Il credito da risarcimento del danno da sinistro stradale è suscettibile di cessione e il cessionario può domandarne il pagamento al debitore ceduto, pur se assicuratore per la r.c.a., costituendo la cessione il mero mezzo di pagamento da parte del cedente della prestazione professionale di carrozziere, anche quando il cessionario sia un consorzio.
Dopo un sinistro stradale, la danneggiata cedeva all'attuale ricorrente (il Consorzio) il proprio credito in virtù di una apposita convenzione in base alla quale quest'ultimo si impegnava a rifondere al danneggiato gli importi conseguiti dai debitori riguardanti il risarcimento di tutti i pregiudizi patrimoniali diversi dal risarcimento pertinente al...
Svolgimento del processo
1. Il Consorzio A. Car Service ricorre contro la sentenza n. 806/2020 del Tribunale di Brindisi, che - accogliendo l’appello proposto dalla compagnia A. s.p.a. in qualità di impresa designata dalla C. per la Regione Puglia per la gestione del Fondo di Garanzia per le vittime della strada avverso la sentenza n. 614/2014 del Giudice di pace di Fasano – ha rigettato la domanda risarcitoria che era stata proposta in primo grado dal Consorzio A. Car Service.
2. Questi in breve i fatti.
In data 23 aprile 2012 si verificava un sinistro stradale in F. in occasione del quale l’autovettura O. A. di proprietà di M. B. riportava danni.
Con convenzione 8 maggio 2012 la Brescia cedeva il proprio credito al Consorzio A. Car Service. In particolare, in base alla clausola n. 7, espressamente sottoscritta dalle parti, <<Il Consorzio si impegna a rifondere al danneggiato gli importi conseguiti dai debitori e relativi al risarcimento di tutti i pregiudizi patrimoniali diversi dal risarcimento pertinente al danno>>.
Il Consorzio, quale cessionario del credito della Brescia, conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace di Fasano N. V. e la compagnia A. s.p.a., quale impresa designata dalla C. per la Regione Puglia per la gestione dei sinistri in carico al Fondo di garanzia per le vittime della strada) per sentirli condannare al pagamento della somma di euro 1680 a titolo di risarcimento danni subiti dall’autovettura O. in occasione del sinistro.
Si costituiva la compagnia che in via preliminare eccepiva la nullità del contratto di cessione del credito ed il difetto di legittimazione attiva del cessionario, mentre nel merito chiedeva il rigetto della domanda attorea.
Il convenuto N. V. rimaneva contumace.
Il Giudice di Pace: dapprima, respingeva le eccezioni preliminari della convenuta; poi, istruiva la causa mediante l’acquisizione delle produzioni documentali effettuate dalle parti nonché mediante assunzione di prove orali; infine, pronunciava sentenza n. 614/2014 con la quale condannava i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore del Consorzio attoreo della somma risarcitoria di euro 1.505 (compreso iva), oltre interessi legali, nonché al pagamento delle spese processuali.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la compagnia assicuratrice, nella suddetta qualità, riproponendo le ragioni svolte in primo grado e censurando la erronea interpretazione del materiale probatorio da parte del primo giudice.
Il Consorzio si costituiva chiedendo la conferma della sentenza impugnata, mentre N. V. rimaneva contumace.
Il Tribunale di Brindisi, con la sentenza qui impugnata, come sopra rilevato, accoglieva l’appello, e, per l’effetto, rigettava la domanda risarcitoria, proposta in primo grado dal Consorzio, e condannava quest’ultimo alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado.
3. Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto ricorso il Consorzio.
La compagnia non ha svolto difese.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo motivo con assorbimento del secondo.
Il Difensore del Consorzio ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Il giudice di appello, nella sentenza impugnata, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta in primo grado dal Consorzio sul presupposto che l’attività posta in essere dallo stesso, essendo qualificabile come attività di concessione di finanziamenti, rientri tra le attività che, a mente dell’art. 106 TUB, necessitano di speciale autorizzazione, in assenza della quale è integrato il reato previsto e punito dall’art. 132 TUB ed è nullo il contratto di cessione (con conseguente difetto di titolarità della pretesa creditoria in capo al Consorzio).
A tale conclusione il giudice di primo grado è pervenuto ritenendo provato e comunque non contestato che il Consorzio: a) anticipi (ovvero prometta di farsi carico) i costi di riparazione dei veicoli incidentati (riparati presso autocarrozzerie convenzionate) con ciò consentendo al danneggiato di fruire immediatamente del servizio di riparazione del proprio veicolo senza quindi corrispondere nella immediatezza alcuna somma per la riparazione; b) si renda cessionario del credito vantato dal danneggiato nei confronti del danneggiante e, in particolare, si renda cessionario di un credito che comprende voci ulteriori (fermo tecnico e custodia) rispetto a quelle afferenti la mera riparazione del mezzo, in tal modo lucrando sulla differenza tra i costi di riparazione e l’ammontare del credito risarcitorio vantato dal cedente; c) svolga una simile attività su larga scala come comprovato dai numerosi giudizi risarcitori promossi dal Consorzio appellante.
2. Il ricorso del Consorzio è affidato a due motivi
2.1. Con il primo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1260 c.c., 106 e 132 d.lgs. n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e 3 del d.m. n. 29 del 2009 nella parte in cui il giudice di appello ha confuso la cessione del credito con una attività di finanziamento ai sensi del d. lgs. n. 385/1993.
Sottolinea che esso non aveva versato alla Brescia nessuna somma di denaro, con obbligo di restituzione dello stesso a scadenze pattuite e dietro corrispettivo di interessi, ma si era obbligato a fornire alla Brescia una serie di servizi (quali curare le riparazioni della sua autovettura ed attivare l’eventuale azione risarcitoria nei confronti del responsabile).
2.2. Con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata per motivazione meramente apparente e comunque al di sotto del c.d. minimo costituzionale, nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nella parte in cui il giudice di appello non ha indicato le ragioni di fatto e di diritto che giustificavano la riforma della sentenza di primo grado.
3. Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il credito da risarcimento del danno da sinistro stradale è suscettibile di cessione, in ossequio al principio della libera cedibilità del credito posto all'art. 1260 c.c. e ss..
Tale principio, non sussistendo alcun divieto normativo ostativo, è stato affermato: sia con riferimento alla cessione del diritto di credito al risarcimento del danno patrimoniale, in quanto è stato posto in rilievo che, essendo esso di natura non strettamente personale, non sussiste specifico divieto normativo al riguardo (Cass. n. 21765 del 2019; n. 11095 del 2009; n. 21192 del 2004 e, tra le più risalenti, n. 2812 del 1986) e non rimane in tal caso integrata ipotesi di cessione di crediti litigiosi vietata ex art. 1261 c.c. (Cass. n. 51 e n. 52 del 2012); sia con riferimento alla cessione del diritto di credito al risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto la trasmissibilità iure hereditatis del diritto al risarcimento del danno morale terminale, del danno catastrofale e del danno biologico terminale depone nel senso di doversi corrispondentemente ammettere la relativa alienabilità anche mediante atti inter vivos (Cass. n. 22601 del 2013).
Pertanto, il cessionario è stato ritenuto legittimato ad agire, in vece del cedente, per l'accertamento giudiziale della responsabilità dell'autore del sinistro e per la conseguente condanna del medesimo e del suo assicuratore per la r.c.a. al risarcimento dei danni (Cass. n. 11095 del 2009; n. 51, n. 52 e n. 3965 del 2012).
Di tale principio di diritto ha preso atto di recente il legislatore che, con l’art. 1 comma 24 della legge n. 124 del 2017, ha introdotto nel Codice della assicurazioni private l’art. 149 bis, in base al quale “In caso di cessione del credito derivante dal diritto al risarcimento di danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la somma da corrispondere a titolo di rimborso delle spese di riparazione dei veicoli danneggiati è versata previa presentazione della fattura emessa dall’impresa di autoriparazione abilitata ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 122, che ha eseguito le riparazioni”.
Per le ragioni che precedono, occorre qui ribadire quanto anche di recente affermato da questa Sezione in fattispecie analoga (Cass. n. 4300 del 2019); e cioè che la cessione del credito da risarcimento del danno derivante da sinistro stradale costituisce (non già un'operazione di finanziamento, bensì) il mero mezzo di pagamento da parte del cedente della prestazione professionale di carrozziere.
All’applicazione di tale principio non osta il fatto che nel caso di specie vi è stata interposizione di un soggetto terzo tra il soggetto danneggiato e le imprese di riparazione (il Consorzio A. Car Service, per l’appunto, costituito da dieci officine artigiane di autoriparazione con scopo fondamentalmente mutualistico e senza fini di lucro: art. 3 primo comma del relativo statuto): invero, anche nel caso di specie il danneggiato ha ricevuto la riparazione della vettura, quale prestazione in cambio della quale ha ceduto il proprio credito. L’unica particolarità del caso di specie è che il cessionario è un soggetto formalmente terzo, che ha agito nell’interesse delle imprese consorziate, secondo la logica propria del consorzio (art. 2602 c.c.). Senonché, in considerazione della funzione essenzialmente rappresentativa ed organizzativa svolta dal consorzio, nel caso di specie ricorre una situazione del tutto analoga a quella della ordinaria cessione del credito del danneggiato direttamente in favore dell’impresa di riparazione.
Anzi, nel caso di specie, il principio di cui sopra trova applicazione a maggior ragione.
Occorre considerare che l’art. 6 del TUB (d.lgs. 385/93) si riferisce all’“esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”. Trattandosi di norma che stabilisce limiti e vincoli (prevedendo l’autorizzazione e l’iscrizione), essa va interpretata in senso restrittivo, ragion per cui essa trova applicazione soltanto in presenza della concreta erogazione di prestiti e di aiuti economici, contraddistinti dalla corresponsione di “interessi” corrispettivi e di mora a carico del finanziato e in favore del finanziatore.
Orbene, detti elementi in alcun modo ricorrono nel caso di specie nel quale: a) il Consorzio non eroga alcuna provvidenza economica dietro pattuizione di “interessi”, ma si impegna soltanto ed esclusivamente a gestire nell’interesse delle carrozzerie consorziate le eventuali controversie di risarcimento (ottenendo quale quid pluris il vantaggio di potere recuperare l’intera posta risarcitoria comprensiva di voci ulteriori rispetto al semplice costo di riparazione del veicolo); b) l’anticipazione finanziaria viene fatta dal Consorzio in favore della sola impresa consorziata (che riceve dal Consorzio il corrispettivo per la prestazione di riparazione resa e rimette al Consorzio il compito di provvedere al recupero del credito risarcitorio ceduto) e non “nei confronti del pubblico”, come richiesto dall’art. 106 TUB, erroneamente evocato nella sentenza impugnata.
In definitiva, il ricorso va deciso alla stregua del seguente principio di diritto:<<Il credito da risarcimento del danno da sinistro stradale è suscettibile di cessione ai sensi dell'artt. 1260 ss. c.c., e il cessionario può, in base a tale titolo, domandarne anche giudizialmente il pagamento al debitore ceduto, pur se assicuratore per la r.c.a., costituendo la cessione non già un'operazione di finanziamento, bensì il mero mezzo di pagamento da parte del cedente della prestazione professionale di carrozziere, anche quando il cessionario assume vesti consortili>>.
4. Per le ragioni che precedono, dell'impugnata sentenza s'impone la cassazione, con rinvio al Tribunale di Brindisi, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione del suindicato disatteso principio. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Brindisi in diversa composizione.