
La Cassazione evidenzia che anche in presenza di una procura alle liti nulla, il diritto al compenso del difensore esiste ugualmente perché il contratto di patrocinio è riconducibile alla categoria del mandato, mentre la procura alle liti riguarda gli aspetti processuali connessi alla designazione dell’avvocato.
Nell’ambito di un giudizio instaurato per il recupero del compenso professionale spettante all’avvocato, nonché attuale ricorrente, il Giudice di secondo grado accoglieva il motivo di opposizione con il quale l’opponente aveva fatto valere la nullità della procura alle liti rilasciata ai fini della rappresentanza nel giudizio di separazione personale dei...
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato il 27-1-2014 e iscritto a ruolo il 4-2-2014 M.G. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 2058/2013 notificato il 18-12-2013, con il quale il Tribunale di Perugia gli aveva ingiunto, accogliendo il ricorso dell’avv. M.A., il pagamento di Euro 8.575,35 a titolo di compenso per l’attività professionale svolta in giudizio di separazione personale dei coniugi avanti al Tribunale di Perugia e di Euro 1.602,90 a titolo di compenso per parere stragiudiziale. Quali motivi di opposizione M. G. ha dedotto di avere nominato l’avv. A. difensore solo in corso di causa, in sostituzione dei precedenti difensori, i quali lo avevano patrocinato fino al deposito delle memorie istruttorie, per cui l’attività dell’avv. A. era consistita soltanto nella partecipazione alle udienze del 1-12-2010, del 12-1-2011 e del 18-4-2011, fino a che con lettera del 28-6-2011 egli gli aveva revocato il mandato; ha altresì dedotto la nullità della procura alle liti rilasciata all’avvocato -in quanto non redatta a margine o in calce ad atto processuale- e la conseguente invalidità dell’attività giudiziale; l’inesatto adempimento del difensore alla prestazione, svolta con grave negligenza, e l’ingiusto addebito di una serie di voci.
Si è costituito l’avv. M. A. contestando l’opposizione e con ordinanza di data 8-2-2018 il Tribunale in composizione monocratica ha rimesso gli atti al Presidente del Tribunale, ritenendo che la causa dovesse essere trattata secondo il rito di cui all’art. 14 d.lgs. 1-9-2011 n. 150.
Con ordinanza pubblicata il 20-9-2018 il Tribunale in composizione collegiale ha ordinato la separazione dell’opposizione al decreto ingiuntivo per il pagamento dei compensi per le prestazioni stragiudiziali, disponendo la trasmissione degli atti al Presidente di sezione per la designazione del giudice avanti al quale proseguire la causa. L’ordinanza ha altresì disposto il mutamento del rito dell’opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento dei compensi per le prestazioni giudiziali civili, da rito ordinario a rito sommario speciale ex art. 14 d.lgs. 150/2011; ha rilevato che l’opposizione doveva essere proposta con ricorso e non con citazione e il rapporto processuale sarebbe stato validamente instaurato se, nel termine di quaranta giorni previsto dall’art. 641 cod. proc. civ. e perciò entro il 27-1-2014, fosse stato depositato nella cancelleria del giudice adito l’atto di citazione notificato; poiché quel termine non era stato rispettato, l’opposizione era stata proposta tardivamente e sussistevano i presupposti per rimettere in termini l’opponente, in applicazione del principio del cosiddetto overruling, in quanto allorché aveva proposto l’opposizione al decreto ingiuntivo, prima del revirement delle Sezioni Unite con la sentenza n. 4485/2018, l’opponente aveva fatto affidamento sulla possibilità di trattare la domanda nelle forme del giudizio ordinario in via alternativa rispetto al rito speciale.
Nel merito, l’ordinanza ha accolto il motivo di opposizione con cui l’opponente aveva fatto valere la nullità della procura alle liti rilasciata per la rappresentanza nel giudizio di separazione personale dei coniugi. Richiamando Cass. 18450/2014, ha dichiarato che, per l’attività professionale svolta nell’ambito del processo, si richiedeva l’accertamento della validità del conferimento della procura, quale presupposto per il riconoscimento del compenso; ha evidenziato che nella fattispecie non era contestato che l’avv. A. avesse rappresentato l’opponente nel giudizio di separazione personale dei coniugi avanti il Tribunale di Perugia sulla base di mandato alle liti rilasciato su foglio separato e non materialmente congiunto a nessun atto processuale; ha rilevato che tale procura alle liti era nulla, in quanto la procura alle liti poteva essere conferita con scrittura privata autenticata dal difensore quando era apposta in calce o a margine degli atti indicati dall’art. 83 co. 3 cod. proc. civ. e negli altri casi era necessario che l’autografia della firma fosse attestata da pubblico ufficiale; ha rilevato che dalla nullità della procura discendeva la mancanza del rapporto professionale tra patrono e cliente e quindi l’insussistenza del titolo della pretesa fatta valere dall’avv. A..
2. Con atto notificato il 14-11-2018 M.A. ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, affidato a tre motivi.
Ha resistito con controricorso M.G..
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e all’esito della camera di consiglio del giorno 19-9-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo rubricato “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101, 112, 113, 153, 641, 645, 647 e/o 653, 702bis c.p.c., 3, 14 e 34 del d.lgs. n. 150/2011, 28 della l. n. 794/1942 in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.” il ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata, pur avendo rilevato la tardività dell’opposizione al decreto ingiuntivo, d’ufficio abbia rimesso in termini l’opponente, ritenendo che la tardiva proposizione dell’opposizione fosse stata conseguenza del mutamento giurisprudenziale sull’obbligatorietà del rito speciale per la trattazione delle cause in materia di compensi giudiziali civili.
1.1. Effettivamente questa Corte ha già avuto modo di escludere quanto ritenuto dall’ordinanza impugnata, in ordine al fatto che ricorra ipotesi di prospective overruling in relazione alla pronuncia delle Sezioni Unite con la sentenza n. 4485 del 23-2-2018 che ha escluso, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 14 d.lgs. 150/2011, la possibilità di introdurre con il rito ordinario di cognizione e con il procedimento sommario codicistico la controversia di cui all’art. 28 legge 13-6-1942 n. 794. Come si legge in Cass. Sez. 2 21-3-2023 n. 8045: «… l'indirizzo secondo cui il rito speciale si sarebbe applicato anche ove la contestazione del cliente avesse riguardato l'an debeatur era stato sostenuto anche prima dell'intervento dirimente della Suprema Corte a Sezioni Unite, che sul punto ha risolto un contrasto, seppure diacronico, tra pronunce delle Sezioni semplici.
La stessa pronuncia delle Sezioni Unite ha dato atto che, per un lungo periodo, anche registrando l'eco di dibattiti dottrinali, la giurisprudenza della Corte aveva ritenuto che, nonostante l'espressione "liquidazione", intesa alla lettera, sembrasse alludere all'attivazione del procedimento in casi nei quali la lite fra legale e cliente avesse riguardato solo la determinazione del quantum dovuto, il procedimento speciale potesse esperirsi utilmente o restare praticabile anche quando fosse sussistita già all'atto dell'introduzione o fosse insorta controversia non solo sul quantum, ma anche sull'an debeatur, restando escluso solo dall'insorgenza di una contestazione circa l'esistenza del rapporto di clientela, che di quella procedura costituisce l'indefettibile presupposto (Cass. Sez. U, Sentenza n. 2672 del 28/10/1966; Sez. U, Sentenza n. 301 del 03/02/1967; Sez. U, Sentenza n. 79 del 15/01/1968; Sez. 2, Sentenza n. 7957 del 21/05/2003).
Senonché la pronuncia delle Sezioni Unite che componga il contrasto sull'interpretazione di una norma processuale non configura un'ipotesi di overruling avente il carattere di imprevedibilità e, di conseguenza, non costituisce presupposto per la rimessione in termini della parte che sia incorsa nella preclusione o nella decadenza (Cass. Sez. L, Sentenza n. 552 del 14/01/2021; Sez. 6-5, Ordinanza n. 23834 del 29/10/2020; Sez. U, Sentenza n. 4135 del 12/02/2019)».
Però nella fattispecie l’ordinanza impugnata non avrebbe neppure dovuto porsi la questione della rimessione in termini dell’opponente perché, a fronte della notificazione in data 18-12-2013 del decreto ingiuntivo e della notificazione in data 27-1-2014 dell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, e cioè a fronte del rispetto del termine di quaranta giorni per la proposizione dell’opposizione previsto dagli artt. 641 e 645 cod. proc. civ., l’ordinanza avrebbe dovuto ritenere la tempestività dell’opposizione. Si deve dare continuità ai principi posti da Cass. Sez. U. 12-1-2022 n. 758 (Rv.663582-01), già applicati da Cass. Sez. 2 21-3-2023 n. 8045 (Rv. 667501-01), nella quale si legge in motivazione: «…nei procedimenti disciplinati dal D.Lgs. n. 150 del 2011, tra cui rientra quello di specie (regolato dall'art. 14 vigente ratione temporis, trattandosi di controversia in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato), per i quali la domanda va proposta nelle forme del ricorso e che, al contrario, siano introdotti con citazione, il giudizio è correttamente instaurato ove quest'ultima sia notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri, ferme restando decadenze e preclusioni maturate secondo il rito erroneamente prescelto dalla parte.
Tale sanatoria piena si realizza indipendentemente dalla pronunzia dell'ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, ex D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 2, la quale opera solo pro futuro, ossia ai fini del rito da seguire all'esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi, restando fermi quelli, sostanziali e processuali, riconducibili all'atto introduttivo, sulla scorta della forma da questo in concreto assunta e non di quella che avrebbe dovuto avere, avendo riguardo alla data di notifica della citazione, quando la legge prescrive il ricorso, o, viceversa, alla data di deposito del ricorso, quando la legge prescrive l'atto di citazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 758 del 12/01/2022).
Pertanto, una volta rilevata la tempestività della notifica della citazione ai fini dell'instaurazione del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione medesima, avendo riguardo, all'esito del disposto mutamento del rito (sebbene avvenuto dopo la prima udienza), alla data di deposito della citazione in cancelleria ai fini dell'iscrizione della causa a ruolo.
Trattandosi, infatti, di procedimento speciale regolato dalla normativa sulla semplificazione dei riti civili, gli effetti processuali della domanda si sono prodotti secondo le norme del rito seguito prima del mutamento (ossia secondo le norme del rito ordinario di cognizione), rispetto al quale non era maturata alcuna decadenza.
Regola, questa, applicabile, nell'ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, solo allorché una controversia sia promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo D.Lgs. n. 150 del 2011, poiché esclusivamente in siffatti casi l'atto produce gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, qualora la notificazione della domanda introduttiva dell'opposizione, avente erroneamente la forma della citazione, sia avvenuta entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c. (Corte Cost., Sentenza n. 45 del 02/03/2018; Cass. Sez. U, Sentenza n. 927 del 13/01/2022)».
Quindi, in tema di liquidazione dei compensi di avvocato, qualora il giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, regolato dall’art. 14 d.lgs. 150/2011 nella formulazione previgente al d.lgs, 10-10-2022 n. 149 da applicare ratione temporis, sia stato introdotto con citazione anziché con ricorso, è con riferimento alla notificazione della citazione che deve essere valutato il rispetto del termine decadenziale di cui all’art. 641 co.1 cod. proc. civ..
Ne consegue che il motivo di ricorso non può essere accolto: l’ordinanza impugnata è giunta alla conclusione esatta di esaminare nel merito l’opposizione, non perché sussistessero i presupposti per la rimessione in termini disposta dal Tribunale, ma perché l’opposizione è stata tempestiva. In applicazione dell’art. 384 ult. co. cod. proc. civ. deve essere corretta in tal senso la motivazione dell’ordinanza impugnata, in quanto è acquisito che, in base al principio di economia processuale, sussiste il potere della Cassazione di correzione della motivazione della sentenza impugnata anche in relazione a error in procedendo, fermo restando il limite della non necessità di indagini di fatto, ulteriori a quelle che la Cassazione può compiere nel fascicolo, e del rispetto del principio dispositivo, dovendosi trattare di fatti o eccezioni rilevati dalle parti o rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 3 28-7-2005 n. 15810 Rv. 582942-01, Cass. Sez. 2 19-1-2023 n. 1669 Rv. 666793- 01). Nella fattispecie non sono necessarie indagini di fatto, in quanto la stessa ordinanza impugnata dà atto delle date di notifica del decreto ingiuntivo e dell’atto di citazione in opposizione e perciò del rispetto del termine di cui all’art. 641 cod. proc. civ. e la tempestività dell’opposizione al decreto ingiuntivo, così come la sua tardività, deve essere rilevata anche d’ufficio.
2. Con il secondo motivo “violazione o falsa applicazione degli artt. 83, 156, 157, 159 e 182 c.p.c., 1367 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.” il ricorrente lamenta che l’opposizione al decreto ingiuntivo sia stata accolta sulla base del rilievo della nullità della procura alle liti. Evidenzia che la procura alle liti è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale, che va interpretato secondo i criteri stabiliti per gli atti di parte; pertanto sostiene che il rilievo formale dell’assenza di congiunzione materiale della procura a un atto processuale sia da equiparare a una sorta di errore materiale. Rileva che nella fattispecie la procura era stata effettivamente rilasciata e depositata nel fascicolo, l’invalidità della procura non era stata eccepita né dalla controparte, con conseguente intervenuta sanatoria, né rilevata dal giudice, il quale ai sensi dell’art. 182 co.2 cod. proc. civ. avrebbe eventualmente dovuto disporre la sanatoria. Aggiunge che il difensore aveva svolto l’attività difensiva, per cui l’invalidità della procura era sanata non solo per non essere stata eccepita, ma anche per il raggiungimento dello scopo.
3. Con il terzo motivo “violazione o falsa applicazione degli artt. 83 c.p.c., 1709 ss. c.c., 2229 ss. c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.” il ricorrente sostiene che, anche a ritenere la nullità della procura alle liti, sussiste il diritto dell’avvocato a ottenere il compenso per l’attività svolta, in quanto il contratto di patrocinio è riconducibile alla categoria del mandato e attiene agli aspetti sostanziali del rapporto tra cliente e avvocato, mentre la procura alle liti riguarda gli aspetti processuali legati alla designazione del difensore. Dichiara che erroneamente la pronuncia impugnata ha individuato il titolo del diritto al compenso dell’avvocato nella procura alle liti anziché nell’incarico difensivo e ha trascurato l’indiscussa esistenza del mandato conferito dal cliente al professionista.
4. Il secondo e il terzo motivo, esaminati congiuntamente stante la stretta connessione, sono fondati nei termini di seguito esposti.
In tema di attività professionale svolta da avvocati, è acquisito il principio dell’autonomia concettuale e giuridica tra procura alle liti e contratto di mandato, in quanto la procura alle liti è negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio e il mandato sostanziale costituisce il negozio bilaterale (cd. contratto di patrocinio) con il quale il legale viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte (così già Cass. Sez. 16-6-2006 n. 13963 Rv. 592970-01, Cass. Sez. 2 18-7-2002 n. 10454 Rv. 555922-01). Ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio della procura alle liti, essendo questa richiesta solo per lo svolgimento dell’attività processuale (Cass. Sez. 3 8-6-2017 n. 14276 Rv. 644641-02); il principio comporta altresì che la procura alle liti è solo indice presuntivo della sussistenza tra le parti di autonomo rapporto di patrocinio che, se contestato, deve essere provato (Cass. Sez. 2 11-3-2019 n. 6905 Rv. 652929-01) e può formare oggetto di prova per testimoni (Cass, Sez. 6-3 31-3-2021 n. 8863 Rv. 660993-01), mentre al rilascio della procura non si può attribuire in sé l’esistenza del contratto di mandato (Cass. Sez.2 2-8- 2019 n. 20865).
L’ordinanza impugnata ha escluso il diritto al compenso per il fatto che la procura alle liti era nulla, richiamando Cass. Sez.2 29-8-2014 n. 18450 Rv. 631833-01, la cui massima, seppure dopo avere ribadito la distinzione tra il negozio unilaterale della procura alle liti e il negozio bilaterale del contratto di patrocinio, prosegue affermando che come presupposto per il riconoscimento del compenso per le prestazioni svolte dal difensore in giudizio “occorre accertare, anche d’ufficio, il valido conferimento della procura, non potendo l’invalidità di questa essere superata dal contratto di patrocinio, che può riferirsi solo ad un’attività extragiudiziaria svolta dal professionista in favore del cliente sulla base di un rapporto interno di natura extraprocessuale”. Nella motivazione della sentenza si legge altresì: “D’altronde, in difetto di conferimento di una procura alle liti per la rappresentanza e la difesa in giudizio, non insorgendo un rapporto professionale tra patrono e cliente, non è neppure consentito determinare il conto economico del compenso professionale…”. In questo modo, la pronuncia presuppone che il contratto di patrocinio avesse a oggetto solo l’attività extragiudiziaria e che non fosse sorto il rapporto professionale per la difesa in giudizio; questi presupposti non ricorrono nella fattispecie, nella quale è pacifico che l’incarico per la difesa in giudizio è stato conferito e l’attività in giudizio è stata svolta. Ciò, secondo la stessa prospettazione dell’opponente recepita dall’ordinanza impugnata, che ha escluso il diritto dell’avvocato al compenso solo in ragione della nullità della procura alle liti per il mancato rispetto delle previsioni dell’art. 83 cod. proc. civ., a fronte dell’allegazione dell’opponente in ordine al fatto che l’attività difensiva era stata svolta dall’avv. A. in sostituzione dei precedenti difensori, con la partecipazione ad alcune udienze fino alla data in cui lo stesso opponente aveva revocato il mandato (evidentemente il mandato è stato revocato in quanto esistente). Quindi, il diritto al compenso nasceva dal conferimento e dall’espletamento dell’incarico e la ritualità della procura non aveva rilievo, perché in forza di quella procura il difensore incaricato aveva potuto svolgere l’attività difensiva nel processo al quale si riferiva l’incarico, senza che il vizio della procura - non rilevato né dal giudice né dalle parti- avesse inciso in alcun modo sullo svolgimento dell’attività difensiva in giudizio; il diritto a percepire il compenso consegue all’esecuzione del contratto di patrocinio, pacificamente avvenuta, tanto che la validità della rappresentanza in giudizio non è stata neppure messa in discussione nel giudizio presupposto (cfr. per questa soluzione Cass. Sez. 6-2 6-2-2015 n.2321).
5. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere cassata limitatamente al secondo e al terzo motivo accolti e va disposto il rinvio al Tribunale di Perugia in diversa composizione, per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 385 co. 3 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e il terzo motivo, cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Perugia in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.