In caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica anche se il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione sia portata a conoscenza di ciascuna delle parti.
L’attore proponeva contro i convenuti azione di simulazione della vendita di due immobili effettuata in favore del de cuius (dei quali i convenuti erano gli eredi) al solo scopo di sottrarre i beni ai propri creditori, affermando che, una volta sanate le passività, il de cuius non si era reso disponibile alla retrocessione di detti...
Svolgimento del processo
1. – Con citazione del 12/09/2011 S. G. propose contro P. S. e L. S., quali eredi (con beneficio d’inventario) di V.S., deceduto il (omissis), azione di simulazione della vendita di due immobili effettuata in favore del de cuius (di cui era genero) al solo fine di sottrarre i beni ai propri creditori, esponendo che, una volta risanate le proprie passività, lo S. non si era reso disponibile alla retrocessione degli immobili.
1.1. – In corso di causa, nella contumacia delle due convenute, venne dichiarato in data 15/03/2012 il fallimento della C. Macchine Industriali s.a.s. del C. S. V. & C, nonché il fallimento post mortem del socio accomandatario, V.S..
1.2. – Espletato l’interrogatorio formale della convenuta P. S., con sentenza in data 08/02/2014 il Tribunale di Catania accolse la domanda, dichiarò la simulazione assoluta delle due compravendite e autorizzò la trascrizione della sentenza nei RR.II.
1.3. – Il Fallimento propose appello, volto: i) in via principale, ad accertare che il giudizio si era automaticamente interrotto ex art. 43 l.fall. in data 15/03/2012, con conseguente nullità e inopponibilità alla massa fallimentare di tutti gli atti successivi, compresa la sentenza; dichiarare il difetto di legittimazione passiva delle convenute; dichiarare perenti i termini per la riassunzione del processo da parte del G. nei confronti della curatela fallimentare, e quindi dichiararlo estinto; sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado e disporre la cancellazione della trascrizione nei RR.II.; ii) in subordine, a dichiarare nulla la sentenza di primo grado e a disporre la rinnovazione del giudizio a contraddittorio integro con la curatela fallimentare; iii) in ulteriore subordine, ad accogliere l’appello e rigettare la domanda di simulazione.
1.4. – La Corte di Appello di Catania ha dichiarato inammissibile l’appello, per carenza di legittimazione processuale attiva del curatore fallimentare, in quanto, per un verso, questi non può «assumere la capacità processuale in luogo del fallito, che non era parte del processo» e, per altro verso, non può succedere alle eredi dello S., non ricorrendo l’ipotesi dell’art. 111 c.p.c.
1.5. – Avverso detta decisione il Fallimento della C. Macchine Industriali s.a.s. e del socio accomandatario V. S. propone ricorso per cassazione in cinque motivi, illustrato da memoria, chiedendo alternativamente: i) la cassazione della sentenza di secondo grado, con rinvio alla corte d’appello per la ripetizione del giudizio di appello; ii) la cassazione della sentenza di secondo grado e la rimessione delle parti dinanzi al tribunale, stante la nullità del giudizio di primo grado.
1.6. – Le intimate P. e L. S. non svolgono difese.
1.7. – L’intimato S. G. propone controricorso tardivo, illustrato da memoria, eccependo in via pregiudiziale la nullita`/inesistenza della notifica del ricorso, in quanto effettuata presso il proprio difensore che, nelle more del giudizio d’appello, è stato sospeso dall’esercizio della professione; nel merito, insiste per il rigetto del ricorso, stante la carenza di legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare la sentenza, opponibile al Fallimento grazie alla antecedente trascrizione della domanda di simulazione, con effetti prenotativi.
Motivi della decisione
2. – Va preliminarmente respinta l’eccezione di inesistenza o nullita` della notifica del ricorso, sollevata con il controricorso tardivo del 03/05/2022, in quanto – come prontamente replicato nella memoria del ricorrente – il ricorso risulta notificato anche personalmente a S. G., ai sensi dell’art. 143 c.p.c., proprio per l’impossibilità di eseguire la notifica presso il procuratore costituito, a causa della sua sospensione dall’esercizio dell’attività forense.
Né rileva che la sospensione dall'albo dell'unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito determini (così come la sua radiazione o morte) l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altri parti non ne hanno conoscenza, con preclusione di ogni ulteriore attività processuale che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza, poiché, in tal caso, la sentenza può essere impugnata solo dalla parte colpita dagli eventi sopra descritti, alla cui esclusiva tutela sono finalizzate le norme che disciplinano l'interruzione (Cass. 23486/2021, 1574/2020, 790/2018), mentre nel caso in esame tale vizio non è stato fatto valere dal Giannone con ricorso incidentale.
2.1. – Il primo motivo denuncia nullità della sentenza «per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. (ai sensi dell’art. 156 comma 2 c.p.c.)», in quanto la motivazione sul difetto di legittimazione processuale attiva della curatela fallimentare sarebbe apparente.
2.2. – Il secondo mezzo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 588 c.c., per non avere i giudici d’appello tenuto conto degli effetti della successione a titolo universale delle convenute P. e L. S. nella posizione giuridica del padre V..
2.3. – Il terzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 299 c.p.c. nonché degli artt. 11, 42 e 43 l.fall. (che costituiscono lex specialis rispetto all’art. 111 c.p.c.), sul rilievo che l’interruzione automatica del processo ex art. 43 l.fall. è conseguenza dello “spossessamento” del fallito – in questo caso delle sue eredi – con attribuzione al curatore fallimentare di ogni potere dispositivo, oltre che di dolersi della mancata interruzione del giudizio, con la conseguenza che il patrimonio resta acquisito alla massa attiva fallimentare e si separa da quello degli eredi, per permettere una soddisfazione preferenziale dei creditori del fallito defunto rispetto a legatari e creditori degli eredi.
2.4. – Il quarto motivo prospetta la nullità della sentenza per apparenza o contraddittorietà della motivazione, l’omesso esame di fatto decisivo e la violazione degli artt. 43 l.fall. e 299 c.p.c., in relazione al mancato rilievo dell’interruzione automatica del processo di simulazione, per fallimento post mortem dello S., e della conseguente nullità di ogni atto successivo, compresa la sentenza, inopponibile e perciò da cassare con rinvio, in modo che il giudizio possa riprendere nei confronti del Fallimento.
2.5. – Il quinto mezzo lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sui motivi di appello.
3. – Il primo motivo è infondato.
3.1. – Il denunziato error in procedendo ricorre solo a fronte dei gravissimi vizi individuati dalle sezioni unite di questa Corte, le quali hanno chiarito che la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che: i) si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; ii) consista esclusivamente nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. U, 8053/2014; conf. Cass. 7090/2022, 22598/2022).
3.2. – Pertanto, un simile vizio ricorre solo quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda in alcun modo percepibile il fondamento della decisione, perché fondata su argomentazioni assolutamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (ex multis, Cass. 2001/2023, 6758/2022), mentre la sentenza impugnata ha chiaramente indicato le ragioni dell'inammissibilità dell'appello, basate sul ritenuto difetto di legittimazione del curatore fallimentare.
4. – Il secondo, il terzo e il quarto motivo, che in quanto connessi vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.
4.1. – Come di recente chiarito dalle sezioni unite di questa Corte, in caso di apertura del fallimento l'interruzione del processo è automatica, ai sensi dell'art. 43, comma 3, l. fall., anche se il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, al fine di evitare gli effetti di estinzione di cui all'art. 305 c.p.c. – al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di ammissione di crediti al passivo nonché di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili – decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte, e quindi, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell'art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall'ufficio giudiziario (Cass. Sez. U, 12154/2021).
4.2. – Nel caso in esame, la dichiarazione di fallimento in ripercussione ex art. 147, comma 2, l.fall. del defunto V. S. – intervenuta nel corso del giudizio di primo grado promosso da S. G. nei confronti delle figlie, che avevano accettato l’eredita` con beneficio d’inventario, per far dichiarare la simulazione assoluta della vendita di due immobili al de cuius, e quindi la loro estraneità al patrimonio di quest’ultimo – ha comportato automaticamente l’interruzione del processo, ai sensi dell'art. 43, comma 3, l.fall.
Tuttavia, in assenza della corrispondente dichiarazione giudiziale, di natura meramente dichiarativa (dalla cui conoscenza sarebbe decorso il termine per la sua riassunzione o prosecuzione del processo), il processo è proseguito irritualmente, con conseguente nullita` di tutti gli atti successivi all’evento interruttivo, compresa la sentenza di primo grado, ai sensi degli artt. 298 e 304 c.p.c. (Cass. Sez. U, 12154/2021; conf., ex multis, Cass. 3459/2007, 22268/2010, 790/2018).
Si tratta di nullità costantemente declinata come nullità relativa, soggetta alla disciplina dell'art. 157 c.p.c. e dunque non rilevabile d'ufficio ed eccepibile solo dalla parte colpita dall'evento interruttivo (Cass. Sez. U, 12154/2021; conf. ex multis, Cass. 12980/2002, 24025/2009, 17199/2016, 18804/2021), non anche dalle altre parti che, non risentendo di alcun pregiudizio, non possono dedurre come motivo di nullità della sentenza pronunciata la violazione delle norme che disciplinano l'interruzione del processo, le quali sono dirette a tutelare solo la parte nei cui confronti si è verificato l'evento interruttivo e che da esso può essere pregiudicata (tra le più recenti, Cass. 34867/2022).
Ebbene, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, da ritenersi appunto nulla – e come tale inopponibile al Fallimento – perché emessa all’esito di un processo irregolarmente proseguito dopo la sua interruzione automatica, il curatore fallimentare si è legittimamente attivato per far rilevare con l’appello la nullità e inopponibilità della sentenza, chiedendo, tra l’altro, «la cancellazione della trascrizione dal registro Immobiliare, autorizzata dalla sentenza impugnata».
4.3. – Alla luce di quanto dedotto, risulta erronea l’affermazione della Corte territoriale per cui il curatore fallimentare sarebbe stato privo della legittimazione a impugnare la sentenza di primo grado, in quanto non poteva assumere la capacità processuale del fallito (che non era parte di quel processo), né poteva ritenersi successore delle eredi del fallito, ai sensi dell’art. 111 c.p.c.
Invero, gli effetti del cd. spossessamento del fallito (art. 42, comma 1, l.fall.) e, sotto il profilo processuale, del subentro del curatore fallimentare in tutte le «controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito, compresi nel fallimento» (art. 43, comma 1 l.fall.), si verificano sempre, anche nel caso di fallimento “post mortem” – che l’art. 11 l.fall. ammette entro il termine annuale condiviso dal secondo comma dell’art. 147 l.fall. nel fallimento in ripercussione (rientrando la morte tra le cause di scioglimento del rapporto sociale nei tipi societari di cui al primo comma) – con l’unica peculiarita` che quegli effetti vengono necessariamente a dispiegarsi nei confronti degli eredi del fallito, con ulteriore accentuazione dell’effetto di separazione dei patrimoni, nel caso di specie già realizzatosi a causa della accettazione dell’eredita` con beneficio di inventario.
4.4. – Inoltre, dalla data di dichiarazione di fallimento di V. S., ogni diritto rivendicato da S. G. sugli immobili venduti al primo quando era in bonis avrebbe dovuto seguire il rito dell’accertamento del passivo, ai sensi degli artt. 52 e 93 ss. l.fall., con conseguente improcedibilità del giudizio promosso dal G. nei confronti delle eredi del fallito, e ciò costituiva una ulteriore ragione di arresto dell'iter processuale, peraltro rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, 12154/2021; conf. Cass. 6196/2020, per il fallimento; Cass. 17327/2012, per l'amministrazione straordinaria; Cass. 9461/2020, per la liquidazione coatta amministrativa).
4.5. – Le superiori considerazioni inducono a concludere che il processo non poteva essere proseguito.
5. – Resta assorbito il quinto motivo, peraltro manifestamente infondato, poiché la mancata pronuncia sui motivi di appello era logica conseguenza della dichiarazione di inammissibilità dell’appello medesimo.
6. – In conclusione, la sentenza di primo grado va dichiarata nulla, in quanto emessa in violazione delle norme che disciplinano l'interruzione del processo, e quella di secondo grado va cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, comma 3, c.p.c., in quanto il processo non poteva essere proseguito.
7. – Ricorrono giusti motivi, in ragione delle peculiarità della vicenda, per disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti in relazione all’intero giudizio.
8. – L’esito della lite esclude la ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. 11144/2018).
P.Q.M.
La Corte dichiara la nullità della sentenza di primo grado; cassa senza rinvio la sentenza impugnata poiché il giudizio non poteva essere proseguito; compensa integralmente le spese processuali.