situazione rispetto alla quale assume rilevanza, ai fini della rescissione del giudicato, la incolpevole mancata conoscenza del processo anche nella sua concreta dinamica evolutiva.
La Corte di appello, facendo applicazione di tali coordinate, ha valorizzato l'aspetto della effettività e stabilizzazione del rapporto difensivo del ricorrente con il difensore di fiducia evidenziando che, dopo la esecuzione dell'espulsione, erano certamente intervenuti significativi contatti professionali dell'imputato con il difensore che il 10 dicembre 2014 - quindi a distanza di mesi alcuni mesi dalla espulsione - aveva autenticato la sottoscrizione apposta dall'imputato al ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame e che solo l'8 agosto 2017, mentre era in corso il dibattimento di primo grado, il difensore comunicato la dismissione del mandato difensivo conferitogli a causa dell'assenza di contatti con il proprio assistito, contatti che era onere e cura dell'imputato mantenere con la conseguenza che non era configurabile a suo favore una situazione di "incolpevole" conoscenza del processo.
Il ricorrente sostiene che, invece, l'interruzione dei rapporti professionali andrebbe ascritta al difensore per la negligente condotta processuale tenuta poiché non si era presentato in udienza e sostiene che tale condotta integri abbandono di difesa, radicalmente incompatibile con una strategia concordata con l'assistito.
Premesso che le norme deontologiche disciplinano in generale gli obblighi di informativa della persona assistita condizionando alla richiesta dell'assistito quella sullo svolgimento del mandato affidato al difensore (cfr. art. 27 del vigente Codice Deontologico Forense che in parte riproduce il contenuto dell'art. 40 del precedente statuto che poneva a carico del difensore l'obbligo di comunicare all'assistito le attività da espletare, quando lo reputi opportuno e ogni qualvolta l'assistito ne faccia richiesta), ritiene il Collegio che incombe all'assistito un generale onere di diligenza che deve esplicarsi non solo in rapporto al processo (nei rapporti con l'autorità giudiziaria che deve essere informata di variazioni del domicilio o della residenza) ma anche verso il difensore poiché è a cura dell'assistito mantenere rapporti con il difensore per informarsi della vicenda che lo riguarda e dello svolgimento del mandato, incombendo al difensore di adempiere all'obbligo di precisa e corretta informativa.
Soprattutto è erronea la prospettazione difensiva svolta nel ricorso nella parte in cui sussume la condotta processuale del difensore di fiducia, avvocato D. l., in quella di "abbandono" della difesa poiché non è configurabile a carico del difensore il dovere di attivarsi per il rilascio di una procura speciale, ai fini della definizione con rito alternativo del processo né è fondata la equiparazione della mancata presenza alle udienze a quella di abbandono della difesa, disciplinarmente rilevante. La partecipazione all'udienza costituisce, infatti, esplicazione della strategia processuale propria del difensore, mentre la posizione dell'imputato è tutelata attraverso la nomina di difensore di ufficio, ai sensi dell'art. 97, comma 2, cod. proc. pen..
Deve, inoltre, rilevarsi che lo stesso difensore di fiducia, all'atto della rinuncia al mandato, non ha allegato la risalenza nel tempo della perdita di contatti con il proprio assistito.
Si sostiene, nel ricorso, che essendo trascorso un lungo periodo tra il momento di autenticazione della sottoscrizione del mandato difensivo per la difesa in Cassazione e la celebrazione dell'udienza preliminare (iniziata il 6 maggio 2016), V. L. potesse avere maturato il convincimento di non dovere chiedere aggiornamenti al difensore rispetto ad una situazione che poteva ritenersi esaurita tanto anche in forza del favorevole giudicato cautelare conseguito.
Anche tale prospettazione è, tuttavia, infondata.
Nel caso concreto non si è, infatti, in presenza di un mero conferimento di incarico difensivo in una fase iniziale e risalente delle indagini poiché dopo la esecuzione dell'espulsione, il 10 dicembre 2014, V. L. aveva sottoscritto alla presenza 'del difensore, che ne autenticava la firma, il ricorso in cassazione avverso un provvedimento in relazione a un grave reato,· quale quello che ne registrava il coinvolgimento in un traffico di sostanze stupefacenti, situazione rispetto alla quale il giudicato cautelare - che dovrebbe giustificare il disinteresse dell'imputato rispetto al processo - si era formato solo nel maggio 2015, e, dunque, a distanza di tempo dalla perdurante esistenza di rapporti professionali con il difensore e per ragioni (la insussistenza delle esigenze cautelari) affatto univoche circa un esito definitivo a se favorevole della vicenda processuale.
Deve, quindi, essere ribadito che gli indici di conoscenza del processo e della sua evoluzione, costituiti dalla nomina di un difensore di fiducia e dalla stabilizzazione per un significativo periodo temporale del rapporto fiduciario, possono legittimamente fondare il convincimento della conoscenza effettiva del processo in capo all'imputato in assenza di circostanze ulteriori, che devono essere allegate dal condannato, sulla base delle quali sia possibile affermare che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e del suo sviluppo e che tale mancata conoscenza non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale ma dalla sussistenza di situazioni che, dopo la nomina del difensore di fiducia, gli abbiano impedito di seguire le vicende del procedimento penale che lo riguardavano: una situazione che, nel caso in esame, avuto riguardo alla sequenza temporale della nomina, espulsione e successiva autentica del ricorso per cassazione, non può farsi discendere dalla espulsione né essere addebitata al difensore, rispetto al quale lo stesso imputato si era reso irreperibile di fatto interrompendo i contatti.
2. Segue al rigetto del ricorso la condanna di V. L. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.