Svolgimento del processo
L’avv. MG, curatore del fallimento di (omissis) s.r.l., ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto in data 13-9-2017 col quale il tribunale di Vasto gli ha liquidato il compenso finale in 30.000,00 EUR, nonché contro il decreto in data 29-9-2017 col quale il compenso è stato poi corretto in 29.093,66 EUR, stante la limitata disponibilità di cassa della procedura.
Ha dedotto due motivi, variamente articolati al loro interno e illustrati da memoria.
Il curatore speciale del Fallimento, nominato dal presidente aggiunto di questa Corte ai sensi dell’art. 80 cod. proc. civ. su istanza del medesimo ricorrente, non ha svolto difese.
Motivi della decisione
I. - Il primo motivo, intestato come violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e 39 legge fall., 146, terzo comma, lett. d), del d.P.R. n. 115 del 2002, 1 e seg. del d.m. n. 30 del 2012, si compone di quattro censure.
Segnatamente il tribunale:
(i) sarebbe pervenuto alla determinazione ridotta del compenso a causa del pagamento previamente ed erroneamente disposto dal giudice delegato di somme a titolo di imposte;
(ii) avrebbe inoltre provveduto ad applicare i minimi tariffari senza dar conto del criterio di quantificazione, peraltro contraddetto dalle premesse del decreto;
(iii) avrebbe errato altresì nel ritenere, in contrasto con la sentenza n. 174 del 2006 della Corte costituzionale, che il compenso eccedente la disponibilità di cassa non potesse esser posto a carico dell’erario;
(iv) avrebbe infine ulteriormente errato nel liquidare la somma al lordo degli accessori di legge (Iva, Cap e ritenuta d’acconto).
II. - La prima censura (di cui al riferito primo mezzo) è inammissibile, perché non risulta che contro il richiamato provvedimento del giudice delegato sia stata proposta una qualche opposizione.
III. - La seconda censura è infondata perché il contenuto specifico del provvedimento del tribunale di Vasto è nel senso che al curatore sarebbe spettato il compenso di 37.392,04 EUR, al netto dell’acconto percepito (20.075,66 EUR) e del compenso liquidato al delegato dr. D (4.982,58 EUR).
E’ vero che questa Corte va ripetendo che il decreto di liquidazione deve essere motivato in relazione alle valutazioni - pur discrezionali - operate ai fini concreti; ma è altrettanto vero che la motivazione del decreto non dev'essere ampia come quella di una sentenza, né succinta, come quella di un’ordinanza, ma può ben essere sommaria, nel senso che il giudice, senza ritrascriverli nel decreto, può limitarsi a indicare quali elementi, tra quelli indicati nell'istanza che lo ha sollecitato, lo abbiano convinto ad assumere il provvedimento richiesto, essendo semplicemente e altrimenti tenuto, in ottemperanza all'obbligo di motivazione impostogli dall'art. 111, sesto comma, cost., a dar prova, anche per implicito, di aver considerato tutta la materia controversa (v. Cass. Sez. 6-1 n. 21800-13, Cass. Sez. 1 n. 16956-17, Cass. Sez. 6-1 n. 26894-20).
Nel caso specifico il tribunale ha richiamato l’istanza del curatore e ha indicato i riferimenti essenziali del computo (l’attivo realizzato e il passivo accertato), riferendo di aver considerato l’importanza del fallimento e l’attività effettivamente espletata da curatore.
Ciò soddisfa l’onere motivazionale di un decreto del tipo di quello in esame.
IV. - La terza censura è invece fondata.
Il tribunale ha ridotto l’ammontare del compenso a 30.000,00 EUR (e poi, in sede di correzione, a poco più di 29.000,00 EUR) in ragione della limitata disponibilità di cassa del fallimento.
Ha poi sostenuto di non poter porre la parte eccedente a carico dell’erario.
Per questa parte il decreto deve essere cassato, perché l’art. 146 del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce che, nella procedura fallimentare, se tra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge, alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario. In questa prospettiva la norma precisa che sono anticipati dall'erario, fra l'altro, “le spese ed onorari ad ausiliari del magistrato” (terzo comma, lettera c).
Con sentenza n. 174 del 2006 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale norma, nella parte in cui non prevede che sono spese anticipate dall'Erario “le spese ed onorari” al curatore in caso di fallimento privo di attivo.
L’ambito della norma è stato quindi esteso al curatore in forza di sentenza additiva.
E’ ovvio che la stessa ratio - e quindi la stessa regola – deve valere anche per il caso di attivo insufficiente.
Ne segue che ha errato il tribunale di Vasto nell’affermare che il compenso, come determinato, dovesse essere ridotto in base alla effettiva disponibilità di cassa del fallimento, così come ha errato nell’affermare che la parte del compenso eccedente la disponibilità di cassa non potesse essere posta a carico dell’erario.
V. - La quarta censura di cui al ripetuto primo motivo è anch’essa fondata.
Il tribunale ha liquidato la somma al lordo degli oneri fiscali, sebbene con clausola “se dovuti”.
Di contro la somma liquidabile al curatore non è mai comprensiva degli oneri fiscali, perché il curatore è un ausiliario di giustizia, che ripete i suoi poteri dal tribunale fallimentare e li esercita su un paio pubblicistico e nell'ambito di un processo, con criteri, modalità e responsabilità del tutto particolari, estranei a quelli che caratterizzano la prestazione dell'attività professionale vera e propria; tanto è vero che questa Corte, in lontani precedenti, ha puntualizzato che in ipotesi di liquidazione del compenso non ricorre il presupposto per l'applicazione della ritenuta d'acconto (v. Cass. Sez. 1 n. 2051-74).
Il compenso è quindi liquidabile al netto dell’Iva e degli accessori.
VI. - Il secondo motivo è inammissibile.
Si denunzia in questo caso la violazione o falsa applicazione dell’art. 32 della legge fall. in quanto il tribunale avrebbe errato nell’includere la liquidazione del compenso del coadiutore fallimentare dr. D tra le somme da imputare al compenso del curatore.
A dire del ricorrente il predetto dr. D non era stato nominato quale delegato del curatore, sebbene appunto quale coadiutore contabile della procedura.
In contrario deve osservarsi che il tribunale ha stabilito che in un anteriore provvedimento, adottato il 21-4-2017, l’opera prestata dal dr. D era stata ritenuta assimilabile proprio a quella del delegato del curatore, e ha aggiunto che quel decreto era divenuto esecutivo.
Contro questa specificazione si infrange l’argomentare del ricorrente, dal momento che quel decreto non risulta esser stato mai a sua volta impugnato, e l’art. 32 legge fall. esplicitamente prevede che l’onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore.
VII. – In conclusione, il decreto va cassato in relazione all’accoglimento del primo motivo nelle parti sopra indicate.
Segue il rinvio al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame.
Il tribunale si atterrà ai seguenti principi:
- ai fini dell’art. 146 del d.P.R. n. 115 del 2002, come risultante dalla sentenza additiva n. 174 del 2006 della Corte costituzionale, la regola per cui se tra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge le spese ed onorari del curatore sono anticipati dall'erario, dettata per il caso tipico del fallimento privo di attivo, si estende per identità di ratio anche al caso di fallimento con attivo insufficiente;
- la somma liquidabile al curatore va computata al netto degli oneri fiscali (compresi Iva e accessori), perché il curatore è un ausiliario di giustizia che ripete i suoi poteri dal tribunale fallimentare, e li esercita su un piano pubblicistico e nell'ambito di un processo, con criteri, modalità e responsabilità particolari, estranei a quelli che caratterizzano la prestazione dell'attività professionale vera e propria.
Il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede.
P.M.Q.
La Corte accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, rigetta il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia al tribunale di Vasto anche per le spese del giudizio di cassazione.