Svolgimento del processo
1.- L'avvocato (omissis) (omissis) a impugnato le note emesse dall'INPS l'11 giugno 2015 e il 22 giugno 2016, relative alla contribuzione dovuta per gli anni 2009 e 2010 alla Gestione separata dell'INPS, e ha chiesto di accertare e dichiarare l'insussistenza dell'obbligo d'iscrizione a tale Gestione, invocando, a sostegno del ricorso, il pagamento del contributo integrativo alla Cassa forense e la prescrizione delle pretese.
Con due successivi ricorsi, il professionista ha proposto opposizione, rispettivamente, contro gli avvisi di addebito notificati dall'INPS il 27 gennaio 2017 e il 20 gennaio 2018, per i contributi dovuti alla Gestione separata per gli anni 2009 e 2010 e per le connesse sanzioni, e ha eccepito, in linea preliminare, la violazione dell'art. 24 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, che preclude l'iscrizione a ruolo in pendenza dell'impugnazione dell'accertamento amministrativo.
Con un quarto ricorso, l'avvocato (omissis) ha impugnato la note dell'INPS del 4 agosto 2017 e ha contestato l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata per l'anno 2011.
Con un quinto ricorso, il professionista ha impugnato l'avviso di addebito notificato il 18 febbraio 2019, per il recupero della contribuzione dovuta alla Gestione separata per l'anno 2011.
Il Tribunale di Larino, con sentenza n. 171 del 2019, riuniti i giudizi, ha annullato gli atti impugnati sulla base della «intervenuta prescrizione quinquennale della pretesa creditoria».
2.- L'INPS ha interposto appello, censurando la pronuncia di primo grado per il mancato riconoscimento d'un comportamento doloso del contribuente, idoneo a sospendere il corso della prescrizione (art. 2941, n. 8, cod. civ.).
3.- Con sentenza n. 240 del 2020, depositata il 4 gennaio 2021, la Corte d'appello di Campobasso ha accolto il gravame dell'INPS e, per quanto in questa sede ancora rileva, ha dichiarato la validità delle intimazioni di pagamento impugnate e ha accertato i crediti, nell'importo quantificato, per sorte capitale e sanzioni, negli avvisi di addebito opposti.
3.1.- La Corte territoriale premette che «la questione della soglia reddituale inferiore ai 5.000 euro riferita all'anno 2009 e della mancanza del requisito dell'abitualità professionale» è questione nuova e dunque inammissibile alla stregua dell'art. 437 cod. proc. civ. (pagina 10 della sentenza d'appello), in quanto introduce una diversa causa petendi e un nuovo tema d'indagine.
Egualmente inammissibile è la questione inerente «alla debenza della contribuzione per la parte che eccede siffatto limite con riferimento alle successive annualità di contribuzione, mai sollevata in primo grado» (la già richiamata pagina 10).
3.2.- I giudici d'appello, dopo aver passato in rassegna l'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e l'art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, osservano che l'unico versamento contributivo, suscettibile di escludere l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata, è quello che determina il sorgere, in capo al lavoratore autonomo, di una correlata posizione previdenziale.
È irrilevante, pertanto, il versamento del contributo integrativo, addotto dal professionista per disconoscere l'obbligo d'iscrizione che fonda le pretese dell'INPS.
3.3.- Né tali pretese possono essere paralizzate dall'eccezione di prescrizione.
L'omessa compilazione del quadro RR integra un doloso occultamento del debito, che sospende il corso della prescrizione. Il quadro RR costituisce, per l'INPS, l'unico modo per verificare la produzione d'un reddito da lavoro autonomo, non assoggettato ad altre obbligazioni contributive e dunque idoneo a far sorgere l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata.
3.4.- Quanto al regime sanzionatorio applicabile, è quello dell'evasione contributiva, e non quello più tenue dell'omissione, propugnato dalla parte appellata.
L'inosservanza degli obblighi di denuncia fa presumere iuris tantum
«l'esistenza di una specifica volontà di sottrarsi al versamento dei contributi dovuti» (pagina 18 della sentenza impugnata), sanzionata in base all'art. 116, comma 8, lettera b), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in difetto di prova dell'insussistenza di un intento fraudolento.
4.- L'avvocato (omissis) (omissis) mpugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Campobasso, con ricorso avviato alla notifica il 27 maggio 2021 e illustrato da memoria.
5.- L'INPS e ADER - AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE si sono limitate a depositare procura, senza svolgere sostanziale attività difensiva.
6.- La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, ai sensi dell'art. 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ., nella formulazione modificata dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
7.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
8.- Il collegio, ai sensi dell'art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ., si è riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio.
Motivi della decisione
1.- L'avvocato (omissis) (omissis) formula quattro motivi di ricorso.
1.1.- Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 437 cod. proc. civ., in riferimento all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, all'art. 44, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, e all'art. 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel reputare nuove, e dunque inammissibili, le questioni concernenti la soglia reddituale inferiore ai 5.000,00 Euro, la carenza del requisito dell'abitualità e la sussistenza dell'obbligo contributivo per la sola parte che eccede il predetto limite di 5.000,00 Euro.
L'assenza di abitualità sarebbe stata eccepita sin dal giudizio di primo grado e spetterebbe poi al giudice qualificare giuridicamente le difese svolte. Gli argomenti illustrati nel giudizio d'appello, lungi dal configurarsi come una mutatio libelli, si prefiggerebbero di contestare l'abitualità dell'esercizio della professione, che rappresenta un presupposto dell'iscrizione alla Gestione separata e dev'essere allegata e provata dall'ente creditore.
Il ricorrente sostiene d'aver conseguito, nel 2009, un reddito di 2.547,00 Euro e, nel 2010 e nel 2011, un reddito pari, rispettivamente, a 7.030,00 Euro e a 9.069,00 Euro. Per l'anno 2009, nessuna contribuzione, pertanto, sarebbe dovuta, laddove, con riferimento agli anni successivi, la contribuzione, a tutto concedere, dovrebbe essere versata solo sulla parte che travalica la soglia dei 5.000,00 Euro.
1.2.- Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il professionista lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, commi 25 e 26, e 3, comma 12, della legge n. 335 del
1995, dell'art. 18, commi 11 e 12, del d.l. n. 98 del 2011, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103.
La sentenza impugnata sarebbe erronea, anche per aver considerato gli avvocati, professionisti «assoggettati a normativa speciale» (pagina 24 del ricorso per cassazione), tenuti a iscriversi alla Gestione separata, benché quest'ultima eroghi una tutela residuale, riservata a coloro che non siano iscritti ad appositi albi.
Inoltre, il d.l. n. 98 del 2011, con una normativa d'interpretazione autentica, ascriverebbe qualsiasi versamento contributivo alla Cassa di appartenenza tra le cause di esclusione dell'obbligo d'iscrizione, senza differenziare il contributo soggettivo da quello integrativo, comunque contraddistinto da una medesima natura previdenziale.
1.3.- Con la terza doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2941, n. 8, e 2935 cod. civ., con riferimento all'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995.
In contrasto con il costante orientamento di questa Corte, che esclude ogni automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR e l'occultamento doloso del debito contributivo, i giudici d'appello avrebbero stigmatizzato l'omessa compilazione come condotta fraudolenta, suscettibile di sospendere la prescrizione, senza tener conto della regolare indicazione del reddito nel quadro RN, dedicato al "reddito complessivo".
Né potrebbero venire in rilievo, ai fini dell'individuazione del dies a quo della prescrizione, i differimenti disposti dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per i contribuenti, per i quali siano stati elaborati gli studi di settore. Tali decreti, inidonei a fungere da fonti del diritto, non sarebbero abilitati a incidere sui termini di prescrizione stabiliti dalla legge e comunque non riguarderebbero i beneficiari del regime "de minimis", non assoggettati alle risultanze degli studi di settore.
1.4.- Con la quarta critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente censura, infine, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 116, comma 8, lettera b), della legge n. 388 del 2000, in quanto arbitrariamente la Corte territoriale avrebbe applicato il regime sanzionatorio dell'evasione, a dispetto dell'incertezza che si registra in ordine all'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata, e avrebbe comunque erroneamente quantificato le somme dovute.
2.- Ha priorità logica l'esame del secondo mezzo, che contesta in radice l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata sulla scorta del versamento del contributo integrativo, di per sé sufficiente, nella prospettiva del ricorso, a escludere l'obbligo di cui si discute.
2.1.- Il motivo è infondato.
2.2.- Con orientamento oramai consolidato, questa Corte afferma che il versamento del contributo integrativo, contraddistinto da un carattere meramente solidaristico, non elide l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata dell'INPS, allorché si riscontrino tutti gli altri presupposti di legge.
In virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, che permea l'istituzione della Gestione separata, l'unico versamento contributivo rilevante, ai fini dell'esclusione del predetto obbligo d'iscrizione, è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale (Cass., sez. lav., 3 agosto 2022, n. 24047, in linea con Cass., sez. lav., 12 dicembre 2018, n. 32167).
2.3.- Tale orientamento, ribadito anche di recente da questa Corte (Cass., sez. lav., 6 giugno 2023, n. 15834, e 18 aprile 2023, n. 10286, punto 4 delle "Ragioni della decisione"), è stato confermato dal giudice delle leggi, nella sentenza n. 104 del 2022, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Catania e richiamate anche nel ricorso per cassazione a sostegno delle censure sull'insussistenza dell'obbligo (pagina 21).
La Corte costituzionale, nella pronuncia richiamata, ha rilevato che «l'istituto della Gestione separata rappresenta il punto di arrivo di una linea evolutiva tendenziale dell'ordinamento giuridico previdenziale verso la progressiva estensione della tutela assicurativa sia sotto il profilo soggettivo, in quanto riferita a tutte le categorie di lavoratori autonomi, sia sotto il profilo oggettivo, in quanto riferita ad ogni attività esercitata, con eventuale pluralità di iscrizioni nelle ipotesi di pluralità di attività svolte» (punto 4.1. del Considerato in diritto).
Quanto al profilo oggettivo, in particolare, la Gestione separata persegue l'obiettivo di colmare «i vuoti di tutela previdenziale conseguenti all'esercizio di due o più attività, di cui solo una risulti coperta dal punto di vista assicurativo, stabilendo la necessità di iscrizione anche per l'ulteriore attività esercitata, purché svolta in forma abituale, facendo così in modo che a ciascuna attività corrisponda una forma di assicurazione» (il già menzionato punto 4.1. del Considerato in diritto).
La sentenza n. 104 del 2022 approfondisce anche il tema del versamento del contributo soggettivo e di quello integrativo e, in coerenza con le indicazioni delineate dalla giurisprudenza di questa Corte, rimarca che «L'obbligo di versare il contributo integrativo trova il suo presupposto nella iscrizione all'albo professionale e al suo pagamento non segue la costituzione di una vera e propria posizione previdenziale, ma solo il diritto a prestazioni di carattere mutualistico- solidaristico; l'obbligo di versare il contributo soggettivo consegue, invece, all'iscrizione alla cassa previdenziale categoriale e il suo pagamento attribuisce il diritto alle prestazioni previste dall'assicurazione obbligatoria per la vecchiaia, l'invalidità e i superstiti» (punto 5 del Considerato in diritto).
Quanto alla rilevanza del versamento del contributo integrativo, la Corte costituzionale afferma, in termini inequivocabili, che «Nella giurisprudenza di legittimità (a partire da Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 18 dicembre 2017, n. 30344 e n. 30345) è prevalsa l'interpretazione, ormai consolidata in una regola di diritto vivente, secondo cui l'unico versamento contributivo rilevante ai fini dell'esclusione dell'obbligo di iscrizione alla Gestione separata, è quello - cosiddetto soggettivo - correlato all'obbligo di iscriversi alla propria gestione di categoria e suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata posizione previdenziale e non già quello cosiddetto integrativo, che non attribuisce al lavoratore il diritto a prestazioni pensionistiche per gli eventi della vecchiaia, dell'invalidità e della morte (così, segnatamente con riferimento agli avvocati del libero foro, a partire da Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 14 dicembre 2018, n. 32508). Il fondamento di questo principio risiede nell'esigenza di "universalizzazione della copertura assicurativa", espressa dagli artt. 35 e 38 Cost., la quale obbliga lo Stato a prevedere che ad ogni attività lavorativa, subordinata o autonoma, sia necessariamente collegata un'effettiva tutela previdenziale» (punto 5.2. del Considerato in diritto).
Le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 e dell'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011 sono state così respinte riguardo all'obbligo d'iscrizione, anche sulla base dei seguenti rilievi.
Per un verso, l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata, secondo l'ampiezza tratteggiata dal legislatore e dall'interpretazione di questa Corte, «si iscrive in questa coerente tendenza dell'ordinamento previdenziale verso la progressiva eliminazione delle lacune rappresentate da residui vuoti di copertura assicurativa» (punto 7.1. del Considerato in diritto).
Per altro verso, l'obbligo d'iscrizione, così modulato, «non introduce elementi di irrazionalità, incoerenza e illogicità nel sistema giuridico previdenziale - come sospetta il giudice rimettente - ma, al contrario, nel rivolgersi alle aree soggettive e oggettive non coperte da altre forme di assicurazione obbligatoria, assume una funzione di chiusura del sistema stesso e rinviene il suo fondamento costituzionale nell'obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie relative a tutti i lavoratori, rispetto agli eventi previsti nell'art. 38, secondo comma, Cost., nei modi indicati dallo stesso parametro al quarto comma (che assegna tale missione a "organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato"). La tutela previdenziale, infatti, assume rilevanza, sul piano costituzionale, per i lavoratori subordinati e per quelli autonomi, essendo il lavoro tutelato "in tutte le sue forme ed applicazioni" (art. 35, primo comma, Cost.)» (punto 7.1. del Considerato in diritto).
2.4.- A tali principi, pertanto, occorre dare continuità, né la parte ricorrente, nella memoria illustrativa, prospetta elementi che inducano a riconsiderarli.
3.- Esclusa l'esenzione dall'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata in virtù del mero versamento d'un contributo integrativo, occorre polarizzare l'attenzione sull'esercizio abituale, ancorché non esclusivo, dell'attività professionale.
Su questo tema, che attiene pur sempre all'aspetto prioritario della sussistenza dell'obbligo contributivo, verte il primo motivo di ricorso.
4.- Il motivo è fondato, nei termini di seguito precisati.
5.- Prima di procedere alla disamina del profilo processuale che il primo mezzo prospetta, giova ripercorrere, nei loro snodi essenziali, gli approdi cui è giunta, sul tema dell'abitualità, la giurisprudenza di questa Corte.
5.1.- È oramai consolidato l'indirizzo, che correla l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata alla percezione d'un reddito derivante dall'esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di un'attività professionale che presuppone quale requisito imprescindibile l'iscrizione a un albo o a un elenco. L'obbligo in esame viene meno solo se il reddito prodotto sia già integralmente oggetto dell'obbligo assicurativo gestito dalla Cassa di riferimento (Cass., sez. lav., 18 febbraio 2021, n. 4419).
5.2.- Ai fini dell'obbligo d'iscrizione, rileva anche un'attività occasionale, ove il reddito superi la soglia di 5.000,00 Euro, in base all'art. 44, comma 2, del d.l. n. 269 del 2003.
A tale riguardo, questa Corte ha puntualizzato che la produzione d'un reddito superiore alla soglia annua di 5.000,00 Euro vale a privare d'ogni rilievo la disquisizione sulla natura abituale oppure occasionale dell'attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione. Invero, il superamento di tale soglia determina comunque la sottoposizione dell'attività, anche a non volerla reputare abituale, all'obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata (Cass., sez. lav., 7 ottobre 2022, n. 29272, punto 17 dei "Motivi della decisione").
L'obbligo di contribuzione, quando se ne riscontrino i presupposti, sussiste per l'intero ammontare del reddito prodotto, senza che sia possibile enucleare "zone di franchigia" entro il limite dei 5.000,00 Euro.
L'obbligo contributivo, connesso con l'iscrizione alla Gestione separata, o sussiste - e sussiste in relazione a tutto il reddito conseguito - o non sussiste.
Non hanno alcun appiglio normativo soluzioni mediane, che postulino una esenzione assoluta entro i 5.000,00 Euro e smembrino il reddito, quando ecceda tale soglia, in una frazione esente dall'obbligo contributivo, fino al predetto limite, e in una componente che a tale obbligo, solo per l'eccedenza, soggiace.
Né confligge di per sé con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.) la scelta eminentemente discrezionale del legislatore di tracciare un discrimine, che delimita un ambito d'integrale soggezione all'obbligo contributivo rispetto a un'area di esenzione, parimenti integrale.
5.3.- In consonanza con la disciplina che caratterizza le gestioni dei lavoratori autonomi, il requisito dell'abitualità dev'essere apprezzato nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista e non invece come conseguenza ex post, desumibile dall'ammontare del reddito prodotto.
Una diversa interpretazione del dato normativo si risolverebbe nell'ancorare l'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata alla produzione d'un reddito superiore alla soglia di cui al citato art. 44 del d.l. n. 269 del 2003, «presupposto che, invece, come detto, rileva ai fini dell'assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale» (Cass., sez. lav., 7 aprile 2023, n. 9586, punto 12 del "Considerato in diritto").
5.4.- Il requisito dell'abitualità, su cui si disputa nel presente giudizio, dev'essere accertato in punto di fatto e la relativa prova dev'essere fornita dall'INPS (Cass., sez. VI-L, 23 gennaio 2023, n. 1982, punto 3 del "Considerato").
In questa prospettiva, si possono valorizzare le presunzioni ricavabili dall'iscrizione all'albo, dall'accensione della partita IVA o dall'organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività.
La percezione d'un reddito annuo d'importo inferiore alla predetta soglia di Euro 5.000,00 può fungere da indizio, suscettibile di escludere in concreto gli estremi dell'abitualità.
Tale indizio, tuttavia, dev'essere ponderato adeguatamente con gli altri elementi acquisiti al processo (sentenza n. 4419 del 2021, cit.). Invero, nessuno di tali elementi, di per sé, può rivestire valenza dirimente: si versa pur sempre nell'ambito d'una praesumptio hominis, che non impone all'interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza, utili a risalire dal fatto noto a quello ignoto (sentenza n. 4419 del 2021, cit., e, nello stesso senso, Cass., sez. lav., 18 aprile 2023, n. 10347).
Pertanto, l'esiguità del reddito non denota di per sé l'occasionalità dell'attività professionale. Spetta al giudice di merito «accertare in fatto se un'attività professionale debba ritenersi abituale anche in presenza di un reddito inferiore al limite di legge (Euro 5.000,00)» (Cass., sez. VI-L, 10 febbraio 2023, n. 4169).
5.5.- Tali principi sono stati confermati in molteplici occasioni dalla giurisprudenza di questa Corte (fra le molte, Cass., sez. VI-L, 3 marzo 2023, n. 6371, e 2 marzo 2023, n. 6319).
6.- Come si è già rammentato nel ripercorrere gli antecedenti processuali rilevanti (cfr. punto 3.1. dei "Fatti di causa"), la Corte d'appello di Campobasso non ha vagliato le contestazioni del professionista in ordine al requisito dell'abitualità, sul presupposto che fossero radicalmente nuove e implicassero un surrettizio ampliamento dell'oggetto del contendere, un'indebita mutatio libelli (pagine 10 e 11 della sentenza impugnata).
Ad avviso dei giudici del gravame, tale novità si coglie nel raffronto con le argomentazioni dei ricorsi introduttivi, incardinate sulla sola rilevanza del contributo integrativo.
Solo con riferimento all'ultima annualità, il professionista ha revocato in dubbio l'abitualità, pur se in relazione alle soglie reddituali determinate dalla Cassa forense. Tale profilo non collima con il mancato superamento della soglia di 5.000,00 Euro, su cui si dibatte nel giudizio d'appello.
7.- Tali argomentazioni prestano il fianco alle critiche mosse con il primo motivo di ricorso.
7.1.- L'esercizio abituale della professione, oppure il suo esercizio, anche in forma occasionale, produttivo d'un reddito superiore ai 5.000,00 Euro, rappresentano elementi costitutivi della pretesa che l'INPS ha dedotto in causa.
7.2.- Nel caso di specie, non solo le contestazioni in ordine all'abitualità sono state introdotte nel dibattito processuale fin dal primo grado, come diffusamente espone il professionista con il supporto della riproduzione degli stralci più significativi degli atti processuali, ma attengono ad aspetti che il giudice è tenuto a valutare d'ufficio, nella disamina del merito della domanda proposta.
A fronte della pretesa avanzata dall'INPS, il giudice deve esaminarne la fondatezza anche alla stregua delle critiche del debitore, inquadrandole nelle coordinate giuridiche più appropriate (iura novit curia), senza alcun vincolo derivante dall'indicazione, ad opera della parte, della normativa applicabile.
Inoltre, i rilievi dell'odierno ricorrente involgono, nella loro essenza, profili squisitamente giuridici, che riguardano l'operatività e quindi la latitudine dell'esenzione disposta dalla legge, nell'ambito di un tema del decidere che permane immutato: la sussistenza dell'obbligo d'iscrizione alla Gestione separata.
7.3.- Come questa Corte ha evidenziato in giudizi non dissimili da quello odierno (Cass., sez. VI-L, 20 dicembre 2022, n. 37250 e n. 37198, punto 9 del "Considerato in diritto"), le contestazioni del requisito dell'abitualità e la speculare allegazione dell'occasionalità integrano mere difese, e non già eccezioni in senso stretto, e dunque non sono soggette alle preclusioni che la pronuncia impugnata ha ritenuto d'insuperabile ostacolo alla delibazione del merito.
7.4.- Tale pronuncia incorre, dunque, nei vizi denunciati dal ricorrente, in quanto, sulla base di un erroneo inquadramento della
fattispecie sostanziale dedotta in giudizio (il requisito dell'abitualità), riconduce a una irrituale mutatio libelli le contestazioni concernenti tale aspetto.
8.- Le contestazioni mosse dal ricorrente dovranno essere scrutinate alla stregua dei principi di diritto richiamati ai punti 5.1., 5.2., 5.3., 5.4. e 5.5. della presente ordinanza.
9.- Restano assorbite la terza e la quarta censura, che investono aspetti logicamente consequenziali rispetto al profilo della sussistenza dell'obbligo (la prescrizione del diritto dell'INPS e il regime sanzionatorio applicabile).
10.- In conclusione, dev'essere accolto il primo motivo, va
disatteso il secondo mezzo e devono essere dichiarate assorbite la terza e la quarta censura.
La sentenza d'appello è dunque cassata in relazione alla censura accolta.
11.- La causa è rinviata alla Corte d'appello di Campobasso che, in diversa composizione (cfr., in tal senso, già le ordinanze n. 37250 e 37198 del 2022, cit.), riesaminerà la fattispecie controversa alla luce dei principi di diritto richiamati nella presente ordinanza e provvederà anche a liquidare le spese dell'odierno giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso; respinge il secondo mezzo; dichiara assorbite la terza e la quarta censura; cassa l'impugnata sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Campobasso, in diversa composizione.