La Cassazione ribadisce l'irrilevanza degli stati emotivi e passionali ai fini della sussistenza del dolo e della imputabilità ex art. 90 c.p.. Nel caso di specie, l'imputato rischia una condanna per abuso dei mezzi di correzione.
La Procura di Palermo presenta ricorso avverso la decisione della Corte d'Appello di assolvere un padre dalla condanna per abuso dei mezzi di correzione nei confronti del figlio per insussistenza di dolo. A fondamento del suo ricorso, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver escluso il dopo dell'ipotesi di reato contestato...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Palermo, accogliendo il gravame proposto dal difensore: di G.R., condannato dal Tribunale di Marsala in primo grado alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento del danno arrecato alla parte civile perché ritenuto responsabile del reato di cui all'art 571 cod. pen. commesso nei confronti del figlio minore A., ha mandato assolto l'imputato per la ritenuta insussistenza del dolo.
2. In particolare, incontroversa la condotta materiale descritta dall'imputazione ( l'aggressione realizzata ai danni del figlio, attinto da due schiaffi al viso e afferrato per il collo dal padre, tanto da subire una lesione di tipo petecchiale di circa 4 cm nella zona collo anteriore, dopo che questi si era allontanato dalla comunità di (omissis), dove si trovava con la madre, ivi ricoverata, per recarsi dai nonni paterni senza prima avvertire i genitori), anche in relazione alla sproporzione tra l'intervento correttivo adottato e l'intento educativo perseguito, la Corte del merito, facendo leva sul carattere del ragazzo, incapace di esercitare un "unisono autocontrollo" e sulla forte preoccupazione vissuta dal padre in ragione dell'allontanamento del figlio dalla comunità, ha ricondotto la condotta ad una azione istintiva ed estemporanea, frutto della incapacità di dominare l'ansia per il pericolo corso dal figlio piuttosto elle dominata dalla intenzione di realizzare una condotta abusiva nei termini considerati dalla fattispecie contestata.
3. Propone ricorso la Procura generale presso la Corte di appello di Palermo e lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. Sul primo versante, per avere la Corte del merito valorizzato le motivazioni poste a fondamento della condotta violenta riscontrata, aspetto del tutto irrilevante rispetto alla configurabilità del dolo; sotto il secondo versante per aver dato per incontroverso lo stato di ansia e preoccupazione all'uopo apprezzato, non altrimenti confermato, anche in ragione della modesta verosimiglianza logica del dato (l'azione è stata realizzata quando il ragazzo si trovava già da tempo in un ambiente protetto).
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
2. Con la sentenza gravata da ricorso la Corte di appello ha ribaltato la condanna resa dal Tribunale senza mettere in discussione ed anzi confermando i cardini oggettivi del giudizio di responsabilità reso in primo grado avuto riguardo all'aggressione violenta realizzata dal prevenuto, alle lesioni apportate alla persona offesa e soprattutto alla contestualizzazione delle condotte rispetto al comportamento del figlio nonché alla sproporzione dell'atto connotato da violenza. Piuttosto, è stato escluso il dolo dell'ipotesi di reato contestata all'uopo valorizzando lo stato di ansia dell'imputato nel compiere l'azione illecita, (stato) determinato dalla preoccupazione per la sorte del figlio, sottrattosi alla sfera di controllo della madre.
3. Ora, anche a voler trascurare il profilo afferente alla prova di tale stato (che avrebbe trovato unicamente conforto nelle dichiarazioni della moglie richiamate dalla decisione appellata) e quello correlato alla stessa logicit, della conclusione che se ne è tratta (atteso che pacificamente l'azione contestata è stata realizzata quando il ragazzo aveva già da tempo comunicato di essersi recato presso l'abitazione dei nonni paterni, così da neutralizzare l'immediatezza della riferita preoccupazione), assume, invece, rilievo dirimente l'aspetto relativo alla avvenuta valorizzazione, a sostegno della ritenuta insussistenza del dolo, dello stato di alterazione emotiva in cui assertivamente versava il prevenuto.
È infatti nota, secondo le costanti indicazioni interpretative sul tema rese da questa Corte, l'irrilevanza degli stati emotivi e passionali ai fini della sussistenza del dolo e della imputabilità, alla luce della disposizione di cui all'art.90 cod. pen. Le alterazioni emotive, infatti, finiscono per assumere rilievo, ai fini dell'imputabilità, a condizione che si inseriscano eccezionalmente in un quadro più ampio di "infermità", tale per consistenza,.intensità e gravità da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere (Sez. 5, sentenza n. 9843 del 16/01/2013, Rv. 255226; Sez. 2, sentenza n. 3707 del 21/05/1975, dep. 18/03/1976, Rv. 132843). E la disposizione dell'art. 90 c.p. , vietando di valutare gli stati emotivi o passionali ai fini della imputabilità, non consente neppure di riprenderli in esame nell'ambito dell'art. 42 c.p. come causa di esclusione della colpevolezza (Cass. Pen. Sez. 1, 739/1972, Rv.. 122473, ripresa in motivazione da Sez. 6, n. 36356 del 22/9/2010), potendo gli stessi essere unicamente apprezzati, se del caso, sul piano della modulazione della pena.
4. Da qui l'inconferenza del giudizio speso sul dolo a sostegno della assoluzione resa in appello e la conseguita necessità di un nuovo giudizio sul punto rimesso al giudice del rinvio, al quale si rimette anche l'eventuale determinazione e liquidazione delle spese difensive affrontate in questo grado dalla parte civile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo.