Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 6 ottobre 2022, il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha rigettato il reclamo introdotto dal Ministero della Giustizia avverso la decisione del locale Magistrato di sorveglianza che, superando il diniego frapposto dall'amministrazione penitenziaria, ha ammesso LG, sottoposto a regime detentivo differenziato ai sensi dell'art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, alla fruizione di colloqui visivi mensili, mediante collegamento a distanza tramite la piattaforma Skype, con il figlio M, lui pure ristretto, sia pure in regime ordinario.
Il Tribunale ha confermato la prima decisione in ossequio all'indirizzo ermeneutico che ammette sia i colloqui tra prossimi congiunti sottoposti, entrambi, a regime detentivo, anche se differenziato, sia l'utilizzo, nel caso di impossibilità o gravissima difficoltà ad effettuare il colloquio in presenza, dello strumento della videochiamata.
2. Il Ministero della Giustizia propone ricorso per cassazione articolando sei motivi - che saranno enunciati, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione - con i quali eccepisce, costantemente, violazione di legge, anche sub specie di mancanza o apparenza della motivazione.
Ascrive, da un canto, al Tribunale di sorveglianza di avere rilasciato un'autorizzazione di carattere tendenzialmente permanente anziché riferita ad uno o più specifici colloqui, così mettendo a repentaglio le esigenze di sicurezza interna ed esterna a cui presidio si pongono le regole stabilite dall'art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, la cui salvaguardia non è garantita dalla registrazione delle conversazioni, che potrebbero contenere comunicazioni cifrate o, comunque, convenzionali, e di non avere preventivamente acquisito il parere della competente Direzione Distrettuale Antimafia, previsto dall'art. 16.2 della Circolare del DAP del 2 ottobre 2017.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, meritevole di accoglimento.
2. La giurisprudenza di legittimità ha, di recente, riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto del detenuto, sottoposto al regime differenziato di cui all'art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, al colloquio con i familiari detenuti, anche qualora assoggettati al medesimo regime (Sez. 1, n. 31634 del 24/06/2022, Casa circondariale di Sassari, Rv. 283496- 01, relativa a colloquio telefonico sostitutivo, nonché Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, Trigila, Rv. 262417-01, afferente, invece, ai colloqui visivi, anche a distanza).
Tanto, sul postulato che la detenzione in regime differenziato non esclude, in via di principio, che il ristretto possa essere autorizzato ad avere colloqui con altro detenuto, quantunque incluso nel medesimo circuito, legato al primo da rapporti genitoriali o familiari, mediante forme di comunicazione controllabili a distanza, tali da consentire la coltivazione della relazione parentale e, allo stesso tempo, da impedire scambi di comunicazioni idonei a generare pericolo per la sicurezza interna degli istituti o per la sicurezza pubblica.
Tale orientamento, che muove dal bisogno di rinvenire un punto di equilibrio tra esigenze di sicurezza e rispetto di diritti costituzionalmente e convenzionalmente protetti, merita di essere condiviso, non potendo essere accolta l'opposta soluzione, radicalmente negativa, che ha pure trovato eco in sede di legittimità (Sez. 1, n. 29007 dell'U/06/2021, Gualtieri, non massimata) ma che non è imposta da alcuna cogente disposizione di legge e si rivela, per di più, inidonea ad assicurare il corretto bilanciamento degli interessi in gioco.
3. Il riconoscimento del diritto del detenuto, sottoposto al regime differenziato di cui all'art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, al colloquio con i familiari, eventualmente assoggettati al medesimo regime, non può, invero, risolversi - è stato chiarito dalla giurisprudenza di legittimità con una pronunzia (Sez. 1, n. 15172 del 20/12/2022, dep. 2023, Ficara, non massimata), afferente ad ipotesi in cui entrambi erano sottoposti al regime ex art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, ma espressiva di un indirizzo di portata più ampia, cui si intende qui dare continuità - nello svilimento delle esigenze di sicurezza che stanno a fondamento dell'istituto.
Nella menzionata circostanza, è stato, invero, affermata la necessità di «rapportare quel diritto a tali esigenze, e alla necessità del loro soddisfacimento, in modo da addivenire a soluzioni ragionevoli e di equilibrio» e si è, ulteriormente, precisato che nella loro individuazione «non ci si può arrestare, dunque, all'affermazione di massima in ordine alla tendenziale compatibilità del colloquio in discorso con il regime detentivo differenziato, a cui siano sottoposti entrambi i soggetti richiedenti», occorrendo, piuttosto, «ricercare il punto di sintesi, per mezzo di una attenta considerazione di tutti gli elementi rilevanti».
In questa direzione - è stato, nella circostanza, aggiunto - va intesa la disposizione di cui all'art. 16.2 della Circolare dipartimentale del 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, per la parte in cui prescrive, con riguardo ai detenuti sottoposti al regime differenziato, che «eventuali richieste di colloqui telefonici con altri familiari ristretti in regime di 41-bis e non, saranno generalmente accolte, salvo che dal parere non vincolante, richiesto alla competente DDA, emergano concreti e rilevanti elementi che ne sconsiglino l'effettuazione».
La prescrizione è, invero, specificamente intesa a permettere alla Direzione di istituto, che opera sotto l'eventuale controllo della magistratura di sorveglianza, di giovarsi di un quadro conoscitivo esaustivo ed approfondito, entro cui collocare l'esercizio di quel diritto al colloquio che, in ragione della particolare situazione dei soggetti collocutori, deve misurarsi con le ricordate ragioni di ordine e prevenzione dei reati.
Non vi è dubbio che la Direzione distrettuale antimafia del luogo dei commessi reati rappresenti, in relazione alla tipologia di questi ultimi, un YJ- consulente privilegiato, in grado di rappresentare, sulla base di precise e significative circostanze di fatto, l'esistenza di possibili fattori ostativi allo svolgimento del colloquio, telefonico come visivo.
Non a caso, la richiamata Circolare stabilisce che la richiesta di parere alla Direzione distrettuale antimafia «è volta ad integrare l'attività istruttoria sottesa al rilascio o meno dell'autorizzazione», essendo l'organo consultivo in possesso di un «patrimonio informativo» prezioso al fine di «orientare la scelta amministrativa».
La direzione di istituto dovrà, dunque, tenere in attenta considerazione tale apporto conoscitivo, che, quantunque costituisca una qualificata e affidabile fonte di orientamento e decisione, non ha, tuttavia, valore vincolante.
Nell'esercizio del suo controllo di legalità sull'operato dell'amministrazione penitenziaria, la magistratura di sorveglianza non può a sua volta prescindere da tale cornice legale, e, a fronte della segnalata emersione di specifici indici di rischio, legati allo svolgimento dei colloqui telefonici o visivi, da un lato non può pretermetterli, semplicemente sostituendo il proprio diverso apprezzamento a quello dei titolati organi dello Stato, specificamente deputati alla loro rilevazione e interpretazione, ma allo stesso deve sottoporli ad autonomo vaglio critico.
La magistratura di sorveglianza ha infatti il compito di verificare se gli elementi ostativi, eventualmente emergenti dal parere non vincolante della Direzione distrettuale antimafia, abbiano fattuale consistenza e siano idonei, una volta recepiti, a giustificare una seria prognosi di pericolosità del richiesto colloquio, tale che il diniego finale di effettuazione, opposto dall'amministrazione, non risulti arbitrario e si muova, viceversa, nella giusta cornice di corretto contemperamento di contrastanti diritti e interessi, implicante la necessaria prevalenza delle poziori esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
Coerente con la decisione richiamata è, del resto, quella, di poco precedente (Sez. 1, n. 9022 del 23/11/2022, Gallico, non massimata), pure ispirata al principio del necessario, equilibrato bilanciamento tra tutti i contrapposti interessi che vengono in rilievo ed in linea, quindi, con quanto espressamente stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, con la già citata sentenza Sez. 1, n. 31634 del 24/06/2022, in merito all'individuazione dei criteri da adottarsi nel vaglio delle richieste di autorizzazione a colloqui - siano essi, si ribadisce, sia telefonici che visivi, in modalità da remoto - tra un detenuto sottoposto a regime detentivo differenziato e suoi familiari, pure ristretti.
4. Le precedenti considerazioni inducono - sotto altro, concorrente, aspetto - a circoscrivere la portata delle autorizzazioni ai colloqui tra soggetti, quali LG, sottoposti a regime detentivo differenziato, ed i familiari a loro volta detenuti (nel caso di specie, il figlio M, ristretto in regime ordinario) a singoli colloqui, anziché in termini generali e permanenti.
In proposito, appare, infatti, necessario garantire, volta per volta ed in ragione di ogni sopravvenienza, il migliore contemperamento tra le esigenze di ordine e sicurezza ed il diritto del detenuto a coltivare le relazioni familiari, da operarsi attraverso la verifica della sussistenza di grave ed attuale lesione della situazione giuridica fatta valere e la scelta, sulla base delle situazioni contingenti, delle più appropriate modalità di effettuazione del colloquio.
5. Posto che l'ordinanza impugnata - con la quale è stata rilasciata, nei confronti di LG, generale ed indiscriminata autorizzazione ai colloqui, con cadenza mensile, con il figlio - appare, anche per questa parte, viziata, deve pervenirsi, conclusivamente, al suo annullamento, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Sassari per un nuovo giudizio, rispettoso dei principi testé affermati.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Sassari.