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2 ottobre 2023
Ai fini della concessione della cittadinanza italiana, la residenza va provata con la certificazione anagrafica
Non è possibile ricorrere ad indizi di carattere presuntivo o ad elementi sintomatici indiretti.
di La Redazione
La Prefettura dichiarava inammissibile l'istanza presentata da un uomo per la concessione della cittadinanza italiana, rilevando la carenza del requisito della residenza legale continuativa.
 
L'istante presenta ricorso al TAR Puglia contro detta decisione, deducendone l'illegittimità, nonché contro l'art. 1, comma 2, lett. a), del D.P.R. n. 572/1993 (Regolamento di esecuzione della legge n. 91/1992).
 
Con sentenza n. 13815 del 18 settembre, la sezione Quinta-bis respinge il ricorso.
 
Ai fini della concessione della cittadinanza italiana non assume rilievo il tempo trascorso dallo straniero sul nostro territorio in posizione di mera residenza abituale, bensì conta solo quello passato in posizione di legalità, indicativo della piena integrazione nel tessuto nazionale da parte del richiedente essendo il presupposto della residenza legale accertato in conformità alla disciplina interna in materia di anagrafe.
 
Da ciò consegue che l'aspirante cittadino, contrariamente da quanto eccepito dal ricorrente nel caso di specie, non può dimostrare la residenza attraverso prove diverse dalla certificazione anagrafica, ricorrendo a indizi di carattere presuntivo o elementi sintomatici indiretti, dovendosi peraltro considerare il requisito temporale persistente e non meramente acquisito medio tempore.